La pasta ripiena

Pubblicazione: 12 Dicembre 2016

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Settimana Nazionale della pasta ripiena

Ambasciatrice Francesca Carloni per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Pasta ripiena: due sole parole ma che bastano per evocare piatti fumanti e succulenti, tradizionalmente serviti nei giorni di festa, ma anche per trasformare in una festa ogni altro giorno.
Tortellini, ravioli, tortelloni, cappelletti, tortelli, agnolotti, agnolini… Tanti nomi e tante ricette quante sono le regioni italiane moltiplicate per ogni provincia, città o addirittura famiglia.
Ognuno ha la sua ricetta, depositata o non, della mamma, della nonna, della zia, di famiglia da generazioni: tante e tali che è impossibile tracciare una mappa completa di tutti i tipi di paste ripiene presenti in Italia.
Ma anche questo è il bello, il punto forte della nostra cultura gastronomica: la varietà, le mille varianti di uno stesso piatto nate dagli ingredienti di volta in volta disponibili, dal territorio, dalle abitudini, dalla tradizione.
Possiamo provare a fare un po’ di chiarezza ed andare a scoprire qualche informazione storica e qualche aneddoto.

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Direi di partire dalle origini: come e quando nacque la pasta ripiena?
La Pasta ripiena nasce come cibo per benestanti o addirittura per ricchi: il primo tipo di cui si hanno notizie certe è il raviolo, apparso su una di queste signorili tavole in varie regioni d’Italia, fra il XII e il XIII secolo. La bontà e la popolarità della Pasta ripiena crebbe velocemente tanto che, nel XV secolo, già era presente nei ricettari di quasi ogni regione.
L’ipotesi più accreditata dell’origine della parola “raviolo” è che essa derivi dall’ingrediente principale e cioè da un tipo di formaggio di mucca o capra chiamato “raviggiuolo” o “raveggiolo”; pertanto se ne deduce che anticamente per “raviolo” si intendesse solo il ripieno e che solo successivamente il termine è passato ad indicare sia il contenitore che il contenuto. Ancora oggi in Toscana vengono serviti “gli gnudi”, chiamati anche “malfatti” o “nudi”, dove il ripieno diventa un piatto a sé, fatto di ricotta, spinaci, Parmigiano, uova e noce moscata e modellato a forma di grossi gnocchi, poi cotto in acqua bollente o brodo.
Se il raviolo è stato il progenitore della Pasta fresca ripiena, oggi possiamo contare numerosissime tipologie e varianti: qui di seguito ce ne sono alcune, in rigoroso ordine alfabetico.
Agnolotti: tipici del Piemonte, di forma prevalentemente quadrata, il ripieno è costituito da carni miste (brasato, coniglio, pollo arrosto, salsiccia e verdure come spinaci, bietole, scarola, a completare Parmigiano, noce moscata, sale e pepe). Nella zona delle Langhe e nel Monferrato troviamo gli Agnolotti (o ravioli) del plin, che prendono il nome dal pizzicotto che serve dare per chiuderli: hanno i bordi frastagliati e sono solitamente ripieni di carne e conditi con sugo di carne o serviti in brodo.
Anolini: li troviamo nella zona di Parma e Piacenza, hanno la forma di mezzaluna e un ripieno di carne che può variare dallo stracotto di manzo all’arrosto di maiale, con aggiunta di pangrattato, Parmigiano, uova, noce moscata, sale e pepe. La tradizione li vuole rigorosamente in brodo, ma si cucinano anche asciutti con sughi di diversi tipi.
Cappelletti e cappellacci: come si può intuire dal nome, la loro forma assomiglia ad un cappello maschile dell’epoca medievale. La loro forma è simile a quella dei tortellini bolognesi e modenesi; differiscono nel ripieno e nel modo in cui vengono chiusi. Hanno anche la sfoglia un po’ più spessa. I cappelletti sono tipici della provincia di Reggio-Emilia e della Romagna, del Ferrarese ma anche di tutta la regione delle Marche e vengono preparati tradizionalmente con un ripieno (batù in Romagna) di formaggio (ricotta e raviggiolo ma anche stracchino e squaquerone) e di carne con petto di cappone o lombata di maiale. Nelle Marche, invece, il ripieno classico è di carni stufate anche miste (vitello, tacchino, lombo di maiale). Il cappelletto della tradizione va consumato in brodo.
Il cappellaccio è il fratello maggiore del cappelletto, almeno il doppio più grande e generalmente servito asciutto.
Casoncelli o Casonseì: tipici di tutta la zona di Bergamo, di Brescia e della Val Camonica. Variano nel ripieno che è composto da carne, Grana Padano ed erbe, ma anche da patate e verze. Il condimento classico è di burro fuso, pancetta, Grana e salvia.
Culurgiones: tipici della Sardegna, con la caratteristica chiusura a spiga di grano, simbolo di prosperità e buon raccolto; hanno la sfoglia senza uova e il ripieno di patate lesse, pecorino o ricotta, cipolla e menta. I sughi possono essere sia di pomodoro che di carne o anche solo una spolverata di Pecorino.
Ravioli: sono la pasta ripiena per antonomasia e, come detto prima, presente sulle nostre tavole sin dal XII secolo. La versione più accreditata li fa nascere nella locanda della famiglia Raviolo di Gavi Ligure. Possono essere di forme diverse (quadrati, tondi, a mezzaluna, rettangolari); tipicamente ripieni di formaggio, di formaggio e verdure (borragine, maggiorana) oppure solo di carne. In Liguria obbligatorio assaggiare i ravioli cò o tuccu (al sugo di carne a cottura lentisssssima), ma anche i Pansoti (o pansotti, che vuol dire panciuti, da “pansa” pancia in dialetto ligure) col ripieno di bietole, borragine e preböggiön (erbette di campo) e la famosa -introvabile altrove – “precinseua” (prescinsôea), una cagliata di latte fresco dal sapore acidulo e gli Zembi, ravioloni di pesce bianco conditi con sughi di mare.
Tortelli e tortelloni: anche qui in poche centinaia di chilometri ve ne sono una varietà veramente importante. Il tortello cremasco dal particolare ripieno di amaretti, cedro candito, tuorli e mostaccini; il tortello maremmano, quadrato e di dimensioni più grandi, ripieno di ricotta e spinaci oppure di bietoline o erbe di campo e condito con un robusto sugo di carne; il tortellone emiliano, ripieno di ricotta, Parmigiano, prezzemolo, noce moscata, sale e pepe nero; il tortellone mantovano, che accosta dolce e salato col ripieno classico di zucca, mostarda, Parmigiano e amaretti.
Tortellini: Bologna e Modena sono da sempre in lotta per aggiudicarsene la paternità, e fra i due litiganti si sa che il terzo solitamente se la gode. Ecco allora che la leggenda vuole che nasca dall’estro di un locandiere di Castelfranco Emilia, ispirato dall’ombelico di una giovane e bella Marchesa. Quale che sia l’origine o la loro storia i tortellini sono i miei preferiti, il simbolo della mia città e una prelibatezza da gustare sia asciutta (il must è con la panna) o i classici in brodo di cappone o gallina. Di dimensioni piccole, se non piccolissime, assistere al loro confezionamento è un vero spettacolo. “Aiutami a chiudere i tortellini che altrimenti mi si secca la pasta” è la prima frase che ricordo mia madre mi rivolse da bambina… e via, tutti noi fratelli a chiudere i tortellini attorno al dito!

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Le paste ripiene sono tante altre ancora, ma è impossibile citarle tutte.
Spero che questo piccolo excursus vi sia piaciuto e per questo Natale che ormai è alle porte vi auguro, oltre a tutto il bene possibile, di riappropriarvi di un po’ del vostro tempo.
Sì, avete capito bene: il tempo. Dopo la salute è forse la cosa più preziosa che abbiamo. Siamo pieni di tutto ma ci manca sempre il tempo, ci avevate fatto caso?
Una volta era diverso, il tempo era scandito dalle stagioni, dai raccolti. Non si aveva niente in confronto ad oggi, ma alle persone non mancava il tempo. E col tempo a disposizione le persone si ingegnavano. E nonostante la scarsità di cibo, le carestie, le guerre, la fame, la povertà, riuscivano a ricavare dal niente delle piccole meraviglie.
Quindi, per queste feste vi auguro di trovare il tempo per fare quel che più vi piace, e perché no, anche un bel piatto fumante di pasta ripiena per i vostri cari. Come questi tortelloni di ricotta, di cui vi lascio la mia ricetta, che poi è quella di mia mamma, che era prima di mia nonna e prima forse della bisnonna… insomma, il tempo è stato veramente prezioso nel tramandare dosi e bontà.

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TORTELLONI DI RICOTTA BURRO E SALVIA

Per 4 persone
Sfoglia:
400 g di farina 0
4 uova
Ripieno:
500 g di ricotta mista
1 uovo
200 g di Parmigiano Reggiano 24 mesi, grattugiato
Prezzemolo fresco tritato q.b.
Sale fino
Pepe nero e noce moscata, grattugiati al momento
Condimento:
Burro di qualità e foglie di salvia fresca

Preparate il ripieno mescolando bene tutti gli ingredienti e riponete in frigo.
Preparate la sfoglia tirandola al mattarello fino ad uno spessore di 1 mm.
Con un coltello (no rotelle dentellate, please!) ritagliate dei quadrati di 5 cm circa di lato.
Suddividete il ripieno al centro dei quadrati di sfoglia.
Ripiegate ogni quadrato su se stesso, formando un triangolo, poi chiudete attorno al dito premendo bene sia su bordi che sui lembi della chiusura.
Sciogliete del burro in una padella capiente ed aggiungete le foglie di salvia fresca.
Nel frattempo tuffate i tortelloni in abbondante acqua salata e non appena vengono a galla raccoglieteli con una schiumarola e trasferiteli nella padella col burro e la salvia.
Fateli saltare delicatamente e servite subito con abbondante Parmigiano.
Da volare via.

Partecipano come contributors:
Alessia Massari, Raviolini “saraceni” con Quartirolo lombardo e pesto di frutta secca, aglio arrosto e melissa
Tiziana Bontempi, La pasta ripiena per Natale

3 commenti

  1. Francesca, articolo bello, allegro e … goloso! ma soprattutto, bellissima la tua nota finale: si fa la pasta in casa non solo perchè è buonissima, ma perchè è un piccolo regalo, è prendersi del tempo…
    Alessia – myiummy

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