Gli avanzi

Pubblicazione: 4 Gennaio 2016

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Ambasciatrice  Cinzia Martellini Cortella per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

A ridosso delle festività natalizie, non poteva avere collocazione migliore, dopo i pantagruelici banchetti che si sono susseguiti in lungo e in largo per tutta la nostra penisola.

Davide Oldani, uno degli 8 chef Ambassador di Expo 2015, la grande esposizione universale conclusasi da pochi mesi a Milano incentrata sul grande tema dell’alimentazione a 360°, ha stupito e provocatoriamente dichiarato che la cucina degli avanzi è concettualmente sbagliata e non dovrebbe esistere.

Pensare prima di comprare e pesare prima di cucinare, è il suo dictat, il segreto per una corretta alimentazione. Diventare, in un certo senso, ragionieri della cucina di casa: decidere cosa cucinare, acquistare solo il dovuto necessario e per il bisogno immediato (facendo la spesa a stomaco pieno, per evitare inutili voglie goderecce), pesare gli ingredienti prima di cucinare ogni pietanza, in modo da non creare avanzi e mangiare quindi sempre cibo fresco che nutre meglio, perché la minestra riscaldata non va mai bene.

Oldani porta ad esempio anche la sua personale educazione: nato milanese, in una famiglia milanese, si vanta di non aver mai mangiato il riso al salto, tipico piatto del recupero lombardo preparato col risotto giallo avanzato il giorno prima. Questo perché la sua mamma faceva la spesa con molto rigore, comprando solo lo stretto necessario affinchè non ne risultassero avanzi.

Sembra una formula facilissima, e a onor del vero il suo ragionamento non fa una piega. Se fossimo davvero tutti così accorti, ogni giorno e in ogni occasione, la parola spreco, così osannata in questi ultimi decenni, verrebbe quasi cancellata dal dizionario del cibo. Dove, invece, sta scalando la classifica a passi da gigante, diventando la parola più commercializzata e d’immagine in eventi e manifestazioni legate a temi gastronomici. Ma non tanto per un trend civettuolo, purtroppo come testimonial di una dura realtà: l’offerta alimentare oggi è superiore ad ogni possibile effettivo utilizzo, in nome di una fantomatica libertà culinaria si sono riempiti gli scaffali dei punti vendita di alimenti belli&pronti, spesso fare la spesa in un grande supermercato pare un gita luculliana al più favoloso luna park gourmand da tanto sono invitanti e accattivanti i cibi (o i loro packaging?) proposti, e il tempo a disposizione per una scelta accurata e mirata spesso ridotto all’osso. E se non si è formalmente rigidi come la mamma di Oldani (personalmente sostengo che una volta era sicuramente più facile, il contesto più modesto e semplice aiutava, la spesa era sovente un momento di scambio anche vocale e talvolta istruttivo col verduraio, il salumaio, il lattaio, il panettiere), è facile cadere in tentazione e riempire il carrello all’inverosimile, e probabilmente spesso senza una giusta cognizione di causa.

Partire con una lista predisposta aiuta, ma davvero le lusinghe e le seduzioni sono rovinosamente ammalianti, e spesso, ahimè, vince una buona strategia di marketing piuttosto di un timido buonsenso.

Casunziei Cortina

Casunziei del recupero – foto di Giulia Robert

I numeri resi pubblici spaventano: ogni anno 1,3 miliardi di tonnellate di cibo perfettamente commestibile, sufficienti a sfamare quattro volte i quasi 900 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, vengono invece sprecati senza ritegno.

Anche il prof. Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, promotore dal 2010 della campagna europea Un anno contro lo spreco e ideatore della rete SprecoZero, membro del Comitato ristretto di esperti che ha redatto la Carta di Milano, che ho conosciuto durante un recente convegno a Cortina, ha sottolineato che “attualmente il grande buco nero è rappresentato dallo spreco alimentare domestico, che ha raggiunto cifre esorbitanti, sorpassando di gran lunga qualsiasi altro spreco industriale e agricolo: nel bidone della spazzatura domestico finiscono 8,1 miliardi di euro all’anno, ovvero 6,5 euro settimanali a famiglia per 630 grammi circa di cibo sprecato (dati Osservatorio Waste Watcher). E questo spreco costa come mezzo punto di PIL, perché il cibo gettato non è recuperabile, anzi, diventa un costo, anche ambientale, per essere smaltito. È vitale per tutti tornare alla consapevolezza del valore del nutrimento. È un paradosso inequivocabile impiegare energia per distruggere ciò che è avanzato.”

Sempre con l’appoggio del Sottosegretario all’ambiente Barbara Degani e del prof. Andrea Segrè, è stato lanciato a Padova il mese scorso (ma si estenderà a tutta Italia con la collaborazione di Slow Food) il progetto Family Bag, volto a sensibilizzare e cercare di cambiare le abitudini italiane a tavola, imparando che non è affatto vergognoso portare a casa gli avanzi dai ristoranti, evitando deplorevoli sprechi.

Recentemente è stata indetta una petizione a livello nazionale, diretta al Presidente del Consiglio dei Ministri, affinchè anche nel nostro paese venga approvata una legge che imponga ai grandi supermercati e alla Grande Distribuzione di donare il cibo invenduto e/o avanzato ad organizzazioni di volontariato o mense per poveri, così come recentemente ha approvato il Parlamento dei nostri cugini d’Oltralpe (in verità, alcune catene come Esselunga, Conad, Auchan, Coop, già aderiscono sporadicamente o parzialmente a raccolte e progetti di solidarietà attraverso il Banco alimentare). Illumina un attimo la mente questo breve articolo che in poche parole spiega come ancora una volta l’aspetto consumistico e la non facile gestione burocrato/fiscale penalizzi una risoluzione più efficace del problema.

Un altro esempio virtuoso a testimonianza dell’impegno sociale intrapreso viene da Amiat e Città di Torino, che in occasione della 7° edizione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, svoltasi dal 21 al 29 novembre 2015, hanno pubblicato una nuova edizione del ricettario degli avanzi, facilmente scaricabile qui.

E non è passato insensibile al problema degli scarti di cucina neanche Masterchef, uno dei più seguiti programmi televisivi che in qualche modo parla di cibo: in un Pressure Test della terza edizione i concorrenti si sono sfidati cercando di realizzare, come da richiesta, un piatto ricco, gustoso e bellissimo con degli avanzi in poco meno di mezzora; sfida accolta anche dallo stesso chef Bruno Barbieri che ha dimostrato la sua abilità realizzando una pietanza appetibile in soli 15 minuti.

Lisa Casali, scienziata ambientale, blogger e scrittrice, di radici romagnole ma milanese d’adozione, da anni si occupa di Ecocucina, un laboratorio di ricette per una cucina a costo e impatto (quasi) zero, come lei stessa definisce il suo blog. La sua curiosità, la sua conoscenza e il suo impegno in campo scientifico la portano a scrivere diversi libri sull’argomento, dedicati alla riduzione degli sprechi in cucina, alla ricerca di nuove tecniche di cottura a basso impatto come la lavastoviglie, all’autoproduzione.

GUERRINI

Uno dei primi saggi scritti su questo argomento lo si deve ad Olindo Guerrini (1845-1916), poeta, critico letterario e scrittore, studioso di storia della cucina e di arte, che per mantenersi faceva il direttore della biblioteca universitaria di Bologna. A lui si deve l’opera L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa, uscita postuma nel 1918: divisa in 13 capitoli, ognuno dedicato ad una categoria diversa di alimenti, Guerrini vi descrive una cucina povera, che ben rifletteva le proprie ristrettezze economiche, ma ingegnosa nell’arte del riciclo. Dopo averne letto qualche pagina, mi verrebbe da definirla la prima Enciclopedia in volume unico sugli avanzi di cucina. Un libro che può considerarsi più che attuale, tanto da meritarsi una prefazione di Bruno Barbieri nella ristampa dell’ultima edizione.

Nei tempi addietro, e fino all’industrializzazione del settore alimentare, cucinare con gli avanzi era una necessità domestica dettata dalla scarsità di cibo che ci si poteva procurare e dalle ancora rudimentali modalità di conservazione. La maggioranza del popolo viveva in ristrettezze economiche e doveva fare bene i conti per arrivare a fine mese: chi abitava nelle cittadine non aveva sempre la sicurezza di un impiego fisso e per chi ancora rimaneva nelle campagne, c’era sempre l’incognita delle avversità metereologiche o delle infezioni del bestiame che potevano lasciare le dispense sguarnite.

Il cibo era veramente considerato una ricchezza. Basti pensare, ad esempio, al sale definito fin dall’antichità oro bianco, per il quale non si contano le lotte di potere e le guerre intraprese: i soldati dell’Impero Romano venivano pagati con il sale (da qui salario), vennero tracciate le vie del sale in tutta Europa (in Italia la via Salaria riforniva la capitale), il sale fu usato per un periodo come moneta di scambio.

E molteplici sono gli esempi in letteratura e in commedia di come il cibo sia considerato un bene prezioso: è un regalo prestigioso, per l’umile Renzo Tramaglino dei Promessi Sposi che dona all’agiato avvocato Azzeccagarbugli 4 capponi vivi per ottenere protezione e tutela; è una festa incredula e inaspettata ma felicemente appagante per Totò e famiglia in Miseria e Nobiltà nell’esilarante scena degli spaghetti, che lo stesso Totò nasconde nelle tasche della giacca per poterne fare scorta per i giorni magri a venire, giusto per fare un paio di esempi.

Si ringraziava sempre il Signore prima di sedersi a tavola, per quel poco o tanto che si riusciva a consumare: un segno di gratitudine innato che rifletteva il massimo rispetto verso il cibo.

Era normale, quindi, che non si buttasse nulla: il recupero degli avanzi, dai più nobili e ricchi per la fortunata servitù di aristocratici e reali, ai più miseri per le classi popolane era una prassi comune, un atto dovuto dalla necessità, non essendo il cibo così abbondante e sicuro ogni giorno, quasi un sacrilegio l’aver solo mai pensato il contario.

A fine ‘800 a Napoli, con l’affermarsi delle pizzerie nei vari quartieri della città, nasce un’usanza che si protrarrà fino al secondo Dopoguerra: nella maggior parte delle pizzerie vengono disposte delle scatole di latta dove si riuniscono i cornicioni delle pizze che non vengono mangiati dai commensali. A fine serata, i più poveri fanno il giro dei locali per recuperare gli scarti e colmare per quel giorno la loro fame atavica.

Matilde Serao, nel suo libro Il ventre di Napoli, parlando della pietà generosa spontanea del popolo napoletano, seppur di basso rango, ci descrive come un’altra (donna) faceva una carità ingegnosa: essendo già lei povera, mangiava dei maccheroni cotti nell’acqua e conditi solo con un po’ di formaggio piccante, ma la sua vicina, poverissima, non aveva che dei tozzi di pane secco, duro. Allora quella meno povera regalava alla sua vicina l’acqua dove erano stati cotti i maccheroni, un’acqua biancastra che ella rovesciava su quei tozzi di pane, che si facevano molli e almeno avevano un certo sapore di maccheroni.

Ma è anche un dato di fatto che il recupero in cucina ha dato origine a preparazioni culinarie che sono diventate nel tempo parte integrante della nostra tradizione, soprattutto regionale.

ribollita

La ribollita

Il pane, che ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella cucina mediterranea, resta il re indiscusso nell’arte del recupero. Si presta, infatti a molteplici utilizzi, trasformandosi sapientemente in zuppe e minestre che cambiano secondo la stagione e l’ortaggio a cui sono abbinate: diventa Panada in Veneto abbinato a cipolle, Smilicata in Umbria con le erbe spontanee di campagna, Pan cotto pastorale in Abruzzo con gli òrapi, una varietà di spinaci selvatici che i pastori raccolgono durante i pascoli, Ribollita in Toscana, a cui si aggiunge la Pappa al pomodoro e la Panzanella nel periodo estivo. In Emilia Romagna, mescolato con uova e il nobile Parmigiano ci regala gustosi Passatelli, lungo tutto l’arco alpino delle Dolomiti si converte nei famosi Canederli, caratteristici gnocchi rotondi serviti in brodo o asciutti.

A Napoli un piatto tradizionale del riciclo è la Frittata ‘e maccaruni, la frittata con la pasta avanzata, onnipresente nelle gite fuoriporta; e con la mozzarella non più filante e il pane raffermo nasce l’irresistibile Mozzarella in carrozza, così chiamata quasi a voler nobilitare una preparazione nata da semplici ingredienti rimasti dai giorni precedenti.

Gli avanzi di carne, una volta mangiata solamente nei giorni di festa, si riciclano in altrettanto sfarzosi tortelli, agnolotti o ravioli, di cui ogni regione ha i propri caratteristici, come, per esempio, gli Agnolotti del Plin piemontesi; oppure in polpette e polpettoni per ogni gusto.

Ancora il pane, mescolato a formaggio e uova, dà origine alle Pallotte casce e ova, uno dei piatti più diffusi in Abruzzo: polpette fritte e ripassate nel sugo di pomodoro.

E in Liguria nasce il Cappon magro, inizialmente una piatto semplice a base di pesce e verdura sistemati su una galletta, pare preparato con gli avanzi dei banchetti aristocratici che le servitù sapevano ricomporre armoniosamente, poi affinatosi ed evolutosi nel corso degli anni con l’aggiunta di ingredienti più pregiati, come i crostacei, assumendo un’architettura importante ed elegantemente cromatica, tale da farlo divenire il piatto principe del Natale genovese.

E ricette nate ex novo, come le arancine siciliane, vengono prese a modello per riproporre in ambito familiare deliziose crocchette utilizzando qualsiasi tipo di riso avanzato.

crumble pandoro

Crumble di Pandoro

Infine non può mancare un accenno alla grande varietà di ricette personali, frutto della propria fantasia in cucina e di una buona e sana economia domestica: torte salate svuota frigo, che diventano anche più sfarzose ed eleganti se le chiamiamo spavaldamente quiches; immancabili gallette, crackers e grissini di ogni forma e seme aggiunto per non sprecare gli esuberi di pasta madre; polente a cui piace essere pasticciate come maschere carnevalesche; zuccotti, muffins e zuppe inglesi alternativi per pandori e panettoni avanzati; cioccolatini, creme, torte dark per il recupero delle infinite uova di cioccolato pasquali.

Dulcis in fundo, merita una particolare attenzione anche il recupero di alcuni scarti di cucina, che per abitudine o ignoranza gettiamo senza troppi riguardi. Gambi di finocchi, carciofi, bucce di piselli possono essere la base per un brodo aromatico per il risotto, oppure uniti a sale ed a bucce edibili di altri ortaggi, come zucca e patate, diventare un ottimo dado insaporitore. Ogni qualvolta consumiamo pesce o crostacei, possiamo far scorta di fumetti o bisque utilizzandone gli scarti, e poi congelando i fondi di cottura ottenuti in appositi contenitori monodose, pronti per insaporire piatti futuri.

Le croste di Parmigiano donano una marcia in più a qualsiasi minestra o minestrone, ce lo hanno insegnato le nostre nonne.

In conclusione, da una necessità legata strettamente ad una condizione di economia domestica indispensabile, oggi la cucina degli avanzi rappresenta la piena consapevolezza di una risorsa imprescindibile quale è il cibo, di cui ne abbiamo (fortunatamente) più facile approvigionamento, ma del quale dobbiamo sempre e comunque averne un rispetto profondo, perché mai come adesso, alle soglie del terzo millennio, il cibo è intrinseco alla nostra cultura etica e morale: non esiste più una seppur minima lieve ragione per sprecarlo.

Partecipano come contributors:

Rosaria Orrù: Canederli di carne olive e capperi
Giorgia Pasqualotto: La settimana della cucina degli avanzi: crema di foglie di ravanelli
Francesca Carloni: Calendario del Cibo Italiano – AIFB: Crackers alla salsa verde per la settimana degli avanzi
Tamara Giorgetti: Ricicliamo il pane, ecco le polpette
Fausta Lavagna: Frittelle di minestrone
Alessandra Gennaro: Gratin di gnocchi di prosciutto in salsa Mornay ai funghi
Silvia Leoncini: Ricicliamo con le Granatin-ne zeneisi
Silvia Leoncini: Sugo bianco di carciofi, riciclando una parte della foglia
Daniela Boscariolo: Tortini del riciclo fagiolini e patate
Aurelia Bartoletti: Budino di pane e uvetta
Fabiola Pulieri: Crema all’arancia con panettone e uva passa
Tiziana Bontempi: Ravioli fagottino degli avanzi
Ornella Angela: Tartufini del riciclo con biscotti e confettura
Cinzia Donadini: Ragù di croste di Parmigiano
Resy: Recuperiamo il pane con la torta nera brianzola
Paola: Mattonella della Befana
Patrizia Malomo: Torta di pane di casa mia
Silvia Leoncini: Rosti di patate
Elena Broglia: Mezze maniche ripiene in brodo di carne
Maria Pia Bruscia: Crema di foglie e gambi di carciofo
Cinzia Martellini: Polpette fritte di carne
Coralba Martini: Le polpette del riciclo
Cristiana Di Paola: Ferratelle ai fagioli con mousse al pecorino e guanciale croccante
Tamara Giorgetti: Pasta avanzata, un tortino il giorno dopo
Tamara Giorgetti: Dado vegetariano, utilizziamo i nostri scarti
Sonia Nieri: Taralli con esubero di pasta madre
Tina: Crostata alla Coca Cola e ricotta
Maria Teresa Cutrone: Come utilizzare avanzi di lievito madre e albumi
Silvia Leoncini: Pasticcio di bollito di bue grasso
Cinzia Martellini: Bucce fritte
Cinzia Martellini: Polvere di pomodoro
Cristina Galliti: Vellutata di scarti di finocchio con palline al parmigiano
Cecilia Bendinelli: Settimana Nazionale degli avanzi
Sabrina Fattorini: polpettine di pane e mozzarella
Sonia Nieri: Ovette cocco e cioccolato

42 commenti

  1. Approfondimento interessantissimo, complimenti Cinzia. La tematica mi sta particolarmente a cuore, il mio avanzo preferito è il pane! Grazie per i tanti spunti, Maria.

    1. Alessia, le polpette vanno bene in questa settimana se fatte con avanzi, altrimenti domani è la GN della polpetta, e ti puoi sbizzarrire a tuo piacere! 😉

  2. Cucinare senza sprechi è l’obiettivo che dobbiamo inseguire tutti, dobbiamo insegnarlo ai giovani, è un problema etico direi. Riciclare bene gli avanzi è una forma di creatività, un’arte quasi. Un post bellissimo Cinzia…sono felice che il nostro Calendario inizia proprio con un tema del genere.

  3. Concordo con Oldani: non dovrebbe neanche sussistere una cucina degli avanzi, ma purtroppo sono tutto il contrario di sua madre. Da casalinga riciclko il possibile, ma in effetti c’è sempre qualcosa che dopo tanti giri va a finire nella ciotola dei cani. Articolo bellissimo cri

  4. Sposo la teoria di Oldani, ma compare qualcosa in più non è un male: basta aver voglia di riciclare 🙂 Bellissimo articolo Cinzia, con tante curiosità interessanti e diversi spunti di riflessione. Grazie.

  5. Bravissima Cinzia! L’utilizzo degli avanzi è per me un dovere morale contro lo spreco alimentare ed è proprio vero che le creazioni non hanno limiti utilizzando anche ciò che in genere è considerato scarto … spero nel corso della settimana di dare il mio contributo!

  6. Su Oldani, tanto di cappello come chef ma pochissima capacità di essere realistico. Provare a non produrre avanzi in famiglie con bambini, o quando il numero dei componenti sale. Che dire poi del pane, che è l’alimento sicuramente più facile allo spreco? Non lo so, capisco il suo ragionamento molto giusto, ma ai fatti impossibile da realizzare, almeno per me. Ed in ogni caso a me piacciono gli avanzi, la pasta ripassata, il pan cotto, le polpette, il lesso rifatto…io spesso lo faccio apposta di avanzare qualcosa per rimangiarmela il giorno dopo in nuova veste.
    Amo molto di più la capacità delle nostre nonne e trisavole che cucinavano con il nulla in cucina di chi fa la spesa come compila il 740.
    Grazie Cinzia, post magnifico. Domani il mio contributo.
    Bacione

  7. Un bellissimo articolo anche questo. Io adoro la cucina degli avanzi perchè molto spesso, le cose più buone che escono dalla mia cucina, sono proprio frutto della fantasia del reciclare gli avanzi del pasto precedente.
    Buon calendario a tutti.
    Tiziana

  8. Magnifica iniziativa, articolo esauriente e ben scritto. Complimenti! Mia madre mi ha sempre insegnato a non sprecare nulla, e devo dire che le condizioni economiche di una famiglia influiscono molto su questo atteggiamento: chi ha pochi soldi certo non può permettersi di buttare gli avanzi, e io mi ci ritrovo. Quindi ti lascio anche il mio piccolo contributo alla settimana degli avanzi: http://speziecioccolato.blogspot.it/2016/01/tartufini-del-riciclo-con-biscotti-e.html.
    Ciao!

  9. Articolo interessantissimo, anche se non sono pienamente d’accordo con Oldani. Pur acquistando con giudizio può capitare che ci siano degli avanzi da reinventare. Le mamme di una volta acquistavano lo stretto indispensabile ma qualcosa poteva comunque avanzare, specialmente con famiglie numerose, e la cucina del recupero è una vera arte che dà spazio all’inventiva ed oltretutto è gustosissima.
    Questo è il mio contributo dolce.
    http://le-tenere-dolcezze-di-resy.blogspot.it/2016/01/recuperiamo-il-pane-con-la-torta-nera.html

  10. Che bel post Cinzia… complimenti!! Ricco di spunti, mi piacerebbe proprio che si aprisse una discussione!
    Io non sono d’accordo con Davide Oldani: certamente contraria agli sprechi, ho sempre visto l’avanzo come un bocconcino prelibato da papparmi il giorno dopo. Molte pietanze stando lì diventano ancora più buone, e con altre mi diverto a dar loro una seconda vita. Poi da quando ho scoperto che alcuni alimenti stando lì un giorno si arricchiscono di prebiotici, mi sento ancor più giustificata! L’importante è non buttare via niente!! 🙂

    1. … potrebbe diventare davvero uno spunto per un dibattito al prossimo raduno, magari invitando proprio qualcuno dei nominati 🙂

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