Gli spaghetti al pomodoro

Pubblicazione: 18 Marzo 2016

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Giornata Nazionale degli spaghetti al pomodoro

Ambasciatrice Rosaria Orrù per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Rivoluzione è la parola che unisce i protagonisti di questa storia. Una storia d’amore per certi versi tribolata, che ha superato i secoli senza essere minimamente scalfita.

Lei è la Pasta.
Lui è il Pomodoro.

La pasta era diffusa lungo la nostra penisola già dai tempi degli Etruschi, cioè nel I millennio a.C.
Nell’antica Roma, come testimoniato nelle Satire di Orazio, si preparavano le laganà, sfoglie di pasta tagliate a strisce, antesignane delle lasagne. Marziale, nei suoi Epigrammi, utilizza spesso la parola pastilla, piccola pasta.
Era pasta fresca, di quella del tipo fatta e mangiata, prodotta con il grano tenero delle nostre campagne. Buona e versatile, si prestava a tante ricette.
Lei è una sua parente stretta ed è arrivata in Sicilia, all’inizio degli anni 1000, con gli arabi provenienti dal nord Africa. Per un certo periodo si è stabilita a Trabia, un piccolo borgo a 30 km da Palermo, dove all’epoca c’erano tanti mulini. La chiamano triyaed era fatta col grano duro .Dorata, profumata e invitante si è fatta subito amare perché ha una caratteristica davvero particolare:si può essiccare e, quindi, si può conservare! E’ un manufatto di semola fatto a strisce, essiccato e poi cotto. Ancora oggi, in Puglia si chiama così.
E’ stata una vera rivoluzione, perché questa sua incredibile proprietà ne ha consentito il trasporto per lunghi tragitti: conseguentemente ne ha consentito il commercio.
Intorno al 1100, dalla Sicilia Lei viaggia attraverso tutto il Mediterraneo lungo “la rotta degli spaghetti” e a Venezia è già largamente in uso quando Marco Polo parte per la Cina. E’ quindi un falso storico la leggenda che vuole che sia stato lui a portare gli spaghetti dall’Oriente: probabilmente lì li ha assaggiati, ma non ha ritenuto utile segnarlo nel suo manoscritto, visto che a “casa sua” erano già conosciuti.
Durante il Medioevo, Lei prende il nome macaroni e la chiamano così fino a circa due secoli fa, quando nell’opera Li maccheroni di Napoli di Antonio Viviani, poeta e commediografo napoletano, compare per la prima volta un altro suo nome: “spaghetti”. Era il 1824.

Lui , il pomodoro, nasce, cresce e si sviluppa tra il centro ed il sud America. Viene coltivato già dagli Aztechi, che lo chiamano xitomatl. I Conquistadores lo chiamano tumatle, da qui poi è diventato tomate per gli Spagnoli e tomato per gli Inglesi. I Francesi lo chiamano prima tomate e poi pomme d’amour.
Arriva in Europa insieme al mais, al peperoncino ed alla patata dolce, grazie ai viaggi intrapresi da Cristoforo Colombo. Per gli Europei,come pure per i Nord-Americani, non è stato amore a prima vista, anzi! Al pari della melanzana, è considerato “insalubre, di difficile digestione e generatore di umori melanconici” (P.Michiel). Nel XVI secolo comincia ad essere coltivato e venduto come pianta ornamentale in virtù della bellezza dei suoi frutti; si diffonde progressivamente in tutta Europa e, per un certo periodo, viene considerato un potente afrodisiaco, usato per questo negli elisir d’amore.
E’ nel sud Italia che trova il clima più adatto al suo sviluppo. Come succede spesso, la fame rende i popoli temerari e a cavallo tra il 1500 e il 1600, nonostante la nomea di cibo malsano,il pomodoro comincia ad essere consumato sia crudo che cotto.
Dopo la prima metà del XVIII secolo, Lazzaro Spallanzani, un abate appassionato di natura e di scienza, elabora un metodo per conservarlo: in vasi di vetro chiusi ermeticamente e bolliti.
Con lo sviluppo sia delle coltivazioni, soprattutto tra Napoli e Salerno, che della ferrovia, si comincia a commercializzarlo e così tonnellate di pomodori partono verso i paesi del Centro Europa e successivamente anche verso il Nord America.
“La scoperta del pomodoro ha rappresentato, nella storia dell’alimentazione, quello che, per lo sviluppo della coscienza sociale, è stata la rivoluzione francese” (L. De Crescenzo).

Poteva mai essere che due prodotti, così buoni, così alla portata di tutti, così rivoluzionari non si incontrassero?

Per trovare il nostro Lui all’interno di trattati gastronomici bisogna aspettare il 1773, quando Vincenzo Corrado nel suo Cuoco Galante dice: “Per servirli bisogna prima rotolarli su le braci o, per poco, metterli nell’acqua bollente per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca.”
Il primo riferimento letterario all’incontro fatidico tra Lei e Luirisale al 1839, quando Don Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino,nella seconda edizione della sua Cucina Teorico Pratica, codifica per la prima volta “i vermicielli co’ le pommodore”, precisando che la salsa deve essere preparata con moltissimi frutti, eliminando “chelli semi e chella acquiccia”. Ma sappiamo che l’unione era ben più antica, perché le fasce più deboli della popolazione usavano sia la pasta che il pomodoro almeno dalla fine del 1600, perché erano economici e di facile reperibilità. Un matrimonio lungo e felice, quindi, che ancora oggi è il piatto che più ci rappresenta.

« … quando scocca l’ora del pranzo, seduti davanti a un piatto di spaghetti, gli abitanti della Penisola si riconoscono italiani… Neanche il servizio militare, neanche il suffragio universale (non parliamo del dovere fiscale) esercitano un uguale potere unificante. L’unità d’Italia, sognata dai padri del Risorgimento, oggi si chiama pastasciutta »
(C. Marchi, Quando siamo a tavola, Rizzoli, 1990).

Gli spaghetti al pomodoro non sono un piatto scontato.

Innanzitutto la pasta deve essere di qualità. E come si riconosce una pasta di qualità?
Tra i fattori essenziali, generalmente ricavabili dalla semplice lettura dell’etichetta del prodotto, ci sono:

Il grano

Bisogna scegliere pasta fatta con semole di grano duro nostrano. In Italia esistono centinaia di varietà, tutte eccellenti e da una sapiente miscelazione delle loro semole si possono ottenere dei prodotti favolosi.

Le proteine: una pasta di qualità ne deve contenerne dal 13% in su

La pasta è caratterizzata dalla presenza di amido e di glutine. L’amido è un carboidrato complesso che, se eccessivamente idratato, diventa colloso e scivoloso.
Il glutine è una sostanza lipoproteica che, in presenza d’acqua, coagula e forma un reticolo (la famosa maglia glutinica) che tende ad intrappolare l’amido, impedendogli di idratarsi troppo.
A parità di condizione di umidità e temperatura, si crea una “competizione” tra l’amido che vuole scoppiare, per liberare carboidrati più semplici, e il glutine che glielo impedisce.
La cottura “al dente” della pasta indica che in questa competizione non c’è né un vinto né un vincitore, cioè si crea un equilibrio tale che il glutine impedisce il completo rilascio dell’amido. Quindi, più è alta la percentuale di proteine, più la pasta tiene la cottura.

La trafilatura al bronzo

La trafilatura al bronzo, insieme ad una lenta estrusione, graffia l’impasto di semola e acqua a causa delle microporosità del bronzo. La graffiatura aumenta la superficie di contatto della pasta, sia con l’aria durante il processo di asciugatura, sia nella bocca, con la lingua e il palato. Questo processo è un’arma a doppio taglio perché se la qualità del grano è scarsa ne esalta i difetti ma se, invece, è ottima ne esalta i pregi.

Di pomodoro esistono tantissime varietà, che si prestano a diversi usi:

-il Camone Sardo e Cuore di bue-Arawak sono ottimi per le insalate;
-il Petomech e il Tondino hanno un aroma molto intenso, utile per i succhi o nei concentrati ;
-quelli con frutti più piccoli e spesso riuniti a grappolo, come il Principe Borghese, sono adatti ad essere essiccati o posti sott’olio;
-i ramati (San Marzano, Dunne, Dattero, Perino ) allungati, molto carnosi e di colore rosso intenso, sono ottimi per la salsa o per i pelati;
-per fare sughi freschi si consigliano i pomodorini del Piennolo, i Corbarini, i San Marzano, i Datterini, i Ciliegini.

Per gli spaghetti al pomodoro, se non ci sono quelli freschi, si possono usare delle buone conserve di pomodoro.

spaghetti al pomodoro

Per 4 persone:

350 g di spaghetti
700/800 g di conserva di pomodoro
1 o 2 spicchi d’aglio
Sale
Olio extravergine di oliva
Basilico fresco

In una pentola portate a bollore l’acqua e calate gli spaghetti.
Contemporaneamente, imbiondite l’aglio con dell’olio extravergine. Una volta dorato allontanatelo e aggiungete la conserva, salate e aggiungete il basilico a pezzi. Dopo circa 3-4 minuti di cottura, spostate gli spaghetti nel tegame con la conserva e portate a cottura*. Se è necessario aggiungete un pochino di acqua di cottura, senza esagerare altrimenti vi ritroverete un sugo troppo “lento”.
Servite aggiungendo del basilico fresco.

*Il procedimento di cottura degli spaghetti è dello chef Peppe Guida.

Fonti:

“A Pranzo con La Storia” L. Sterpellone
http://www.portanapoli.com/Ita/Cucina/ga_pomodoro.html
http://www.museidelcibo.it/stampabile.asp?IDCategoria=315&IDSezione=1223
http://www.repubblica.it
https://it.wikipedia.org/wiki/Spaghetti
https://it.wikipedia.org/wiki/Solanum_lycopersicum
http://www.nutrizioneebenessere.it/news.php?id=74
http://www.alimentipedia.it/pomodoro.html
http://www.mtchallenge.it/2015/06/mtc-n-48-video-intervista-giuseppe-di-martino.html

Partecipano come contributors:

Enrica Gouthier, spaghetti ai tre pomodori

Elisa Di Rienzo, Spaghetti al pomodoro, formaggio fresco e limone

Flavia Galasso, Spaghetti al pomodoro

Nadina Serravezza, Spaghetti al pomodoro

Alessandra Petteni, spaghetti pomodoro giallo e stracciatella

Cecilia Mazzei, Spaghetti al pomodorino di Pachino e menta

Marina Bogdanovic, Spaghetti al pomodoro

Cecilia Bendinelli, Giornata Nazionale degli Spaghetti al Pomodoro

12 commenti

  1. Ma come si fa a non innamorarsi di questa straordinaria storia d’amore? La più bella che ci sia, nessuna tragedia finale, sempre e solo un lieto fine. Perché non mi ricordo di farli più spesso? Oggi, di certo, per festeggiare insieme a te ed onorare il piatto più bello del mondo.
    Grazie Rosaria per il magnifico post e la tua voce così appassionata.!

  2. Vi dico la verità io li faccio molto spesso e quando gli stessi spaghetti che ha usato Rosaria incontrano degli ottimi pomodori anche pelati è una grande festa, e questa è la mia ricetta preferita, grazie Rosaria per il bellissimo post

  3. Wow Rosaria che post, stupendo, quante nozioni e che storia. Devo imparare a farli più spesso, la snobbo troppo come ricetta ed invece è meravigliosa. Grazie mille Erica

  4. Davvero un bell’articolo, storia interessantissima di quello che secondo me è il “primo piatto italiano”, quello che ovunque vai, dici “spaghetti” e pensi all’Italia! Bravissima!

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