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Il ricettario ufficiale di Netflix
Il ricettario ufficiale di Netflix è un libro di cucina decisamente sopra ...
Pubblicazione: 10/07/2016
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La pasta come nuova forma della vita, della fertilità della nostra terra e dell’oro che sa regalarci con una semplice spiga.
E’ senza dubbio la prima ambasciatrice dell’Italia nel mondo e allo stesso tempo è quella mano che tiene uniti tutti i popoli, oggi come ieri. Infatti la sua presenza storica è ben documentata in tutto il continente euroasiatico, dall’Italia alla Cina!
Le origini vanno molto indietro nei tempi, sin dalla prima coltivazione dei cereali, quando i nostri antenati un bel giorno decisero che la vita nomade era sì affascinante, ma una gran bella fatica.
Molti sono gli aneddoti sulla prima pasta: si racconta degli spaghetti che Marco Polo portò in Italia come souvenir dal suo viaggio in avanscoperta in Cina alla fine del 1.200. In realtà noi italiani eravamo già da molto delle buone forchette amanti di pasta! Dicerie americane al pari di quella degli alligatori nei sottofondi di New York. E non ce ne voglia Gary Cooper che nei panni di Marco Polo nel 1938 ha raccontato al grande pubblico questa leggenda metropolitana.
Se gli antichi Romani avevano già sperimentato la realizzazione e il consumo della pasta fresca, furono gli Arabi che perfezionarono, con il loro estro, la fase dell’essicazione; e la pasta giunse così in Italia tramite le importazioni e contaminazioni siciliane. Nel 1154 il geografo Al-Idrisi scrisse che nell’abitato di Trabia tra Termini e Palermo si produceva talmente tanta pasta da esportarne tra i musulmani e i cristiani.
Sin qui pasta: ma per noi italiani è un termine troppo generico, un tutto indistinto per noi che conosciamo il gusto e il profumo di ben oltre 300 tipi di formati, tra corta e lunga. Questa è la magia dell’estro pastaio: da soli due ingredienti poveri come acqua e farina si genera un mondo di forme e sapori. Magnifico!
Se è vero che gli spaghetti (con e senza polpette) incarnano l’idea del made in Italy all’estero, gli italiani a tavola non rinunciano alla pasta corta. Tre famiglie su quattro portano a tavola rigatoni & Co. Ebbene sì, non riusciamo a rinunciare alla pasta… “macarone, tu m’hai provocato??!!”
Una bella sfida, quasi quanto quella di immaginare le prime ricette: abbinamenti inconsueti per il nostro tempo, come miele, zucchero e cannella. Tanta storia per un prodotto così semplice in origine e così versatile in cucina.
In cima ai desideri degli italiani a tavola troviamo alcuni grandi classici come le penne e mezze penne, i fusilli, i rigatoni e le farfalle.
Estro e ingegneria applicata al grano, perché dietro ad ogni riga e ogni forma si cela un piccolo trucco del pastaio. Ed ecco che le scanalature sulla superficie delle penne rigate permettono di trattenere più salsa, così come il loro taglio angolato fa sì che la salsa cada leggermente e consenta di recuperarne la giusta quantità. La forma elicoidale dei fusilli è una “trappola” perfetta per i condimenti più ricchi e corposi; così come l’arricciatura delle farfalle crea un curioso gioco di consistenze da rendere ogni boccone un’esperienza sempre al dente.
Molti sono gli aneddoti che spiegano le origini dei formati di pasta, soprattutto quelli locali. Gli anellini da brodo “Paternostro”, così chiamati per il loro limitato tempo di cottura, quanto basta per recitare una preghiera appunto. Gli “strozzapreti”, molto diffusi nelle Marche e nella vicina Romagna per sughi ricchi ed elaborati, portano questo nome dalle stringhe che venivano usate, nello Stato Pontificio, dai rivoluzionari per strangolare i preti (chissà, crediamoci!). I “paccheri” di tradizione campana, ma ben noti ormai ovunque, derivano il proprio nome dalla “pacca”, uno schiaffone dato (bonariamente) a mano aperta: uno schiaffo di gusto adatto a condimenti importanti.
Personalmente ho un debole per la pasta mista: mi fa pensare a mia mamma che da piccola dava una mano alla nonna nella sua bottega, riportandomi agli anni in cui la pasta si comprava a peso, sfusa e alla fine del sacco rimaneva sempre qualcosa che diventava “piatto fantasia”, un riciclo creativo. Un piatto povero, ma ricco.
A pensarci bene i formati rigati sono il frutto di una storia molto recente, innovazione degli anni ’50 per migliorare e semplificare il processo di essicazione. Non manca chi sostiene che questo tipo di formato sia stato solo un barbatrucco dell’industria e che la vera arte sia nei formati lisci che non si attaccano tra loro e hanno una buona condibilità grazie alla sua loro porosità e non per le righe della sua loro superficie.
Ma questo poco importa: ciò che è vero è che ogni formato ama una ricetta.
E’ così che nascono i ricordi e le tradizioni di famiglia:
– Vigilia di Natale: Fusilli capperi e tonno. Da sempre.
– Sabato: Rigatoni alla Carbonara. A casa mia il rigatone batte lo spaghetto.
– Compleanno: Mezze maniche al forno con polpettine. Impossibile scattare una foto senza macchia di pomodoro.
Questo un pezzo di casa mia. Se penso alla mia terra, le Marche, il formato di pasta corta per eccellenza è quello dei rigatoni, o meglio “moccolotti”, come si chiamano dalle mie parti.
Le tradizioni sono le nostre radici, ci tengono in piedi e ci danno nuova linfa. Quella della mia terra è fatta di impegno, mani che lavorano i campi, tenacia e caparbietà. Il piatto delle mie radici è senza dubbio “li moccolotti de lo vatte” (rigatoni con sugo di anatra).
La storia di questo piatto è di fatta di fatica e condivisione, ci riporta agli anni in cui la raccolta del grano era un lavoro da veri uomini e allo stesso tempo una grande festa per molte famiglie. Il lavoro nei campi iniziava presto e ancora prima in cucina, dove le donne di casa iniziavano a preparare pentoloni di sugo di anatra che avrebbe cotto e sobbollito a lungo, fino alle 12, ora in cui la pasta doveva arrivare nei campi. Una preparazione lunga per un ragù ricco e denso, capace di ricaricare le energie perse nelle tante ore a lavorare sotto il sole. Oggi sono diventati un piatto dimenticato, un souvenir da sagra estiva. Ma va bene così, la vita di oggi è diversa (anche per fortuna), ma è bello, a volte, tornare in questo mondo in cui un piatto di pasta fatto con amore e un bicchiere di vino fanno la felicità. Ecco la ricetta per la felicità.
Un’anatra (solo collo, testa, ali, zampe ed interiora)
60 g di lardo pestato
1 cipolla tritata
1 costa di sedano tritata
1 chiodo di garofano pestato
1 foglia di alloro sminuzzata
½ dl vino bianco secco
alsa di pomodoro fatta in casa
Sale/pepe q.b.
Rigatoni
Fiammeggiate le parti di anatra per eliminare la peluria, pulite le interiora e tritatele grossolanamente.
Nel tegame di terracotta preparate un soffritto con lardo, cipolla e sedano al quale aggiungerete i pezzi di anatra e le interiora; regolate di sale e profumate con il chiodo di garofano, l’alloro ed il pepe. Rosolate il tutto, mescolando spesso.
Versate il vino e una volta sfumato versate il pomodoro fino a coprire, lasciate cuocere lentamente con il coperchio.
La tradizione vuole che la pasta sia cotta direttamente nel sugo e accompagnata da una ricca manciata di pecorino grattugiato.
Fonte: www.lastampa.it
Partecipano come contributors:
Erica Zampieri, Paccheri Siuè Sciuè
Camilla Assandri, Insalata di Farfalle (fatte in casa) con zucchine, robiola fresca e prezzemolo
Lucia Melchiorre, Farfalle speck, porcini e pomodorini verdi
Laura Bertolini, Fusilli corti in insalata con pesce spada, mozzarella affumicata, pomodorini e pistacchi
Pamela Bertoldo, Ruote Pazze con pesto di pomodorini, mandorle e melanzane
Enrica Gouthier, Sedanini con scampi e zucchine
Francesca Maria Battilana, Pasta con pesto di spinaci
Candida De Amicis, Mezzi paccheri con prosciutto crudo e melone
Anna Funari, “Li moccolotti de lo vatte”
Tamara Cinciripini, Pasta con scamorza,ricotta e mandorle tostate
Valentina De Felice, Farfalle Impazzite
Daniela Ceravolo, Ruote alla mediterranea
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E’ stato un piacere partecipare alla giornata nazionale della pasta corta e complimenti ad Anna per il post!