02/09/2024
La cozza di Cervia
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
Pubblicazione: 11/06/2015
Io, Alessandro e Piccolo Chef lo abbiamo raggiunto una mattina di agosto di quasi un anno fa, dopo aver percorso la via Cadorna in circa 3 ore di cammino. Il percorso è semplice, la salita costante, ed è praticabile da tutti su una strada militare composta da numerosi tornanti. La base di partenza è il comune di Pagnona, situato nell’Alta Valassina. Esiste anche un sentiero, che parte sempre da Pagnona, forse più veloce ma sicuramente più impervio.
Ad attenderci, il sorriso e la gioviale allegria di Serena Sironi, con la quale avevo preso contatto attraverso l’Associazione Alta Valsassina, illustrandole il progetto Food Blogger, ottenendo un riscontro immediato che ha preso forme concrete, nell’attimo stesso in cui ci siamo incontrate: la cifra dell’ospitalità del rifugio è subito all’ingresso, nella vetrina ricolma dei dolci preparati ogni mattina e nella bacheca che espone i prodotti del territorio, e prosegue nelle parole di Serena, che ci racconta la sua storia: è un architetto che ama la montagna al punto tale da decidere di inventarsi una nuova professione, attraverso la gestione dei rifugi:anziché uscire stremata dalla prima esperienza, al Rifugio Falc, alle pendici del Pizzo dei Signori, a 2120 m di altezza, che aveva comportato un impegno fuori programma, Serena si era scoperta la determinazione e la caparbietà necessarie per adattarsi alla natura, sfruttarne le risorse in modo naturale, in una integrazione spontanea e consapevole, finendo quindi per trasformare i disagi in punti di forza.
Da questa consapevole conoscenza con l’ambiente montano è nata quindi una cucina eco compatibile, basata sullo sfruttamento dei prodotti del territorio e sulla lotta allo spreco: da qui, sono nati i suoi famosi finti mieli, i biscotti alle ortiche o all’achillea, i sottoli e i sottaceti oppure semplicemente il pane cotto quotidianamente nel forno della stufa a legna.
I tuoi prodotti sono a km 0 e/o a coltura biologica e naturale?
Trattandosi di principalmente di erbe spontanee, più che km 0, direi metri zero e quanto al resto, più biologico e naturale di così…
Come riesci a portarlo avanti?
Lo porto avanti con la passione e grazie al fatto che ormai è diventato una nota distintiva e ricercata della mia attività. Se dovessi cambiare, sarebbe come togliere le fondamenta a una casa…
Hai qualcuno che ti aiuta o porti avanti il tuo lavoro da sola?
Nell’attività di rifugista sono aiutata da diverse persone, ma per la produzione sono sola, anche se ho potuto beneficiare dell’aiuto di Manuela per un paio d’anni. Manuela si è laureata in tecniche erboristiche. Io sono stata sia la sua tirocinante, sia il suo correlatore per la tesi. Oltre ad avere una grande passione è anche stata “costretta” a collaborare per imparare, ma adesso lavora altrove.
Quali ostacoli hai incontrato e quali ancora trovi?
Gli ostacoli sono di tipo pratico. Non posso spingermi a troppa varietà (che per altro la mia inventiva ricercherebbe), né a produzioni quantitativamente importanti proprio perché faccio tutto da sola. Le variazioni climatiche di questi ultimi periodi inoltre creano un po’ di disagi, ma questo vale certamente in ogni settore agricolo.
Che tipo di riscontri ricevi?
La maggior parte delle persone vengono al rifugio proprio per gustare prodotti naturali (specialmente adesso che sta facendosi strada la ricerca delle cose naturali) e per partecipare e apprendere una specie di arte che diventa tale, solo perché dimenticata da un mondo con un sistema di vita ormai completamente artificializzato.
Come ti piacerebbe che evolvesse questa attività?
Onestamente, non ho particolare interesse a farla evolvere spingendo in direzioni particolari: mi è sufficiente portare avanti ciò che faccio, mantenendo l’amore che ci metto e soddisfacendo il mio bisogno di crescere e di varietà, scoprendo e inventando di tanto in tanto qualcosa di nuovo.
Come distribuisci e fai conoscere i tuoi prodotti?
Nella maggior parte dei casi chi compra i miei prodotti li conosce in rifugio ed è qui che li acquista. Espandere i canali di vendita significherebbe arrivare ad una mole di lavoro insostenibile da una sola persona.
Quali sono le criticità che incontri tra la produzione e la distribuzione del prodotto?
Per il livello quantitativo di vendita ritengo di non avere particolari criticità, non potrei vendere più di quello che produco. Qualitativamente i miei acquirenti/clienti degustatori sono soddisfatti ed apprezzano.
Realizzare a mano prodotti artigianali richiede costanza, dedizione e molta preparazione. Come si sviluppano le tue giornate e nei vari periodi dell’anno?
E’ tutto molto variabile, in base alla stagione, al luogo e alle esigenze del momento. Cerco di incastrare i tempi tra raccolta, utilizzo del fresco, produzione di conserve, ricerca e le altre attività (rifugio con tutte le mansioni che richiede e lavoro come architetto, anche se oramai ridotto all’osso).
Dove li realizzi? In che modo?
Le conserve vengono preparate per metà a valle, per metà al rifugio, il fresco invece è tutto raccolto ed elaborato al rifugio.
Quali sono le proprietà dei tuoi prodotti?
Non sono particolarmente interessata a conoscere le proprietà di ciò che cucino. Chiaramente tengo ben presenti eventuali controindicazioni per la salute, per il resto il mio interesse è rivolto alla ricerca del gusto e delle sensazioni che seguono di pari passo. Mi piace che i mie prodotti abbiano un buon odore, una buona consistenza e si presentino bene alla vista. In alcuni casi mi concentro anche all’effetto acustico (un pane che si spezza, la pancetta che crocca sotto i denti…). Soprattutto cerco di fare in modo che siano buoni nella testa già prima di essere assaporati attraverso l’illustrazione di ciò che si stà per mettere in bocca.
di Marzia Riva
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