02/09/2024
La cozza di Cervia
Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), comunemente noto come cozza, è un mollusco ...
Pubblicazione: 19/06/2023
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Parlando di Valeggio sul Mincio le prime cose che vengono in mente, soprattutto per chi è amante della buona tavola, sono il vino e gli agnolin che, per chi non lo sapesse, sono il nome in dialetto dei mitici tortellini di Valeggio.
Ma a Valeggio c’è molto di più da scoprire!
Pur essendo un comune molto piccolo, offre tanti spunti di visite: storiche, architettoniche e naturalistiche con il Castello scaligero, il Parco di Villa Sigurtà, definito il più bello d’Italia nel 2013, il Ponte visconteo, i Palazzi nobiliari e la Chiesa di San Pietro in Cattedra.
Inoltre nella frazione di Borghetto sul Mincio, un piccolo e antico villaggio di pescatori dove, con i suoi antichi mulini e le atmosfere medievali, il tempo sembra essersi fermato portandoci in un mondo magico e senza tempo.
Valeggio è una piccola cittadina veneta, dista 30km da Verona sul confine con la Lombardia.
Per raggiungerla dall’autostrada bisogna uscire dal Casello di Nogarole Rocca sulla A22 del Brennero e proseguire per 16 km verso Valeggio.
Per gli amanti del ciclo turismo esiste la ciclabile del Mincio che collega Peschiera a Mantova.
Il nostro consiglio è quello di prendersi l’intero week end per poter vedere con calma sia Borghetto che Valeggio, non disdegnate l’autunno perché in questa stagione i colori della natura danno il meglio di sé, creando delle atmosfere molto suggestive.
La nascita di Valeggio risale al periodo longobardo, VII-VIII secolo d.C., da cui deriva anche il suo nome che significa “insediamento fortificato”: quella di Valeggio, infatti, era una posizione perfetta, sulle rive del fiume Mincio e a ridosso delle colline moreniche del Garda, per costruire una Curtis Regia che avesse il compito di riscuotere il pedaggio per l’attraversamento e la navigazione del Mincio.
Divenne quindi un presidio militare di confine e per questo suo ruolo, nel periodo medievale fra il XIII secolo e il XIV secolo, vennero costruite delle grandi fortificazioni come il castello scaligero, il ponte visconteo e la linea difensiva del Serraglio che con l’entrata di questo territorio nella Repubblica della Serenissima persero quella funzione strategica, trasformandolo in un fiorente centro agricolo e molitorio, oltre che in un importante mercato dei bachi da seta.
Dopo il Congresso di Vienna, Valeggio entrò a far parte del Regno Lombardo Veneto, sotto il controllo dell’Impero austriaco e durante l’epoca risorgimentale venne coinvolto nelle battaglie delle 3 guerre di indipendenza che portarono alla proclamazione del Regno d’Italia.
Fu teatro di battaglie anche durante la Seconda Guerra Mondiale quando nel ‘44 fu bombardato il Monte di Borghetto.
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Valeggio sul Mincio è una cittadina che sorge lungo le rive del fiume Mincio tra il Lago di Garda e Verona dove le cose da vedere sono davvero tante.
Nonostante però sia piena di luoghi incantati che ne fanno uno dei borghi più belli d’Italia, viene spesso sottovalutata e viene visitata da un turismo di nicchia, mentre la massa preferisce sostare in località più turistiche della zona del Lago di Garda.
Valeggio sul Mincio è un angolo di Veneto dalle atmosfere fiabesche, il posto ideale per trascorrere un week end all’insegna del romanticismo e della buona cucina, traboccante di ville, palazzi nobiliari, mulini e vigneti sulle rive del fiume.
Insignita del marchio Bandiere Arancioni del Touring Club Italiano, Valeggio è una meta ricca di storia, visibile già nella sua piazza principale, Piazza Carlo Alberto, dove si trovano il Palazzo del Municipio e Palazzo Guarienti, nata come residenza estiva dei Marchesi Guarienti di Verona, nel cui interno ha sede la Biblioteca Comunale e sulla cui facciata è impressa una lapide che ricorda il soggiorno di Napoleone in questo palazzo il 30 maggio del 1796 e che qui rischiò di essere catturato dagli austriaci.
Dopo aver passeggiato per il centro storico, il primo luogo da visitare è il Castello scaligero che si trova sul punto più alto della città e da cui è possibile ammirare il panorama spettacolare dell’intera vallata che abbraccia la pianura veneta, quella mantovana e le colline lombarde fino all’arco alpino.
Edificato a partire dal XIII secolo dagli Scaligeri che eressero le loro tipiche torri scudate, nei secoli successivi venne sottoposto a numerosi rifacimenti, che non hanno però alterato il suo aspetto medievale.
Purtroppo con il passare dei secoli e le tante battaglie, che hanno visto come protagonista Valeggio e l’incuria dell’uomo, questo antico monumento si è progressivamente deteriorato e solo negli ultimi tempi è stata pianificata e realizzata un’opera di protezione e di ricostruzione della struttura muraria del castello.
Oggi la sua unica parte visitabile è la Rocca, a cui in origine si accedeva tramite due ponti levatoi; il terzo ponte, l’unico tuttora esistente, immetteva invece nella parte più ampia del complesso, quella chiamata “Castello”, di cui rimangono solo i ruderi delle mura perimetrali mentre l’intera area interna è attualmente occupata da una villa privata, Villa Nuvoloni, costruita all’inizio del 1900.
All’interno della Rocca è possibile ammirare la Torre Tonda considerata la parte più antica del castello, che però venne rasa al suolo quasi del tutto dal terremoto del 1117.
In origine era una costruzione a ferro di cavallo del X sec. che insieme ad altre tre formava una fortificazione a pianta trapezoidale. A questa Torre Tonda è legata anche una leggenda in cui si narra che nella torre venne murata la spada strappata ad un cavaliere ucciso in battaglia o forse assassinato in seguito a qualche intrigo e che lo spettro del cavaliere ritorni nelle notti di tempesta o di plenilunio per cercare la spada, l’unica che possa garantirgli il riposo dell’anima e il recupero del proprio onore; spada che però non è stata mai ritrovata e il cavaliere, per questo, continua a tornare ogni notte di tempesta o di plenilunio per la sua ricerca senza fine.
Le torri sono visitabili da marzo ad ottobre nei week end e nei giorni festivi mentre il cortile rimane aperto al pubblico tutto l’anno dalle 10 alle 19.
In questo suggestivo scenario, che offre il cortile interno, durante il periodo estivo, il comune di Valeggio organizza serate di spettacolo e di cinema all’aperto.
Altro luogo assolutamente da non perdere è il Parco di Villa Sigurtà che nel 2013 vinse il premio come il parco più bello d’Italia mentre nel 2015 arrivò secondo in Europa.
Aperto al pubblico da marzo a novembre dalla fine degli anni ‘70, oggi si estende su una superficie di ben 60 ettari ma nacque nel ‘400 come “brolo cinto de muro“, uno spazio che ospitava le famiglie patrizie dell’epoca, dotato di cappella di famiglia, colombaia, stalle, scuderia, fattoria e fienile.
All’intera proprietà era annesso anche un giardino dove i nobili trascorrevano le ore di svago e di ozio e che ebbe nel corso del tempo diversi proprietari: la famiglia patrizia Contarini, i Guarienti, i Maffei, nel cui periodo di appartenenza soggiornò il poeta Ippolito PIndemonte, per passare dopo 200 anni ai Nuvoloni.
Sotto questa famiglia, la villa ed il parco ebbero l’onore di ospitare l’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria e Napoleone III di Francia e la leggenda vuole che entrambi abbiano potuto osservare dalla collina settentrionale di questo spazio verde l’evolversi delle battaglie di Solferino e di San Martino.
Dopo essere appartenuta agli inizi del ‘900 e per un breve periodo ad una tale Maria Paulon, l’intera proprietà venne acquistata dall’industriale farmaceutico Giuseppe Carlo Sigurtà per 800.000 lire: l’industriale era venuto in queste zone per acquistare una carrozza, visto che Valeggio sul Mincio era famoso proprio per questo artigianato.
All’epoca il parco era completamente in disuso ma, grazie anche alla possibilità di prelevare l’acqua direttamente dal Mincio per poterlo irrigare, Sigurtà realizzò questo paradiso botanico di impareggiabile bellezza che fu aperto per la prima volta al pubblico il 19 marzo del 1978.
La particolarità del Parco Sigurtà, ancora oggi appartenente ai discendenti della famiglia e oramai struttura indipendente rispetto alla Villa, è la diversa fioritura delle sue piante nei vari periodi dell’anno:
Per avere un’idea della grandezza del parco, basti elencare i suoi spazi e la quantità delle piante ospitate: 40.000 piante di bosso, 18 specchi d’acqua, il viale delle rose con 30.000 esemplari rifiorenti, il labirinto formato da siepi provenienti da tutto il mondo e 1500 esemplari di tasso, la grande quercia e ben 50 varietà di piante annuali.
Per visitare il parco lo si può percorrere a piedi, occorre una giornata intera, oppure si possono noleggiare una bicicletta elettrica o una golf-car; inoltre, per usufruire di una visita guidata, è possibile approfittare del trenino che conduce lungo quello che viene chiamato l’Itinerario degli Incanti.
Prima di descrivere la Chiesa di San Pietro in Cattedra, ritorniamo sui palazzi nobiliari di Valeggio e parliamo un po’ del Palazzo Guarienti, di quello Municipale e di Villa Sigurtà.
Palazzo Guarienti venne progettato da uno dei meno noti architetti veronesi del ‘700, Piero Ceroni, che lo disegnò in un rigoroso stile neoclassico: la costruzione presenta tre grandi e massicci portoni d’ingresso che dominano la facciata e la fanno sembrare una fortezza, su cui è stato poggiato un balcone sovrastato da un’aquila con le ali spiegate. Su questa facciata, oltre alla lapide che ricorda il soggiorno di Napoleone, si trova anche una targa commemorativa di don Giovanni Beltrame, missionario, studioso ed esploratore di Valeggio, a 100 anni dalla sua morte.
Edificato su precedenti costruzioni cinquecentesche, il Palazzo Guarienti, conosciuto dai valeggiani anche con il nome di “palazzo del patriota”, è famoso per aver ospitato l’incontro, il 1° giugno 1796, tra il Provveditore Straordinario di Venezia Nicolò Foscarini ed un giovane generale francese, Napoleone Bonaparte, che voleva far transitare il proprio esercito nei territori veneti: il futuro imperatore transalpino, durante questo incontro, ribadì che era pronto a bruciare Verona se non avesse ricevuto una risposta affermativa alla sua gentile richiesta. Non potendo opporsi, la Regione venne aperta ai francesi e l’incontro sancì di fatto la fine della Repubblica della Serenissima.
Palazzo Guarienti oggi è sede della Biblioteca Nazionale ed ospita numerose mostre d’arte e fotografiche.
Sempre nel centro storico di Valeggio, si trova il Palazzo Municipale, sede storica del governo cittadino, in perfetto stile neoclassico e risalente alla seconda metà del ‘700.
La sua facciata è caratterizzata da un alto portale di ingresso, incastonato fra delle robuste colonne bugnate che sostengono il balcone e su cui si apre la porta della vasta sala consiliare; sopra sorge il timpano sommitale, che include l’orologio, sormontato da un elegante campaniletto marmoreo con banderuola.
Nel corso dei secoli, a seconda dei diversi domini, il Palazzo divenne oggetto di varie trasformazioni, la prima sotto la giurisdizione francese, in cui solamente il piano nobile rimase ad uso pubblico mentre il pianterreno, l’intera ala est e una parte dell’ala ovest, due locali a piano terra e due al primo piano, vennero trasformati in abitazioni o destinati ad uso commerciale e artigianale e, sul cui lato sinistro, venne aperta la prima bottega di caffè del paese.
Un secondo restauro venne realizzato negli anni ‘50 quando l’amministrazione comunale fece sostituire il grande portone in legno con una più moderna cancellata vetrata, furono rinnovati gli uffici e fu eliminata la stanza da letto per gli ospiti illustri mentre la sala consiliare fu dotata di un grande tavolo ovale di cristallo. L’ultimo ammodernamento risale infine al 1996, quando vennero messi a nuovo i pavimenti e il grande atrio; lo stesso orologio illuminato, posto al centro del timpano che sovrasta la facciata dell’edificio, venne rimesso in funzione, con la sostituzione completa del suo meccanismo.
Villa Sigurtà, detta anche “Della Quercia“, è una dei tanti gioielli architettonici del Veneto, fu progettata da Vincenzo Pellesina discepolo del Palladio e venne costruita alla fine del ‘600 per volere del Conte Antonio Maffei.
È famosa per aver ospitato nel corso del tempo molti regnanti: da Francesco Giuseppe I d’Austria a Napoleone III di Francia, dalla Regina Vittoria Eugenia di Spagna, al Re Costantino di Grecia, dal Re Simeone di Bulgaria, al Re Filippo del Belgio, dal Principe Carlo d’Inghilterra, al Duca d’Aosta e al Principe Pierre di Monaco.
Le sue stanze hanno ospitato anche personaggi della musica come Maria Callas o dello spettacolo come Luchino Visconti ma soprattutto la Villa è stata teatro dei primi convegni medici e scientifici che ha visto la partecipazione di numerosi premi Nobel: Fleming per la scoperta della penicillina, Waksman per quella della streptomicina, Domagk per la scoperta dei sulfamidici, Lorenz nobel per la medicina ed infine Sabin creatore del vaccino orale contro la polio.
Ancora nel centro storico si trova la Chiesa di San Pietro in Cattedra detta anche di San Pietro Apostolo.
Anche se ci sono testimonianze di una precedente pieve romanica del 1145 e di cui viene conservata ancora una grande ancona di pietra, quella che si vede oggi venne eretta nel 1753, sui resti di una precedente chiesa del ‘600 e su un progetto di Adriano Cristofoli, famoso architetto ed ingegnere veronese dell’epoca.
A quel tempo, per mancanza di fondi, la facciata non venne completata, solo nel 2006 in occasione dei 200 anni dalla consacrazione fu realizzato un bel portale in bronzo. All’interno della chiesa che si presenta con un’unica navata, vengono invece conservate opere di gran pregio come la Pietà in legno dipinto, l’organo, costruito nel 1812 da Giovanni Battista Sona, la pala raffigurante San Martino di Tours che dona il mantello al povero, realizzata tra i secoli XVIII e XIX, la pala con La cattedra di San Pietro, eseguita da Saverio Dalla Rosa ed infine una serie di quadri sulla vita di questo santo.
Fatto costruire nel 1393 da Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, il Ponte Visconteo, detto anche Ponte Lungo, è un ponte-fortezza lungo circa 650 e largo 25 metri, con un piano stradale posto a 9 metri dal livello delle acque.
La progettazione di questa imponente opera fu affidata a due tra i più importanti ingegneri del tempo, il fiorentino Domenico dei Benintendi ed il veronese Melchiorre Gambaretti, a cui venne chiesto di realizzare una diga che potesse difendere la città di Verona, rendendo impenetrabili i suoi confini occidentali e che allo stesso tempo potesse assicurare i collegamenti con i territori veronesi da poco annessi ai domini viscontei.
La costruzione venne anche osteggiata da Francesco Gonzaga, Signore di Mantova, che, avendo paura di perdere la propria autorità sui suoi territori, decise di inviare degli emissari diplomatici a Firenze che però ritornarono alla base senza successo.
Con il passaggio del territorio veronese in mano alla Repubblica di Venezia il ponte perse la sua importanza militare, anche perché ci si accorse che i suoi costi di manutenzione erano nettamente superiori ai benefici che poteva portare in termini di sicurezza e di controllo dei confini di stato.
Purtroppo, rispetto al progetto originale che prevedeva la costruzione di un ponte-diga, per il sopraggiungere di una serie di problemi insormontabili di ingegneria idraulica, venne ultimato nel 1395 un ponte fortezza con tanto di parapetti merlati e di rocche centrali e laterali che avesse il compito di proteggere il Castello Scaligero.
Nonostante l’imprevisto e, tenendo conto del periodo storico in cui è stata realizzata, questa costruzione è considerata, per la sua complessità, comunque un’opera di grande interesse ingegneristico, in quanto costruita sul fiume e su altri 4 canali che attraversano la zona.
È composta da tre grandi torri in muratura con imponenti mura che le attraversano e che però nel corso del tempo si sono talmente deteriorate, che il ponte è stato inserito nella lista dei cento monumenti da salvare a livello mondiale.
Per poterlo rendere accessibile e sicuro, negli anni ‘20 il Comune realizzò una struttura in ferro, in modo da ripristinare la viabilità stradale. Oggi sulla riva orientale del fiume è stata realizzata la bellissima ciclovia che collega Mantova a Peschiera del Garda che comprende un itinerario di 44 chilometri e che può costituire un ottimo motivo per fermarsi del tempo in più in questa zona.
Ai piedi del ponte visconteo sorge un paese dove il tempo sembra essersi fermato: la caratteristica frazione di Borghetto, la cui particolarità sono le sue abitazioni con gli annessi e suggestivi mulini ad acqua che si affacciano sul fiume Mincio.
Recentemente inserito nell’elenco de I Borghi più Belli d’Italia, Borghetto è un piccolo gioiellino dal cuore medievale, situato tra il Lago di Garda e Verona ed edificato in completa armonia con il fiume Mincio, dove il fragile equilibrio tra la storia e la natura è rimasto intatto nel corso del tempo.
Borghetto è stato a lungo il punto più indicato come guado del fiume Mincio e, per questo, ha avuto un’importanza strategica fondamentale negli spostamenti di eserciti, mercanti e pellegrini: aspetto questo che l’ha fatta diventare oggetto del contendere delle varie signorie che si sono succedute durante il corso dei secoli: Scaligeri, Gonzaga, Visconti, Repubblica di Venezia e anche Austria e Francia hanno cercato di accaparrarsi, chi prima e chi dopo, questo luogo così importante.
Alcuni ritrovamenti archeologici hanno permesso di stabilire che quest’area era già abitata nell’età del ferro e ci sono tracce del passaggio successivo di etruschi, galli e romani.
Furono però i Longobardi a riconoscere l’importanza strategica di Borghetto per tutti quelli che avessero voluto spostarsi da sud ad ovest nei territori veneti e fondarono il primo nucleo abitativo sulle rive del fiume, mettendo un “gastald”, un ufficiale di dogana, a riscuotere le tasse per l’attraversamento dello stesso.
Inoltre nel XII secolo sulla riva sinistra del fiume venne fondato il piccolo Monastero di Santa Maria, che divenne la sede dei Templari e di cui oggi si conserva solo l’abside, che serviva a dare assistenza ai pellegrini di passaggio.
E furono sempre loro a costruire il primo ponte sul Mincio, di cui purtroppo oggi non c’è più traccia, per facilitarne il passaggio.
Sui resti del Monastero oggi sorge la Chiesa di San Marco Evangelista del XVIII secolo dove, oltre all’abside, sono conservati alcuni affreschi come quello di San Bartolomeo incorniciato. Alle spalle della chiesa è visitabile un antico cimitero restaurato negli anni ’20, da dove si può raggiungere la torre campanaria che custodisce al suo interno una vecchia campana di bronzo del 1381.
A Borghetto ci si può recare tutto l’anno ma il nostro consiglio è quello di andare in tarda primavera o all’inizio dell’estate, quando viene celebrata la festività dei Nodi d’Amore, i fiori sbocciano e il borgo si riempie di colori ed è anche possibile effettuare una navigazione del fiume per poter ammirare la fioritura dei fiori di loto.
Dopo aver oltrepassato la porta merlata che dà accesso al cuore del borgo, si inizia a camminare nelle vie strette dove case, botteghe di artigiani e ristoranti si affacciano sull’acqua.
Durante questa passeggiata è impossibile non rimanere ammaliati dai vecchi mulini, alcuni ancora funzionanti, e visitarne l’interno per osservare da vicino come gli ingranaggi della ruota, grazie alla forza dell’acqua, muovono le grandi macine di pietra. Questi mulini risalgono al periodo di dominazione di queste terre da parte della Serenissima quando venne iniziata l’attività di macinazione di frumento, cereali e riso; inoltre venne costruito anche un canale per l’irrigazione dei campi, utilizzando l’acqua del Mincio e consentendo così lo sviluppo dell’agricoltura.
Valeggio famosa per la produzione dei tortellini, ha anche una produzione vinicola di altissimo livello, soprattutto per merito di due vini: il Bianco di Custoza e il Bardolino.
Del resto Valeggio fa parte della provincia di Verona che, con le sue colline e i monti Lessini, il lago di Garda e le varie zone dove il clima e la geologia sono differenti, è un territorio che da millenni si presta ad una produzione vitivinicola ampia e variegata. Il vino, in Veneto, ha una storia assai antica: si pensa infatti che la vite crescesse allo stato selvatico molti secoli prima dell’avvento di Cristo. Le prime testimonianze però si ebbero solo con gli Etruschi nel VII secolo quando, a seguito delle invasioni barbariche che portarono alla loro distruzione, i vigneti furono protetti per legge ed ampliati.
Come tutti gli aspetti della vita, anche la coltivazione della vite ebbe periodi di grande prosperità come nel Medioevo con la Repubblica di Venezia o in tutto il XIX secolo, e momenti di grandi difficoltà, a causa di guerre ed epidemie di peste e più recentemente, per la presenza della fillossera. Fu solo negli anni ‘90 che si ebbe la ripresa definitiva dell’enologia che ha portato oggi il Veneto ad essere una delle regioni italiane con la maggiore percentuale di vini a marchio DOC e DOCG. Solo nel veronese esistono 8 zone DOC che producono ogni tipologia di vino sia per uso quotidiano che per eventi speciali, dai bianchi ai rosé, dai rossi ai passiti, non dimenticando gli spumanti.
In un contesto del genere anche la zona del Garda e Valeggio sul Mincio fanno la loro parte e, nonostante quello di questa cittadina sia un territorio prevalentemente pianeggiante, gli agricoltori hanno sfruttato le poche altezze a loro disposizione, per contribuire allo sviluppo dei vigneti e alla produzione di vini dagli standard qualitativi molto elevati.
Il Bianco di Custoza è proprio uno di quei vini le cui viti si sono sviluppate nella fascia collinare morenica, dai dislivelli generalmente compresi tra i 50 ed i 100 metri, che si estende tra Verona e il Lago di Garda ed è delimitata dal fiume Mincio.
Agevolati da un clima favorevole per gli inverni relativamente freddi, temperati dalla vicinanza al lago di Garda e le estati calde ma non afose, i vitigni da cui nasce il Bianco di Custoza hanno attecchito profondamente in questo territorio: la Garganega, il Trebbianello, un biotipo locale del Tocai friulano e la Bianca Fernanda, un clone locale del Cortese, sono le varietà autoctone che, insieme altri vitigni della zona, hanno fatto conferire a questo meraviglioso bianco la denominazione di origine controllata fin dal 1971.
Le zone di produzione di questo vino fresco e di leggera aromaticità, oltre Valeggio, comprendono in parte o del tutto le aree di Villafranca, Valeggio, Peschiera, Caselnuovo, Sona, Bussolengo, Pastrengo, Lazise e Sommacampagna.
Il nome di questo vino prende il nome di un paese vicino proprio a quest’ultima città e le sue prime testimonianze risalgono all’epoca romana con lo sviluppo dei vitigni che in quel tempo era limitato ai territori tra Pastrengo e Sommacampagna.
Dal sapore asciutto ed invitante e dal colore giallo paglierino, è un vino che presenta delle note fruttate e floreali molto particolari e che spesso vengono accompagnate da accenni di erbe aromatiche e di spezie.
Oltre al Bianco di Custoza DOC, alcune cantine ne producono anche una tipologia Superiore, Spumante e Passito.
In cucina è molto versatile negli abbinamenti, può accompagnare antipasti magri o base di crostacei e molluschi, primi piatti con i frutti di mare e quelli con i tortellini nei vari condimenti, in brodo, di zucca e di magro con ricotta e spinaci; inoltre molti ristoratori lo propongono anche con il pesce di Lago e di fiume, le grigliate di pesce ed i formaggi freschi.
Se quello di Custoza DOC viene considerato l’eccellenza della zona tra i vini bianchi, il Bardolino è il suo alter ego in rosso. Nasce sulle colline moreniche della sponda orientale del lago di Garda dove sui pendii possono crescere rigogliosi vigneti ed oliveti: il clima mediterraneo di queste zone, infatti, con gli inverni miti e le estati non troppo afose le cui temperature sono mitigate dalla presenza del lago, permettono che vigneti ed oliveti possano prosperare nell’habitat a loro più congeniale.
È un vino nato in epoca romana e che ha preso il nome dal comune omonimo dove ha origine, una meta turistica molto rinomata del veronese e che costituisce ancora oggi la sua classica zona di produzione. A quest’area si sono aggiunti nel tempo altri territori della zona orientale del lago come Affi, Bussolengo, Caprino, Castelnuovo, Cavaion, Costermano, Garda, Lazise, Pastrengo, Peschiera, Rivoli Veronese, Sommacampagna, Sona, Torri del Benaco e non ultima Valeggio sul Mincio. Il Bardolino è costituito dai vitigni Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, che poi sono gli stessi che compongono un altro vino molto rinomato di questa parte della provincia veronese come il Valpolicella, le cui zone di produzione confinano e in parte si sovrappongono a quella del Bardolino.
È un vino giovanile e brioso dalla tannicità poco accentuata e dal colore rosso rubino chiaro tendente a volte al cerasuolo che si trasforma in granato quando viene invecchiato.
I suoi profumi sono fruttati e fragranti con note di frutta rossa come ciliegia, marasca, fragola, lampone, ribes, mora, a cui si aggiungono eleganti accenni di spezie come la cannella, il chiodo di garofano e il pepe nero.
Il gusto invece è asciutto, morbido, salino e speziato, caratterizzato, come l’olfatto, dalle stesse sensazioni di frutta rossa. Il Bardolino, la cui denominazione di origine controllata gli è stata conferita nel 1968, è un vino che a tavola può essere abbinato sia alla cucina classica che a quella moderna ed anche alle pietanze esotiche: minestre, primi e secondi piatti a base di carne o di pesce e perfino i formaggi saporiti, stravecchi ed erborinati trovano il giusto alleato in questo vino per esaltare il loro gusto. Infine una menzione a parte merita una particolare tipologia di Bardolino, il Chiaretto, la sua versione rosata, che sta riscuotendo negli ultimi anni un notevole successo, grazie al ritorno in auge di tutti i vini rosé.
La sua particolarità è nella vinificazione in rosa delle sue uve, le cui bucce vengono macerate solo in parte, rilasciando così al mosto soltanto una piccola quantità delle loro sostanze coloranti naturali.
Oltre alle meraviglie naturali ed architettoniche raccontate finora, Valeggio è famosa per la sua gastronomia, perché andare a Valeggio non significa solo recarsi a mangiare i tortellini ma disporre anche dell’offerta di tutti gli altri piatti tipici che questa città propone.
Prima però di elencare le altre prelibatezze da assaggiare quando si viene in gita in questa piccola cittadina, parliamo dei tortellini in quanto oltre venti ristoranti, ogni giorno, aprono le loro porte ai gourmand che arrivano da ogni parte d’Italia ed anche dall’estero per gustare questi famosi agnolin, come vengono chiamati da queste parti e nati dalla leggenda del Nodo d’Amore.
Sembra infatti che la ricetta dei tortellini nasca appunto da una storia d’amore osteggiata, ambientata alla fine del ‘300 e portata alla luce dal maestro orafo Alberto Zucchetta a cui si deve l’origine degli agnolin.
I protagonisti di questa leggenda, celebrata ogni anno da una festa, sono il capitano Malco, che si era accampato nei pressi di Valeggio sul Mincio con le truppe di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano e la ninfa Silvia di cui si invaghì perdutamente di un amore impossibile.
Per questa loro travolgente passione, i due amanti, per non farsi catturare dai soldati, si rifugiarono in fondo alle acque del fiume Mincio, lasciando a chi li inseguiva, come pegno del loro amore, un fazzoletto di seta dorata, che avevano simbolicamente annodato. Ecco perché i tortellini di Valeggio vengono tirati a mano, realizzando una sfoglia sottilissima di pasta che ricorda la seta ed a cui viene fatto un nodo proprio come un fazzoletto.
La ricetta originale, tramandata da generazione in generazione, degli agnolin, che sono riconosciuti come prodotti agroalimentari tradizionali (PAT), prevede che la sfoglia sia costituita da uova e farina mentre il ripieno viene preparato con un misto di carne di manzo, pollo e maiale che viene fatto cuocere insieme a un po’ di pane grattugiato, degli aromi naturali (cipolla, carote, sedano e rosmarino) e del vino Bardolino.
Oggi alla ricetta classica, che la tradizione vuole sia condita col brodo oppure con burro e salvia, ristoratori e panifici hanno aggiunto altre tipologie di tortellini, coniando altre forme e riempiendole con verdure di stagione o formaggi.
Ogni ristorante ed osteria di Valeggio offre ai propri ospiti i tortellini nella ricetta classica e nelle varie ulteriori tipologie.
È veramente impossibile selezionare il locale dove si mangia il tortellino più buono perché è una questione di gusti soggettivi e perché, dappertutto, viene seguito un disciplinare.
L’offerta è molto varia, oltre ai tanti i ristoranti, esistono in città delle tortellinoteche che preparano gli agnolin: una di queste è il Pastificio Remelli dove consigliamo di ordinare il menù degustazione per avere così la possibilità di provare sia la ricetta classica che i tortelloni con il ripieno stagionale.
Indicare poi tutti i ristoranti di Valeggio, dove gli agnolin sono un’istituzione, sarebbe troppo lungo, perché dovremmo elencarli tutti, ci limitiamo quindi a citarne qualcuno come rappresentante dell’intera categoria.
Questi locali si trovano sia nel centro storico che fuori città e segnaliamo: Alla Borsa, La Cantina, Lo Stappo, Lepre, Alla Vecchia Bottega e Al Re del Tortellino-Il Ristorantino. Molte anche le osterie e le locande dove i tortellini, rigorosamente fatti a mano, vengono preparati anche più volte al giorno: Hostaria Marsala 2, Locanda Belvedere, Trattoria Al Bivio e quella Il Cavallino e l’Osteria Volto Bistrot.
Nel caso invece dopo averli mangiati a Valeggio, hai anche voglia di acquistarli e portarli a casa, ti consigliamo oltre al Pastificio Remelli, anche il Pastificio Al Castello, la Bottega del Tortellino, il Laboratorio Sapori di Valeggio o il Pastificio Al Re del Tortellino, tutti rigorosamente artigianali.
Ma a Valeggio non esistono solo i tortellini, nella cultura gastronomica della città ci sono altri piatti tipici altrettanto saporiti.
Se gli agnolin nella loro versione classica sono una ricetta conosciuta in tutta Italia, non tutti sanno che a Valeggio i tortellini vengono realizzati anche al cioccolato che come quelli tradizionali si caratterizzano per due preparazioni distinte, la sfoglia ed il ripieno.
Mentre però della prima si conoscono tutti gli ingredienti, acqua, zucchero e burro di cacao, il ripieno è diverso a seconda della pasticceria che propone questo dolce e ogni laboratorio ne custodisce gelosamente il segreto.
Restando alla categoria dolci, altri dolciumi tipici di Valeggio sono la Coppa al Bagno, una crema alla nocciola gelata servita con un preparato liquoroso dalla ricetta segreta e la Torta delle Rose, una ricetta molto antica che ricorda un bouquet di boccioli di rosa e che è stata creata per celebrare le nozze tra Francesco II Gonzaga e la giovanissima Isabella d’Este nel 1490. Preparata nelle festività e nelle occasioni speciali, la ricetta di questa torta ha svariate versioni, ogni pasticceria e famiglia ne possiede una sua, l’unica cosa che le accomuna tutte è l’estrema lentezza dei tempi di preparazione.
Ultimo dolce tipico di questi luoghi e anche quello maggiormente desiderato dai bambini è il Dolce Valeggio, presente nelle pasticcerie sin dagli anni ’60: è composto da tre strati di pan di spagna, farciti con crema al burro di vaniglia e crema al burro di cioccolato e ricoperti con una morbida glassa al cioccolato.
Altri piatti tipici da assaggiare sono il riso maridà, un risotto preparato con il brodo di bovino e condito con un ragù di carne mista, prosciutto cotto e formaggio, i pesci d’acqua dolce, come il luccio in salsa e la ricetta delle guancette di Sona, un vitello brasato con il bianco di Custoza.
Sono diversi gli eventi da non perdere che la Pro Loco di Valeggio sul Mincio ha già confermato per il 2023.
Oltre alla Festa del Nodo d’amore che abbiamo già citato e che tratteremo a parte, al tortellino è legato anche un altro evento che si tiene nelle vie del centro storico e che coinvolge tutte le attività del paese. Viene celebrato nel mese di settembre e si tratta di “Tortellini e Dintorni“, una kermesse enogastronomica itinerante che dura 3 giorni e che permette a tutti quelli che vi partecipano di conoscere meglio non solo i caratteristici tortellini ma anche gli altri prodotti tipici della zona a cominciare dagli ottimi vini.
Le 3 serate sono tutte animate da musica dal vivo, viene realizzato un Mercato di Eccellenza, dove dei produttori selezionati propongono le loro specialità, e viene istituita una sezione dedicata all’editoria dove vengono presentate pubblicazioni e riviste dedicate alle ricette di cucina e allo style food. Infine vengono organizzate delle escursioni e delle visite guidate per scoprire ed ammirare le bellezze di Valeggio e dei suoi dintorni, considerati luoghi ricchi di storia e di fascino.
Tra gli altri appuntamenti annuali del 2023 vogliamo inoltre ricordare il Mercato Antiquariato e Modernariato ogni 4^ domenica del mese nella Piazza Carlo Alberto, il 1° ottobre la manifestazione “Valeggio veste Vintage”, una mostra-mercato di abbigliamento, accessori d’epoca, design e modernariato e, nella sede del Mercato Ortofrutticolo, il 7, 8, 9 ottobre la fiera agricola “Valeggio Produce”, l’annuale rassegna dell’agricoltura e dell’artigianato, sempre accompagnata da musica dal vivo e stand enogastronomici.
Infine una menzione speciale per un evento che unisce idealmente tutti i Borghi più Belli d’Italia: sabato 24 giugno è stata organizzata, a cura della Pro Loco e del Comune di Valeggio, La Notte Romantica, una rievocazione/spettacolo con balli e danze dell’Ottocento in abiti d’epoca e con coreografie originali su musiche di Strauss, Verdi, Bizet e Rossini.
La Festa del nodo d’amore si svolge ogni anno per solennizzare i tortellini e celebrare l’amore impossibile tra il capitano Malco e la sua bella ninfa Silvia. Ogni 12 mesi il 3° martedì di giugno, che quest’anno capita il 20, viene organizzata a Borghetto una cena all’aperto lungo tutto il Ponte Visconteo su cui viene posizionata una tavolata lunga più di 1,3 km dove si accomodano più 3.000 commensali che arrivano da ogni parte d’Europa e che vogliono gustare i tortellini della leggenda, assistendo nello stesso tempo alla sfilata in costume medievale. Quella del nodo d’amore è una festa su prenotazione che viene organizzata dai 15 ristoranti che fanno parte dell’Associazione dei Ristoratori che ogni anno preparano 13 quintali di agnolin rigorosamente a mano, per fare onore a questo meraviglioso piatto e per celebrare la leggenda dei due amanti.
Se vuoi scoprire il mito del nodo d’amore e leggere lo sviluppo dell’intera leggenda eccoti qui la storia
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