Le torte salate

ph. Sara Sguerri

Pubblicazione: 25 Aprile 2016

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Settimana Nazionale delle Torte Salate

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Ambasciatrice Alessandra Gennaro per il Calendario del Cibo Italiano- Italian Food Calendar

La storia delle torte salate è abbastanza singolare: le loro origini risalgono con tutta probabilità al periodo classico e si ricollegano ad una cucina di sussistenza, elaborata dall’ingegno dell’uomo per rendere commestibili verdure altrimenti troppo amare o pezzi poco nobili di carne. Il loro riscatto inizia sin dall’età imperiale, dove troneggiano imponenti nelle grandi tavole dei “ricconi” dell’epoca e, successivamente, nel Medioevo, dove si affermano come presenza costante nei banchetti scenografici di quel tempo e delle successive età del Rinascimento e del Barocco. Il ripieno, che pure era l’unica parte a finire nel piatto dei commensali, passava in secondo piano di fronte alle elaborate architetture della pasta: già in origine, quando ancora non era diventato l’oggetto della creatività dei cuochi, il rivestimento di pasta serviva prevalentemente da recipiente di cottura. Il suo scopo principale, infatti, era quello di contenere il ripieno e di proteggerlo dalle alte temperature dei forni: di conseguenza, i gusci erano tutti molto spessi e, generalmente, immangiabili. E’ probabile che consistessero solo di farina impastata con acqua e che la loro funzione si esaurisse subito dopo il servizio, dove fungeva anche da piatto da portata. Di certo, non erano cosa da piani alti, sebbene non sia escluso che croste di questi impasti, insaporiti dall’intingolo del ripieno, venissero distribuite alla servitù o ai poveri che si accalcavano attorno ai castelli, in occasione dei banchetti e delle feste mondane. Successivamente, quando i banchetti divennero il simbolo del potere e della ricchezza  dei nobili che li organizzavano, furono proprio le pie e le torte i piatti che meglio si prestavano all’imperativo dello “stupore”. Non solo esse divennero materia per elaborate sculture in pasta, ma si trasformarono in veri e propri scrigni, prodighi delle più improbabili sorprese: uccelli che si libravano in volo al taglio della prima fetta, orchestre che improvvisavano mottetti e, per finire, nani di corte. Tra questi, il più celebre fu Jeffrey Hudson, mostruosa creatura alta appena 18 pollici, che spuntò fuori dalla torta offerta alla regina Enrichetta Maria, moglie di Carlo I, come dono personale dell’anfitrione, il Duca di Buckingham.

Dai ricettari risorgimentali, intuiamo che gran parte della soddisfazione dei commensali era legata più alla vista che al palato: le carni erano spesso dure, gli strumenti di conservazione non rallentavano i processi di consunzione e spesso l’unico scopo del cuoco era quello di occultare il vero sapore della materia prima, coprendolo con intingoli dolci o speziati. Tuttavia, le torte salate non imboccarono mai il viale del tramonto: l’avvento degli stampi, in ceramica prima e in acciaio poi, rese possibile tirare sfoglie sempre più sottili e, di conseguenza, più gustose: ghiacciaie più sofisticate e, infine, frigoriferi, riscattarono la dignità del ripieno, il che permise a queste preparazioni di mantenere invariato nel tempo il loro successo. A variare, semmai, fu la loro destinazione: non più nella carta dei grandi ristoranti, ma sulla tavola delle cucine private, sulla tovaglia dei pic nic nelle gite fuori porta o, negli ultimi anni, sotto forma di monoporzioni e di variegati finger food. Le diverse latitudini, infine, dettarono gli ingredienti del ripieno, imponendo il pesce nell’Europa del Nord, la carne (selvaggina compresa) nella grande tradizione britannica e continentale, le verdure e le erbe nell’area mediterranea. Il risultato è tuttora sotto i nostri occhi: una geografia variegata ed intrigante, capace di incuriosire, sorprendere, convincere e, buon ultimo, invogliare a replicare nelle proprie case.

Come dite voi brisée?

Ogni qualvolta ci si addentra nel vasto mare dei termini usati in pasticceria, il rischio che realmente si corre è di ritrovarsi, alla fine, con le idee più confuse che in partenza. A una prima distinzione abbastanza chiara e sommaria delle grandi preparazioni di base fa infatti seguito un’infinità di categorie e sotto categorie in cui spesso la differenza è data non dagli ingredienti ma da variazioni minime dei loro dosaggi o dal semplice ordine di inserimento nella ricetta. A questo si aggiungono anche alcuni errori di traduzione che si sono fossilizzati nei vocabolari, col risultato di una gigantesca confusione.

Proviamo a fare ordine – e facciamolo in modo nuovo, lasciando da parte, per una volta, la superiorità dei Francesi per dare la precedenza alla tradizione e alla traduzione italiane, con l’utilizzo dei termini più diffusi nei nostri confini, anche se, magari, non sono proprio conformi all’originale. Perché intanto lo sappiamo bene che per quante parole si usino, l’ultima spetta solo a quello che si mette nel piatto. Ed è questa l’unica che conti davvero.

Pasta: termine molto generico, che indica tutti gli impasti a base di farina e acqua o altro liquido.

Sfoglia: usato come sostantivo, è un termine altrettanto generico, che identifica gli impasti a base di farina, acqua e altri ingredienti, che vengono stesi in uno strato sottile. Non va confuso con Pasta sfoglia, che indica invece una preparazione di pasticceria.

Pasta brisée: anche se l’origine della ricetta e del nome che porta è chiaramente francese, nel vocabolario gastronomico italiano il termine  rimanda a un impasto a base di farina, burro, sale e acqua, senza uova. E’ a questo che ci riferiremo, quando parleremo di brisée nelle pagine seguenti. Tenete però sempre presente che questa è una denominazione tutta domestica: fuori dall’Italia, la pasta brisée si prepara con l’uovo, che ci piaccia o no.

Una annotazione lingusitica: brisée è un aggettivo, che significa “spezzato”, in riferimento alla consistenza briciolosa dell’impasto durante la lavorazione. In cucina, è declinato al femminile, brisée, perché in francese si accorda con pâte (circonflesso sulla a): nella grafia italiana, che prevede che le parole straniere si adottino nella forma invariabile, la grafia corretta è brisé. Questo, per amore di teoria. Nei fatti, anche a casa nostra, la si scrive con la doppia “e” finale.

Pasta frolla salata: la brisée francese, ma anche la foncer e tutti gli impasti a base di burro, farina, uovo e sale.

Pâte à foncer: fra la frolla salata e la brisée, è più elastica della prima, più ricca della seconda. Perfetta per reggere ripieni umidi come quelli delle quiche classiche.

Torta salata: preparazione cotta al forno e caratterizzata da un guscio di pasta, ripieno di una farcia legata con ricotta o altro formaggio e/o uova.

Quiche: torta salata il cui ripieno è contraddistinto dall’appareil ossia da una base liquida di panna e uova. Data la consistenza liquida del ripieno, è spesso associata a una base con maggiori doti di elasticità e di impermeabilità, come una pâte à foncer o una brisée italiana. Anche se per origine la quiche non appartiene alla nostra tradizione, la frequenza con cui la si prepara anche da noi, da lungo tempo, ci spinge a considerarla una sorta di figlia adottiva: pertanto, nella raccolta di ricette di questa settimana, saranno contemplate anche queste preparazioni.

Tarte: torta salata la cui peculiarità è un ripieno senza uova, né panna né formaggio. Questo vale solo in teoria, però: nella pratica, ormai, è “tarte” qualsiasi ripieno dolce o salato contenuto in un guscio di pasta.

PIE: torta anglosassone, con una lavorazione sua propria, contraddistinta da una sfoglia a base di un particolare grasso vegetale (shortening o CRISCO) e da un ripieno dolce o salato, con la tradizionale copertura con un altro strato di pasta.

EMPANADA: ripieno di carne, pesce o verdure avvolto in un involucro di pasta, in origine pasta da pane tipiche dei Paesi ispanici e del Sudamerica. Si spazia dalle vere e proprie torte, diffusissime in Galizia, a dei piccoli calzoni – le empanadillas – fritte e al forno, diffusissime in America Latina

TIMBALLO: piatto che prende il nome dallo stampo in cui veniva preparato in origine. Consiste in una sontuosa preparazione a base di pasta (fresca o secca) oppure di riso, inserita in un guscio di pasta e intervallata da strati di condimento e di altri ingredienti. Appartiene alla tradizione della cucina del Sud Italia ed è una delle portate-simbolo delle tavole della festa.

IL GUSCIO

Ovvero pochi ma buoni consigli per preparare un’ottima brisée, friabile al punto giusto e con un sapore bilanciato,  che non prevalga né contrasti con quello del ripieno, ma neppure sbiadisca in un desolante “non-sa-di-niente”.

La FARINA: utilizzate sempre una farina povera di glutine, quindi debole, con una forza che va da W 130 a W 180 e una percentuale di proteine fra l’8% e il 10%. Una normale farina “per torte” assolve perfettamente allo scopo.

Il GRASSO: fatevene una ragione. Se volete una pasta friabile, non potete farne a meno. La sua funzione, infatti, è quella di impermeabilizzare la farina dai liquidi, che sono i principali responsabili dell’attivazione delle proteine del glutine. Che sia animale o vegetale, il grasso deve quindi essere sempre presente, in una percentuale che varia dal 30 al 70% rispetto al peso della farina: al di sotto delle dosi indicate, l’opposizione ai liquidi sarà insufficiente e si otterrà quindi una pasta elastica e molle; al di sopra, sarà esagerata e ci ritroveremo con  un guscio che si sbriciola al solo guardarlo.

Il METODO DI LAVORAZIONE: di solito nella preparazione delle frolle, i metodi più seguiti sono quello “classico” e quello “sabbiato”. Il primo consiste nell’amalgamare il burro all’uovo e agli altri ingredienti, prima di aggiungere la farina; nel secondo, la farina viene impastata all’inizio con il burro e solo successivamente si aggiunge tutto il resto. Negli impasti salati, si preferisce quest’ultimo, perché permette di ottenere impasti friabilissimi: il burro infatti unge subito la farina e la impermeabilizza, impedendo alle proteine del glutine di entrare a contatto con i liquidi successivamente aggiunti e di sviluppare quindi la maglia glutinica.

La VELOCITA’: più lavorate l’impasto, più si attiva la maglia glutinica. Quindi, per mantenere l’equazione “poca maglia glutinica = molta friabilità” è necessario che la nostra pasta venga lavorata il minimo indispensabile

e il RIPIENO?

Questo è il regno della vostra fantasia: sbizzarritevi come meglio credete, tenendo sempre conto della stagionalità degli ingredienti e dell’originale destinazione di queste torte, che servivano anche come goloso espediente per svuotare il frigo. L’unico paletto è il mai troppo invocato “less is more” che dovrebbe fare da guida ad ogni percorso creativo in cucina: scegliete un ingrediente di base e utilizzatelo anche per selezionare tutti gli altri, in modo coerente ed armonico. Otterrete torte salate sempre nuove e, quel che più conta, sempre buone!

Bibliografia

GENNARO A. (a cura di), Torte Salate. I libri dell’ MTChallenge, Milano 2016

ROUX, M. Frolla e Sfoglia (ed. it.), Milano 2009

Partecipano come contributors:

Daniela Vietri, Cucina Libri e Gatti, Torta salata gamberi rucola e limone
Tiziana Bontempi, Torta di porri e noci
Sara Sguerri, Crostatine salate di farro con bietole feta e noccio
Erica Zampieri, Miniquiches dal mare  
Daniela Boscariolo, Brisè salata di asparagi 
Valentina de Felice, Torta ai Porri, Caprino e Affumicati 
Camilla Assandri, Torta salata con stracchino e salsiccia 
Laura Bertolini , Torta salata con carote, brie e nocciole
Lucia Melchiorre, Torta salata ricotta, pomodorini e mandorle 
Tamara Cinciripini , Torta salata di carciofi con timo e pecorino
Cristina Tiddia, Torta salata alle rape 
Cecilia Mazzei, Torta salata porri e pomodorini 
Manuela Valentini, Torta Salata Finocchietto e Sarde
Daniela Boscariolo, Brisé di Ceci al Tarassaco
Lidia Mattiazzi, Quiche Senza Glutine con Porri e Pancetta
Elena Broglia, Quiche alle Verdure e Yogurt

12 commenti

  1. questa settimana ci sarà da sbizzarrirci !!!! grazie per l’articolo interessante e propedeutico! 🙂 vado a subito a prepararne almeno una 😉

  2. Adesso con il tuo articolo so proprio tutto delle torte salate, anche che da oggi in poi scriverò briseè, con due e. Grazie per questo bellissimo aritcolo! Evviva le torte salate, briseè, quiche, tarte, tutte!!!

  3. Post a dir poco illuminante, come solo tu sai fare. I contributi sono uno più bello dell’altro, sarà una settimana memorabile. Ciao alla prossima Erica.

  4. Quest’articolo è completo, dettagliato e fluido proprio come piacciano a me che sono curiosa di apprendere quanto più “sapere” possibile e chi ti conosce sa’ di quanto “sapere” sei capace tu! Dire che l’articolo è bello sarebbe riduttivo lo definirei entusiasmante al punto da lasciarmi il rammarico di non essere riuscita, ahimè cause di forze maggiori, a contribuire a questa bella giornata ricca di interessanti contributi. Per fortuna ci sono i post sui blog personali per rimediare, non mancherò quindi di rendere omaggio a questo approfondimento sulle torte salate con una ricetta del libro Mtc. Grazie di averci ispirate e brave a tutte coloro che hanno contribuito.

  5. Grazie Alessandra, altro interessantissimo approfondimento sul mondo delle torte salate, per conoscerle a 360° gradi, sia nelle loro origini che nella loro evoluzione. Mi è dispiaciuto tanto non riuscire a dare anche il mio contributo per questa giornata, ma è un periodo veramente impegnativo, comunque il primo maggio si avvicina e la voglia di fare una torta salata pure!

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