Il ragù napoletano

Pubblicazione: 17 Novembre 2016

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Giornata Nazionale del ragù napoletano

Ambasciatrice Antonella Vergari per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

La tradizione è famiglia, è amore per la propria terra, è la mano rugosa della nonna, l’abbraccio materno. E’ il ricordo ancestrale che affiora attraverso un profumo, un volto, un colore; è la domenica in festa con la tavola imbandita, è la passione che da sempre ci lega alle nostre radici, quella passione che ci fa amare e con orgoglio gioire della nostra appartenenza ad una cultura. E così una semplice ricetta non diventa solo un piatto da cucinare e portare in tavola, ma un vero e proprio racconto, uno spaccato di vita che accomuna generazioni intere, il simbolo di una città e di un territorio: come per Napoli lo è il Ragù.

Il Ragù Napoletano
‘O rraù
‘O rraù ca me piace a me 
m’ ‘o ffaceva sulo mammà. 
A che m’aggio spusato a te, 
ne parlammo pè ne parlà. 
Io nun sogno difficultuso; 
ma luvàmell”a miezo st’uso. 
Sì, va buono: cumme vuò tu. 
Mò ce avèssem’ appiccecà? 
Tu che dice? Chest’è rraù? 
E io m’a ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià… 
M’ ‘a faje dicere na parola? 
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.

Così il grande Eduardo De Filippo (Napoli, 24 maggio 1900 – Roma, 31 ottobre 1984, drammaturgo, regista, attore, sceneggiatore e poeta italiano), omaggiava la tradizione del Ragù napoletano mediante il ricordo e il rimpianto della madre, manifestando il malessere di fronte al declino segnato dalla mancanza di dedizione da parte delle nuove generazioni, di fronte ad uno dei più importanti patrimoni della cultura e tradizione italiana: la cucina.
Attraverso questa Giornata Nazionale siamo pronti ad omaggiare una tra le più grandi tradizioni partenopee. Signore e signori: Il Ragù napoletano.

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Origini e storia

Il Ragù napoletano (dal francese “ragout”, dall’antico francese ragoûter che significa “far rivivere il gusto”), è una salsa con una lunga storia da raccontare. Da tradizione costituisce il piatto unico della domenica, in quanto il sugo viene utilizzato per condire la pasta e la carne consumata come seconda portata. I tipi di carne utilizzati per questa ricca pietanza non sono macinati, ma bensì a pezzi grossi (da 500 g fino a 1 kg), tagliati a mo’ di grossa bistecca e farciti con uvetta, pinoli, formaggio, lardo, noce moscata e prezzemolo e legati con uno spago. Viene utilizzato un copioso misto di carne di manzo e di maiale, che spesso può variare da quartiere a quartiere. Unica costante comune: cottura lentissima (almeno 6 ore) in un tegame di terracotta o rame, basso e largo, fino ad ottenere una salsa dalla consistenza densa e cremosa. Ma come è nata esattamente questa appassionante ricetta?
Il diretto antenato del ragù sembra essere un piatto della cucina popolare medievale provenzale, risalente al XIV secolo, chiamato “ daube de boeuf”: in pratica uno stufato di carne di bue mescolato a verdure e cotto lungamente in un recipiente di creta. Il ragout, invece, piatto francese posteriore, è sempre uno stufato di carne e verdure, differenziandosi però nel tipo di carne usata, che generalmente è di montone. Questo tipo di preparazione francese inizia ad apparire nella cucina napoletana solo intorno al XVIII secolo, con il regno di Ferdinando IV di Borbone, periodo in cui vi fu una grande influenza della cultura e della moda francese a corte; ragion per cui molti piatti napoletani presero il nome dalle “storpiature” dei nomi francesi, come appunto il ragù (ragout), il gattò (gateau) ed ancora il sartù (surtout). Fu proprio Carolina d’Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, ad introdurre nelle cucine dei palazzi nobili la moda dei cuochi francesi, arricchendo le mense con questo sostanzioso piatto a base di carne di manzo o vitello di prima qualità, ma ancora privo di pomodoro. Dell’uso del pomodoro nel ragù se ne parla forse per la prima volta nell’opera “Usi e costumi di Napoli”, 1857, curata da Francesco de Bourcard, dove il Cav. Carlo Tito Dalbono firma il capitolo “La Taverna”, così descrivendo la distribuzione dei maccheroni da parte dei tavernai: “Talvolta poi dopo il formaggio si tingono di color purpureo o paonazzo, quando cioè il tavernaio del sugo di pomodoro o del ragù (specie di stufato) copre, quasi rugiada di fiori, la polvere del formaggio”.

La leggenda del Ragù

Verso la fine del 1300 esisteva a Napoli la “Compagnia dei Bianchi di giustizia” che, percorrendo la città a piedi, invitava la popolazione nella riappacificazione con i loro nemici, predicando pace e misericordia. In quel periodo, nel Palazzo dell’Imperatore viveva un nobile Signore scortese e crudele nemico di tutto il popolo. Benché quest’ultimo avesse messo da parte ogni rancore, il nobile Signore non ne voleva sapere, nemmeno quando la Compagnia giunse a palazzo, nel vano tentativo di redimerlo. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia e sfilando le manine dalle fasce ed incrociandole, gridò tre volte: “Misericordia e pace”. Così un giorno la sua donna, stanca della sua ostinata ira, per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni; la provvidenza riempì il piatto di una salsa rossa come il sangue e il nobile Signore, finalmente commosso dal prodigio, si rappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie, colpita dall’inaspettata decisione, preparò nuovamente a distanza di tempo i maccheroni che, per magia, divennero ancora una volta rossi. Quel misterioso intingolo aveva uno strano ed invitante profumo ed il nobile Signore, nell’assaggiarlo, ne rimase talmente incantato che decise di chiamarlo “Raù”, lo stesso nome del suo bambino.

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La tradizionale fase della “PEPPIATURA”

Il ragù napoletano è diverso da tutti gli altri ragù della tradizione italiana; come disse Giuseppe Marotta (Napoli, 5 aprile 1902 – Napoli, 10 ottobre 1963, scrittore, sceneggiatore e paroliere italiano) “il ragù non è una salsa, ma la storia e il poema di una salsa”. Si distingue, infatti, da altre tipologie non solo per gli ingredienti, per la lunga cottura e per l’estrema attenzione che richiede, ma anche e soprattutto per la fase più importante della preparazione detta “peppiatura”, “poppiare” (sobbollire), da peppià-pippijà, ovvero pipeggiare, fare il rumore della pipa. Dal fondo della pentola dove è in cottura la salsa, affiorano ripetutamente in superficie delle bolle d’aria che, al culmine della tensione, rompendosi producono un suono simile a quello che produce chi tira una boccata di fumo dalla pipa. Il segreto per ottenere una perfetta peppiatura della salsa è quello di mantenere la fiamma molto bassa, tenendo il coperchio leggermente scostato, sovrapponendo tra esso e la pentola un mestolo di legno; in questo modo si viene a creare una piccola circolazione d’aria che impedisce alla salsa di bollire in maniera aggressiva, rovinando tutto. La fase della peppiatura deve durare almeno un’ora; una volta affiorato in superficie l’olio e lo strutto rilasciati dal sugo di pomodoro, si è certi che il Ragù napoletano è finalmente pronto per condire degnamente un piatto di maccheroni!

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RICETTA DEL RAGU’ NAPOLETANO

“Il ragù non si prepara, ma si consegue quasi che lo si raggiunga o conquisti alla stregua di una promozione o successo!” Citazione di “Don Peppino” Marotta (Giuseppe Marotta).

Ingredienti per 6 persone
Per la Lardellatura (farcitura della carne)
100 g di prosciutto crudo grasso, oppure lardo di pancia
50 g di pancetta tesa affumicata
una spolverata di pepe
un ciuffo di piperna (erba aromatica detta “timo selvatico”)
Sale fino e pepe nero, quanto basta
120 g di pinoli
100 g di uvetta
200 g di formaggio pecorino, a cubetti piccoli
2 spicchi di aglio
due ciuffi di prezzemolo
Per il resto
a1,5 kg in un solo pezzo di manzo (spalla o pezza di primo o secondo taglio)
1kg di braciole di manzo
400 g di puntine di maiale (dette “tracchiulelle”)
600 g di cipolle dorate
50 g di lardo di pancia
50 g di pancetta affumicata tesa
100 g di strutto
un bicchiere e mezzo di olio extra vergine di oliva
300 ml di vino rosso secco,
300 g di concentrato di pomodoro
un mestolo di acqua
1 litro e mezzo di passata di pomodoro, (oppure 1,5 kg di pomodori S.Marzano sbollentati e passati al passaverdure)
un ciuffo di basilico fresc,
sale fino q.b.

E’ consigliabile preparare il ragù il giorno prima (iniziando il sabato mattina presto), in modo da farlo riposare, magari trasferendolo dal tegame a una zuppiera di porcellana: riposando maturerà, risultando ancora più gustoso.
Lardellatura: prendete il pezzo unico di manzo da 1,5 kg e farcitelo con il prosciutto o lardo, la pancetta affumicata, una spolverata di pepe e un ciuffo di piperna, quindi arrotolatelo e legatelo bene con lo spago da cucina.
Braciole: sistematele una accanto all’altra e spolveratele con sale e pepe, aglio e prezzemolo tritati; sparpagliate infine i cubetti di formaggio, l’uva passa e i pinoli. Arrotolate con cura ogni braciola e fermatela o con gli stuzzicadenti, oppure con lo spago da cucina.
Sistematevi su un tagliere e con un coltello a lama liscia ben affilato tagliate finemente il lardo, la pancetta e le cipolle; dopodiché versate l’olio e lo strutto nel tegame di terracotta, unite questo trito e fate scaldare fino a quando la cipolla non inizierà a soffriggere. A questo punto aggiungete la carne che avete lardellato, coprite e lasciate rosolare sempre a fuoco bassissimo, rivoltandola frequentemente: questa fase a Napoli vien detta “sturdí ‘a carne” (stordire la carne) ed è importantissima, in quanto si mira a sigillare i pori della carne , evitando che in cottura non ceda tutti i liquidi e gli umori, risultando alla fine poco morbida ed eccessivamente secca. Unite le puntine poco dopo (rosolando prima vanno aggiunte con un po’ di ritardo).
Quando la cipolla inizia ad essere ben colorita, togliete il coperchio, date una bella rimestata ed iniziate a sfumare con il vino rosso, aggiungendolo un poco alla volta e facendolo evaporare del tutto. Una volta ritirato tutto il liquido, non rimarrà che il grasso che sobbolle lentamente.
Questa prima fase durerà in tutto circa due ore, per questo è fondamentale tenere sempre la fiamma al minimo, rimestare spesso e non allontanarsi mai per non rischiare di far bruciare le cipolle, che rovinerebbero tutto questo elaborato capolavoro culinario.
In seguito alzate di poco la fiamma ed unite, poco alla volta, il concentrato di pomodoro, mescolando bene. Attenzione: il concentrato deve sciogliersi nel grasso prendendo il calore, ma senza bruciare! Inoltre, vi consiglio di togliere le puntine, che saranno ormai cotte, mettendole da parte su un piatto, questo per evitare di farle aprire e “sfaldare”. Continuate ad aggiungere piano piano il concentrato: questa seconda fase (ancor più delicata della prima perché dovrete controllare la cottura della carne e perché si corre il rischio che il pomodoro si attacchi) vi impegnerà per altre 2 o 3 ore. Ricordatevi che state preparando un pezzo di storia della cucina italiana e, come si suol dire, “ Roma non è stata costruita in un giorno”!
Al termine togliete tutta la carne e mettetela in un piatto a tener compagnia alle puntine ed unite nella pentola la passata di pomodoro, aggiustate di sale, spezzettate il basilico a mano, unite un mestolo di acqua e, sempre a fuoco basso, iniziate la famosa “peppiatura”. Lasciate il coperchio leggermente alzato, aiutandovi con un mestolo di legno appoggiato sul bordo pentola, questo favorirà il circolo d’aria di cui parlavamo, favorendo la lenta, lentissima ebollizione del sugo che, pioppando dolcemente, terminerà la sua lunga cottura in circa un’ora. La salsa sarà cotta quando vi apparirà densa, lucida, scurissima ed untuosa.
Trasferite il vostro Ragù napoletano in una bella zuppiera di porcellana e fatelo riposare. La pasta più indicata per questo ricco condimento è di grande formato, come ad esempio le zite o i rigatoni; ricordate inoltre, di servire la carne come seconda portata, coperta da qualche cucchiaio di ragù.

Foto credits Antonella Vergari
Fonti:
http://www.quicampania.it/piattitipici/ragu-napoletano.html
http://www.rameria.com/ricette/ragu_napoletano.html
http://www.lucianopignataro.it/a/il-vero-ragu-napoletano-secondo-la-tradizione/5668/
http://www.poesieracconti.it/poesie/a/eduardo-de-filippo/o-rraa
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/usi—curiosita/Piccola-storia-del-ragu-napoletano.html
http://www.portanapoli.com/Ita/Cucina/leggenda_ragu.html

Partecipano come contributors:
Antonella Vergari, Ragù napoletano, storia e tradizione
Sonia Lunghetti Ricetta tradizionale del Ragù napoletano

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