Fave e cicoria

ph. Silvia Tavella

Pubblicazione: 18 Gennaio 2016

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Giornata Nazionale di fave e cicoria

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Ambasciatrice Monica Laterza per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar.

Oggi è la giornata nazionale di Fave e cicoria di cui mi onoro di essere ambasciatrice: si tratta di un piatto che fa parte della mia tradizione, per il legame con la mia terra e con la mia famiglia, in un intreccio di storie pubbliche e private che è impossibile da districare e che ne fa un vero e proprio monumento della gastronomia della Puglia.

Aristofane nella commedia Le Rane, scritta circa nel 450 a. C., racconta che Ercole, il figlio di Giove dopo aver fatto un adeguato pasto con il suo piatto preferito, fave e foglie, fece cambiare stato a più di diecimila vergini.
A scanso di equivoci, la citazione serve solo ad indicare l’antichità di questo piatto, una pietanza conosciuta già nell’antica Grecia e diffusasi in seguito nel Sud Italia fino a diventare una delle portate principali della tradizione contadina pugliese: il merito della sua diffusione è legato anche alla fama delle sue proprietà, nutrienti e rinvigorenti al tempo stesso.
In alcune zone della Puglia questo piatto viene chiamato ‘ncapriata, con un termine che di nuovo ne denuncia l’antichità: la parola deriva, infatti, dal latino caporidia, a sua volta adattamento del greco kapyridia, una sorta di polenta fatta con il grano pestato. La purea di fave sarebbe un’evoluzione di questa lontana pietanza nata dai primi ‘esperimenti’ culinari dell’uomo.

In questo indistricabile parallelismo fra la Storia con la maiuscola e la storia personale che è un’altra delle caratteristiche di questo piatto, esso ha sempre fatto parte della mia vita: sin da bambina, la preparazione di “fef e fogghie”(termine dialettale che sta per “fave e foglie”) era un rito, con tanto di addetti ufficiali alla preparazione, il mio nonno paterno e mia zia, una della tante sorelle di mio padre. A lei spettava il compito di cucinare le fave nella “pignata”, un panciuto vaso in terracotta preposto alla cottura dei legumi, e le cicorie, cotte in un altro vaso in terracotta più piccolo. Entrambi venivano messi sul fuoco nella “cucina”, un grande camino attorno al quale ci si poteva anche sedere, crogiolandosi al calore della fiamma mentre le pentole brontolavano sommessamente: la cottura era lentissima, scandita dalle periodiche rimescolate della zia che, con solerzia, non perdeva di vista il proprio compito. Una volta cotte, si mettevano da parte le cicorielle (erbette selvatiche amarognole che ben si sposano con il sapore dolce delle fave), mentre le fave venivano sistemate in una grande coppa: a quel punto interveniva mio nonno, un omone panciuto che, armato di una grande cucchiaia di legno, le rimestava fino a farle diventare uno squisito purè.
Inutile dirvi che la bontà delle fave e cicorie preparate con così tanto amore e dedizione è difficile da ricrearsi oggigiorno: la cottura nelle pignate conferisce a questo piatto un sapore particolare che mai ritroverò nella cottura sui fornelli, a cui si aggiunge il fascino dei gesti del nonno che, con un atto che per noi bambini aveva il gusto della magia, trasformava le fave cotte in una crema. Vi confesso che tutte le volte prestavo la massima attenzione per cercare di cogliere il momento esatto in cui le fave si “trasformavano” in purè ed è probabile che la mia passione per la cucina sia nata proprio dalla condivisione di quel momento che ancora custodisco tra i ricordi più belli della mia infanzia.
Ad ogni modo, nonostante il passare degli anni, delle mode e, soprattutto, dei modi di cucinare, Fave e cicoria è un piatto ancora molto diffuso nella mia Puglia.
In estate sulle terrazze delle case del mio paese si vedono ancora le distese di fave novelle messe ad essiccare, di cui le massaie fanno scorta per l’inverno: l’avvento della cucina a gas, se ha velocizzato la preparazione, ne ha tuttavia modificato un po’ il sapore che non è più quello delle fave cotte in pignata. Restano comunque una pietanza di grande impatto, grazie anche a qualche trucco domestico, come l’aggiunta di una patata bianca che permette di ottenere una purea più cremosa, dal colore più chiaro.
La ricetta che segue riprende la tradizione più recente e comprende quindi anche questa aggiunta, allo scopo di far risaltare meglio le differenze fra le versioni odierne e quelle di una volta: potete comunque ometterla, senza che il risultato finale ne risulti compromesso.
Ricetta di fave e cicoria

Ingredienti:
500 g di fave decorticate (in Puglia le chiamiamo “fave bianche”)
1 patata media (150 g circa)
500 g di cicorie (in mancanza delle cicorielle selvatiche io uso quelle coltivate)
olio extra vergine d’oliva
sale q.b.
Procedimento:
Mettere le fave in acqua per dodici ore, io le metto “a bagno” la sera prima del giorno in cui le devo preparare in maniera tale che al mattino sono pronte per essere cucinate.
Trascorso il tempo indicato lavare le fave sotto acqua corrente e metterle in una pentola dai bordi alti.
Tagliare la patata a fettine e disporle sulle fave all’interno della pentola, in questo modo si avrà una purea molto più densa e cremosa.
Coprire il tutto con acqua e mettere a cuocere a fiamma vivace.
Chiudere la pentola con un coperchio e far raggiungere l’ebollizione, a questo punto “schiumare” le fave togliendo la schiuma che si viene a formare quando cominciano a bollire.
Una volta eliminata tutta la schiuma, abbassare la fiamma a minimo e far cuocere per almeno tre ore, saranno pronte quando cominceranno a sfaldarsi.
Una volta pronte girare energicamente le fave con un cucchiaio di legno fino a formare una purea, se si vuole una crema più liscia utilizzare un frullatore ad immersione.
Aggiustare di sale (io consiglio di metterne poco dato che le fave sono già molto saporite).
Mentre le fave cuociono, preparare le cicorie lesse.
Pulire le cicorie, togliendo la parte radicolare e le foglie più ammaccate.
Riempire una pentola con abbondante acqua salata e quando raggiunge l’ebollizione far cuocere le cicorie, saranno cotte quando le foglie si avvolgono attorno alla forchetta.
Quando anche le fave saranno pronte, mettere entrambe in un piatto di portata (senza mescolarle tra loro), irrorare con olio evo e servire con delle fettone di pane pugliese.
Nota Bene: le fave non vanno mai mescolate alle cicorie, vanno mangiate alternando le une alle altre in maniera tale da esaltare le caratteristiche dei due elementi creando così un connubio perfetto.
FONTI:
• http://mangiarebuono.it/il-gusto-dolceamaro-della-ncapriata-pugliese/
• http://cucinasuditalia.blogspot.it/2011/03/ncapriata-o-fave-e-foglie-o-fave-e.html
Partecipano come contributors:
Michela De Matteis, Fave e cicoria
Nadina Serravezza, Fave e cicoria
Antonietta Ulivieri Moretti, Fave e cicoria

8 commenti

  1. Due sole volte ho avuto il piacere di mangiare un piatto di fave e cicoria, in un ristorante al centro qui a Roma dove me l’hanno servita elegantemente ed era spaziale, e una volta in Puglia a Mattinata in una trattoria. In entrambe i casi è stata un’esperienza indimenticabile!

  2. Quanta storia dietro un piatto così semplice ma allo stesso tempo ricco di sapore e generosità della terra. Complimenti per l’articolo e per le ricette 🙂

  3. Cara Monica, sono innamorata di questo piatto. Lo sono stata dal primo momento che ho messo piede in Puglia (mio suocero è pugliese) e ho rinnovato questa passione ogni volta che mi sono ritrovata a trascorrere dei giorni nella tua terra. Un piatto semplice, commovente, di una bontà senza eguali, che non può non piacere. Il tuo racconto mi ha veramente trascinato in quelle atmosfere che ben conosco. E lo sai cosa mangio stasera? Fave e cicoria: alla tua salute.
    Un abbraccio, Pat

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