La Focaccia alla Genovese

Pubblicazione: 21 Novembre 2016

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Giornata Nazionale della Focaccia alla Genovese

Ambasciatori Monica Costa e Luca Grasso per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Parlando di focaccia, possiamo dire semplicemente che è un impasto lievitato, e poi schiacciato,di farina, acqua, olio e sale, simile a quello del pane, cotto nel forno o sotto la brace. Gli ingredienti sono pochi e semplici, ma la variabilità di questo prodotto correndo lungo l’Italia è davvero incredibile.

Se parliamo di Focaccia genovese, Fugàssazeneize nel nostro dialetto, non possiamo limitarci a descrivere un semplice prodotto, ma siamo in presenza di una vero simbolo, alla stregua della Lanterna (il faro del porto di Genova), non solo della cucina ligure ma dell’essere genovesi, che ci accoglie alla nascita e ci accompagna per tutti i periodi della nostra vita. La focaccia è perfetta a colazione accompagnata dal caffelatte, un accostamento che vi sorprenderà; a metà mattina insieme ad un gottu de vin gianco, un bicchiere di vino bianco, anch’esso ligure come aperitivo; oppure ancora a pranzo e, perchè no, anche a merenda.

Ogni Genovese è parecchio suscettibile quando si parla di questo prodotto, perchè ha caratteristiche ben definite che spesso non si riscontrano in quello che si legge o si trova in giro. La Focaccia genovese dovrà avere un colore dorato/ambrato con alveoli ben marcati e lo spessore non deve superare i 2 centimetri. Deve essere croccante sui bordi e all’esterno per poi essere morbida all’interno, mai unta ma ben oliata e sulla sua superficie devono essere presenti dei diamantini di sale. Negli alveoli, detti ombrisalli, ombelichi in dialetto, si concentreranno l’olio (rigorosamente extravergine di oliva) e il sale, distribuiti sulla superficie e questo ne determinerà una diversa cottura rispetto al resto della focaccia. Proprio in questi punti si trova la vera essenza della focaccia che, per essere degustata al meglio, dovrebbe essere mangiata sottosopra, in modo che la superficie salata colpisca immediatamente le papille gustative sulla lingua, creando una vera esplosione di gusto.

Il segreto della focaccia sta nella scelta di ottimi ingredienti e nelle lunghe lievitazioni. È un prodotto artigianale, che si prepara la notte per essere poi cotta al mattino; indescrivibile il profumo che pervade ogni angolo dei “carruggi” (i vicoli genovesi) la mattina presto.Fondamentale, anche, la sensibilità del fornaio a decifrare il clima e la temperatura della nostra città che, in alcuni periodi, non favorisce affatto i processi di lievitazione.

La focaccia è un prodotto antico, di cui si trovano citazioni in numerose attestazioni storiche, anche se non si è sicuri che ciò che veniva definito focaccia un tempo corrispondesse davvero al prodotto di cui parliamo oggi.

Già nel 1392, ben sei secoli fa, nell’inventario dei beni di un fornaio, si trova l’indicazione “pala una magna pro fugacis” [Luigi Tommaso Belgrano, “Della vita privata dei Genovesi”, Genova, 1866], cioè una grande pala necessaria per introdurre nel forno un prodotto forse non contenuto in una teglia, ma cotto direttamente sul piano del forno.

Probabilmente quello che un tempo veniva definito focaccia era una spianata semplice e molto meno condita e forse più simile ad un semplice pane sottile.

Nel Rinascimento, addirittura, sembrava fosse usanza comune consumare nelle chiese durante alcune cerimonie la focaccia; questa tradizione ben presto dovette essere interrotta dall’allora Vescovo con un apposito decreto che ne  vietò l’utilizzo. Ancora nel Cinquecento, in alcuni documenti riguardanti i banchetti in onore del neoeletto Doge, si parla di fugase nell’elenco dei prodotti preparati per il banchetto dei festeggiamenti.

Ma per essere sicuri di ritrovare qualcosa di davvero molto simile alla nostra focaccia dobbiamo attendere fino all’Ottocento, con i primi dizionari di genovese e con le Cuciniere, i primi libri di cucina genovese. Unica differenza con la versione attuale sta nel descrivere le fossette tipiche della focaccia: per noi le dita affondano con tutta la prima falange nell’impasto lievitato, mentre nelle Cuciniere si parla di pizzicare la pasta, ottenendo quindi un qualcosa di diverso dai classici alveoli, quindi indicando ancora un’ulteriore evoluzione della ricetta.

Il desiderio dei panificatori genovesi di tutelare questo prodotto nella sua versione tradizionale è sfociato qualche anno fa nella creazione di un consorzio di tutela della vera Focaccia genovese e nella creazione di un apposito marchio (Marchio Collettivo GE 1996 N° 0001187822, a garanzia dell’originalità) del quale può fregiarsi chi sottoscrive il relativo disciplinare di produzione della focaccia.

Alla sua versione classica si affiancano delle varianti: la focaccia con la cipolla, quella con la salvia ed infine quella con le olive. Nella focaccia con le cipolle, la cipolla viene affettata molto sottile e poi distribuita sulla superficie prima della cottura. In quella con la salvia, la salvia viene tritata finemente e mescolata direttamente nell’impasto; mentre in quella con le olive, le olive sono distribuite direttamente sopra la superficie.

Una menzione a parte merita la Focaccia di Voltri, un quartiere dell’estremo Ponente genovese: qui da sempre è diversa da quella classica. Viene fatta riposare e cotta senza l’ausilio di teglie, infatti la pasta lievita su taglieri di legno cosparsi di farina di mais. In seguito, dopo aver fatto le fossette con le dita ed essere oliata, viene trasferita sul piano del forno e in questo momento, con particolari movimenti della pala di legno, viene stirata dal fornaio. Il risultato sarà una focaccia molto croccante con un gusto molto particolare dato dalla farina di mais.

FOCACCIA GENOVESE

INGREDIENTI:
500 g di farina 0
250/300g di acqua (60%)
10 g di lievito di birra (3,5%)
10 g di sale (2%)
5 g di malto (1%)
30 g di olio extravergine di oliva (6%)

per la salamoia (per una teglia 30×40 cm circa):
100 g di acqua
50 g di olio extravergine di oliva

sale grosso per la superficie

PROCEDIMENTO:

1 – TEMPO DELL’IMPASTO: con impastatrice a forcella 30 minuti, con impastatrice a spirale 15 minuti. Temperatura dell’impasto 22°.

Iniziate l’impasto con farina, sale, malto e acqua. Impastate per 5 minuti quindi aggiungete il lievito e subito dopo l’olio, poco alla volta, continuando ad impastare per altri 10 minuti.

2- PRIMA LIEVITAZIONE: riposo di 45/90 minuti, trasferendo l’impasto in un contenitore chiuso e non troppo grande.

3 – SECONDA LIEVITAZIONE: si preparano le pezzature proporzionate alle caratteristiche della teglia.

Dividete l’impasto nelle pezzature giuste per le vostre teglie, considerando che per avere una giusta altezza della focaccia dovrete mettere 500 g di impasto per una teglia 30×40 cm. Fate una piega a tre per ciascun pezzo ottenendo un panetto il più possibile rettangolare. Riponete i panetti nelle teglie con la chiusura verso il basso. Lasciate riposare ancora 40/60 minuti.

4 –RIPOSO: trasferite l’impasto nelle teglie dando una prima stesura col matterello, senza però preoccuparsi di ricoprire tutta la superficie della teglia, lasciate riposare 20 minuti (nei panifici questo passaggio viene detto cilindrata e viene fatta addirittura a macchina).

5 – ULTERIORE RIPOSO: schiacciate e stirate con le mani l’impasto, fino a ricoprire l’intera superficie della teglia. Se questa operazione fosse difficoltosa, lasciate riposare ancora pochi minuti e poi riprendete. Con le mani schiacciate la pasta contro i bordi in modo da creare un piccolo bordino poco più alto del resto della pasta che impedirà alla salamoia di fuoriuscire.

Lasciate riposare 20/30 minuti quindi, utilizzando le dita di entrambe le mani (l’intera ultima falange), fate su tutta la superficie le tipiche fossette della focaccia, facendo attenzione in questa fase a non bucare la pasta.

6 – LIEVITAZIONE FINALE: preparate la salamoia e versatela sulla focaccia facendo attenzione a chiudere bene i bordi, in modo che la salamoia rimanga in superficie. Cospargete di sale grosso. Lasciate lievitare ancora 90/150 minuti fino a quando la pasta raggiunge quasi il bordo della teglia.

7 – COTTURA: forno brillante, a temperatura 230° per 18/20 min.

Appena cotta spennellatela raccogliendo l’olio rimasto nei buchi per distribuirlo su tutta la superficie; oppure, se la preferite più unta, spennellatela con ulteriore olio. Poi staccatela ed estraetela dalla teglia.

NOTE:
– La teglia che si usa per la focaccia è una teglia in alluminio a bordi bassi (circa 2 cm) detta “lamma”, unta con olio. In una teglia di 30×40 cm si mettono 500 g di impasto finito.
– Le fossette della focaccia si fanno con l’ultima falange delle dita utilizzando le due mani in parallelo su tutta la superficie della focaccia, senza rompere l’impasto.
– Coprite sempre l’impasto durante le lievitazioni e i riposi, per evitare che seccandosi si rompa e lasci uscire l’anidride carbonica immagazzinata durante la lavorazione.

FONTI:
V.Stagnani, La luna e la focaccia. Storia, tradizioni, ricette, Progedit, Bari 2011
J.L.Flandrin e M.Montanari, Storia dell’alimentazione, ed. Laterza, Roma-Bari 1999
L.Sterpellone, A pranzo con la storia. I nostri cibi dagli Assiri ai fast food, SEI, Torino 2008
S.Rossi, Focaccia genovese, SAGEP, Genova 2013
http://www.focacciagenova.it
ISCOT, Genova
Partecipano come contributors:
Cristina Tiddia, Focaccia genovese
Francesca Lucisano, Focaccia genovese con lievito madre
Thaise Bacelar, Focaccia di Genova
Alessandra Gabrielli, Focaccia genovese
Sonia Lunghetti, Ricetta focaccia genovese
Silvia Leoncini, La Focaccia Genovese

10 commenti

  1. Vivo in Catalunya da 35 anni per cui ho perduto il contatto con molte cose quotidiane in Italia, di uso comune come, per esempio, il cambio di definizione delle farine di forza che si indicano attualmente, in modo generico, come farina manitoba. Questo nome, tutt’altro che generico, indica la farina di maggior forza esistente nel mercato mondiale, con un grado di forza W prossimo a 400. Una farina così si usa, da sola, per fare i panettoni.
    Non sarebbe piú logico recuperare il termine di farina di forza e semmai indicarne il grado W, per ricette da fare in casa?
    Grazie per eventuali risposte.
    Carlo Bernardini
    Terrassa (Barcellona)
    Se il post lo permette aggiungo questa informazione:
    Fino a 170 W (farine deboli) Farine per biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria. Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
    Da 180 ai 260 W (farine medie) Farine per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all’olio o alcuni tipi di pizza. Assorbono dal 55%-65% del loro peso in acqua e sono quelle più usate comunemente in pizzeria.
    Da 280 ai350 W (farine forti) Farine per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioches, pasticceria lievitata naturalmente e pizza. Assorbono circa il 65% 75% del loro peso in acqua.
    Oltre i 350 W (farine speciali) Farine prodotte con grani speciali , soprattutto Americani, Canadesi (come la Manitoba) usate per rinforzare le farine più deboli o per produrre pani particolari. Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua.

    1. Ciao Carlo!
      Assolutamente d’accordo con te con quanto scritto, mi ero posta lo stesso problema ma per quanto riguarda la ricetta e per il fatto che nei supermercati (dove la maggior parte delle persone si approvvigiona di farina) sono poche le farine che indicano il grado di forza (W) mentre risulta più facile reperire una farina manitoba, ho preferito utilizzare questa dicitura invece di scrivere un generico farina di forza che non tutti (lo dico per esperienza) avrebbero compreso immediatamente.
      Grazie del tuo prezioso approfondimento!
      Monica

      1. Se mi posso permettere, una farina di forza ha circa il 13-14% di proteine e questa informazione si trova in quasi tutte le tabelle nutrizionali.
        In Spagna sarà facile trovare la farina di forza con un 12% per poter riprodurre la focaccia genovese senza problemi.

  2. Tre appunti: la focaccia col caffelatte sarà anche buona ma è appannaggio delle nuove generazioni. I nostri vecchi l’accompagnavano con un bicchiere di vino. La “lamma” di ferro, a quanto pare ora vietata dalla legge (tipo il banco di marmo per le pizzerie o la madia di legno per i panettieri), trasmette meglio il calore che la “lamma” di alluminio e, a mio avviso, da un prodotto finito migliore in particolare cottura più uniforme e dorata alla faccia dei divieti. L’impasto indiretto con lievito madre o con biga o con poolish da un prodotto più digeribile, più profumato, e anche più longevo..se mai sevisse!!
    Ah! Direi che nella ricetta del post ci sia un errore: 600 gr di acqua su 500 gr di farina rappresentano il 120% e non il 60%.

    1. Grazie mille per la segnalazione: abbiamo appena corretto la ricetta che in effetti riportava per errore una dose doppia. Un cordiale saluto

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