I salumi di maiale razza mora romagnola

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Pubblicazione: 20 Marzo 2017

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L’evoluzione industriale, negli ultimi sessant’anni, ha modificato molto i ritmi di produzione e di lavoro agricolo nonché le richieste del mercato favorendo, in tutti i campi, l’espansione di varianti ad alto rendimento, sia che si parli di coltivazioni che di allevamento.

L’Emilia-Romagna, grazie alla sua vocazione contadina, ha perpetuato negli anni l’allevamento di molte specie autoctone, nondimeno anche questa regione ha risentito dell’evoluzione dell’agricoltura e alcune di queste specie hanno rischiato di scomparire per sempre.
E’ il caso della razza suina denominata “Mora Romagnola”: se nel 1918 l’anagrafe ne contava più di 300.000 capi, nel 1949 la popolazione si era ridotta a circa 22.000 esemplari, sopraffatta da incroci ben più remunerativi e dalle carni più magre.
Negli anni ’90 i maiali di razza romagnola erano rimasti una quindicina, mantenuti da un vecchio allevatore faentino di nome Mario Lazzari.
I capi per ovvi motivi presentavano un alto grado di consanguineità, fattore che avrebbe impedito una regolare moltiplicazione in maniera naturale.
Fortunatamente il WWF, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, è riuscito a non far estinguere questo suino: ad oggi sono decine gli allevamenti di Mora Romagnola dislocati in tutta l’ Emilia-Romagna, ma anche in altre regioni come il Piemonte e la Toscana.

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Nel cuore del Montefeltro, a Novafeltria, è situata l’ Azienda Agricola “I Fondi” di Lucio Zavatta, un giovane santarcangiolese che dal 2012 si dedica all’allevamento dei suini di mora romagnola e alla trasformazione delle loro carni e che ha gentilmente accettato di parlarmi del suo lavoro e dei suoi animali.
Lucio proviene da una famiglia di allevatori e, dopo un’esperienza decennale nell’ambito dell’allevamento intensivo, ha maturato il desiderio di poter lavorare in maniera più consapevole e rispettosa dei tempi e delle necessità naturali degli animali, in altre parole in maniera più sostenibile.
I suoi animali sono tutti registrati presso l’anagrafe suina dell’Associazione Nazionale Allevatori Suini ed egli segue un piano di selezione che gli permette di mantenere un basso coefficiente di consanguineità e quindi una genetica più forte.
Presso ”I Fondi” e tutte le aziende agricole che seguono il disciplinare Slow Food la carne viene trattata secondo i metodi tradizionali della norcineria romagnola; le condizioni di allevamento, il movimento libero nei pascoli, l’alimentazione, rendono la carne speciale, distinguibile principalmente dalla marezzatura data dal grasso intramuscolare.

Questa peculiarità rende la carne di Mora Romagnola perfetta per le stagionature lente, tuttavia, il consumo della carne fresca può sorprendere il palato, specialmente quello di chi è assuefatto a carni allevate con logiche industriali.

Le carni fresche de “I Fondi”, specialmente i tagli Boston butt, le ribs, pancette e salsicce, vengono spesso utilizzate dai ragazzi di Mad4BBQ, ormai molto noti nell’area di Romagna per le loro ottime preparazioni al barbecue di ispirazione americana con ingredienti del territorio.

Uno street food fusion di qualità che fa onore a questi suini neri.
Per produrre un “culetto” di Mora, Lucio Zavatta impiega ben 28 mesi dalla nascita dell’animale alla fine della stagionatura: tempistiche alle quali non siamo forse più abituati, ma alle quali dovremmo rendere il giusto omaggio con un consumo attento, per poter apprezzare gli incredibili sforzi e il grande orgoglio che c’è dietro questa razza riscoperta e il suo allevamento.

Fonti:
I Fondi
Associazione Nazionale Allevatori Suini
Presidio SlowFood
Mad4BBQ
Il contributo di Sabrina Gasparri sui pregiati salumi della mora romagnola, qui

di Claudia Martinelli del blog La mora romagnola.

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