Caterina de’ Medici

ph. Daniela Boscariolo

Pubblicazione: 13 Aprile 2016

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Giornata Nazionale di Caterina de’ Medici

Ambasciatrice Tamara Giorgetti per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Mi sembra giusto spendere due parole per Caterina de’ Medici, a lei dobbiamo probabilmente la notorietà di molte delle nostre preparazioni.
Caterina de’ Medici non era bella: grassoccia, occhi a palla, troppo pallida. Quando arrivò a Parigi per sposare il futuro Re di Francia Enrico II d’Orleans si racconta che l’erede al trono non fu proprio entusiasta quando la vide ma, per motivi di stato la sposò lo stesso. I francesi non ci andarono teneri, come del resto è noto, e la definirono “grassa bottegaia fiorentina”. Ma lei non si perse d’animo e mise in campo il suo carattere piuttosto determinato, che le permise di muoversi tra i veleni della corte di Francia. Se nei primi anni di matrimonio non diede al re alcun erede, rischiando di essere rispedita indietro, come si usava a quei tempi, alla fine ben nove furono i suoi figli.
Di lei si dice che era donna con appetito vorace, ma anche di gusti molto raffinati e che costruì il suo successo sulla superstizione, la magia e l’arte culinaria. Durante il periodo che trascorse in Francia, Caterina volle con sé cuochi e pasticceri fiorentini, portando a Parigi le migliori ricette della corte medicea, culla del Rinascimento nell’arte ma anche nella cucina. Ricette che tutti conoscono come francesi a tutti gli effetti, in realtà hanno un’origine tutta toscana e, in particolare, fiorentina. Alcuni significativi esempi: la Salsacolla (Béchamel), la Zuppa di Cipolle (Soupe d’oignons), le Pezzole della Nonna (Crêpes), l’Anitra colla melangola (Canard à l’orange), i Crostini di Fegato (Pâté de foie), lo Stiracchio (Bœuf miroton), il Tuttoinsieme (Ratatouille). Si diceva della superstizione di Caterina de’ Medici e, a questo proposito, si narra di un bizzarro pranzo di gala nel quale vennero serviti cibi che dovevano essere divisibili per tre, il numero perfetto per la regina: “33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia [1] di fagioli, 3 staia di piselli e 12 dozzine di carciofi”.
Anche per la “soupe d’oignons“, come per le altre ricette, non possiamo dire con certezza se sia nata prima in Francia o in Toscana: la portò realmente Caterina de’ Medici a Parigi quando andò sposa e si portò dietro il suo cuoco o era una ricetta che si preparava già a Parigi? Non lo sapremo mai, però possiamo affermare con certezza che la cipolla era molto presente nella cucina toscana, fin da tempi degli Etruschi e a testimonianza di ciò abbiamo la “tomba degli stucchi” a Cerveteri, con affreschi dove è raffigurata la nota bulbacea. Troviamo poi la ricetta della “carabazada” nel ricettario del Messisbugo (Cristoforo da Messisbugo, cuoco ed organizzatore di banchetti presso la corte estense di Ferrara, è colui al quale dobbiamo il ricettario più completo e variegato della cucina rinascimentale: “Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale“).

La Carabaccia, una zuppa di cipolle come ce ne sono tante altre, è preparata in modo semplice ma gustoso, se si pensa che viene da un ingrediente così rustico e tanto povero.
Senza nulla togliere ai cugini d’oltralpe, sembra che anche l’origine di questo piatto sia assolutamente italiana, per la precisione fiorentina. Si sa, i toscani sono un popolo strano, intelligentissimo, orgoglioso della loro bellissima terra e della loro arte, ma un po’ litigioso e testardo. Non si sentono, poi, secondi a nessuno e, nel caso della loro tradizione culinaria, non la smettono mai di ripetere di aver esportato a Parigi numerosi loro piatti. E come abbiamo detto sembra che ci abbia pensato proprio Caterina de’ Medici.
Come sempre, in questi casi non si capisce se si tratta di leggende o di verità storiche. E’ però certo che la vita di Caterina tende ad avallare l’origine toscana della zuppa. Nelle vene di Caterina de’ Medici, fiorentina doc, scorreva sangue italiano e sangue francese, avendo il padre, Lorenzo II de’ Medici, sposato Madeleine de la Tour d’Auvegne; divenne, poi, regina di Francia in seguito al matrimonio con Enrico II. Queste non sono prove ma indizi e, come si dice, più indizi fanno una prova.

La cucina toscana è una cucina molto semplice e le cipolle sono dappertutto: le zuppe di cipolla abbondano, non si fermano alla Carabaccia, anche perché in Toscana ci sono cipolle molto famose, come quella di Certaldo, per esempio, raffigurata anche nello stemma del paese.

ph. Daniela Boscariolo

La carabaccia

1 kg di cipolle rosse (tonde)
2 carote
3 coste di sedano
un pezzetto di lardo, o rigatino
1 bicchiere di vino bianco
Brodo vegetale – facoltativo
1 pizzico di cannella
Qualche mandorla pestata nel mortaio

Per servire:

Basilico e fette di pane abbrustolite
Pecorino o Parmigiano

Tritate il lardo insieme ad un paio di carote e due coste di sedano, mettete tutto in un tegame di coccio insieme a qualche cucchiaio di olio extravergine.
Nel frattempo tagliate le cipolle a fettine fine. Quando il battuto sarà rosolato, mettete nel tegame anche le cipolle e fate imbiondire, aggiungete un bicchiere di vino bianco, qualche mestolo di brodo e continuate la cottura per un’ora. Se si asciugasse troppo, aggiungete del brodo vegetale. Prima di ultimare la cottura unire un pizzico di cannella e 4/5 mandorle pestate nel mortaio.
Alcune ricette, riportano anche di aggiungere i piselli a metà cottura, ma in questa versione ho preferito non farlo: mi piacciono poco, e ci sono più versioni della Carabaccia.
Un’altra ricetta consiglia di rompere un uovo, negli gli ultimi minuti di cottura, come per l’acqua cotta.
Provatela, non ha nulla da invidiare alla soupe l’oignon, che adoro e faccio molto spesso.

CIBREO

Giambattista Fagiuoli, commediografo satirico fiorentino, alla fine del ‘600 spiegava che letteralmente cibreo è un miscuglio di oggetti disparati, di parole sconclusionate. Ne parla in questi termini anche Aldo Santini, scrittore e giornalista livornese al Tirreno e all’Europeo, uno che le cose le sapeva raccontare, anche quando scriveva di cucina. Tra i miei tanti libri, ho trovato alcune sue schede, in un contenitore che “Il Tirreno” regalava ai suoi lettori e che mia madre, abbonata a quel quotidiano, raccolse per farmene dono: sono preziose, non si trovano facilmente.
Tornando al Cibreo, era anche questo un piatto amato da Caterina de’ Medici, tanto che una volta rischiò, come dice il Santini e come raccontano le cronache dell’epoca, “di tirarci le cuoia”.
Creste di pollo, bargigli, testicoli di pollo, zampe di gallina… No, non siamo nell’antro della strega mentre prepara una delle sue pozioni magiche: sono alcuni degli ingredienti di questo antico e gustoso piatto, ormai sconosciuto ai più.
Credo che a Firenze si contino ormai sulle dita di una mano i ristoranti e le trattorie che hanno ancora nel menu questa pietanza, che arriva direttamente dal Rinascimento. Il Cibreo è una ricetta da cucinare con ingredienti di fidata provenienza, di non facile reperibilità attualmente e oltremodo difficili da raccordare ai palati della nostra epoca.
Anzitutto bisogna trovare le creste di gallo, prima difficoltà: sappiate che non basterà conoscere qualche contadino che abbia deciso di ammazzare il gallo perché magari canta troppo presto! Quand’anche vi poteste far dare cresta e bargigli, si potrebbe ragionare solo con quantità prossime ai 200 grammi.

Tutti i libri di cucina toscana da me consultati per rintracciarne la ricetta, riportano per il Cibreo, la versione delll’Artusi, dal suo manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. In altri libri e raccolte, ho trovato la ricetta dell’Enoteca Pinchiorri dove Annie Feolde, chef stellata dell’Enoteca, ci offre una versione splendida. Io l’ho preparata seguendo i consigli di Annie e fidandomi anche del mio istinto e l’ho assaggiata: è un piatto molto fine e delicato, da tempo lo volevo cucinare e son felice di averlo fatto; ma non è un piatto “facile” da mangiare, nemmeno per una che, come me mangia di tutto. Il “mio” Cibreo è dunque finito al macellaio di fiducia, nonché amico da una vita, che è stato ben felice di assaggiarlo… non aveva mai trovato una cliente che gli preparasse un piatto del Rinascimento!

cibreo

200 g di creste di gallo e bargigli (ringrazio l’amico macellaio Fabio, che le ha tolte ai galletti)
80 g di testicoli di pollo
4 fegatini
1 cipolla piccola
50 g di burro
1 peperoncino
3 carote tagliate a julienne
2 dl di brodo

il completamento della ricetta dell’Artusi e dell’Enoteca Pinchiorri:

2 rossi d’uovo
50 g di zucchero
2 fondi di carciofi lessati
Succo di limone

Lavate e lessate le creste in acqua salata per mezz’ora; sciacquatele e togliete la pelle esterna, poi rimettetele a cuocere in una padella dove, nel frattempo, avrete messo a rosolare il burro e la cipolla, tagliata finissima.
Coprite con il brodo e fate cuocere. Dopo 10 minuti, aggiungete i “gioielli” e i fegatini, sempre ben puliti e liberati delle pellicine e del fiele; a questo punto aggiungete le carote e continuate con la cottura. Io ho aggiunto anche una punta di concentrato di pomodoro, per dare un po’ di colore.

La ricetta dell’Enoteca Pinchiorri prosegue così: gli ultimi 5 minuti aggiungete e mescolate rapidamente i tuorli d’uovo sbattuti con il succo di limone, servite subito con i fondi di carciofo lessati, con i porcini in padella o con fagioli freschi bolliti.

[1] unità di misura usata per cereali e legumi

Fonti:
www.taccuinistorici.it
Per il Cibreo “La Scienza in cucina e l’arte del mangiar bene” di Pellegrino Artusi
Il Cibreo dell’Enoteca Pinchiorri da “Raccolta di ricette” di Aldo Santini con il quotidiano Il Tirreno, 1990
Partecipano come contributors:
Erica Zampieri, Zuppa di cipolle di Caterina De Medici
Sara Sguerri, Carabaccia, la Zuppa di Cipolle di Caterina De’ Medici 
Lucia Melchiorre, Carabaccia: la zuppa ai tempi di Caterina 
Fausta Lavagna, Carabaccia: non la solita zuppa (di cipolle)! 
Daniela Boscariolo, La carabaccia toscana di Caterina de’Medici
Anna Calabrese, La carabaccia per il Calendario del Cibo Italiano 
Cristina Tiddia, Carabaccia, zuppa di cipolle toscana 
Cecilia Mazzei, La Carabaccia

14 commenti

  1. Tamara, complimenti per il bellissimo articolo!!!! grazie alla tua giornata ho scoperto la carabaccia e non la abbandono più!!!!

      1. Grazie Tamara! Ho letto e risposto!! devo dire che questa ricetta mi ha fatto veramente apprezzare le cipolle!! Proverò sicuramente anche le altre!! Questo Calendario è spettacolare, mi ha permesso di conoscere e sperimentare un sacco di cose nuove e approfondire quelle che conoscevo… ormai sono calendario-dipendente!!!

  2. Ottima la carabaccia! Grazie a te Tamara che ci hai fatto conoscere questo delizioso piatto e grazie per averci fatto conoscere qualcosa in più su Caterina de Medici.

  3. Complimenti Tamara, bellissimo articolo su questa grande e golosa regina di Francia. Sono sempre più entusiasta del progetto del calendario perchè ci fa conoscere aspetti culturali e storici del food.

  4. Bellissimo post Tamara, sono felice di aver contribuito ad onorare una donna grandissima. Adoro le cipolle, le mangerei tutti i giorni.
    Grazie alla prossima Erica

  5. grazie ragazze, Cristina, Daniela ed Erica, sono stata combattuta a lungo prima di decidermi a scegliere la GN su Caterina de’ Medici perché c’era anche il cibreomche io feci tanti anni fa quando ancora mangiavo ciccia e lo volli fare per avere un piatto toscano molto antico, lo assaggiai e lo portai dal mio macellaio che mi ringraziò perché era venuto bene, oggi non potrei farlo più, ma la ricetta era lì pronta quindi ho deciso di prendermi la GN anche perché nessuno avrebbe fatto il cibreo, e poi mi piace questa donna, forte e amante del cibo, grazie a tutte voi, vi aspetto il 28 per la GN del cannolo siciliano, io li sto preparando e voi?…buona serata

  6. Bellissimo articolo Tamara, hai reso attraente anche i cibreo! e che buona la carabaccia, una piacevolissima scoperta!
    Grazie per l’ospitalità, non mancherò per i cannoli di cui abbiamo visto in preview gli scorci che già da soli sono uno spettacolo!
    A presto …

  7. Bellissimo articolo nel quale il cibo si fonde con la storia diventando cultura, questo è uno dei meriti di questo calendario come pure di avere ambasciatrici meritevoli. Complimenti Tamara

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