L’agnolotto

Pubblicazione: 18 Dicembre 2016

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Giornata Nazionale dell’agnolotto

Ambasciatrice Marianna Zandegiacomo per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

L’Italia, si sa, è il paradiso dei buongustai; ogni regione offre golosità e prelibatezze. Ma poche come il Piemonte sanno offrire prodotti di assoluta eccellenza insieme ad una gamma completa “a tutto pasto”: dai dolci – la deliziosa pasticceria mignon – ai formaggi, al vino, alle carni e per finire, o meglio iniziare, la pasta.
L’Agnolotto, appunto: pasta fresca ripiena di carne, diffuso soprattutto in questa regione fino alla Liguria, all’Emilia e all’Oltrepò Pavese. Tipico del Monferrato, la zona compresa fra le province di Alessandria e Asti che unisce le Prealpi liguri al Piemonte, è considerato talmente prezioso e caratteristico che la sua ricetta originale è depositata presso il Comune di Asti e il suo rispetto consente di fregiarsi della De.Co. (Denominazione Comunale), il marchio di qualità che certifica la provenienza di un determinato prodotto (del comparto enogastronomico o artigianale) da un determinato territorio.

L’Agnolotto nasce e viene impiegato in occasioni importanti, quali il pranzo di Natale. E proprio questo determina, secondo i critici gastronomici, la sua peculiarità rispetto al raviolo. La differenza principale sta, infatti, nel ripieno: il raviolo è per lo più riempito di ricotta ed erbe, invece l’agnolotto di carne mista cotta (bovina e suina) e, volendo, di verdure a foglia larga (verza, scarola, spinaci), cervella o tartufo.
… è piatto festivo, natalizio, pasquale, dionisiaco, faustiano; ridurli a un piatto quaresimale sarebbe come se la Benemerita affidasse a un Maresciallo a piedi il comando di una stazione a cavallo” (C. Nasi, Enchiridio del buongustaio in Piemonte, 1963).
Per altri, invece, originariamente l’impasto doveva essere di formaggio piccante, uova, erbe aromatiche e droghe, arrivando solo successivamente ai vari tipi di carni per le versioni in grasso e di ricotte e verdure per le versioni in magro.

Come si conviene a un soggetto così fascinoso, la sua nascita si perde nelle leggende della notte dei tempi: per qualcuno già conosciuto dai Romani, per altri dagli Arabi. Le prime notizie più sicure lo collocano più tardi, alla fine del 1100: infatti, in un atto notarile ligure del 1182 si trova citato un raviolo-agnolotto per la cui consegna secondo una certa quantità viene assunto da un fittavolo agricolo di Albenga impegno verso il suo padrone. E non manca neppure un riferimento colto. C’è infatti chi vede in un passo del Decameron il riferimento al prezioso piatto dove il Boccaccio scrive: “nel Paese di Cuccagna alla cima di un monte di parmigiano stavano uomini che null’altro facevano fuor di cucinar ravioli, li rotolavano sul pendio dei formaggio grattuggiato, e al fondo la gente li raccoglieva ‘e chi più ne prende, più ne ha“.
Anche l’origine del nome è incerta. Secondo taluni, gli Agnolotti così come li conosciamo oggi si sono diffusi nel Monferrato piemontese nell’epoca a cavallo tra il Basso Medioevo e il Rinascimento, ad opera – ma probabilmente è una leggenda – di un cuoco chiamato Angiolino, ma soprannominato Angelotu, da cui deriverebbe il nome agnelotto e poi agnolotto.
Secondo un’altra versione storica, invece, il termine agnelotti deriverebbe dalla tradizione piemontese di riempire i ravioli con carne di agnello; versione, però, poco condivisa visto che questa tradizione non è sopravvissuta fino ai nostri giorni. Le ricette attuali, infatti, non prevedono la carne di agnello, ma un misto di manzo e salsiccia o prosciutto.

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L’origine più accreditata del suo nome fa invece riferimento al termine dialettale anulòt, che indica anche uno strumento in ferro a forma di anello che veniva utilizzato per preparare gli Agnolotti fatti in casa. L’Agnolotto originario, infatti, era rotondo, poi trasformatosi in un grosso quadrato tagliato con la rotella a mano e chiamato dalla gente ‘il gobbo’ (gheub).
Gli Agnolotti de plin o al plin sono un’altra variante per la forma. Plin infatti in piemontese significa pizzicotto, necessario a chiudere la pasta ripiena. Su questa speciale varietà esiste una leggenda che racconta che in un giorno di festa, finiti i piatti e dovendo dare da mangiare a molte persone e pellegrini, si decise di utilizzare un grande telo di lino bianco per cuocere e poi servire gli agnolotti. Da allora ancora oggi è possibile gustare questo piatto, assaporandone il gusto intatto grazie proprio a questo modo di servirli senza condimento.
Avvicinandosi ai giorni nostri, nel ‘700 troviamo citati raviolo e agnolotto addirittura nel dizionario dell’Accademia della Crusca, secondo cui il primo è più ricco d’erbe e cacio, mentre il secondo lo è di carne e uovo.
E alla fine di quel secolo, nel 1771 per la precisione, troviamo la citazione degli agnellotti all’italiana, sia di magro che di grasso, in un libro pubblicato a Vercelli, “La cuciniera piemontese”.
Qualche decennio dopo anche il Vialardi, cuoco e pasticciere di casa Savoia, dimostra di conoscerli: li chiama agnellotti e ne offre un buon numero di ricette.
Ma attenzione: il vero Agnolotto “gobboastigiano è solo quello fatto a mano.
E così venivano offerti, fino al secondo dopoguerra, anche dalle trattorie. Il fabbisogno di “gobbi” veniva assicurato dalle donne del paese o del quartiere: chi ne aveva la possibilità e la capacità veniva arruolata.
Poi il progresso, il benessere, la comparsa delle macchine per fare la pasta… hanno offuscato la peculiare manualità.
Oggi, però, la tradizione ha ritrovato linfa grazie al disciplinare e a 25 ristoratori della zona che si sono impegnati formalmente ad avere sempre nei propri menù l’Agnolotto Gobbo di Asti De.Co.
Perché, si sa, “l’Agnolotto è Re!

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AGNOLOTTI – RICETTA ANTICA

Ingredienti per 6 persone:
Per la pasta:
500 g di farina
5 uova
Per il ripieno:
300 g di stufato di manzo
150 g di arrosto di maiale
80 g di salsiccia fresca
100 g di cervella di vitello
1 cespo di scarola
20 g di burro
60 g di Grana Padano grattugiato
3 uova
noce moscata q.b.
sale q.b.
Per la cottura e il condimento:
brodo di carne
burro fuso
foglioline di salvia
Grana Padano grattugiato
tartufo bianco, per i più fortunati

Sulla spianatoia mettete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova nel mezzo ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta sbattendo bene le uova, poi prendendo la farina poca alla volta, per finire impastando con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto.
Formate una palla e copritela con una ciotola grande, lasciando che riposi almeno mezz’ora.
Nel frattempo preparare il ripieno: lessate in acqua salata per pochi minuti sia la salsiccia che la cervella. Pelare poi la salsiccia e frantumarla, ripulire la cervella ripulito e tritarla.
Lessate la scarola, scolatela, strizzatela e tritatela, quindi rosolatela nel burro in una padella.
Macinate poi le carni insieme e versate l’impasto in una ciotola capiente, unite il trito di scarola, le uova e il formaggio; regolate di sale, noce moscata e pepe, quindi lavorate a dovere aiutandovi con un cucchiaio di legno.
Spianate la pasta con il mattarello in una sfoglia sottile.
Depositate tante nocciole di ripieno distanti tra loro 3-4 cm ben allineate. Ricoprite con un’altra sfoglia, eliminate l’aria delicatamente coi polpastrelli vicino al ripieno e con la rotella dentata (speronella) ritagliate tanti agnolotti quadrati, avendone già saldati i bordi.
Lessate gli agnolotti in abbondante brodo bollente, da scolare appena vengono a galla. Servirli con burro fuso aromatizzato precedentemente con foglioline di salvia e Grana Padano grattugiato.
I più fortunati vi affettano sopra profumatissime lamelle di tartufo bianco: quello di Alba si considera il migliore in assoluto.

FONTI:
Il Talismano della Felicità – Ada Boni
Ricette di sua maestà il raviolo – Slow food editore
La cucina Piemontese – Alessandro Molinari
http://www.agnolottogobbo.it/index2.htm
http://www.taccuinistorici.it/ita/
Partecipano come contributors:
Irene Prandi, Gli Agnolotti di pom matan

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