Gli Antipasti

Pubblicazione: 30/12/2016

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Giornata Nazionale degli Antipasti

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Ambasciatrice Giuli Fais per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Antipasto, lo dice la parola: ciò che precede il pasto. Con vivande che stimolino l’appetito e predispongano a consumare le portate che seguiranno.

L’Antipasto caratterizza la tradizione gastronomica italiana: già nell’antica Roma troviamo testimonianze legate al “gustatio“. Si trattava di un vero e proprio antipasto, che preludeva a pietanze più sostanziose, composto soprattutto da verdure, accompagnate da salse di vario genere. Cicerone definiva l’antipasto “promulsis“, riferendosi alla consuetudine di aprire i banchetti sorseggiando un vino mielato, il “mulsis“.

A chiudere la serie di Antipasti si usava servire l’uovo, nonostante proprio Cicerone sostenesse che anche salsicce e frutti di mare potessero essere utilizzati a tale scopo.

Nel Medioevo si perse l’usanza di servire e consumare l’Antipasto: i banchetti esordivano presentando direttamente portate a base di carne. Non se ne ebbe più traccia fino al Cinquecento, in cui il termine “Antipasto” rinvenne in uno scritto del Fiorenzuola. In un trattato del Messisbugo, cuoco dell’epoca, l’Antipasto veniva definito “primo servizio di credenza”. Tra le pietanze proposte si spaziava dagli ortaggi ai salumi, passando dalle polpette.

Pellegrino Artusi, padre della gastronomia italiana, presenta così gli Antipasti nella sua opera “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene“:

“Principii o antipasto sono propriamente quelle cosette appetitose che s’imbandiscono per mangiare o dopo la minestra, come si usa in Toscana, cosa che mi sembra più ragionevole,  o prima, come si pratica in alcune parti d’Italia. Le ostriche, i salumi, tanto di grasso, come prosciutto, salame, mortadella, lingua; quanto di magro: acciughe,  sardine, caviale,  mosciame (che è la schiena salata del tonno), ecc., possono servire da principio tanto soli che accompagnati col burro. Oltre a ciò i crostini, che vi descrivero` qui appresso, servono benissimo all’uopo.”

Oggi l’Antipasto non rappresenta più semplicemente il preambolo di un lauto pranzo, ma ne costituisce parte integrante: ora, più che un tempo, imperativo nella sua preparazione è stupire. Ed ecco che nasce il finger food, ovvero la trasmigrazione dell’Antipasto tradizionale nel cosmo della ristorazione di tendenza. Si azzardano abbinamenti, si studiano presentazioni d’effetto, si utilizzano stoviglie innovative per il servizio: e voilà, ci troviamo catapultati anni luce da mozzarella in carrozza, crostini e bruschette.  Ma noi Italiani, si sa, siamo un tutt’uno con le nostre radici; ed è così che esprimiamo il massimo della creatività pescando tra le ricchezze del nostro territorio, per dar vita al cosiddetto Antipasto all’italiana. Niente di che, se non l’eccellenza di verdure sott’olio o sott’aceto, salumi ed insaccati Dop e Igp, formaggi e quanto di più semplice e genuino si possa immaginare, servito con pane e abbinato a vini locali: il necessario per aprire ogni banchetto che si rispetti. O per essere gustato a tutto pasto. E da qui prende il via una lunga rassegna di specialità regionali che caratterizzano altrettante versioni di Antipasto. Dalle tigelle allo gnocco fritto in Emilia, a panzanella e crostini in Toscana, fino ad arrivare all’insalata caprese in Campania. Troviamo fra queste anche specialità meno conosciute, legate strettamente alle abitudini popolari locali. Sulla costa ionica calabrese, ad esempio, si produce la mustica: trattasi di bianchetti, ovvero alici neonate,  essiccati al sole, coperti di peperoncino e conservati in barattoli di vetro, coperti d’olio. Si consumano  spalmati su crostini di pane.

Ciò che più di ogni altra cosa ci rappresenta parlando di Antipasti sono i salumi. Da Nord a Sud, ogni regione italiana vanta la propria eccellenza, ereditata dalla tradizione contadina. Parlando di Marche non si può non citare il Ciauscolo Igp: insaccato diffuso nelle province di Ancona, Macerata ed Ascoli Piceno. L’etimologia della parola richiama il termine latino cibusculum, piccolo pasto, un tempo consumato nelle campagne tra colazione e pranzo. Caratteristica di questo salume è la consistenza morbida, tale da renderlo spalmabile, possibilmente su un crostino e accompagnato da un bicchiere di Verdicchio di Matelica DOC. Risalendo verso Nord ci soffermiamo in Valle d’Aosta, dove primeggia fra tutti il lardo d’Arnad Dop. Dal ritrovamento di un inventario del Castello di Arnad, risalente al 1763, emerse l’annotazione di quattro “doils“, contenitori utilizzati per la maturazione del lardo, prodotto già diffuso a quel tempo. La sua conservazione avviene coprendolo con vino bianco, all’interno di contenitori sigillati; si gusta accompagnato da pane nero valdostano, il pan dur, spalmato con miele, abbinato ad un Valle d’Aosta Petite Arvine DOC.

Abbandonando idealmente i salumi, torniamo nel Centro Italia. La tradizione laziale è strettamente legata all’impiego dei prodotti che la terra offre con generosità: ortaggi come i peperoni, raccolti tardivamente, in concomitanza con la vendemmia e conservati nella vinaccia; le carote dolci sott’aceto di Viterbo e i carciofi sott’olio dei Monti Lepini sono il perfetto accompagnamento a pietanze ricche di condimenti grassi; così come le olive, onnipresenti sulle tavole laziali, dalle spaccate e al fumo dei Monti Lepini a quelle alla calce di Terracina.

Il tour attraverso la scoperta delle specialità regionali protagoniste di stuzzichini e assaggini da gustare rigorosamente con le mani ci traghetta in Sardegna. È qui che “l’oro sardo” ci accoglie fra acque cristalline e rovine preistoriche: la bottarga, ovvero uova di muggine, tonno o pesce spada, salate, pressate e lasciate essiccare fino a quattro, cinque mesi. L’origine del suo nome è controversa: deriva forse dall’arabo  “botarikh” (uova di pesce) o, presumibilmente,  dal greco “tarichos” (salume). I Sardi la chiamano “butariga” e la tecnica di lavorazione è stata ereditata quasi sicuramente dai Fenici, che la diffusero nelle colonie sarde di Tharros e Othoca (Santa Giusta). Quella che oggi si considera una vera e propria prelibatezza gastronomica, in passato costituiva il pasto riservato ai pescatori, impegnati per giornate intere di lavoro in mare. Prodotta in tutta l’area mediterranea, viene consumata come antipasto, affettata su fette di pane abbrustolito o fresco, oppure accompagnata ai carciofi, in abbinamento ad un Vermentino DOC.

L’elenco delle eccellenze regionali che imbandiscono le tavole di buffet e banchetti rasenta l’infinito; ed è proprio questa generosità di produzioni locali che ha permesso agli antipasti di conquistare un ruolo di primaria importanza sulle nostre tavole. Pur essendo una portata tipicamente italiana, affermiamo con certezza che, come tutto il made in Italy, anche l’antipasto sia un prodotto d’esportazione, parte integrante del concetto di dieta mediterranea.

Come tutta la gastronomia regionale, gli Antipasti hanno una connotazione tipicamente contadina e nascono essenzialmente dall’utilizzo di materie prime semplici. È dei tempi moderni la metamorfosi che li ha trasformati in graziosi elementi di puro design gastronomico, dalla funzione più scenografica che di nutrimento.

Per rivalutarne il contenuto autentico, basta ripercorrere alcune scene di un film cult del Neorealismo: “Ladri di biciclette”, di Vittorio De Sica. Corre l’anno 1948, in un’Italia messa in ginocchio dalla guerra si tenta con ogni mezzo di rimettere insieme i cocci di un paese appena uscito dalla devastazione. In questo contesto si estrinseca la vicenda del protagonista, Antonio, che si affanna invano per la capitale alla ricerca della sua bicicletta, rubatagli proprio il primo giorno di lavoro. Dopo tanto penare e accompagnato dal figlio Bruno, in un quadro di sconforto e desolazione, tipico di quegli anni, decide di dare un calcio alla sfortuna e di concedersi un lusso. Con il figlio si reca a rifocillarsi in una trattoria della zona: l’atmosfera goliardica e l’intrattenimento musicale lo distraggono per un attimo dalle vicende di quella giornata. Nonostante le difficoltà, ordina due mozzarelle in carrozza e una caraffa di vino.

“Mo`ce magnamo ste due mozarele e a te te faccio porta` pure er dolce, sei contento?”

Per loro un pasto, per gli avventori benestanti dei tavoli vicini solo l’antipasto: “Pe’ magna` come quelli lì,  poco poco bisognerebbe guadagna` un mione ar mese” … “Magna magna, nun ce pensa`” …

Dalle note in bianco e nero di un capolavoro della cinematografia d’autore alla filante croccantezza di un antipasto che non passa mai di moda, ecco la ricetta della Mozzarella in carrozza de l’Accademia Italiana della Cucina:

Persone: 4
Regione di appartenenza: Lazio
Categoria della ricetta: Antipasti

Ingredienti:
otto fette di pane a cassetta
otto fettine di mozzarella
otto filetti d’acciuga sott’olio
un uovo
farina bianca
olio extra vergine d’oliva
latte

Preparazione:
Togliere la crosta alle fette di pane e ammollarle, leggermente, nel latte. Mettere, tra due fette di pane, due fettine di mozzarella e due filetti d’acciuga. Premere in modo che le fette aderiscano bene. Immergerle da tutte le parti, in uovo sbattuto con un poco di latte e poi passarle nella farina. Friggerle in abbondante olio, rivoltandole perché siano ben dorate da tutte le parti. Servire caldo.

Fonti:
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/antica/usi—costumi/Antipasto-del-banchetto-romano-gustatio-o-promulsis.html
http://www.alimentipedia.it/artusi/principii-antipasti
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/salumi-carne/Ciauscolo-IGP.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/ricette/contemporanea/sfiziosita/Mustica-calabrese.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/pesce-conserve/Conserve-Laziali.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/salumi-carne/LARDO-di-Arnad.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/antica/pesce-conserve/storia-della-bottarga.html
http://www.tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php?idArticolo=3518

Ladri di Bicilette e la mozzarella in carrozza di pane morbido alle erbe aromatiche


Partecipano come contributors:

Stefania Pigoni, Antipasti per Capodanno
Antonella Pitton, Paté di persico

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