Il Minestrone alla genovese

Pubblicazione: 12/02/2016

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Giornata Nazionale del Minestrone alla Genovese

Ambasciatori Monica Costa e Luca Grasso per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Il minestrone alla genovese, “menestrón a zeneize”, come dice il termine stesso, altro non è che una grande e ricca minestra in cui fanno sfoggio di sé una grande quantità e qualità di verdure rigorosamente di stagione e alcuni legumi, anche secchi, il tutto aromatizzato con pesto o con un soffritto.
Una caratteristica importante per questo piatto è proprio la stagionalità dei suoi ingredienti. Non a caso il miglior minestrone, che si prepara anche in inverno con una composizione più ridotta, è quello che si fa a partire dalla tarda primavera, periodo in cui inizia ad essere presente sulle nostre tavole una gran varietà di verdure.

Etimologicamente la parola minestra, da cui minestrone, deriva dal latino ministrare e si riferisce all’atto del somministrare compiuto da chi ha cucinato (ministrata), cioè distribuire i cibi a tavola.

Può sembrare strano che una città affacciata sul mare, come Genova, con una forte tradizione legata al suo porto abbia, tra le ricette che la rappresentano, un piatto ricco di verdure, cosa che non si limita in realtà al solo minestrone: infatti la cucina genovese è ricca di piatti nei quali le verdure sono protagoniste.
Per secoli incursioni di pirati saraceni hanno flagellato le coste liguri, saccheggiando e seminando il terrore in tutti i piccoli borghi costieri, e questo fatto, unito alla buona esposizione di gran parte del territorio e la ricchezza di orti ritagliati nelle trame della città, potrebbe aver influito sulla vocazione orticola di questa popolazione.
Una curiosità: pensate che il termine dialettale genovese con cui vengono chiamati i fruttivendoli, bezagnin, deriva dal nome di un torrente che attraversa la città, il torrente Bisagno, sulle cui rive si trovava la maggior parte degli orti presenti in città.

Il minestrone alla genovese è una ricetta di tradizione che parla di casa, di famiglia, difficilmente si può trovarne un’origine se non nella notte dei tempi; le minestre in genere sono diffuse in molti paesi, soprattutto in quelli mediterranei, e spesso sono state il principale sostentamento delle classi più umili.
Ancora oggi a Genova troviamo il minestrone nelle nostre trattorie sia della riviera che dell’entroterra.
Sino al XIX secolo nel porto lavoravano i catrai, una sorta di osti naviganti che a bordo delle loro imbarcazioni, vere e proprie piccole trattorie galleggianti, preparavano, insieme ad altre pietanze tipicamente liguri, “u menestrón”, per poi venderlo ai marinai delle navi che si trovavano ancorate nel porto o nelle zone limitrofe. Superfluo dire che andasse a ruba, viste le poche occasioni di mangiare verdure fresche sulle navi durante le lunghe navigazioni.

Proprio perché il minestrone è un piatto di famiglia, una ricetta codificata e precisa non esiste: va da sé che ogni Genovese sia pronto a giurare di essere il depositario di quella originale, ma è certo che ognuno l’avrà personalizzata a seconda di quello che sono le proprie abitudini, le proprie disponibilità e, perché no, anche i gusti.

Esistono però delle regole ben precise che, se non rispettate, trasformano il Minestrone alla Genovese in un minestrone qualsiasi.
La prima è la lunga cottura: il miglior minestrone è quello che si preparava sulla cucina economica e che veniva fatto cuocere dal mattino allla sera. Oggi sono pochi i fortunati che hanno la possibilità di utilizzare la stufa a legna: pertanto, si consiglia una cottura lunga e lenta che lo asciughi piano piano senza stressare troppo le verdure. Purtoppo si perderà quel sentore di affumicato che era tipico del minestrone cotto con la legna, che resta un ricordo indimenticabile nelle nostre memorie.
Altra caratteristica è lo spessore: i veri Genovesi dicono che non è minestrone se un cucchiaio, piantato al suo interno, non resta in piedi, sostenuto dalla corposità della minestra: se questo avviene, il minestrone si può dire perfetto.

Terza peculiarità è la crosta di Parmigiano che viene fatta cuocere assieme alle verdure: una e una sola (la nomea di “parsimoniosi” non l’abbiamo mica per niente!), che verrà poi divisa fra tutti i commensali.
Essendo una minestra e non una zuppa, il minestrone dovrà poi contenere la pasta: non una qualsiasi, ma a scelta i brichetti (fiammiferi in genovese) o lo scuccuzzu, oppure una pasta fresca, i taglierini.

I brichetti, una pasta di semola di grano duro particolarmente resistente alla cottura, sono grossi spaghetti ridotti a pezzetti di circa 2 cm.: ossia la pasta fresca fatta con pochissime uova, che in origine si metteva nel minestrone e che prima di essere cotta veniva spezzettata a piccoli tocchetti (probabilmente derivano dai taglierini).
Lo scuccuzzu è un pasta anch’essa di semola di grano duro e con una notevole resistenza alla cottura: ha la forma di piccoli cilindri di circa 4 mm con una dimensione a metà tra il cus cus e la fregola sarda. La sua storia è molto interessante e la rende testimone di una cultura lontana: lo scuccuzzu si diffuse nel Tirreno soprattutto grazie ai corallatori, pescatori di corallo genovesi (precisamente Pegliesi) che risiedevano nell’isola di Tabarca, davanti a Tunisi. Il percorso di questo tipo di pasta segue il peregrinare dei pescatori di corallo, da Tabarca verso la Sardegna, poi da qui verso la Spagna e infine verso la patria di origine, la Liguria.
Ultima caratteristica- e non certo secondaria – l’aggiunta a freddo del pesto, rigorosamente senza pinoli.
Qui però, il discorso si amplia, perché in realtà esistono due versioni, cioè un minestrone con il pesto – che è quello più famoso- ed uno con il soffritto.

Sul perché di questa doppia ricetta, esistono varie ipotesi. La prima è legata al passare delle stagioni, in una società che non conosceva colture di serra: il soffritto era l’espediente usato d’inverno, per dare sapore alle verdure, quando il basilico non c’era. L’altra ipotesi, invece, colloca la versione col pesto in un periodo più recente, visto che questa salsa è storicamente attestata solo a partire dai primi decenni dell’Ottocento: tuttavia, la certezza non c’è e oggi si tende a identificare il Minestrone genovese con quello che contiene il pesto.
Il minestrone va servito tiepido o anche freddo: nelle case contadine spesso la colazione del mattino si faceva con ricche razioni di minestrone a temperatura ambiente, accompagnato da una fetta di pane. Diffusa fino alla metà del secolo scorso l’usanza di tagliarlo a fette e friggerlo in poco olio, preparando così le famose “frittelle di minestrone”, contraddistinte da una deliziosa crosticina amarognola che esalta ulteriormente il gusto rotondo delle verdure.

MINESTRONE COL PESTO

INGREDIENTI per 4 persone:
150 g di fagioli borlotti freschi (o 100 g di fagioli secchi, precedentemente ammollati)
150 g di fagiolini in erba
200 g di cavolo secondo la stagione
3 patate medie
200 g zucca e/o zucchine secondo stagione
3 /4 pomodori
60 g di funghi porcini freschi (o 15 g di funghi secchi precedentemente ammollati)
1 cipolla media
1 spicchio d’aglio
2 carote
2 coste di sedano
200 g di verdure di stagione (es. in estate: piselli, melanzane, fave..)
olio extravergine di oliva
sale
una crosta di Parmigiano Reggiano
2/3 cucchiai di pesto senza pinoli
120 g di pasta secca tra bricchetti, scuccuzu oppure taglierini freschi spezzati (circa 30 g a persona)
PROCEDIMENTO:
Lavate e pulite tutte le verdure, riducendole tutte a tocchetti di dimensione abbastanza simile tra loro. La quantità di acqua che dovrete utilizzare per cuocere il minestrone non dovrà essere abbondante, ma sufficiente a coprire a filo le verdure nella pentola.
Mettete tutte le verdure e gli aromi in acqua fredda, quindi portate a bollore. Fate cuocere a fiamma viva per una ventina di minuti. Abbassate la fiamma e continuate la cottura per almeno 2 ore, mescolando spesso.
A metà cottura, aggiungete la crosta di parmigiano raschiata e ben lavata e l’olio.
Il segreto di un buon minestrone, quello che consente di ottenere il giusto grado di densità, sta nello schiacciare parte delle verdure durante la cottura, senza utilizzare frullatori, ma semplicemente aiutandosi col mestolo e il dorso di un cucchiaio.
A cottura ultimata aggiustate di sale e aggiungete la pasta: controllate però di avere abbastanza liquido che permetta la cottura della pasta. Se così non fosse, aggiungete altra acqua.
Quando anche la pasta sarà cotta, spegnete il fuoco e aggiungete 2 o 3 cucchiai di pesto “preparato per il minestrone”, cioè senza pinoli.
Lasciate intiepidire e servite il minestrone distribuendo nei vari piatti un pezzetto della crosta di Parmigiano cotta al suo interno.

MINESTRONE CON SOFFRITTO

Eccezion fatta per il pesto, gli ingredienti sono gli stessi della precedente versione: quello che cambia è il procedimento.
Tritate la cipolla, il sedano e la carota e, a piacere, un ciuffo di prezzemolo e mettere da parte.
Pulite e lavate tutte le verdure e tagliatele a tocchetti di dimensione simile tra loro. Sistematele in una casseruola capiente, coprite a filo con acqua fredda e portate a bollore. Fate cuocere a fiamma viva per una ventina di minuti. Nel frattempo scaldate in padella 2 o 3 cucchiai di olio e fatevi soffriggere il trito aromatico, badando a che non bruci. Aggiungete poi i pomodori e fateli cuocere lentamente finché la loro acqua di vegetazione si sarà assorbita. Mescolate spesso.
Aggiungete il soffritto alla pentola dove cuoce il resto delle verdure e procedete come da ricetta precedente, evitando di aggiungere il pesto alla fine.
Per la scelta delle verdure, vale quanto detto prima, con una precisazione: vista la presenza del soffritto, potete non far lessare la cipolla, la carota e il sedano.
FONTI:
Ratto G.B. e G., La cuciniera genovese, Genova 1863
Rossi S., Spigno L., Vettori D., Liguria salute in cucina, Genova 2015
Rebora G., La civiltà della forchetta, Bari 2000
Lingua P., La mensa dei liguri, Genova 2011
Lingua P., La cucina dei genovesi, storia e ricette, Genova 2013
Morosetti A., Il genovesato in cucina, Milano 2012
Genova Quotidiana
http://guide.supereva.it/liguria/interventi/2010/03/le-scorrerie-dei-pirati-sulle-coste-liguri
Partecipano come contributors:
Silvia De Leonardis, minestrone alla genovese
Silvia Leoncini, Minestrone alla genovese
Fausta Lavagna, minestrone? Sì, ma alla genovese!
Cristiana Di Paola, Menestrùn alla Genovese

13 commenti

  1. Che bell’articolo, ora capisco perchè mia zia, genovese, preparava un minestrone che mio zio, sardo, dichiarava essere più simile ad una pastasciutta che ad una minestra (lui abituato ai brodi sardi e alle minestre allungate!). Comunque un minestrone preparato in questo modo deve essere veramente buono!

  2. WoW, che bell’articolo! Bravissimi ragazzi foto splendide come il solito ma l’approfondimento storico del nostro minestrone mi è piaciuto moltissimo.

    1. È stato davvero interessante anche per me cercare tutte le informazioni, difficile ma molto stimolante, lo sai che sono fissata con le ricette della nostra Zena!!!

  3. Complimenti per il vostro articolo, un ricco approfondimento e foto meravigliose. Ministrare è una parola che ha il sapore di famiglia e di condivisione, mi piace moltissimo… Grazie! dani

  4. Lo scrivo anche qui…meraviglioso! L’articolo, con tutti i suoi aspetti storici (che bella l’immagine dei pescatori di corallo), e le fotografie! Bellissime, davvero…non riesco a smettere di guardarle!

  5. Uno dei piatti al quale difficilmente rinuncerei. Post delizioso almeno quanto la ricetta. Bravi

  6. Buona la minestra genovese grazie della ricetta ora me la leggo tutta con le info, pensa che la minestra di pasta fagioli o jota a Trieste non è minestra se il cucchiaio non rimane diritto 😀 . Buona serata

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