La zuppa di farro

Zuppa di farro

Pubblicazione: 2 Marzo 2016

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Giornata Nazionale della Zuppa di Farro

Ambasciatore Fabio Campetti per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

“Per far minestra di farro – Capalo minutamente e lavalo con acqua tiepida: per dieci persone una scudella e mezza scarsa, mettila a cuocere con brodo mediocre caldo e grasso: andarai aggiungendo brodo a poco a poco e l’anderai qualche volta rivoltando con un cucchiaio di legno e farai che bolla adagio e senza fiamma e, quanto più tempo li darai di cottura, sarà meglio. Averti però che vuol bollire almeno tre ore e mezza e quando ti parrà che sia a cottura, batti un poco di lardo sottilmente che non sia rancioso e fattolo sottilmente squagliare in un tegame, lo colerai sopra detto farro e nel fine ci metterai ova e cascio dolce e se vorrai un poco di colore con agro. Potrai ancora prima di metterci il condimento, passarlo per crivello e condirlo a modo suddetto con questo disvario, che metterai dell’ovo solo il rosso. E se detto farro lo vorrai mondare prima di cuocerlo mettilo nel mortaro con poca acqua e lo pesterai con pistello. In giorno di latticini potrai cuocerlo con latte e zuccaro e in vigilia con latte di mandorle overo di pignoli o di noci o di nocciuole e sempre sarà bene metterci un poco di zuccaro …”

Questo ci suggeriva Francesco Gaudenzio, padre gesuita nella seconda metà del ‘600, nel suo manoscritto Il pan unto toscano, dove racconta come con un numero limitato di ingredienti si possa ottenere una grande varietà di buoni piatti. In questo brano sul modo di far minestra di farro pare sottolineare quanto questo si presti ad essere accompagnato da innumerevoli ingredienti per ottenere altrettante gustose varianti. Beh, di strepitosa attualità il nostro Francesco, perché se andiamo a giro per le zone dove si produce questo antico grano, ci imbattiamo ancora oggi in zuppe di farro di tradizione locale e tutte diverse fra loro.

PanUntoToscano

Antico non v’è dubbio, anzi il più antico, e il fatto che la parola farina derivi dal latino farrum la dice lunga in tema di datazione. Nell’Etruria arcaica veniva coltivato nella Val di Chiana e se ne faceva uso per polente e ripieni. Nell’antica Roma si era soliti consumarlo sotto forma di farinata, detta Puls, dove ad un abbondante soffritto di cipolla e aglio si aggiungevano legumi e cavoli, e poi acqua, farina di farro, alloro e altre erbe aromatiche.

Ma dell’utilizzo del farro come elemento base per la sopravvivenza se ne ha traccia già in epoche nelle quali ancora non si coltivava la terra, come nel neolitico preceramico, quando si sfruttavano i cereali che crescevano spontanei. E una sorprendente testimonianza del VI millennio a.C. sono le figurine delle dee della valle del Giordano, associate al culto della fertilità e raffigurate con gli occhi a forma di chicco di grano.

DeaValleGiordano

Nei millenni a seguire, quando si iniziò a coltivare la terra, questo cereale si diffuse dal Medio Oriente al nord Africa fino al bacino del Mediterraneo e in Europa centrale.

Il farro è presente anche in molti piatti della cucina medievale, ingrediente di zuppe e minestre, o sotto forma di farina per la panificazione e come elemento base per la preparazione di timballi, pasticci, torte e pizze. Ed è nel Medioevo che del farro se ne iniziano a scoprire anche le proprietà nutrizionali.

La monaca benedettina Ildegarda di Bingen, nei suoi trattati di medicina e botanica che vanno sotto il nome di Physica, sottolinea le proprietà benefiche del farro. “Il farro è il miglior cereale. E’ caldo, è grasso e ricco di energia, ed è più leggero di altri cereali. In chi lo mangia sviluppa il giusto sangue e la giusta carne e rende allegro il suo spirito. Il farro dona la felicità all’animo umano e lo si mangia sempre, nel pane o in altre pietanze”.

Il Farro in effetti contiene grandi quantità di vitamine e sali minerali e grazie soprattutto alle sue proprietà antiossidanti viene definito non a caso elisir di lunga vita!

Per far chiarezza sui termini, si dovrebbe dir minestra e non zuppa, proprio come fa padre Gaudenzio nel ‘600, perché la zuppa si fa con verdure e pane che poi si inzuppa appunto del liquido di cottura, mentre è nelle minestre che si usa, oltre alle verdure il riso, l’orzo, la pasta, il farro. Ma le consuetudini si sa fanno la loro parte e nel linguaggio comune si usa dir zuppa di farro e non minestra. In fondo sempre di un grano si tratta, e, proprio come il pane raffermo, anche il chicco di farro in cottura tira l’acqua e si gonfia fino a diventar morbido.

Oggi le più importanti zone italiane di produzione del farro sono la Garfagnana, nella provincia di Lucca, con la sua IGP, l’area umbro-laziale a cavallo tra l’Umbria e il Reatino, l’Abruzzo e il Molise. In commercio si trova generalmente la varietà decorticato ovvero “sbucciato”, e questo abbrevia la cottura, che si può eseguire senza tenere il farro in ammollo in acqua per una notte, procedura necessaria invece per la varietà integrale.

Gli ingredienti base della zuppa di farro sono varietà di verdure, legumi, combinate assieme diversamente secondo la ricetta di tradizione locale. Si procede tagliando più o meno finemente le verdure per poi cuocerle in acqua salata assieme a legumi precedentemente messi in ammollo per il tempo necessario; infine si aggiunge il farro e si porta tutto a cottura fino a che i chicchi di farro sono gonfi e morbidi. L’accortezza va messa nel calcolare i tempi diversi di cottura dei vari ingredienti e che alla fine i sapori risultino ben amalgamati. I legumi possono anche essere cotti a parte e poi aggiunti alle verdure con il loro liquido di cottura, interi o in parte schiacciati, in modo che formino una crema. Si può far precedere la fase di bollitura da un soffritto di carote, sedano e cipolla, talvolta accompagnati da rigatino o lardo, osso di prosciutto o guanciale per dar più sapore alla zuppa. Anche le erbe aromatiche, talvolta introdotte in qualche versione, fanno la loro parte per caratterizzare il piatto che di conseguenza svilupperà un profumo personalizzato. Nelle zone dove sono presenti i castagneti, si usa aggiungere nella zuppa di farro le castagne, e questo avviene in Toscana nella Garfagnana e in Umbria, così come un altro ingrediente a volte presente, meno consueto ma caratterizzante, sono i funghi. Singolare la Mesciua ligure, dove i legumi sono due, ceci e fagioli cannellini, mentre nelle zuppe toscane garfagnina e lucchese, come legume si trova il fagiolo borlotto o il fagiolo rosso.

La zuppa della Maremma toscana è più essenziale, a parte il soffritto iniziale con pancetta e odori, si aggiunge solo pomodoro e patate. Quella dell’entroterra pugliese ancor più rigorosa, aglio, rape e farro. In alcune, come quella molisana, umbra e marchigiana, alla fine si condisce il piatto con pecorino o ricotta salata grattugiata. Infine quella abruzzese che si distingue un po’ da tutte le altre per la presenza della carne di manzo. Naturalmente il giro d’olio extra vergine d’oliva direttamente sul piatto, che va su tutte, mette infine pace tra le dispute di campanile.

Non di meno è importante ricordare che questo piatto in genere si fa, oltre che con ciò che è di stagione, con quello che è a disposizione in casa, perché le zuppe in fondo sono anche nate per riciclare ingredienti dimenticati ma ancora buoni, e che non essendo mai gli stessi producono risultati sempre diversi.

Zuppa di farro della Garfagnana

Ingredienti per 4 persone
200 g di Farro della Garfagnana IGP
200 g di fagiolo giallorino della Garfagnana
4 fette di lardo della Lucchesia
4 foglie grandi di verza
300 g di patate
1 carota
1 costa di sedano
mezza cipolla
olio extra vergine di oliva q.b.
sale e pepe nero q.b.

In una casseruola mettere due cucchiai di olio e fare un soffritto con cipolla, sedano e carota tritati grossolanamente e il lardo tagliato in piccole strisce. Dopo che il soffritto ha preso colore aggiungere le patate tagliate in piccoli cubetti, la verza in piccoli pezzi e i fagioli, dopo averli tenuti in ammollo in acqua per almeno 8 ore.

Mescolare il tutto a fuoco vivace per fare insaporire, dopo di che aggiungere acqua che sopravanzi il composto di due dita, salare e portare a cottura (circa 30-40 min). Tenere acqua calda pronta da aggiungere via via se necessario. Una volta cotte le verdure, aggiungere il farro e proseguire per un’altra mezz’ora circa, fino a cottura del farro. La zuppa non deve risultare né troppo liquida né troppo asciutta.

Per un risultato più cremoso lessare i fagioli a parte, aggiungendoli poi durante la cottura del farro assieme a un poco della loro acqua, per metà interi e per metà schiacciati con la forchetta. Aggiungere alla fine una bella macinata di pepe nero e servire calda nei piatti con un giro d’olio a crudo.

Bibliografia
Il pan unto toscano – Francesco Gaudenzio – Arnaldo Forni Ed., 1990
Il Farro e le sue ricette – Luciano Mignolli – Maria Pacini Fazzi Ed., 1991
Zuppe della Toscana – Sandra Lotti – Maria Pacini Fazzi Ed., 1996
Guida alla Cucina Etrusca – Clotilde Vesco – Scipioni Ed., 2003
Magna Roma – F. Di Mattia, F. Zucchelli – Scipioni Ed., 2003

Partecipano come contributors:
Candida De Amicis, Zuppa di Farro
Daniela Boscariolo, Zuppa di farro e lenticchie beluga
Fabiola Pulieri, Peperossoincucina, Zuppa di farro e ceci
Cristina Tiddia, zuppa di farro
Nadina Serravezza, Zuppa rossa di farro e fagioli

2 commenti

  1. Ciao Fabio, che bello il tuo articolo. Leggendolo mi è tornata in mente una fantastica zuppa di farro con le castagne e la ricetta di Francesco Gaudenzio è una poesia! Grazie dani

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