La passata di pomodoro

Pubblicazione: 14 Agosto 2016

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Giornata Nazionale della passata di pomodoro

Ambasciatrice Candida De Amicis per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Clendar

La Passata di Pomodoro è una salsa ottenuta direttamente da pomodori freschi e maturi, per spremitura e separazione di bucce e semi.

Dalle ringhiere del balcone pendevano e dondolavano pigre al vento le trecce di fichi (…). Davanti all’uscio, sulla strada, sotto agli stendardi neri seccavano al sole, su tavole dai bordi sporgenti, liquide distese color del sangue di conserva di pomodoro. (…). Il grande silenzio della campagna pesava nella cucina, e il mormorìo continuato delle mosche segnava il passare delle ore, come la musica senza fine del tempo vuoto.” Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Torino, 1945.

Tradizione del centro e del sud della nostra penisola, la preparazione della Passata di Pomodoro rappresenta ancora oggi una tradizione per tante famiglie.
Sconosciuto in Europa fino alla metà del ’500, il pomodoro ha assunto un ruolo importante nell’alimentazione mondiale: insieme alla patata è la specie orticola più coltivata al mondo.
Impossibile immaginare la sua assenza dalla “cucina mediterranea”, dalla pizza, dalle panzanelle e da tante salse e insalate. Oggi sono più di cinquemila le varietà derivate dall’antico progenitore, differenti per forma e grandezza: a ciliegia, a dattero, perfettamente rotonde e lisce, costolute, piramidali, coniche o a parallelepipedo.
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Un po’ di storia del pomodoro…

I pomodori sono originari della fascia di territorio che va dal Cile al Perù ed Ecuador, dove ancora oggi sono presenti specie selvatiche. In Messico li chiamavano tomatl, xitomatl, grande tomatl e furono coltivati con perizia dagli Indios, abili agricoltori, che osservarono che la loro presenza come infestanti tra le piante del mais ne migliorava la produzione.
Si hanno le prime notizie scritte del pomodoro grazie a tre preziose testimonianze.
La prima, marginale, ci proviene da un soldato scrittore, Bernal Diaz del Castillo, al seguito di Cortés.
La seconda è di Fra’ Bernardino che studia la cultura degli Aztechi e scrive un resoconto nella loro lingua, il nahuatl. Osservatore attento e partecipe, descrive il mercato, tutte le merci e ogni specie di pomodori.
Il terzo, Padre Josè de Acosta, gesuita e straordinario narratore, da alcuni considerato il padre della moderna antropologia, scrive: “Per temperare il sapore del peperoncino si ricorre al sale,… ma si ricorre pure alle tomate… specie di grossi acini sugosi, che fanno delle salse saporite, ma sono ugualmente buone da mangiarsi da sole”.
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I pomodori forse giunsero in Spagna con Colombo, certamente con le navi di Cortés. Probabilmente arrivarono sia le piante domesticate che quelle selvatiche, che potevano risultare nocive; probabilmente è questo il motivo per cui il pomodoro venne per secoli considerata pianta insalubre.
Uno dei primi punti di introduzione in Italia del pomodoro fu la Sardegna, dominio spagnolo fino al 1720. Da qui si diffuse nelle regioni del Nord Italia, con cui l’ isola aveva relazioni. Nei vari dialetti sardi, il pomodoro viene chiamato “tomata”, derivato dallo spagnolo tomate.
Per lungo tempo suscitò grande interesse tra botanici e naturalisti, mentre non si hanno notizie sull’utilizzo come alimento. Per la prima volta comparve in una ricetta nello “Scalco alla moderna” opera del 1692 di Antonio Latini, “maestro dei conviti”. Già da tempo era però utilizzato dalla cucina povera meridionale.

… e della conserva di pomodoro

Ai primi dell’Ottocento il pomodoro si diffuse in tutte le cucine europee, e la preparazione della “conserva” entrava nelle cucine delle famiglie borghesi. Etica del risparmio, vantaggio per la cucina e scelta di gusto, filosofia gastronomica in questa ricetta maceratese: “Il pomo d’oro è un frutto assai vantaggioso per la cucina, e di buon gusto, sia per salsa, o per minestre (…). Dunque prendete il pomo, fatelo cuocere in un cazzeruola a fuoco lento,… fino che divenga tutto disfatto, dopo passatelo nello staccio con una cucchiaia di legno: … farlo bollire a fuoco lento, fatelo stringere assai; questa conserva mettetela in un vaso di terra ben vetrato, e freddato che sarà, copritelo con una carta ben chiuso con spago, mettetelo in luogo asciutto, e l’estate in un luogo fresco, e che sia sciutto. Di questa conserva vi potete servire per zuppe e salse, quando non si trovano più freschi a suo tempo”.
Vincenzo Agnoletti, famosissimo cuoco al servizio di Maria Luigia di Parma, ne “La nuovissima cucina economica”, pubblicata nel 1814, inserisce quattro ricette per la conservazione del pomodoro. In seguito, nel 1832, applica l’insegnamento di Appert nella preparazione della “Conserva di pomidoro al fresco”: “Spremete leggermente dei pomidoro buoni, e colti al suo punto, e gettate la prima acqua acida; indi esprimete bene il sugo e passatelo per setaccio due volte, ponetelo dentro le bottiglie, con sopra un poco di olio… Per conservarla meglio farete bollire le bottiglie otturate a bagno maria per sedici minuti, e poi le farete raffreddare nel bagno medesimo; indi conservatele in cantina coperte di sabbia”. Importante aggiunta è la bollitura.
Il gesuita Lazzaro Spallanzani aveva dimostrato che, richiudendo infusi in recipienti di vetro e bollendoli per un’ora, si arrestava il fenomeno della degenerazione, poichè non si verificava crescita batterica. Gli studi di Spallanzani, per quanto apprezzati a livello scientifico, non ebbero il successo dei risultati della ricerca empirica compiuta da Nicolas Appert, di professione pasticcere, che mise a punto il suo sistema per la sterilizzazione dei cibi, basato sulla bollitura dei contenitori di alimenti e sulla loro chiusura ermetica in fase di bollitura.
Nel 1856 Francesco Cirio aprì la prima fabbrica di conserva di pomodoro, non a Napoli come si potrebbe pensare, bensì a Torino. Applicò su scala industriale il metodo Appert, dando vita alla conserva di pomodoro e diventando un imprenditore di successo.
In un articolo del 1906, “Memorie di un vecchio astigiano”, di Ugo De Benedetti, apparso sulla rivista culturale “Il Platano” di Asti, si parla della produzione domestica astigiana della conserva di pomodoro: era iniziata la conservazione dei pomodori in casa utilizzando le bottiglie in vetro.
La ricetta di “Conserva di pomidoro al fresco”, rimarrà identica nei grandi ricettari di fine Ottocento. Nome diverso, ma con procedimento quasi immutato, la “passata di pomodoro”ancora oggi viene preparata nelle nostre campagne o dall’industria di trasformazione.
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Preparazione della passata di pomodoro

In tutto il territorio Abruzzese, in Campania, in Calabria, in Puglia, come nel resto delle regioni centro-meridionali, la salsa di pomodoro ha un ruolo centrale da più di due secoli. Nella sua preparazione sono coinvolti tutti i componenti del nucleo domestico, perché la tradizione, che ancora resiste , vuole che la si produca in casa.
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Dopo le fasi preliminari, consistenti nel  lavaggio delle bottiglie (quasi sempre vengono riadoperate le bottiglie di birra accuratamente conservate dopo l’utilizzo) e nella raccolta o nell’acquisto di pomodori, nel giorno prestabilito si comincia, al mattino, o alla sera per evitare la calura estiva. I pomodori vengono accuratamente lavati e messi ad asciugare; poi si passano con l’aiuto del passa pomodori che separa le bucce e i semi dalla polpa densa e dolce. Con l’aiuto di un imbuto si riempiono le bottiglie, aggiungendo alcune foglie di basilico per aromatizzare la conserva (l’operazione quasi sempre delegata ai bambini muniti da un bastoncino di legno) e poi si chiudono con tappi di alluminio grazie alla tappatrice. Si passa poi alla sterilizzazione: si dispongono le bottiglie in un bidone intervallate da canovacci, per evitare che durante la bollitura urtino tra loro; si coprono con altri canovacci, si versa l’acqua fino all’orlo e si accende il fuoco. L’ebollizione si protrarrà per circa un’ora. Si lasciano raffreddare, si tolgono dal bidone e si ripongono in dispensa per utilizzarle in inverno.
Spesso si usa preparare una parte della conserva di pomodoro sotto forma di pomodoro a pezzetti (sempre coinvolgendo i bambini nell’operazione) in quanto, per certe ricette tipiche della cucina del Sud (e non solo) come la carne alla pizzaiola, il coniglio alla cacciatora ed altre pietanze simili, il pomodoro a pezzetti è più indicato oppure, molto più spesso, più comune.
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Bibliografia
Redazione De Lorenzo S., Realizzazione editoriale Jdt, Milano, Accademia Italiana della cucina, Itinerari di cultura gastronomica
AA. VV., Coordinamento Scientifico: Vitangelo Magnifico Il pomodoro
Delsante U., La zappa e la caldaia
Sitografia
http://www.accademia1953.it/
http://www.museidelcibo.it/pomodoro.asp
Partecipano come contributors:
Daniela Ceravolo, Tradizione di famiglia: la passata di pomodoro
Enrica Gouthier, Passata di pomodoro di casa mia
Susanna Canetti, Passata di pomodori datterini dell’orto

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