Lo Zafferano

Pubblicazione: 4 Settembre 2016

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Giornata Nazionale dello Zafferano

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Ambasciatrice Sabrina Fattorini per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Lo zafferano è una spezia molto conosciuta fin dall’antichità, ricavata dagli stimmi del fiore del Crocus Sativus che, una volta essiccati, diventano rosso intenso ed hanno un sapore e un profumo inconfondibili. La raccolta dei fiori ed il distacco degli stimmi vengono ancora oggi fatti manualmente ed occorrono tra i 100 ed i 150 fiori per ottenere 1 grammo di zafferano: questo lo rende così prezioso da fargli meritare l’appellativo di “oro rosso”.

Il nome
Il termine zafferano deriva dall’araboza῾farān, che equivale al persiano zaâfara, termine indicante il croco. La parola è giunta alla lingua italiana attraverso la forma del latino medioevale safaranum, da cui deriva anche lo spagnolo azafran.

Cenni storici
Un mito greco attribuisce la nascita dello zafferano all’amore tra Croco, un giovane mortale e Smilace, una ninfa, quindi immortale. Un amore destinato a finire, prima o poi, per la morte di lui. I due esposero le loro pene agli dei che trasformarono lui nella pianta dello zafferano e lei in quella della salsapariglia. La mitologia romana racconta invece che Mercurio, lanciando il disco, colpì a morte il suo amico Crocus; così fece tingere del suo sangue il fiore della pianta, perché restasse per gli uomini eterna memoria dell’amico.
Al di là del mito, lo zafferano è conosciuto da tempi talmente remoti che non si sa con certezza da dove provengano i primi fiori. Sembra che dall’India, in particolare dall’area dell’odierno Afghanistan, siano arrivati in Asia Minore, dove iniziarono le prime coltivazioni; da qui giunsero in Egitto, dove se ne scoprirono le proprietà medicinali grazie alle sue virtù diuretiche e decongestionanti e fu usato anche per la produzione di unguenti e profumi ed anche per tingere i tessuti.
I già fiorenti commerci portarono la spezia nel Peloponneso, dove si narra che le donne troiane profumassero i pavimenti dei templi con lo zafferano e che nella casa di Isocrate, maestro di retorica ateniese, i guanciali venissero profumati con questa già allora preziosissima spezia. Nell’Impero Romano lo zafferano fu subito un simbolo di ricchezza, usato per tingere di giallo oro i veli delle spose, per profumare le abitazioni dei ricchi patrizi e i bagni imperiali, come ci racconta Ovidio nel suo poema “Ars amandi”.
Durante gli anni bui della fine dell’Impero Romano d’occidente e delle successive invasioni barbariche, la popolarità dello zafferano in Europa andò scemando; ma si mantenne in tutto l’Oriente, nell’Impero Bizantino e nei paesi arabi. Fu proprio grazie agli arabi che l’antico sapere greco-romano in campo medico riuscì a sopravvivere, essendo stato tradotto dal greco in arabo per rientrare in Europa occidentale attraverso la Spagna, la Sicilia e la grande Scuola medica di Salerno. La consuetudine alla coltivazione dello zafferano in Sicilia, già conosciuto nel passato, si deve sempre a loro. Gli Spagnoli non misero molto a capire che lo zafferano sarebbe diventato una grande forma di ricchezza e promulgarono leggi atte a preservare i bulbi sul territorio del loro regno, cercando di creare un certo monopolio. Si dice che nonostante i controlli e le pene severissime, un certo Padre Cantucci, inquisitore all’epoca di Filippo II, riuscì a trafugare alcune piante per portarle in Abruzzo, a Navelli, dove iniziò una delle coltivazioni che persistono ancora oggi; ma la notizia ha in sé qualcosa di troppo romanzesco e addirittura cinematografico per poter essere vera.

Nel Duecento lo zafferano era coltivato in Toscana, mentre veniva commercializzato partendo da Genova, Pisa e Venezia, le maggiori città mercantili di quell’epoca, verso il nord Europa: Fiandre, Inghilterra, Normandia. I mercanti toscani e veneziani lo esportavano verso Alessandria, Tunisi e Tripoli; mentre quelli Genovesi erano orientati verso il Mediterraneo occidentale.
La richiesta di zafferano era altissima, non solo perché era uno degli ingredienti fondamentali di numerosi medicamenti e pietanze, ma perché serviva addirittura per preparare i colori per la pittura. Era costosissimo e difficilmente reperibile. Con lo zafferano si facevano i doni ai re e si pagavano perfino le spese di guerra!
I mercanti di tutta Europa, intanto, fecero fortuna importando la spezia dall’Oriente, dove le coltivazioni erano fiorenti, come testimoniato da Bonvesin da la Riva nel 1300, che ci racconta della coltivazione dello zafferano in Lombardia distinguendo tra lo zafferano orientale e il “croco nostrale” delle coltivazioni italiane, in grado di competere con i prodotti orientali.
I mercanti tedeschi preferivano acquistare la preziosa spezia nei pressi dei luoghi di produzione, così nel Quattrocento nella città di Aquila era insediato un console della comunità germanica con il compito di organizzare le compravendite.
Durante il Rinascimento i nobili si contendevano i cuochi migliori nel cucinare piatti con questa spezia, perché le vivande, dovendo stupire, assumevano un bellissimo color oro e simboleggiavano la ricchezza del padrone di casa. Divenne famoso nel 1450 Martino de Rossi, cuoco degli Sforza, che usava lo zafferano in circa 70 ricette. L’uso dello zafferano veniva raccomandato “per fare gialla la vivanda” come accadde con il risotto giallo milanese, nato intorno al 1500.

Dopo la scoperta dell’America, altri nuovi prodotti come vaniglia, cioccolato e caffè cominciano ad essere ricercati e lo zafferano subisce un lento declino. La sua coltivazione resiste, oltre che in Italia, in alcune aree di Francia e Spagna, legandosi a molti piatti tipici come la paella in Spagna, la bouillabaisse in Francia e il risotto alla milanese in Italia. In Oriente non subisce grosse flessioni, essendo un elemento fondamentale del curry; lo stesso dicasi per il mondo arabo e l’Africa, dove è entrato nella tradizione culinaria senza mai uscirne.
Nel XIX secolo la coltivazione dello zafferano inizia a decadere a causa degli alti costi dei bulbi, delle fasi di coltivazione, raccolta e trattamento, tutte da realizzare manualmente e quindi molto costose: in un momento in cui la richiesta non era più così alta come nei secoli precedenti, la spezia non era più redditizia. Oltre a ciò, la neonata industria chimica fece sparire lo zafferano dalle tinture e dalla farmacologia.

Lo zafferano oggi
Lo zafferano coltivato nel nostro paese è sicuramente il più apprezzato sulle tavole di tutto il mondo. Venduto in stigmi e non polverizzato garantisce la mancanza di qualunque forma di sofisticazione: nelle produzioni in polvere, infatti, spesso finiscono cartamo e curcuma per abbattere i costi.
Oggi il più grande produttore al mondo è l’Iran, seguito dall’India. In Europa, la Spagna si distingue per la quantità di prodotto, l’Italia per la qualità. Le aree dove si produce lo zafferano sin dal Medioevo come Navelli vicino all’Aquila, San Gimignano in Toscana e San Gavino di Monreale in provincia di Sassari, che oggi sono delle DOP, fanno piccole produzioni; ma la qualità dei terreni, l’esposizione solare e la maestria degli agricoltori riescono a fare una gran differenza qualitativa. Piccole produzioni italiane, oltre alle DOP di Sardegna, Toscana e Abruzzo, si trovano anche in Umbria, Marche, Emilia Romagna, Sicilia e Lombardia.

In cucina
Oltre al risotto alla milanese, ci sono numerosi piatti a base di zafferano nella cucina della tradizione italiana. In Abruzzo si gusta lo scapece alla vastese (pesce fritto insaporito con aceto e zafferano) ed i cannarozzi allo zafferano (pasta tipo paccheri, ma più piccoli, con guanciale, ricotta di pecora e zafferano); nelle Marche è popolare il brodetto di Porto Recanati; in Umbria spiccano le tagliatelle zafferano e prosciutto, e il farro mandorle e zafferano in Emilia le Fave dei morti, in Sardegna su succu (minestra asciutta di tagliolini con lo zafferano), la fregula incasada (pasta tipica sarda condita con carni miste, pecorino e zafferano), la trippa alla cagliaritana, le gallettinas, le pardulas e le zippulas di Carnevale.

Bibliografia:

Alberto Capatti e Massimo Montinari – La cucina Italiana – ed. Laterza – 1999
Cristina Acidini Luchinat, Franco Cardini, Allen J. Grieco, Orazio Olivieri, Claudio Seccaroni – Lo zafferano di San Gimignano – Federico Motta Editore – 2006
Olidea – Zafferano – Urra – 2006
Massimo Montinari – Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo – ed. Laterza – 2009

https://it.wikipedia.org/wiki/Crocus_sativus
https://it.wikipedia.org/wiki/Zafferano_(spezia)
http://www.lacucinaitaliana.it/news/in-primo-piano/zafferano-italiano/
http://www.ideegreen.it/come-coltivare-lo-zafferano-63117.html
http://www.zafferanoitaliano.it/
http://www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/zafferano-proprieta-e-utilizzi-in-cucina/
http://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/8975-zafferano-proprieta-usi
http://www.alimentipedia.it/zafferano.html

Partecipano come contributors:

Stefania Pigoni, Pasta con crema di peperoni e zafferano
Sara Sguerri, Copo o Pastillo de Lacte: Crostata con Crema allo Zafferano
Camilla Assandri, Gelato allo zafferano
Donatella Bartolomei, Lo zafferano nella meringa
Alessandra Gabrielli, Crema allo zafferano con pera al vino
Tamara Cinciripini, Panna cotta allo zafferano con coulis di lamponi
Sabrina Fattorini, Tortino di riso zafferano e seppie al profumo di agrumi
Aylin Caiola, Panna cotta allo zafferano con capocollo della Val di Chiana
Cristina Tiddia, Tortini di patate allo zafferano
Daniela Ceravolo, Stimmi Reali, lo zafferano dell’agro pontino
La Salvia di Silvia, Cozze allo Zafferano

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