Il Pandoro di Verona

Pubblicazione: 19 Dicembre 2016

Condividi l'articolo:

Associati per pubblicare

Giornata Nazionale del Pandoro di Verona

Ambasciatrice Cinzia Martellini Cortella per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Se c’è un dolce che rivendica la sua assoluta origine veronese questo è, senza ombra di dubbio, il Pandoro. Dolce che ha dovuto quasi sgomitare per affermarsi come Principe delle tavole festose del periodo natalizio in una golosa lotta col suo cugino più blasonato Panettone. Non per una mancata storia alle spalle o un’effimera accettazione golosa dei suoi estimatori; piuttosto per la sua limitata espansione territoriale fino a tempi recenti.

antiche-impastatrici-pandoro

Antiche impastatrici

La sua nascita ufficiale e commerciale è documentabile al 14 ottobre 1894, quando Domenico Melegatti, fondatore dell’omonima azienda dolciaria veronese, presenta al Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia il suo dolce soffice e vaporoso, con la caratteristica forma attuale di cono scanalato ai fianchi con una base a forma di stella a otto punte, ottenendo per tre anni l’Attestato di Privativa Industriale, il brevetto di quel tempo, per aver inventato nome, ricetta e forma (questa pare ad opera dell’artista veronese Angelo Dall’Oca Bianca (1858 –1942) che ne disegnò lo stampo).

brevetto_invenzione_pandoro_melegatti

Primo “brevetto” del Pandoro

Ne diede persino notizia sul quotidiano locale, l’Arena, pubblicando il 21 e 22 marzo 1894 un’inserzione che informava i cittadini di “aver allestito un nuovo dolce che per la squisitezza, leggerezza, inalterabilità e bel formato l’autore reputa degno del primo posto nomandolo Pan d’oro”.
Il dolce conquistò subito i concittadini di Melegatti e pure altri fornai e pasticceri, che in breve cercarono di imitarlo. Partì allora la famosa “sfida delle 1000 lire“: in pratica, Domenico mise in palio 1000 lire per chi si fosse presentato con la vera ricetta del Pandoro. Sfida abilmente vinta dallo stesso Melegatti, perché nessuno mai si presentò con la propria ricetta.

antica-pasticceria-melegatti

Antica pasticceria Melegatti

Molto probabilmente Domenico trasse ispirazione da un’antica usanza veronese: la Vigilia di Natale, le donne dei paesi si riunivano insieme per impastare il Levà, un tipico dolce di farina, latte e lieviti, ricoperto poi di granella di zucchero e mandorle. Eliminando la copertura ed aggiungendo burro ed uova, il dolce si trasformò in qualcosa di più soffice, arioso e morbido. Leggenda vuole che un garzone, al taglio della prima fetta di questo dolce così ricco di burro e uova illuminata da un raggio di sole che ne esaltava il colore caldo e dorato, esclamò benevolmente stupito: “l’è proprio un pan de oro!”.

entrata-nel-forno-pandoro

Pandori infornati

In Corso Porta Borsari, al numero civico 21, troneggiano tuttora sulla facciata del palazzo due pandori in tufo, disposti sull’angolo delle due terrazze laterali come due obelischi; sono traccia indelebile che quello è palazzo Melegatti-Turco-Ronca, ancora oggi di proprietà degli eredi di Domenico Melegatti. E’ il luogo dove sorgeva il laboratorio pasticceria omonimo, dove è nato il primo Pandoro, di fronte alla chiesa di San Giovanni in Foro; e dopo il sapiente restauro degli anni Venti diventato ufficialmente la “Casa del Pandoro”.

palazzo-melegatti-oggi

“El sta de fassa a S. Giovanni in Foro
E l’à inventa el pandoro
E i pastisseri da la rabia muti
I l’à voluto simiotarlo tuti”.
(dal giornale satirico veronese “Can da la Scala” – 24 maggio 1896)

E’ solo con il boom economico degli anni ’50 e ’60 che il Pandoro inizia la sua diffusione trasversale, abbandonando il target di prodotto di lusso a favore di una presenza capillare in tutti gli strati sociali. E da dolce della Domenica e di tutte le ricorrenze speciali in breve diventa il simbolo goloso del Natale, senza dimenticare che veniva anche consigliato dai dottori come ottimo ricostituente a puerpere e convalescenti. Dai laboratori artigianali si passa ad una produzione industriale; partecipando a fiere e manifestazioni si riesce finalmente a farlo conoscere in tutto il Bel Paese. Dalle pasticcerie si passa alla vendita nei supermercati; e la pubblicità cartacea e poi televisiva ne aumenta notevolmente la notorietà, fino ad essere considerato ai giorni nostri al pari del Panettone.

Ma prima del guizzo genialoide industriale e trasformista di Melegatti, cosa si degustava a Verona?
Il nome Pandoro potrebbe essere collegato ad un caratteristico prodotto della pasticceria di corte, il Pan de Oro, preparato d’abitudine nelle cucine signorili ai tempi della Repubblica Veneta: in epoca rinascimentale era comune ostentare la propria ricchezza (e potere) anche in ambito gastronomico, stupefacendo i propri ospiti con effetti speciali, come sottili lamine di oro zecchino disposte con garbo sui cibi.
Riguardo alla sua forma, invece, potrebbe essere l’evoluzione elaborata del famoso Nadalin (natalino), dolce duecentesco sfornato per festeggiare il primo Natale dei nobili Della Scala, divenuti Signori di Verona nel 1260. Meno burroso e più compatto, dalla forma più bassa, spesso a stella a otto punte come il Pandoro, solo nel 2012 ottiene la certificazione De.C.O., imponendosi quindi come il dolce che meglio contraddistingue le origini e le tradizioni della città.
A inizio Novecento, il gastronomo Alberto Cougnet, nel suo imponente trattato “L’arte cucinaria Italiana”, attesta entrambi fra le specialità dolciarie veronesi, citandone le sostanziali differenze: farina, zucchero, uova, burro, lievito naturale e vaniglia per il Pandoro, l’aggiunta di pinoli e liquore all’anice per il Nadalin.
Ma il territorio veneto ha subito largamente anche l’influenza asburgica, dove si consumava il Pane di Vienna (Wienerbrot), un pane dolce a sua volta ispirato alla brioche francese; non è da escludere che anche gli stessi pasticceri veronesi si siano fatti contaminare dalle particolari tecniche di lavorazione di questi impasti ricchi di uova e burro per arrivare all’attuale Pandoro.
E ancora: nel 1891, Giovanni Battista Perbellini, fondatore dell’omonima pasticceria a Bovolone (Vr), inizia a raccogliere le sue ricette in un quaderno. La prima è la sua Pasta lievitata, poi sviluppatasi nella famosa Offella d’oro, vanto storico del suo laboratorio, ispirata ai dolci viennesi che aveva avuto modo di imparare nel suo apprendistato austriaco.
E se vogliamo addentrarci nei meandri più lontani della storia, Plinio il Vecchio, in un suo scritto minore del I secolo d.C., cita un cuoco/panettiere romano, detto Vergilius Stefanus Senex, che soleva preparare un “panis” con fiori di farina, burro e olio; ma probabilmente questa lontana origine non ha effettivamente legami stretti di parentela col Pandoro veronese, anche se, comunque, si trattava di un pane semidolce molto condito.
Sono diverse, quindi, le ipotesi sulla vera origine del Pandoro; tutte potenzialmente vere ma nessuna documentata in uno scritto.
Solo recentemente Gianna Ferrari De Salvo, studiosa veronese, consultando i fascicoli dell’Arte pasticcera veronese del Settecento all’Archivio di Stato di Verona, ha trovato la ricetta di un “Pan di Natale” che potrebbe essere effettivamente l’antenato del Pandoro: “Cinque libre di farina, tre di levà, mezza libra di butirro, ovi quindesi, zucaro una libra e meza, unire la detta robba, far il pastone e gramolarlo bene, ponendo in stua a levar sino a tanto che è levato”. Tradotto ai giorni nostri trattasi di un impasto di farina, lievito, burro, uova e zucchero ben lavorato, messo su una stufa a lievitare finché ben alto.
Quale che sia la sua vera origine e provenienza, a Melegatti si deve il merito di averlo saputo riproporre e, diventando ben presto il primo prodotto dolciario “industriale”, di aver allargato la sua popolarità oltre i confini della piccola cittadina veneta. Altre aziende importanti del territorio hanno poi seguito ed affiancato il capostipite veronese nella produzione di questo dolce, facendolo diventare sempre più popolare in ogni angolo d’Italia (e non solo, è arrivato persino sulle tavole coreane e vietnamite!) e riservandogli finalmente un posto d’onore tra i dolci della tradizione natalizia.

stampi-pandori

In questi ultimi anni si è voluto diversificare l’offerta di questo dolce presentandolo con gocce di cioccolato, con crema al gianduia o al limoncello, facendone una versione al cioccolato, senza glutine e persino vegan… ma sono solo imboniture commerciali, a mio avviso. Il vero Pandoro è uova, farina, zucchero e burro, concesso l’aroma di vaniglia: necessita di una preparazione lunga con più impasti e lievitazioni. Ma il risultato è sorprendente, tanto da poter imparare a farlo in casa, seguendo una delle tante ricette di Maestri Pasticceri che si trovano in rete; probabilmente il primo tentativo non sarà eccellente, come è capitato a me, ma riprovando e coccolando questo impasto setoso e profumato sarà poi un orgoglio sfornare davanti ai propri ospiti questo dolce, quasi come levare un coniglio dal cappello magico!
Il Pandoro si gusta nella sua semplicità, spolverato di zucchero a velo (a questo proposito, si versa lo zucchero sopra al Pandoro nel sacchetto, si chiude e si scuote: lo zucchero si spargerà uniformemente su tutto il dolce).
Ma dal momento che a Natale ogni vizio goloso è concesso, si può piacevolmente accompagnare con una crema di mascarpone, una crema inglese o pasticcera, anche al cioccolato o aromatizzata all’agrume preferito.
Si può servire a fette oblunghe, anche se inevitabilmente grandi. Oppure optare per il taglio a stella, molto più scenografico: si taglia il pandoro adagiandolo di lato sul piano di lavoro, ottenendo tante fette a forma di stelle a più punte. Poi lo si ricompone, interscalando le punte delle stelle (farcendolo con la crema tra uno strato e l’altro, se piace). Le punte sporgenti si possono decorare con confettini, attaccandoli con un po’ di glassa. E con delicatezza si possono infilzare anche le candeline per festeggiare un compleanno natalizio.
I più esigenti possono riscaldare o semibiscottare le fette in forno; una piccola scaldata al dolce intero, prima di servirlo, aiuterà a riammorbidire e riportare in superficie il burro contenuto, donando ulteriore sofficità.
E non abbiate timore di eventuali avanzi: ripassati in padella con un niente di burro e poi farciti con marmellata accompagnano il caffè della colazione; messi in una terrina (sopra un letto di lamponi e ricoperti con un mix di uova sbattute e latte) e poi in forno diventano un delizioso dolce improvvisato all’ultimo minuto.

LA RICETTA DEL PANDORO

La mia ricetta del cuore è targata Sorelle Simili, le mie maestre di cucina per eccellenza. La trovate in dettaglio qui, con alcuni consigli per una buona riuscita. La lavorazione di questo dolce richiede calma e pazienza, oltre ad una buona dose di manualità coi lievitati. Ci sono due impasti da fare più il lievitino, due lunghe lievitazioni e la sfogliatura col burro. Ma nulla è impossibile se ci si mette d’impegno. L’uso di un’impastatrice faciliterà il compito anche ai meno esperti.

A me non resta che augurarvi buon lavoro insieme ai miei più cari e gioiosi auguri per un sereno Natale!

pandoro

Fonti e credits:
www.melegatti.it
A. Lo Russo, Dolce Natale – Panettone e pandoro. Una tradizione italiana – Alinari
https://books.google.it/books?id=q22UCAujnFwC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false (pag. 12)
http://www.borgotrentoverona.org/index.php?module=Pagesetter&func=viewpub&tid=2&pid=3538
https://it.wikipedia.org/wiki/Nadalin
http://corrieredelveneto.corriere.it/verona/notizie/vino_e_cucina/2012/25-ottobre-2012/dalla-peara-nadalin-cosi-si-difende-storia-2112412320730.shtml
http://www.archivio1.italiani.net/costume-e-societa/societa-cat/610-il-pandoro-lo-mangiava-gia-plinio-il-vecchio.html
http://www.veronasera.it/cronaca/giardini-raggio-sole-domenico-melegatti-inventore-pandoro-10-novembre-2016.html
Foto di testata tratta da http://sapori.it/prodotto/pandoro/
Foto di Palazzo Melegatti: http://www.dismappa.it/dove-e-nato-il-pandoro/
Foto storiche in b/n e brevetto di Melegatti tratte da http://www.rivistaitalyexport.it/
Partecipano come contributors:
Cinzia Martellini Cortella, La ricetta del Pandoro delle sorelle Simili
Tiziana Bontempi, Il Pandoro
Nicola Ganci, Il pandoro di Verona
Alessandra Gabrielli, Pandoro Sfogliato delle Sorelle Simili

4 commenti

  1. Grazie a voi e ai vostri golosi contributi! E’ stato un onore per me festeggiare uno dei simboli della città dove sono nata ed oltremodo il mio dolce natalizio preferito!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati