I Fagioli al Fiasco

ph. Daniela Boscariolo

Giornata Nazionale dei Fagioli al Fiasco

Per secoli ritenuti il cibo dei poveri, fagioli e legumi tutti sono stati recentemente rivalutati come fonti nutritive preziose indispensabili e fondamentali nella dieta mediterranea, assieme a verdure e cereali.
E cosi è anche per la ricetta dei Fagioli al fiasco, di cui parliamo oggi: una storia che parte da molto lontano in terra toscana verso la fine del Duecento.

A quel tempo, in Val d’Elsa e Val d’Arno, i primi maestri vetrai cominciarono a creare suppellettili di uso comune, tra cui anche i fiaschi. All’inizio furono contenitori per il vino, che si distinguevano dalle bottiglie comuni perchè panciuti e senza il piede, più simili nella forma alle borracce dei viaggiatori. In quegli anni nasceva anche l’impagliatore che, nel caso in esame,  era chiamato a rivestire i fiaschi con la stiancia, un’erba palustre, in origine dalla base fino all’imboccatura. Nel 1388 per motivi igienici a Firenze entrò in vigore il divieto di usare recipienti in metallo e questo fece la fortuna dei fiaschi, del Chianti e “di buono vino vermiglio”, come ci tramanda Boccaccio nel Decamerone.

Un particolare curioso è la falsificazione di questi recipienti:  esisteva un commercio parallelo, molto florido, di fiaschi falsi, privi cioè delle caratteristiche di cui sopra; tanto che nel 1574 venne stabilito l’obbligo di porre un marchio sul rivestimento con il “Segno pubblico” per garantire l‘autenticità della capienza. Ma i falsari non si fermarono, nonostante la pena della fustigazione; si decise così, nel 1629, di imprimere il simbolo del Giglio di Firenze direttamente sul vetro e non più sull’impagliatura. Se prima di allora il fiasco era tutto impagliato dalla testa ai piedi, in seguito prese la veste a cui siamo abituati: l’impagliatura si fece verticale e più robusta e fu creata una bella base di paglia.

L’Accademia della Crusca, nel 1887, descrisse il fiasco come contenitore per eccellenza idoneo alla conservazione del vino, e doveva avere le caratteristiche descritte qui sopra.

A quel tempo, ad impagliare i fiaschi erano le donne, chiamate fiascaie e riuscivano ad impagliare anche 50 fiaschi a notte.

Da Fiorenzo e Gigliola. Storia di una fiascaia di Giovanni Bartolozzi:

“I “maestri” vetrai non avrebbero mai immaginato che nel tempo si sarebbe parlato più dei fagioli al fiasco che della loro arte vetraia.
Ma non dovranno preoccuparsi, a riscattarli ci hanno pensato Silvia Ciappi e Stefania Viti che, su di loro, hanno diligentemente raccolto abbondante documentazione.
Meno male, perchè è giusto non dimenticare che se il Chianti è stato il vino italiano più conosciuto e apprezzato nel mondo, il fiasco toscano ha onestamente contribuito a questa planetaria diffusione. Ai fiascai, e alle fiascaie, vanno riconosciuti questi meriti secolari.
Ma torniamo ai nostri fagioli, impareggiabili e irripetibili, di cui spesso si parla senza conoscerne la storia. Naturalmente si trattava dei famosi cannelli toscani. Nella zona dell’Empolese i migliori venivano da Marcignana, Avane, Fiibbiana e altre località vicino all’Arno, perchè seminati in terreni fini e limacciosi.
I fiascai, che lavoravano sei ore al giorno, dopo le prime tre facevano la “fresca”. cioè si fermavano mezz’ora. Quando decidevano di mangiare i fagioli andavano a lavorare un po’ prima per prepararsi il fiasco. Si trattava di un recipiente di forma sferica di circa due litri e mezzo, con un collo piuttosto largo e svasato, leggerissimo (200 grammi) e con il vetro “spartito bene”, come dicono i vetrai, condizione essenziale perchè non si rompesse durante la cottura dei fagioli.
Una volta soffiato lo posavano su una tavoletta di legno. Appena raffreddato, cosa che avveniva in pochissimo tempo, lo riempivano per due terzi di acqua, poi ci mettevano i fagioli con aglio e salvia. In inverno aggiungevano anche una o due salsicce.
Il fiasco cosè riempito veniva messo fra le “camerette del forno”. Qui i fagioli cuocevano lentamente per irradiazione di calore, ed erano pronti giusti, giusti, per essere mangiati durante la “fresca”, conditi con olio di frantoio per esaltarne il sapore. Quello sì che era un mangiare da signori, che solo i “maestri” fiascai potevano permettersi!
Il  fiasco per i fagioli, che per la leggerezza del vetro consentiva di bollire rapidamente l’acqua, era presente in quasi tutte le case di campagna; era chiamato “fiasco delle partorienti” perchè usato in quelle occasioni”.

L’atmosfera evocata in questo brano ci riporta all’ambiente di nascita del piatto celebrato oggi dal Calendario del Cibo Italiano: un ambiente contadino, in cui il fiasco diventa il compagno di un ristoro a tutto tondo, non solo per bere, ma anche per cucinare.

Nelle famiglie contadine, dopo aver cotto il pane nel forno a legna, per non sprecare il calore che rimaneva veniva inserito il fiasco, senza la paglia intorno, riempito di fagioli, salvia, alloro ed aglio, tappato con della stoppa che consentiva la fuoriuscita del vapore in cottura. Veniva poi posto tra la cenere, così che la lenta e costante temperatura  cucinasse i fagioli lasciando inalterate la loro fragranza. Il calore non era eccessivo ma uniforme e per questo motivo i fagioli non subivano sbalzi di temperatura che li avrebbero resi duri e legnosi.
Questo sistema antico è stato tramandato nei secoli, tanto che ancor oggi in Toscana si trovano trattorie che presentano i fagioli al fiasco cotti nella brace dal primo pomeriggio a sera.

Così troviamo in questa ricetta tutta la toscanità: da un lato i fagioli di tradizione toscana come lo Zolfino, il Toscanello, il Rosso di Lucca, il Cannellino; dall’altra il fiasco, oggetto simbolo della tavola toscana nel mondo. Si ritrova la ricetta in tutta la Toscana, con piccole varianti, in particolar modo nelle aree di cultivar del Cannellino.

Un piatto umile, ma che aveva molti estimatori; tra questi Giacomo Puccini, compositore e grande amante della cucina. Andava spesso a visitare in convento la sorella Suor Angelica, ma si racconta non lo facesse solo per devozione fraterna ma bensì con l’intento di poter gustare i fagioli al fiasco preparati dalle monache nel refettorio.

Oltre al metodo di cottura tra le ceneri del forno, è diffusa anche l’usanza di cuocere il fiasco a bagnomaria: tappato con carta per alimenti, viene disposto in una pentola piena d’acqua, sul cui fondo è sistemato un canovaccio, più volte ripiegato, e lasciato cuocere dolcemente per 4 o 5 ore.

Infine, vista la difficoltà a reperire i fiaschi antichi, qualche ditta produce dei fiaschi moderni, con un tappo forato in sughero che va posto con gli ingredienti sul fornello del gas, con uno spargifiamma al minimo, cuocendo i fagioli per circa 3 ore.

FAGIOLI AL FIASCO

Ingredienti per 4 persone:
300 g di fagioli cannellini o toscani secchi
3 cucchiai di olio extravergine di oliva toscano
6 foglie di salvia e volendo una foglia di alloro
2 spicchi d’aglio sbucciati
qualche chicco di pepe
pizzichi  di sale
acqua

Preparazione:
Sciacquare i fagioli e lasciarli in ammollo in abbondante acqua tutta la notte; inserirli poi nel fiasco pulito, aggiungere salvia, alloro, aglio, pepe, sale e acqua a coprire di due dita i fagioli.
Lasciare cuocere al minimo sul fornello con spargiafiamma per circa tre ore: l’acqua deve sobbollire delicatamente e deve sempre coprire i fagioli (comincerà a bollire dopo circa un’oretta dall’inserimento).
Impiattare, regolare di sale, pepe e irrorare con un giro d’olio.
Fonti:
http://www.toplifemagazine.it/5716-fagioli-al-fiasco-lapoteosi-della-toscanita/
http://www.egobene.com/quando-i-fagioli-si-facevano-al-fiasco/
http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=1885

Partecipano come contributors:
Fausta Lavagna, fagioli al fiasco… senza fiasco! 
Erica Zampieri, Quando i fagioli si facevano…al fiasco! 
Alessandra Gabrielli, Fagioli al fiasco 2.0 
Serena Bringheli, Fagioli al fiasco
Daniela Boscariolo, Fagioli al fiasco: ricetta toscana
‎Elisa Di Rienzo, Cannellini al Fiasco

4 commenti

  1. articolo davvero ricco di notizie e testimonianze interessanti. Un’altra ricetta che trae la sua ragion d’essere dalla tradizione contadina e dall’ingegno di quelle menti che non volevano andasse sprecato nulla… neanche il calore del camino che si andava spegnendo! Grazie Daniela

    1. Grazie a te per aver contribuito a questa giornata in maniera meravigliosa, visto che non posso assaggiare i tuoi fagioli mi accontento di ammirare fiasco e foto! Un abbraccio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati