02/09/2024
La cozza di Cervia
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
Pubblicazione: 15/03/2017
Quando pensiamo alla pasticceria emiliano-romagnola le prime immagini familiari sono quelle del bensone, della torta di tagliatelle, dell’ineguagliabile torta Barozzi. Come non citare poi la versione dolce dei tortellini, il castagnaccio o le chiacchere di Carnevale?
Eppure la tradizione dolciaria di questa regione è molto più ricca.
La “quattordicesima revisione dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali”, pubblicata il 20 giugno 2014 su un inserto della Gazzetta Ufficiale, definisce ben 155 “prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria” tipici dell’Emilia Romagna.
Certi dolci hanno origini antichissime, talmente antiche che non vi sono vere e proprie ricette scritte. Sono state tramandate di generazione in generazione dalle nonne alle nipoti.
Le rezdore hanno portato avanti le tradizioni culinarie con cui sono cresciute. Non solo pasta fresca e ragù, ma anche torte e biscotti.
Nel corso degli anni alcuni di essi sono divenuti celebri capi saldi della pasticceria regionale, altri – meno noti – sono stati un po’ messi da parte, quasi dimenticati. Altri sono diffusi nelle loro città natali, ma sconosciuti ai più.
Ne è un esempio l’erbazzone dolce di Pavullo nel Frignano. Curioso, no? L’erbazzone non è perciò soltanto una torta salata immancabile nelle vetrine di ogni forno. Ne esiste una versione dolce.
Ritroviamo ingredienti simili alla ricetta salata, quali gli spinaci e la ricotta, ma la pasta è una frolla friabile e si aggiungono all’impasto mandorle, amaretti, aromi zuccherini e un poco di liquore.
Passiamo poi al Certosino o Pan Speziale di Bologna, tipico del periodo natalizio. Un dolce dal colore bruno, basso e tondeggiante, decorato con frutta candita di vario tipo e mandorle, la cui superficie variopinta rievoca lontanamente le vetrate dei rosoni delle chiese.
La ricetta è antichissima, si dice risalga al Medioevo, ma le origini del nome sono, come sempre, abbastanza controverse. Alcune fonti vogliono che esso derivi dal fatto che i primi a realizzarlo fossero i farmacisti, o “speziali”, e che in un secondo tempo la sua produzione fosse deputata ai frati certosini (della Certosa, che oggi è il più importante cimitero monumentale di Bologna). Altre, invece, affermano che più semplicemente il nome provenga dalla forma dialettale pan spzièl , ovvero “pane speciale”.
La tradizione vuole che venga preparato con largo anticipo – un mese prima, forse più – per poi lasciargli un periodo di maturazione di circa due-tre settimane, nel quale i sapori avranno modo di intensificarsi e amalgamarsi. Gli ingredienti principali che lo compongono sono farina, mandorle, pinoli, cioccolato fondente, miele e cedro candito, molto presente nei dolci bolognesi, come ad esempio nella torta di tagliatelle. All’impasto va aggiunto anche del vino rosso, lasciato in infusione insieme alle spezie per almeno una notte. Questa operazione andrà a conferirgli il classico e inconfondibile profumo. Come per molte delle colonne portanti della cucina bolognese, esiste anche in questo caso una ricetta codificata, depositata presso la Camera di Commercio di Bologna e tutelata dal marchio STG, Specialità Tradizionale Garantita.
È un dolce che si conserva molto a lungo, anche mesi, adatto a essere incartato e, perché no, regalato.
La Spongata di Brescello è una torta conosciuta nella bassa reggiana fin dal tardo Medioevo.
Anch’essa tipicamente natalizia, originariamente era riservata ad ospiti illustri e a momenti di particolare importanza. L’origine del nome della spongata è incerta: per alcuni deriverebbe da “spugna”, per l’involucro ripieno di piccoli buchi che ne contraddistinguono la superficie, per altri dall’aspetto spugnoso dello zucchero con cui viene cosparso il dolce (spongato è lo zucchero che ha subito una particolare lavorazione).
Secondo alcuni la spongata è un dolce legato alla presenza ebraica in numerosi centri della pianura emiliana; secondo altri si tratterebbe di una preparazione di origine romana mantenuta in vita nelle corti medievali in cui era forte la tradizione dei panes melati ac pepati. Gli Estensi ne regolarono la produzione con un’apposita “grida”.
La spongata un tempo veniva preparata nella stagione invernale, a partire da Ognissanti, e si conservava a lungo in recipienti sigillati.
A Brescello (RE) il primo documento che la nomina risale al 1454 e l’anno successivo figura fra i doni inviati al duca Borso d’Este. Il merito di aver riscoperto nel 1830 l’antichissima ed originale ricetta della vera Spongata di Brescello va attribuito al sacerdote don Palazzi, che nel 1945 la cedeva allo speziale Panizzi.
Nella ricetta tradizionale il ciclo preparatorio è di tre giorni.
Piatta e rotonda nella forma, ha sapore speziato, con una crosta croccante di zucchero a velo, che nasconde una farcitura morbida e profumata. La pasta frolla rigorosamente tirata a mano è ripiena di miele, mandorle, pinoli, frutta candita, cedro e uva passa.
Allontanandoci dalle torte entriamo nel mondo della biscotteria.
Gli africanetti di San Giovanni in Persiceto, detti anche africanèt o biscotti Margherita, sono una varietà di meringa di colore giallo vivo a forma di lingotto, ottenuti dall’amalgama di tuorli d’uovo, zucchero e burro finemente lavorati. Montati a lungo, vengono cotti in forno a temperatura moderata in appositi stampi. A cottura ultimata, i biscotti risultano cavi al loro interno, dalla superficie esterna friabile e interna più morbida.
A San Giovanni in Persiceto, era ed è tuttora uso offrire gli africanetti in occasione di determinate ricorrenze: la festa patronale del 24 giugno, la fiera di settembre, il carnevale storico nonché in occasioni speciali quali matrimoni, battesimi, comunioni e cresime. Sono confezionati con lo zabaione montato.
Alle origini erano apprezzati in tutta Italia e non solo, infatti venivano spediti anche in Africa Orientale – e da qui il nome “africanetti”.
Altri biscotti da non dimenticare sono le Ciabattine di San Antonio – simili ai Savoiardi – , i Buslanei, i Biscotti di Marradi, i Mandorlini del Ponte – di forma piatta, a base di mandorle, zucchero, farina e albumi d’uovo montati a neve.
La piccola pasticceria ci offre alcune delizie come le pesche ripiene. Ne esistono due versioni.
Comunemente con il nome pesche ripiene si intendono quei dolci tipici della cucina emiliano romagnola, composti da due biscotti di pasta frolla, a forma cava, farciti con crema pasticcera al cacao e abbondantemente spolverati con lo zucchero. Vengono bagnati con il liquore alchermes, che li colora di un rosso acceso.
Nella seconda ricetta, invece, le pesche sono cotte in forno ripiene di amaretti di Modena.
Questi hanno un sapore dolce-amaro dovuto alle mandorle presenti nell’impasto. Morbidi e pastosi internamente, friabili all’esterno. Gli altri ingredienti sono il cacao, il burro e lo zucchero. Il tutto viene infine irrorato con uno sciroppo, frutto di una riduzione di Lambrusco di Sorbara.
Degno di nota è il Savor, in dialetto “savôr”, un’antica marmellata diffusa un tempo soprattutto in Romagna. E’ un dolce “povero” che si ottiene, dopo lunga bollitura, facendo cuocere nel mosto d’uva nera un insieme di frutti autunnali come frutta secca, polpa di zucca, scorze di arancio e limone. Denso e scuro, il Savor è ottimo per accompagnare indifferentemente piatti dolci, arrosti o bolliti. Eccellente anche accompagnato a sapori decisi come quello del formaggio di fossa di Sogliano. Nelle case contadine, specie a Montegelli, il Savor veniva conservato in piccole damigiane dal largo collo e serviva come energetico companatico da consumare durante l’inverno.
Tipico dell’Emilia Romagna è, infine, il sugo d’uva. Presente nella vita di ogni giorno, più conosciuto rispetto ai dolci incontrati in precedenza, poiché facilmente reperibile nei supermercati quasi tutto l’anno, seppur tipicamente autunnale.
Si tratta di una specie di budino ottenuto dal mosto dell’uva appena pigiata.
Si prepara a fine settembre, quando l’uva che darà vita al Lambrusco viene portata nelle cantine sociali. C’è chi prepara i sughi anche con il mosto del vino bianco, ma la bontà e la bellezza del colore di quello cucinato con l’uva rossa è insuperabile.
Si tratta di una preparazione semplice, che sa di antico e di civiltà contadina, quando chi lavorava nei campi non aveva di certo pasticcerie o supermercati a disposizione per andare a comprare un dolce da gustare nelle prime serate fredde e perciò realizzava questo dolce con le materie prime che la natura gli offriva spontaneamente.
La mia grande passione per la pasticceria mi ha condotta in questo viaggio alla scoperta di sapori unici nel loro genere che non devono essere abbandonati o dimenticati. I dolci presentati sono semplici, popolari, di origine antica. Sono questi, secondo me, i valori che caratterizzano la cucina dell’Emilia Romagna: semplicità mai sinonimo di banalità. Tradizione e passione che avanzano a pari passo. Impariamo queste ricette e insegnamole a nostra volta. Manteniamo vive queste dolci tradizioni.
Fonti:
Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale”, n.141 del 20 giugno 2014: quattordicesima revisione dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;
http://www.stradavinisaporifc.it/prodotti/6/dolci_di_romagna
http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/eventi_turismo/home_nuova_turismo/nostre_ricette.aspx#.WMH2KvnhDIV
http://www.cucchiaio.it/ricetta/ricetta-certosino-pan-speziale/
http://www.academiabarilla.it/italian-food-academy/dolci-pasticceria/spongata.aspx
Il mio libro dei dolci fatti in casa. Ricette consigli e segreti, Rangoni, Laura, Bologna, Giunti, 2013
Buon appetito Emilia-Romagna, Bologna, Script Edizioni, 2012
Dizionario del ghiottone viaggiatore: Italia: guida alle specialità regionali italiane, Cesari Sartori, Monica, Bologna, Gio editing, 1994
http://turismoinpianura.cittametropolitana.bo.it/Engine/RAServePG.php/P/28731RTP0500/M/28361RTP0606
http://www.salepepe.it/ricette/dolci-dessert/pasticceria/biscotti/africanetti/
http://www.prodottidellastrada.it/prodotti/6/dolci_di_romagna/350/pesche_dolci_romagnole
“Cult Food Emilia Romagna” – Episodio 3
http://www.mitidiromagna.it/savor.asp
http://rezdore.provincia.modena.it/sughi-uva.asp
Fotografie
Erbazzone dolce: http://spilucchino.blogspot.it/
Certosino: www.ginofabbri.com
Spongata: www.pasticceriatosi.it
Africanetti: www.salepepe.it
Pesche ripiene: foto di Micaela Ferri
Savòr: www.gustoblog.it
di Alice Gallo del blog Logica Biologica.
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