Il pollo alla cacciatora

Pubblicazione: 18 Aprile 2016

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Giornata Nazionale del pollo alla cacciatora

Ambasciatrice Elena Castiglione per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Il pollo alla cacciatora è un piatto tradizionale della cucina italiana, presente in molte regioni della nostra penisola, ognuno con una sua caratteristica peculiare. Non si riesce a dare una vera e propria paternità a questa ricetta: la Toscana la rivendica in primis, ma anche l’Emilia Romagna, l’Umbria, il Piemonte, le Marche, il Lazio, l’Abruzzo… ognuna con la sua tipicità e il suo incanto, legato soprattutto alla tradizione contadina. Un punto in comune è l’utilizzo di erbe aromatiche, soprattutto rosmarino, e la sfumatura con vino o aceto: un retaggio dei piatti semplici della cultura contadina, preparato con i prodotti a portata di mano.

Ma perché viene chiamato “alla cacciatora”? Molto probabilmente si riferisce alla combinazione di aglio e rosmarino alla base di quasi tutte le preparazioni che portano questo nome, gli stessi ingredienti che utilizzavano anche i cacciatori per insaporire al momento le loro prede!

Un po’ di storia del pollo… da gallo da combattimento a prelibatezza sulle nostre tavole.
Mille ipotesi che si perdono nella notte dei tempi!
Ma studi pubblicati nel 2004 sulla rivista Nature, sembra dimostrino che il pollo attuale discenda direttamente dal gallo rosso della giungla (gallus gallus). Fu poi addomesticato circa 5000 anni fa nella Valle dell’Indo. I primi allevamenti sono testimoniati anche nei geroglifici dell’antico Egitto (circa 1850 a. C.), ritrovati su blocchi di pietra a Medamoud, nei pressi di Tebe, periodo in cui l’Egitto era in stretto contatto con la Mesopotamia e l’India per scambi commerciali.
Il pollo ha subito diversi destini negli ultimi 5000 anni. Inizialmente veniva utilizzato e allevato soprattutto per i combattimenti, per poi trasformarsi in un animale venerato come un Dio e offerto nei sacrifici.

Anche l’arte e l’architettura riportano testimonianze storiche: viene infatti rappresentato negli scudi dei guerrieri, dipinto sui vasi attici del 500 a.C, nelle tavolette votive dei fregi decorativi dei templi della Magna Grecia.
Il pollo arriva in Europa introdotto dalle truppe di Alessandro Magno. E così inizia la sua avventura nelle cucine… dapprima per le uova e poi anche per le carni.
Nell’antica Roma diventa prelibatezza dei banchetti patrizi; tanto è vero che Apicio, cuoco latino di grande fama, annovera nei suoi scritti numerose pietanze a base di pollo e di uova, ma tutto destinato ai ricchi. Per la povera gente resta ancora solo un miraggio.
Ma la vita è fatta a scale… Durante il Medioevo perde la sua importanza e il suo pregio, lasciando il posto d’onore ad animali di ben altra stazza. Torna in auge soltanto intorno al 1500. Ma è intorno al 1600 che conosce i suoi più alti splendori: Bartolomeo Scappi, il più grande esponente della cucina rinascimentale, dedica ben 200 ricette al glorioso pennuto nel IV libro della sua Opera dedicato ai malati e ai convalescenti: ricette leggere e dietetiche per una cura ricostituente.
Dal XVII secolo in poi, il pollo non sarà più solo alla portata degli aristocratici, dei ricchi e dei nobili. Ci staranno anche i contadini, la gente dei borghi. L’aia, infatti, offriva ricchezze gastronomiche: dalle galline per le uova e i brodi ai polletti ruspanti per superbi spiedi o “cacciatore” prelibati.

Dagli anni Cinquanta si diffonde poi l’allevamento intensivo, riducendo il prezzo della carne e facendolo diventare alimento alla portata di tutte le tasche.

Con il termine “pollo” si identifica il maschio di allevamento di circa 3 mesi di età o il ruspante di circa 10 mesi.
Le sue carni hanno basso contenuto di grassi, presenti soprattutto nella pelle, alto contenuto proteico, poco tessuto connettivo che ne denota alta digeribilità.
100 g di pollo apportano circa 110 calorie, per salire a 170 se consumato con la pelle.

Per poter essere definito ruspante, il pollo deve avere la possibilità di razzolare all’esterno e ruspare nell’aia per cibarsi. L’aggettivo “ruspante” deriva dal mondo contadino per indicare i polli allevati nell’aia. Il movimento rende le carni più sode e l’alimentazione variegata conferisce sapori e profumi particolari. La pelle di questi polli è gialla e le carni sono rossicce.
Esiste anche il pollo ruspante biologico, molto più caro rispetto agli altri. Viene allevato con mangimi biologici che non contengono fitofarmaci e grassi animali. Per il tipo di mangime con il quale vengono nutriti, i polli ruspanti, compresi quelli biologici, contengono meno colesterolo e grassi saturi.

I polli allevati in batteria hanno carni più tenere, cuociono in meno tempo e sono meno saporiti. Il colorito è più roseo e la pelle più bianca rispetto ai ruspanti.

Non sempre a prima vista è facile distinguere un pollo ruspante da quello d’allevamento, perché molto spesso anche questi ultimi vengono cresciuti a terra. Ma ci sono alcuni accorgimenti che ci possono aiutare nella scelta:
1. A parità di peso, un pollo d’allevamento è molto più giovane. L’elasticità delle ossa del petto è indice di gioventù: quindi, nel pollo ruspante deve essere quasi nulla.
2. Gli speroni di un pollo ruspante sono appena accennati, con la parte inferiore leggermente rugosa e con le unghie un po’ usurate.
3. Un pollo ruspante spiumato ha una discreta quantità di grasso distribuito uniformemente fin sulle cosce. Quello d’allevamento, invece, ne presenta meno e non uniformemente distribuito.
La legge obbliga ad indicare l’origine della carne di pollo. Le carni di pollo allevate e macellate in Italia offrono più garanzia di sicurezza e genuinità. Nel settore avicolo nazionale il sistema produttivo garantisce, dall’allevamento fino alla distribuzione, rigidi controlli per il raggiungimento di elevati standard igienico sanitari.

La ricetta del pollo alla cacciatora che ho scelto è quella legata visceralmente alla cucina romana. È la ricetta “alla cacciatora” che noi seguiamo per preparare abbacchio, pollo, coniglio e spezzatino.

pollo alla cacciatora

Ingredienti per 4 persone

1 pollo ruspante
1 spicchio di aglio
1 rametto di rosmarino
Foglioline di salvia
Sale e pepe
½ bicchiere di aceto di vino bianco
½ bicchiere di acqua
½ cucchiaio di farina (facoltativo)
2 acciughe lavate e spinate
4 cucchiai di olio extravergine di oliva(più anticamente si usava lo strutto)

1. Lavare, asciugare e fiammeggiare il pollo (io ho tolto anche la pelle), e tagliarlo a pezzi. Metterlo in padella insieme ai 4 cucchiai di olio e far rosolare a fuoco vivace. Salare , pepare e continuare a cuocere fino a che i pezzi di pollo acquistano tutti uniformemente una bella colorazione leggermente abbrustolita.
2. A questo punto aggiungere l’aglio tritato, il rosmarino e la salvia. Continuare a rosolare ancora per qualche minuto.
3. Spolverizzare con la farina.
4. Dopo aver mescolato, bagnare con l’aceto e l’acqua ed abbassare la fiamma.
5. Coprire con un coperchio e far cuocere ancora per circa 20 minuti, avendo cura di aggiungere qualche cucchiaio di acqua tiepida se si dovesse asciugare troppo.
6. Preparare l’intingolo con le acciughe lavate e spinate: mettere in un tegamino 2 cucchiai del sughetto del pollo e schiacciare le acciughe con un cucchiaio di legno per ridurle in poltiglia. Quando il pollo ha finito la cottura, aggiungere questo intingolo. Mescolare il tutto con cura e… portare in tavola!

Ho notato che nelle varie regioni d’Italia gli ingredienti che vengono utilizzati per preparare il Pollo alla Cacciatora differiscono a volte in maniera abbastanza netta, anche all’interno della stessa regione. Non vedo la presenza di un “disciplinare” al quale fare riferimento: motivo per il quale all’inizio ho scritto che il punto in comune è l’utilizzo di erbe aromatiche, soprattutto rosmarino, e la sfumatura con aceto o vino. La cucina alla cacciatora affonda le sue radici nelle tradizioni del mondo contadino, e la donna utilizzava erbe e ortaggi a portata di orto.
Nei piatti che ho passato in rassegna, alcuni, come nell’usanza toscana, prevedono, in aggiunta ad aglio e rosmarino, anche cipolla, sedano, carote e alloro. Il pollo viene sfumato con il vino e poi si continua la cottura con il pomodoro. In Umbria si usa aggiungere acciughe, capperi, limone e passata di pomodoro. Nelle Marche è in umido con aglio e rosmarino. Il vino a volte è bianco, altre rosso (soprattutto in Romagna), mentre l’aceto pochi lo utilizzano. Ma soprattutto, quasi tutte le ricette inseriscono i pomodori, mentre a Roma “alla cacciatora” è rigorosamente in bianco. C’è chi aggiunge anche funghi od olive.
Secondo me il punto in comune è l’utilizzo dei prodotti facilmente reperibili nell’orto, a partire da aglio e rosmarino: tutto quello che il contadino poteva avere a portata di mano, e soprattutto, cucinato con sapiente semplicità. Non mi sento di dire quale sia la versione più buona: sicuramente è quella cucinata con il cuore e che nella nostra mente è il ricordo della cucina di mamma, di nonna, di quello che ci riporta ai nostri ricordi, alle tradizioni di famiglia: alla fine sono sempre i piatti più buoni!

Partecipano come contributors:

Elena Castiglione, Il mio pollo alla cacciatora 

Maria Grazia Ferrazzo Manieri, Pollo alla Cacciatora: il Sapore dei Ricordi

9 commenti

  1. Come ti dissi pollo ed io siamo in completo disaccordo. Forse il fatto di non voler mangiare se possibile è legato ad un episodio di quando avevo 4 anni che gli amici che mi ospitavano contadini doc con tanto di coltivazioni e animali da cortile, vidi uccidere in modo contadinesco la mia gallinella preferito penso che per questo pollo NO. Ma questo alla cacciatora mi attira e se mettessi tutti gli ingredienti delle varie regioni 😀 … ciao buona settimana.

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