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Il ricettario ufficiale di Netflix
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Pubblicazione: 17/08/2016
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Nello splendido scenario dello Stretto di Messina, dove la terra ferma dell’Italia peninsulare lascia spazio all’incontro tra il Mar Tirreno e il Mar Ionio, proprio qui, unico posto in Italia, vi è la pesca del Pesce Spada.
Dove si uniscono mitologia, storia e leggende, dove i mostri Scilla e Cariddi di Omero sono diventati il simbolo di questi luoghi, la tradizione di questo magnifico pesce non è da meno.
L’unione delle acque del Mar Tirreno, che sono mediamente più fredde e meno salate, con quelle del Mar Ionio, crea correnti che favoriscono lo sviluppo del plancton, oltre che una maggiore diversità ittica. Oltretutto, da quando è stato aperto il canale di Suez, in quest’area al centro del Mediterraneo s’incontrano le acque oceaniche provenienti da Gibilterra e le correnti tropicali che giungono dal Mar Rosso. Lo stretto di Messina è anche una zona dove si alternano spesso i venti di maestrale, ponente, grecale e scirocco. L’insieme di questi fenomeni fa sì che quasi tutti i cetacei e i grandi pesci passino dallo Stretto: come il delfino, l’orca, le balene (tranne quella artica), il capodoglio, il tonno, la manta, gli squali (compreso quello bianco), il marlin e, naturalmente, il Pesce Spada.
Il Pesce Spada è un pesce osseo marino pereiforme dell’unica specie della famiglia Xiphiidae. E’ un pesce pelagico, che vive cioè in mare aperto; occasionalmente può avvicinarsi alle coste, lo si trova prevalentemente in acque superficiali, tra i 18° e i 22°, ma può scendere fino a 800 metri di profondità.
Il suo corpo è fusiforme, a sezione cilindrica che si restringe nella parte posteriore. La sua caratteristica più conosciuta è la tipica forma a spada della mascella superiore, appiattita e tagliente, lunga 1/3 del suo corpo. La mandibola, invece, ha una lunghezza molto inferiore. Occhi grandi, due pinne dorsali e due pinne anali. Le pinne pettorali sono lunghe e a forma di falce; assenti le pinne ventrali, così come sono assenti anche denti e squame. Il colore va dal grigio piombo al brunastro sul dorso, argenteo con riflessi metallici sui fianchi. La sua lunghezza può superare i 4,5 metri e il suo peso supera abbondantemente i 400 kg; mediamente, però, si aggira intorno ai 3 metri.
Il Pesce Spada si nutre in prevalenza di pesce, come sgombri, barracudina, pesci orologio, clupeidi e pesci lanterna, oltre che a crostacei e molluschi cefalopodi.
Le sue carni sono ricche di proteine e Omega 3, acidi grassi polinsaturi essenziali molto importanti per lo sviluppo del sistema nervoso centrale e della retina: aiutano a mantenere bassi i livelli di colesterolo e grassi nel sangue, inoltre proteggono le arterie riducendo il rischio di malattie cardiovascolari.
Nella fase di riproduzione, ovvero due volte l’anno, il Pesce Spada attraversa lo Stretto. La prima, verso aprile-maggio, seguendo la costa calabra dal Tirreno allo Ionio; la seconda, tra luglio e agosto, in senso inverso e più vicino alla Sicilia. Durante questi periodi tende a nuotare in superficie e in coppia. Il maschio non abbandona mai la compagna scelta per la stagione, per questo motivo viene definito un pesce romantico e cavaliere.
Quando i pescatori dello Stretto avvistano una “pariglia”, tendono a catturare per prima la femmina, ben sapendo che il maschio resterà a nuotare intorno alla barca, tentando anche di attaccarla con la sua lunga mascella spadiforme. Questo aspetto drammatico del duello tra uomo e pesce ha ispirato il noto cantante Domenico Modugno a comporre la canzone “Lu piscispata”.
Se parliamo di Pesce Spada non possiamo dimenticare l’antico rituale che riguarda la sua pesca nello Stretto, perché è storia fortemente legata alla nostra tradizione, per quanto possa essere difficile da affrontare.
Questa pesca inizia più di duemila anni fa, quando le barche andavano ancora a remi. La tecnica originaria è rimasta pressoché invariata: bisognava avvistare il pesce, inseguirlo o attenderlo, lanciargli addosso un’arma e lottare con lui fino alla morte. Già i greco-siculo-calabri lo pescavano così.
Nel versante della costa calabra, precisamente a Scilla e a Chianalea, gli avvistatori stavano per ore sui promontori e sulla rupe del Castello Ruffo, gridando a viva voce e muovendo una bandiera bianca a seconda della direzione che prendeva il Pesce Spada in mare, in modo da indirizzare una veloce barca sottostante (la feluca), con a bordo un rematore e un lanciatore, verso la preda.
Purtroppo, però, dal versante ionico e tirrenico del Messinese ciò non era possibile, perciò i pescatori iniziarono ad usare barche da posta, ferme, munite di albero su cui si arrampicava la vedetta.
Con gli anni e l’ingegno dell’uomo, nacque la tipica imbarcazione chiamata Luntru: leggera, sfilata e velocissima, era lunga fino a 6-7 metri, consentiva la presenza di 6-8 abilissimi rematori e dell’indispensabile lanciatore a prua.
L’avvento del motore marino segnò la modifica sostanziale dell’antica pesca. Fu così che l’uomo realizzò la moderna feluca, adatta a tutte e tre le fasi della pesca. Tale imbarcazione risulta particolare per il traliccio metallico alto fino a 30 metri, munito di scala a pioli, in cima al quale prende posto la vedetta, e per la passerella retrattile lunga fino a 40 metri che si trova a prua, dove si sistema il lanciatore, a cui spetta l’ultimo atto.
Nonostante l’evoluzione delle imbarcazioni, sono rimaste inalterate molte pratiche magiche e religiose che hanno accompagnato nei secoli la caccia del Pesce Spada, come la benedizione delle barche, la mangiata propiziatoria della ciurma, l’invocazione di S. Marco al momento del lancio dell’arpione e la marchiatura scaramantica del pesce appena catturato.
Purtroppo, le forme di pesca intensiva praticate in alto mare con metodi meno selettivi rispetto a quelli con la fiocina, hanno contribuito a far diminuire drasticamente, negli anni, il numero di esemplari presenti nello Stretto di Messina.
L’autore de “Il Conte di Montecristo”, Alexandre Dumas, buon intenditore a tavola, apprezzò moltissimo il Pesce Spada cucinato, allora, dai suoi amici messinesi e racconta che ebbe modo di gustarlo anche al fianco dei Mille nel 1860, quando il suo cuoco ritenne di prepararlo per lo Stato Maggiore dei Garibaldini in marcia per Girgenti.
Si pensi che nel maggio del 1896 un grande esemplare di Pesce Spada fu donato dalla comunità di Scilla a Papa Leone XIII grazie a Padre Zagari, frate cappuccino che organizzò una colletta e il viaggio della cassa con l’intera preda, trasportata in treno nella Capitale.
Come per il maiale, anche nel Pesce Spada quasi tutte le parti sono adatte a essere cucinate: sia le parti tenere e grasse vicine alle pinne che quelle vicine alla pancia e alla parte posteriore. Ma la parte nobile e più pregiata è la nuca, più tenera perché meno esposta all’attività muscolare dell’animale. Per condire ottime zuppe e sughi a base di pesce si possono utilizzare le interiora e le uova, anche se difficilmente sono reperibili in commercio.
L’unica parte immangiabile del pesce è la mascella superiore… proprio la spada. Purtroppo questo pesce non si presta ad essere conservato sott’olio, al contrario di tonno e altre tipologie di pesce azzurro.
Ancora oggi, la gente che vive sulle sponde del Messinese e del Calabrese fa del Pesce Spada un punto centrale della propria cucina.
La maniera più semplice per prepararlo prevede di tagliarlo a fette e grigliarlo, per essere condito successivamente con un salmoriglio a base di olio, aglio, capperi, olive, prezzemolo od origano e, per chi piace, peperoncino; ma si gusta anche trasformato in involtini farciti con un battuto di pane grattugiato condito con buccia di limone, pinoli e, a volte, anche uvetta.
Per questa ricetta la regione Calabria ha ottenuto dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali l’inserimento nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
800 g di Pesce Spada (un trancio)
600 g di pomodorini maturi (oppure 250 g di pomodori pelati)
150 g di olive verdi denocciolate
1 cucchiaio di capperi sotto sale
1 cuore di sedano con le foglie
1 cipolla
1 spicchio d’aglio
1 manciata di prezzemolo
Olio extra vergine di oliva
sale e pepe
Affettate finemente la cipolla, adagiatela in una casseruola con abbondate olio e fatela appassire insieme ad un trito d’aglio, sedano e prezzemolo.
Aggiungete i pomodorini tagliati in quarti, i capperi sciacquati dal sale e per ultime le olive denocciolate. Salate, pepate e fate cuocere una decina di minuti a fuoco medio.
Lavate il pesce spada, asciugatelo con carta cucina e tagliatelo a grossi pezzi; in una padella su fuoco vivace, scottatelo da ogni lato. Aggiungetelo successivamente al sugo preparato e fatelo cuocere a fuoco lento per circa 20 minuti.
Servitelo caldo, ma anche tiepido sarà molto gustoso.
Fonti:
http://www.ersa.fvg.it/divulgativa/prodotti-tradizionali/raccolta-elenchi-prodotti-agroalimentari-tradizionali/copy_of_Quindicesima%20revisione%20Prodotti%20Agricoli%20Tradizionali.pdf
www.strettoweb.com
www.calabriaonweb.it
www.scillaonline.net
www.colapesce.xoom.it
www.wikipedia.it
www.messinainfoto.blogspot.it
www.corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Pesce Spada di Sicilia di Massimo Palumbo, Maria Pacini Fazzi editore in Lucca
Partecipano come contributors:
Erica Zampieri, Pronti al duello
Sara Sguerri, Pesce Spada “a la Stimpirata” (con Cipolla, Sedano, Capperi e Olive)
Valentina De Felice, Calamarata con Pesce Spada e Friggitelli
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Complimenti adoro questo tipo di pesce e la sua versatilità in cucina lo rende unico.