Primo evento AIFB: Antica Confetteria Romanengo

Pubblicazione: 26/02/2014

Condividi l'articolo:

Associati per pubblicare

IL RACCONTO PER CHI NON C’ERA, PER CHI AVREBBE VOLUTO ESSERCI, E PER CHI CI SARA’ LA PROSSIMA VOLTA!
di Alessandra Gennaro

C’è un posto, a Genova, dove il tempo sembra essersi fermato: basta infatti oltrepassarne la soglia per finir trasportati nell’atmosfera elegante e raffinata del bel mondo di qualche secolo fa, quando i piaceri della vita si assaporavano anche sotto forma di delizie per gli occhi e per il palato. E’ l’Antica Confetteria Romanengo, fondata nel capoluogo ligure nel 1780 con l’intento di importare anche in Italia quella figura del confiseur- chocolatier che tanta fortuna stava avendo in Francia e che fondeva in un unica professione l’arte della canditura, della confetteria e del cioccolato: una vocazione a cui i Romanengo sono rimasti fedeli da allora, traformando il loro nome in una garanzia di eccezionalità a tutto tondo, da qualsiasi parte si consideri i loro prodotti: alla straordinaria qualità delle materie prime, infatti, si unisce la gelosa e consapevole tutela di quelle tecniche antiche che hanno resistito, nei secoli, alle lusinghe della modernità e della tecnologia, forti dell’eccellenza dei risultati. E basta un semplice assaggio ad una qualsiasi delle mille delizie esposte negli antichi banchi della confetteria di Soziglia per capire il perché.
Ma se gli esiti di queste lavorazioni sono a portata di tutti i palati, questo non vale per i segreti della loro preparazione: il laboratorio è separato dal negozio e quello che succede fra le quattro mura più dolci della nostra città non è accessibile ai più: è per questo motivo che  quando Pietro Romanengo ha esteso anche ai soci della neonata AIFB l’invito a visitare la “fabbrica del cioccolato” l’entusiasmo è salito subito alle stelle. E lì è rimasto, per tutta la durata della visita guidata, assaggi compresi.
Come si legge sul sito della Confetteria e come è stato spiegato da Pietro Romanengo, nella sua introduzione, in principio furono gli Arabi, maestri di dolcezze, primi inventori della canditura come principale tecnica di conservazione della frutta. Ma poi ci furono i Genovesi che importarono nella loro città le tecniche apprese al tempo delle Crociate, che svilupparono e perfezionarono negli anni: tanto che, quando nel XVIII secolo i Francesi portarono questi prodotti a vette inaspettate di raffinatezza e bontà, a Genova si era pronti a raccoglierne il sapere e a provare a replicarle in loco, con risultati strabilianti che, nel giro di un secolo, fecero del capoluogo ligure il centro della produzione di queste bontà e una tappa obbligata per i golosi di tutta Europa.
Neanche a dirlo, ci copiarono tutti, per giunta con l’avallo di una politica economica nazionale che varò l’abbattimento dei dazi: un colpo al portafoglio quasi mortale (noi Genovesi lo teniamo vicino al cuore…) da cui comunque ci risollevammo, facendo leva sull’eccellenza dei nostri prodotti che, come si diceva, rimase inalterata fino ad oggi, grazie alla tenacia, all’abilità e al commovente amore per il proprio lavoro che ancora oggi si respira, nella fabbrica di Romanengo che è stata eccezionalmente aperta mercoledì scorso, per permettere ad un gruppo di soci AIFB di assistere da vicino alla produzione di queste bontà.
I CANDITI
 
Per preparare un candito “comme il faut” ci vogliono dell’ottima frutta, tanto zucchero, tanto, tanto tempo e tanta, tanta, tantissima pazienza.
La frutta (rigorosamente di stagione: a noi son toccati i mandarini!) viene selezionata con attenzione e messa poi a candire in una vasca, immersa in uno sciroppo di zucchero dove, attraverso un lentissimo processo di osmosi, lo zucchero penetra nella frutta, fino a saturarla. Più lungo è il riposo, maggiore sarà il grado di saturazione e minore il rischio dell’attacco dei micro organismi: il tempo varia a seconda del tipo di frutta e prevede anche un periodo di riposo nei magazzini, trascorso il quale si procede alla “glassatura”, vale a dire ad un’ulteriore copertura di zucchero, per dare lucidità ed impedire al candito di seccare.
 Ed ecco il trucco, per verificare se lo sciroppo è alla giusta temperatura…
Non servono termometri, nè marchingegni strani: basta raccogliere un velo di sciroppo su una schiumarola e soffiare: se si formano le bolle, la frutta candita può essere tuffata nello zucchero, per rivestirsi della sua camicia…

Una curiosità: il rivestimento di zucchero indurito- quello che sgocciola dalla camicia zuccherina- viene riciclato come pasto per le api. Vi immginate, che miele ne verrà fuori?

 IL CIOCCOLATO
Produrre il cioccolato come un tempo dà l’opportunità più unica che rara di poter assaggiare anche il cioccolato di una volta, quel famoso “cioccolato santé” o “cioccolato della salute” , ottenuto dal cacao puro. Lo stesso da cui parte Romanengo, aggiungendo zucchero e  scaldandolo sotto il fuoco di questo antico mescolatore
 
Da qui, il cioccolato viene raffinato (fino a pochi anni fa, sulla pietra, visibile all’interno del laboratorio) e poi passato nella “conca”, un macchinario inventato alla fine del XIX secolo da un certo signor Lindt ;-), che sbatte la massa così ottenuta per 72 ore, fino a trasformarla in cioccolato “fondente”, cioè lavorabile.
Il cioccolato che si ottiene interrompendo la produzione a questo punto è dunque l’antico “cioccolato santé”, il cioccolato buono che si produceva senza l’aggiunta di burro di cacao e che veniva utilizzato come base per la omonima bevanda: il gusto è quello grezzo e marcato delle cose buone di una volta, con sapori che si impongono netti al palato e che da soli costituiscono la miglior prova dell’assoluta qualità delle materie prime e della loro lavorazione.
IL FONDENTE DI ZUCCHERO
E’ un’altra delle specialità di Romanengo, sia che prenda la forma di mimuscoli bon bon variamente aromatizzati sia che, nel periodo di Pasqua, si trasformi nella base di elegantissime uova di cioccolato: di nuovo, la lavorazione segue metodi antichi, che non prevedono altri strumenti se non le mani e l’occhio allenato di chi li prepara…
LA PASTA DI MANDORLE
Due sono i tipi di mandorle impiegati: quelle di Avola, utilizzate per la confetteria, perchè di forma più regolare, e quelle pugliesi, dal gusto più caratteristico e penetrante- e due sono le tecniche, a crudo, per i raviolini ripieni di marmellata di albicocche…
 tutti a mano ….
e tutti uguali….
oppure con la pasta di mandorle cotta in forno per pochi minuti, come succede per le ciambelline o per i Quaresimali

una curiosità: queste ciambelline di pasta di mandorla spolverate di zucchero, in Quaresima vengono decorate con dei confettini colorati, secondo un’antica tradizione genovese che Romanengo ha preservato. La peculiarità è che questi confettini, simili in tutto alla monpariglia, sono confettati a mano, uno per uno, in questo antro delle delizie…

Non lamentatevi se i confetti di Romanengo non sono “così bianchi che più bianco non si può”. Prendetevela semmai con lo zucchero, che  non diventerà mai così lucido e scintillante come la gran parte dei confetti che troviamo in circolazione, se utilizzato come unico ed esclusivo ingrediente di copertura dell'”anima”. Ma basta un assaggio per capire la ragione per la quale il negozio di Soziglia sia da sempre la meta di tutti i futuri sposi, a cominciare da Umberto I che volle coronare le sue nozze proprio con questi deliziosi confetti. Che- segno anche questo di esclusività- non sono solo quelli più comuni, con la base di mandorla, ma contemplano anche le spezie, secondo l’antica tradizione genovese dei “confetti da camera”, i più famosi dei quali sono quelli alla cannella

 
con la cannella sminuzzata con le forbici
 
Come si diceva all’inizio, questo è solo un assaggio delle decine e decine di squisite delizie che fanno bella mostra di sè nelle vetrine del negozio, nei vari periodi dell’anno: le violette candite, lo sciroppo e la marmellata di rose, la conserva di manna, l’acqua di fiori d’arancio, le gocce di rosolio, le scorzette candite, i marron glacées, i fondant e tutto quello che ha reso questa realtà storica genovese uno dei vanti della nostra città, meritatamente conosciuto in tutto il mondo.
Se mai doveste capitare a Genova, il negozio si trova in piazza Soziglia, uno dei centri nevralgici dei nostri caruggi, per cui è impossibile non trovarlo: ma se anche foste un po’ fuori mano, concedetevi una deviazione e regalatevi qualcuna di queste piccole bontà: sarà un’esperienza indimenticabile, il souvenir più dolce della nostra città.
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati