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Il ricettario ufficiale di Netflix
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Pubblicazione: 09/07/2015
Ormai siamo grandi amanti dei colli euganei e, durante la nostra ultima visita, abbiamo avuto il piacere di parlare con Franco Zanovello, proprietario dell’azienda Cà Lustra. Con la visita in azienda, e parlando con Franco, abbiamo compreso concretamente cosa significhi vino biodinamico e quale sia la differenza con il vino biologico.
La normativa su quest’ultimo stabilisce le pratiche enologiche ammesse e quelle vietate, definisce i prodotti e le sostanze autorizzate e impone l’utilizzo di uve biologiche. Il vino biologico è certificato da organismi autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. I controlli riguardano la terra ogni tre anni, e foglie e frutto tre volte l’anno, con ispezioni a sorpresa.
L’etichetta “biologico” certifica un atteggiamento passivo (“non uso questo, non faccio quello, ecc..”), mentre la biodinamica è un atteggiamento attivo, nato in campo filosofico. Franco ci racconta che nella biodinamica troviamo da una parte atteggiamenti estremisti, tutt’ora legati più alla filosofia che alla pratica, dall’altra studi scientifici. Cà Lustra collabora con le Università di Padova e di Udine, facendo molta sperimentazione per passare dalla filosofia ad un approccio tecnico-pratico-culturale: la biodinamica funziona se vi sono coerenza e preparazione.
Per fare un buon vino ci vuole un buon terreno: la qualità la fanno le radici, con quello che trovano nel suolo. I terreni delle terre euganee sono composti principalmente da basalto e calcare argilloso. Cà Lustra ha vigne in quattro terreni diversi perché serve la vigna giusta sul terreno giusto. Ad esempio il vino bianco lo producono in quota, dove ci sono poca umidità, terre magre, luce, ed escursioni termiche che concretizzano i sapori.
Nei loro campi vi sono problemi di rovesciamento: li approcciano facendo ogni 3-4 anni il sovescio, un’opera multifunzione che permette l’aumento della materia organica nel terreno, il rallentamento dei fenomeni erosivi e il mantenimento del contenuto di azoto nitrico. Questa pratica rappresenta bene cosa sia l’atteggiamento biodinamico. Franco racconta che questo modo di lavorare, oltre al rispetto dell’ambiente, serve a fare il vino buono: quello che viene dalla terra è stabile, quello che si aggiunge dopo no.
Le vigne di Cà Lustra sono d’annata; il vino più buono viene dalla vite più vecchia: un vitigno che ha cinquant’anni è ideale perché le viti sono autoportanti, hanno capacità di autoregolamentazione, la buccia e le foglie sono più resistenti e l’uva rimane più sana.
I vigneti sono ancora accompagnati dalle rose, preziosissime sentinelle che – essendo più sensibili della vite – manifestano prima i sintomi di eventuali fitopatie, parassiti o carenze minerali derivanti dal suolo. Ciò consente ai viticoltori di agire in modo tempestivo sul problema per prevenire i danni al raccolto.
La raccolta è fondamentale, bisogna rompere l’uva il meno possibile, utilizzando attrezzature delicate. Cà Lustra è tra i pochi con filiera di raspatura e pigiatura sotto gas inerte: con il 90% di ossigeno in meno si riesce a non aggiungere solfiti in questa fase e ad avere una fermentazione spontanea. La grande attenzione al dosaggio della solforosa accompagna tutto il processo produttivo, arrivando ad averne un contenuto in bottiglia di molto inferiore a quanto consentito dalla legge del biologico.
Il passaggio in botti di legno consolida gli aromi e agevola la vita biologica dei vini giovani, con una micro-ossigenazione fondamentale. Questo è un metodo costoso ma permette ai vini di essere stabili per anni, una volta imbottigliati.
È così che nascono il Merlot – DOC Colli Euganei, valorizzato da almeno due anni in botti grandi di rovere di Slavonia; il Serprino – DOC Colli Euganei, frizzante e aromatico; il Rosso – DOC Colli Euganei, per la cucina quotidiana; il Cabernet – DOC Colli Euganei, adatto a carni importanti; infine il Bianco – DOC Colli Euganei, fino a otto uve diverse che trovano un interessante equilibrio tra loro.
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