Settimana delle Conserve

Pubblicazione: 8 Agosto 2016

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Settimana Nazionale delle Conserve

Ambasciatrice Sabrina Gasparri per il Calendario del Cibo Italiano – italian Food Calendar

La fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane. (Italo Calvino)

Le conserve sono le preparazioni alimentari racchiuse in contenitori ermetici e trattate precedentemente in modo particolare per poter essere mantenute per periodi prolungati a temperatura ambiente.
Tutti gli alimenti sono soggetti a processi di deterioramento che ne compromettono non solo il sapore, ma anche l’edibilità e il valore nutritivo. Le cause sono l’ossidazione e il conseguente proliferare di microrganismi come batteri, funghi e muffe, da cui si sviluppano sostanze molto tossiche che distruggono velocemente i cibi e assai pericolose per la salute.

Un po’ di storia
Fin dai primordi dell’umanità l’uomo si ingegnò a cercare rimedi per la conservazione degli alimenti. Capì che una normale cottura poteva prolungare, seppure non di molto, la vita di un cibo. Anche il freddo intenso, il sale e il fumo potevano aiutare. Cercò di servirsi, quindi, di tutto quello che la natura gli offriva. Seccava al sole i cereali e poi li tostava; usava salare le carni e i pesci oppure li affumicava all’interno della cappa del camino; scavava delle caverne nella pietra in modo da creare degli ambienti freschi dove i cibi si potessero conservare più a lungo.
Soltanto nei primi anni dell’Ottocento appaiono le prime conserve, per opera del francese Nicolas Appert, il quale sperimentò la tecnica della conservazione dei cibi in vasi di vetro chiusi ermeticamente, immergendoli poi in acqua bollente. Aprì la prima fabbrica di conserve in assoluto a Massy e divulgò Le livre de tous les ménages, un trattato dove spiegava come sarebbe stato possibile trasferire nella propria cantina tutto quanto l’orto produceva in primavera, in estate e in autunno e conservarlo per parecchi anni come appena raccolto.
Un ulteriore passo avanti lo fa, pochi anni dopo, l’inglese Peter Durant, che sostituisce i recipienti in vetro con i barattoli di latta, producendo così il primo cibo in scatola, che fu subito adottato per l’approvvigionamento militare.
In Italia la prima fabbrica per la conservazione dei cibi in scatola, soprattutto piselli e pomodori, fu fondata nel 1856 dal piemontese Francesco Cirio.

A sviluppare l’intuizione di Appert fu il suo connazionale Louis Pasteur, che creò il trattamento termico noto come “pastorizzazione“, un processo che consiste nel sottoporre per parecchi minuti gli alimenti ad una temperatura variabile tra 60 e 85° (a seconda dell’alimento trattato), in modo da uccidere i batteri patogeni ma non altre specie di microrganismi, spesso utili sotto l’aspetto nutrizionale e che consentono di mantenere intatto il profilo organolettico dell’alimento.
La scoperta di Pasteur è stata una vera e propria rivoluzione in campo alimentare, dalla quale sono stati messi a punto, negli anni successivi e complice il progresso industriale, i moderni sistemi di trattamento rapido ad alta temperatura, la liofilizzazione, la surgelazione e tante altre tecniche possibili solo a livello industriale.

I tempi moderni e la stagionalità
Oggigiorno abbiamo i frigoriferi, i congelatori, gli abbattitori e le più svariate tecniche per conservare i nostri cibi. Quello che è importante è rendere disponibile tutto l’anno prodotti presenti in natura solo in determinati periodi.
Pere in primavera e fragole in inverno: oggi è possibile reperire senza difficoltà alimenti fuori stagione, provenienti da luoghi più o meno lontani, cresciuti in ambienti protetti e sottoposti a maturazione forzata. Questi prodotti, però, hanno diversi punti a loro sfavore, come il prezzo elevato e le caratteristiche che sono ben diverse da quelle dello stesso prodotto coltivato in stagione.
Per noi Italiani il simbolo per eccellenza del “fatto in casa” è la passata di pomodoro, che chiamiamo appunto conserva, preparazione alla base di tante nostre ricette di tradizione, come gli spaghetti al pomodoro e la pizza. Le verdure le trasformiamo in sottoli e sottaceti; con la frutta prepariamo confetture, succhi e sciroppi.
Per queste preparazioni il criterio di stagionalità diventa imprescindibile, perché richiedono una materia prima ben matura, al massimo delle sue qualità organolettiche e nutrizionali, che decadono poco dopo la raccolta. Non sono adatte, quindi, le primizie, né frutta e verdura tardive, che sono meno saporite.
Il concetto di stagionalità assume maggiore valore quando il luogo di consumo è vicino a quello di produzione e maturazione di un certo prodotto. Ecco, quindi, che i luoghi migliori per acquistare le nostre materie prime sono i contadini che lavorano la terra vicino a dove abitiamo, i mercati Campagna Amica e i Mercati della Terra Slow Food, diventati sempre più diffusi in tutte le città italiane.

La frutta e la verdura
Ricordiamoci sempre che per ottenere un prodotto conservato sicuro e di alta qualità la materia prima che utilizziamo deve essere selezionata con la massima cura. È importante scegliere i prodotti migliori, freschi, perfettamente sani e al giusto punto di maturazione, scartando eventuali ammaccature o parti guaste che danneggerebbero la conservazione.
I frutti di bosco, ad esempio, devono essere molto maturi perché altrimenti sarebbero aspri, mentre pesche, albicocche e prugne non devono essere troppo morbide se si vogliono conservare sciroppate. Per chi ha la fortuna di raccogliere la frutta e la verdura direttamente dalla pianta, la caratteristica per capire il grado di maturazione esatto è presto detta: frutti e ortaggi non devono opporre resistenza alla raccolta.
La cosa migliore sarebbe avere a disposizione frutta e verdura biologiche; se questo non è possibile, è necessario lavare accuratamente il prodotto, aggiungendo del bicarbonato nell’acqua, anche nel caso si debba poi sbucciare i frutti. È molto importante, poi, asciugare perfettamente il vegetale prima di metterlo in barattolo, in modo da eliminare ogni residuo di umidità, che potrebbe facilitare la formazione di muffe.

Vasi, bottiglie e la sterilizzazione
Vasi e bottiglie di vetro non possono mancare. Il vetro è sicuramente il materiale migliore e più facilmente sterilizzabile, non cede odori o sapori agli alimenti e permette di controllare in qualsiasi momento le condizioni del contenuto.
Tappi e guarnizioni vanno cambiati ad ogni invasatura, per garantire la migliore tenuta.
È importante anche la scelta delle dimensioni dei barattoli. È sconsigliabile sceglierli troppo grandi se non si è sicuri di consumarli entro breve tempo. I contenitori da 250 e 500 g sono i più adatti per le confetture; dimensioni maggiori possono essere utili per la frutta sciroppata. Per i succhi di frutta e la passata di pomodoro vanno bene le bottiglie da 0,75 l.
Questi contenitori vanno sterilizzati per garantire una corretta conservazione e impedire il proliferarsi di microrganismi che generano muffe.
Si possono lavare in lavastoviglie ed utilizzarli ancora bollenti di asciugatura (sistema perfetto per sottoli e sottaceti), oppure si mettono in forno a 100° per 20/30 minuti e usati ancora caldi, versandoci la marmellata ancora calda (con le dovute protezioni per le mani). I tappi vanno bolliti in acqua per lo stesso tempo, scolati e messi ad asciugare su carta cucina e ripassati con un panno pulito.

Tecniche di lavorazione
Sulla preparazione di conserve, confetture di frutta, sottoli e sottaceti, la tradizione familiare è molto importante. Ogni famiglia, infatti, ha nel proprio cassetto il segreto per la migliore preparazione.
Per marmellate o confetture di frutta, le tecniche di lavorazione sono diverse. C’è chi ama preparare la frutta, aggiungere lo zucchero e cuocerla immediatamente per tante ore a lenta cottura: in questo modo si avrà una preparazione più caramellata, dove protagonista sarà la parte dolce.
C’è chi ama, invece, il metodo della fermentazione, che richiede periodi di riposo alternati a momenti di cottura, per far sì che lo zucchero impregni la frutta e ne mantenga una consistenza più soda, quasi candita: regina di questo metodo è la francese Christine Ferber.
La frutta contiene pectina, una sostanza che facilita la gelificazione nella produzione delle confetture; ma non tutti i frutti ne contengono la stessa quantità.
Le mele, il ribes rosso, l’uva spina e il limone sono fra i frutti che ne contengono di più; pesche, lamponi, fichi e pere, invece, ne contengono poca. L’aggiunta di un paio di torsoli di mela o di succo di limone sono in grado di bilanciare questa mancanza.

Le conserve agrodolci, come le mostarde e le salse di vari tipi, seguono i procedimenti delle confetture, ma vengono arricchite abbondantemente di spezie. La base della conservazione è l’aceto insieme allo zucchero e l’olio in misura ridotta.
Sotto alcol (sempre con l’aggiunta dello zucchero) si conserva la frutta intera o tagliata a metà per essere usata come base per i vari dessert.
Sottolio si conservano le verdure intere o a pezzi fatte scottare per 5-6 minuti in acqua bollente a base acida, asciugate e deposte nei vasi premendo bene per non lasciare spazi vuoti, e solo successivamente coperte con l’olio scaldato ad almeno 60 gradi.
Le verdure conservate sottaceto seguono lo stesso procedimento delle verdure sottolio, ma vengono coperte con aceto puro o una soluzione acetosa calda o fredda.

Invasatura e conservazione
Le confetture si invasano ancora bollenti nei vasi sterilizzati in forno o in lavastoviglie ancora caldi, usando le dovute precauzioni per chi li maneggia. Quando la confettura è pronta, versarla nei vasi quasi fino a raso bordo; chiudere immediatamente con il coperchio e capovolgere il vaso, per creare il sottovuoto. Lasciare i vasi a riposo capovolti fino a completo raffreddamento (meglio se avvolti in una coperta), poi etichettare e riporre in luogo secco e fresco al riparo della luce.
Un leggero affossamento del coperchio indicherà che il sottovuoto è stato raggiunto perfettamente.
Se non si avesse la possibilità di sterilizzare i vasi in forno o in lavastoviglie, attendere che la marmellata intiepidisca completamente e versarla nei vasi perfettamente puliti e asciugati. Chiudere bene e quindi procedere alla sterilizzazione: avvolgere i vasetti in canovacci, sistemarli vicini in un pentolone in modo che non si ribaltino, ricoprirli di acqua fredda (almeno 5/8 cm sopra i tappi) e sterilizzarli per 20/30 minuti dal bollore, a seconda della grandezza dei vasi (15 minuti per vasi da 500 ml sono sufficienti). Lasciare raffreddare i vasi in acqua quindi estrarli, asciugarli ed etichettare.
Sterilizzazione di sottoli e sottaceti: dopo aver sbollentato e lasciato asciugare perfettamente le verdure come da ricetta, disporre sul fondo del vaso due dita del liquido di cottura utilizzato (filtrato e raffreddato) o di olio extravergine di oliva, disporre le verdure a strati, schiacciandole delicatamente con le mani, unendo sempre un po’ di liquido di cottura o di olio (con spezie e aromi a piacere). Quando il vaso sarà pieno, batterlo con delicatezza sul piano di lavoro in modo che il liquido riempia ogni spazio; questa operazione si può ripetere mano a mano che si aggiunge del liquido. Se si vedono bolle d’aria, spostare le verdure aiutandosi con uno stecchino lungo. Per i sottoli, meglio attendere qualche ora che le bolle d’aria risalgano in superficie e quindi rabboccare con altro olio. Prima di chiudere bene col coperchio si può mettere il tradizionale anello di plastica appuntito per tenere le verdure compatte e ricoperte di liquido.
Avvolgere in canovacci, sistemare i vasi in un pentolone, ricoprirli di acqua fredda (almeno 5/8 cm sopra i tappi) e sterilizzarli per 20/30/40 minuti dal bollore, a seconda della grandezza dei vasi.

Le conserve fatte in casa possono essere a rischio di contaminazione da botulino (clostridium botulinum), un batterio che si sviluppa negli ambienti senza presenza di ossigeno. L’intossicazione, conosciuta con il termine botulismo può avere conseguenze serie e, nei casi più gravi, portare addirittura alla morte per paralisi respiratoria e conseguente asfissia.
Il trattamento termico degli alimenti prima di essere messi nei vasetti e coperti d’olio non basta da solo per neutralizzare il batterio, in quanto pochi minuti non sono sufficienti.
La forte presenza di acidi non permette lo sviluppo del botulino, difatti la salsa di pomodoro è una conserva senza rischio di botulismo; ma la stessa cosa non può valere per sottaceti e sottoli, per il semplice motivo che le verdure vengono sbollentate in acqua acidulata solo per pochi minuti e la quantità di aceto adoperato è minima. E’ sempre consigliabile, quindi, la sterilizzazione dopo l’invasatura.
Le marmellate, a causa dell’acidità della frutta ma soprattutto per la significativa presenza dello zucchero, non sono a rischio botulino.
Il coperchio di un vaso dove si è sviluppato il batterio è gonfio e il contenuto si presenta molle e sgradevole a prima vista; ma il vero pericolo è la capacità del batterio di proliferare mantenendo quasi inalterate le caratteristiche organolettiche del prodotto.

Confettura di pere al vino rosso e rosmarino

1,2 kg di pere non troppo mature
800 g di zucchero
1 limone (succo)
200 g di gelatina di mele
2 rametti di rosmarino
250 ml di vino rosso
Lavate, asciugate e sbucciate le pere.
Eliminate il torsolo e tagliatele a pezzi non troppo piccoli. Mettetele in una casseruola a fondo spesso insieme allo zucchero e al succo di limone. Portate a bollore a fuoco dolce e lasciate sobbollire per un minuto. Togliete dal fuoco e versate le pere in un contenitore di vetro o di ceramica. Coprite e lasciate macerare in luogo fresco per 6 ore.
Rimettete le pere con il loro sciroppo nella casseruola, aggiungete il vino, la gelatina di mele e il rosmarino e portate ad ebollizione. Fate cuocere la confettura per 20 minuti, fino a che le pere saranno tenere, ma non sfatte. Con un mestolo forato togliete le pere dallo sciroppo e suddividetele in vasetti perfettamente puliti, sterilizzati e asciutti. Fate restringere lo sciroppo per una decina di minuti, poi eliminate il rosmarino e versate lo sciroppo sulle pere. Chiudete e tenete i vasetti capovolti fino a che saranno freddi.

Gelatina di bucce di mele

500 g di bucce di mele
zucchero in quantità pari al peso di succo ottenuto
Mettete le bucce, i semi e i torsoli delle mele in una casseruola. Copriteli d’acqua fredda e portate a bollore a fuoco dolce e a pentola coperta. Lasciate sobbollire per 20 di minuti. Quando le bucce saranno tenere e traslucide, passate la preparazione in un colino schiacciandola con un cucchiaio per ottenere la maggior quantità di succo possibile.
Filtrate di nuovo il succo da un colino coperto da una mussola. Raccogliete i lembi della mussola in modo da formare un fagotto ed appendetelo sopra un recipiente per farlo scolare lentamente. Ci vorranno circa 20 minuti. Scaldate nuovamente il succo e fatelo cuocere a fuoco basso per altri 20 minuti in modo che si riduca della metà e diventi sciropposo. Pesatelo e rimettetelo al fuoco con pari quantità di zucchero. Fate cuocere per circa 5 minuti. Verificate la consistenza della gelatina versandone una goccia su un piattino freddo di frigorifero: se si rapprende subito, la gelatina è pronta. Versate subito in vasetti da 250 ml, come al solito sterilizzati e asciutti, e chiudete con i coperchi precedentemente sterilizzati.

Concludendo: molta cautela per quel che riguarda le norme igieniche e molto buon senso, perché le nostre nonne le conserve le hanno sempre fatte!

Un ringraziamento speciale a Roberta Cornali per le ricette e le fotografie.

Partecipano come contributors:

Camilla Assandri, Confettura di albicocca alla lavanda 

Alessia Massari, Confettura di birra al ginepro 

Stefania Pigoni, Marmellata di Peperoni 

Giuliana Fabris, Fichi caramellati 

Enrica Gouthier, Confettura di cipollotti rossi 

Donatella Bartolomei, Confettura lamponi melone e basilico 

Tamara Giorgetti, Confettura di fragole e petali di rosa

Alessandra Molla, Confettura di mirtilli a km 0

Erica Repaci, Confettura di anguria 

Susanna Canetti, I Metodi di Sterilizzazione dei Vasetti per le Conserve e la Pastorizzazione

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