Tipici dei Parchi visto dai food blogger

Pubblicazione: 23 Maggio 2014

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Prima di iniziare a parlare dell’evento, è bene sottolineare il contesto e il perché si è scelto di parlare di Parchi, che in Italia sono ben ventiquattro (solo quelli nazionali) e coprono oltre un milione e mezzo di ettari, pari al 5% circa del territorio nazionale.
I parchi nazionali completano l’opera iniziata dai parchi regionali che si occupano di territori molto vasti coinvolgendo un discreto numero di comuni; la regione Abruzzo è certamente un’eccezione nel panorama italiano: infatti al suo interno conta ben tre parchi nazionali. Il Parco nazionale d’Abruzzo, il più antico d’Italia, nasce nel 1921 seguito dal Parco del Gran Paradiso; Majella e Gran Sasso – Monti della Laga vengono dichiarati parchi nazionali nel 1991; c’è inoltre il Parco regionale del Sirente Velino. Tutti e quattro coinvolgono per lo più L’Aquila e la sua provincia, motivo principale per il quale, per il secondo anno consecutivo, l’evento “Tipici dei Parchi” si è svolto in questa città ferita dal sisma dell’aprile del 2009, anche per dare un segnale forte di rinascita a cinque anni dal terremoto.
Ma torniamo a noi. Sui parchi e la loro funzione potremmo scrivere pagine e pagine, ma oggi queste “oasi” ci interessano dal punto di vista della gastronomia, ovvero per tutto quello che viene prodotto all’interno di essi e delle aree protette.
Con “Tipici dei Parchi” gli organizzatori hanno voluto creare una mostra-mercato dedicata alle produzioni enogastronomiche delle aree protette italiane, regalando ai blogger presenti un interessante fine settimana all’insegna del buon cibo.
Quattro giorni intensi, un programma ricco di impegni, convegni, dibattiti, tour nella provincia e showcooking di chef stellati, casalinghe e food blogger locali, degustazioni e una grande mostra mercato di prodotti del territorio. Uno spazio dedicato anche ai concorsi, con lo scopo di mettere in rilievo e, quindi, premiare le eccellenze del territorio abruzzese all’interno delle aree protette; in più, affascinanti dimostrazioni su come si producono formaggi e salumi.
Interessante, anche se poco contestualizzata, la presenza dell’Associazione Streetfood. Più azzeccato, invece, è il progetto Parco d’Arte d’Abruzzo ideato dall’Associazione Culturale Grand Hotel, che ha voluto dare il suo contributo grazie a delle opere d’arte realizzate da artisti internazionali in versione green alla città de L’Aquila, tra cui spicca Atomic Flowers di Nicola Bolla che vuole rappresentare la rinascita dopo la distruzione.
Gli appuntamenti a cui noi dell’AIFB abbiamo partecipato di più, anche dietro esplicito invito del noto giornalista gastronomico Carlo Cambi, sono stati gli showcooking racchiusi in un’unica rassegna che Cambi ha titolato “Dai Parchi alla Tavola”.

Appropriato e diretto il concetto espresso da Carlo: prodotti unici, tipici del territorio da gustare in tavola e da introdurre come ingrediente principe nelle ricette, sia in quelle tradizional-regionali, che nelle eleganti rivisitazioni degli chef stellati. La presenza di Carlo Cambi è stata la cosa più azzeccata che l’organizzazione del Salone potesse fare. Un vero mattatore, instancabile e carismatico ha dato tutto se stesso trasmettendo una cultura gastronomica straordinaria, rendendo ciò amorevolmente comprensibile a chiunque lo ascoltasse. Il suo slogan è:

“Non esiste buona cucina senza una buona agricoltura, e non si può fare buona agricoltura se non esiste qualità ambientale”.
Dispensatore di sana educazione alimentare verso un consumo consapevole, Carlo ha fatto da “spalla” agli chef che si sono destreggiati nell’area showcooking, area che ahimé ha dato non poco filo da torcere sia agli addetti ai lavori che a noi uditori.
Forse l’organizzazione vi avrebbe potuto dare maggiore risalto, magari posizionandola diversamente, lontano dal gelido ingresso, e fornendo uno spazio cucina attrezzato a dovere, sia per rispetto degli chef, che con il loro lavoro cercano di valorizzare un’idea riconducibile alle caratteristiche di un territorio e sia per i produttori, che in prima persona forniscono le materie prime per i piatti.
Malgrado ciò abbiamo avuto il piacere di vedere all’azione alcuni tra i nomi più prestigiosi del panorama culinario italiano: Peppino Tinari del “Ristorante Villa Maiella”, situato all’interno del Parco Nazionale della Maiella che propone una cucina basata sulle materie prime del territorio con ingredienti rigorosamente di stagione. La sua proposta: baccalà con cottura a bassa temperatura su purea di fave e asparagi selvatici. Michele Biagiola, giovane chef dell’“Enoteca Le Case” di Macerata, è stato proposto da Cambi per la sua spiccata sensibilità e il suo modo innovativo di interpretare la cucina vegetariana. La sua proposta, infatti, risulta essere un vero e proprio quadro della natura: Acqua cotta all’acqua di rose… del suo giardino! Uno spettacolo di equilibri. Enzo D’Andreamatteo, chef della “Locanda Manthonè” di Pescara, che ci ha deliziati con la lavorazione di prodotti tipici come come i cacigni di campagna, i fagioli bianchi tondini e la ricotta, ma ci ha conquistati con  la sua panna cotta, liquirizia e cannella, perfetta nel sapore e nella consistenza. Sandro Serva, chef del ristorante “La Trota” di Rivodutri (Rieti) è  un pioniere: è riuscito a trasformare il bistrattato pesce di lago in piatti a tre stelle. Un gioco di equilibri e consistenze, colori e sapori da rendere una carpa un tripudio di sensi; Carpa in crosta di papavero, maionese alle rape rosse, crescione di montagna: questa la sua proposta. Avremmo voluto avere il dono dell’ubiquità per poter vedere tutto!
Ma la degustazione che più ci ha appassionato e divertito è stato lo showcooking della nostra socia e amica Laura Gioia, aquilana e abruzzese doc, socia AIFB e proprietaria del blog www.essenzadivaniglia.com che, con la sua rivisitata versione del più famoso piatto tipico abruzzese, le “Pallotte cacio e ova“, ha egregiamente rappresentato la sua regione trasformandolo in un sano streetfood.
Ovviamente, avendola tra noi, abbiamo chiesto alla diretta interessata di raccontarci brevemente la sua emozionante esperienza: “Un anno fa, durante la prima edizione di Tipici dei parchi, ho assistito a showcooking di grandi cuochi stellati: William Zonfa di “Magione Papale” e Niko Romito di “Casadonna”. Quindi, come potrete capire, quando quest’anno mi è stato proposto di partecipare al salone  con un mio showcooking, inevitabilmente, in un primo momento, ho temuto il confronto con gli chef che mi hanno preceduto. Subito dopo, però, ho realizzato che sono una foodblogger chiamata non per mostrare e svelare le più raffinate tecniche di cucina, ma per raccontare una cucina rivolta a tutti: tradizionale, semplice, di casa, ma con un pizzico di innovazione, sperimentazione e fantasia!
Ed è per questo che Laura ha preso la ricetta tipica abruzzese per eccellenza, forse la più antica e rappresentativa della sua terra e l’ha stravolta, rivisitandola in chiave streetfood. Le pallotte “cace e ove“ dunque non son più affogate nel sugo, ma servite in coni di bambù, con una salsa di pomodoro molto densa sopra a mo’ di ketchup, con una fogliolina di basilico e una forchettina tutto in stile eco-friendly.
Al mio fianco – continua Laura – ho avuto l’onore di avere l’instancabile Carlo Cambi, uomo dalla generosità infinita che mi ha messo subito a mio agio, come fossi nella mia cucina a preparare una cena in compagnia di tanti amici, tra tante risate e tante chiacchiere. E tra una risata e l’altra, abbiamo fritto più di 150 pallotte, andate letteralmente a ruba! Un grazie va anche alle mie amiche food blogger, che mi hanno dato un sostegno non solo morale, ma anche pratico!”.
E così, con i sensi pieni di tutte queste prelibatezze, non abbiamo risparmiato di girare fra gli oltre duecento produttori presenti al salone.

Passeggiare tra gli stand è come fare un viaggio tra le tipicità di questo territorio, che raccontano il mondo sostenibile delle aree protette italiane con un’attenzione alla eco sostenibilità a partire dall’allestimento, realizzato con cartone a nido d’ape, un materiale riciclato e riciclabile che unisce ottima resistenza meccanica, leggerezza, facilità di assemblaggio e bassi costi.
Passando alle produzioni enogastronomiche presenti, tradizione e qualità sono le parole chiave:  dal Pecorino di Farindola al Canestrato di Castel del Monte, dallo Zafferano di Navelli all’aglio rosso di Sulmona, dal grano di Solina alla lenticchia di montagna di Santo Stefano di Sessanio, dal Montepulciano d’Abruzzo all’olio di produzione artigianale dove persino le bottiglie vengono sigillate a mano, dalla ventricina alla mortadella di Campotosto.
Eccellenze della tradizione, dunque, che non mancano di ricerca e innovazione, come l’uso del latte d’asina nella produzione di cosmetici o la valorizzazione delle lane prodotte in area protetta per garantire all’allevatore la giusta remunerazione derivante dalla vendita della lana tosata o, ancora, la stagionatura di formaggi di piccoli produttori che, affinati con erbe, fiori ed essenze provenienti dai monti dell’Abruzzo divengono un’esperienza gustativa sublime, un viaggio tra i mille profumi dei pascoli dove sono presenti trecento essenze foraggere.

E poi, arriva il momento dell’assaggio che ti apre una vera e propria finestra sulla vita di chi quelle bontà le produce, e scopri l’amore di chi lavora un prodotto di qualità con la consapevolezza di perpetuare una tradizione. Scopri l’orgoglio di essere il custode degli antichi grani che altrimenti andrebbero perduti; scopri la fierezza di chi lavora nel rispetto delle usanze e delle proprie origini; scopri progetti che permettono la trasformazione da semplice fornitore di materia prima a vero e proprio attore della filiera di produzione; scopri che Gabriele D’Annunzio aveva ragione nell’appellare gli abruzzesi “forti e gentili” perché sono persone semplici ma determinate nel portare avanti la loro attività nonostante le difficoltà di un territorio così ferito.
E proprio per farci percepire quale sia la situazione in cui il vero cuore pulsante della socialità aquilana converge, siamo andate in visita nel centro storico della città, quello che oggi è definito come “zona rossa” perché inagibile e disabitato.
E’ difficile descrivere la sensazione che si prova camminando attraverso le strade silenziose della città de L’Aquila: il dolore incombe greve su ogni cosa, è incastrato nelle crepe dei muri, sibila come vento tra i vetri rotti, penetra attraverso le porte socchiuse, i cantieri e gli edifici ancora intrappolati tra ferri e impalcature, sospesi tra passato e futuro. Eppure, quasi timidamente, un rumore gioioso emerge a tratti tra i vicoli deserti, parole, musica lieve, risate, tintinnare di piatti e bicchieri su tavole apparecchiate, suoni che sembrano invitare a fermarsi ed ascoltare. E’ la voce di una città che prova a rinascere, attraverso un atto semplice e necessario come il mangiare.
E’ un viaggio simbolico nel futuro della città de L’Aquila quello che ci porta a scoprire, in un quieto pomeriggio di maggio, la storica Cantina Ju Boss, riaperta otto mesi dopo il terremoto: un locale che ha visto, nel corso dei quasi ottant’anni di storia, l’avvicendarsi di generazioni di aquilani e non, divenendo un vero centro di aggregazione per l’intera città. Il luogo è perfetto per immergersi nella vera atmosfera aquilana, conoscerne i volti e le persone, mani che si stringono e sguardi che si incrociano davanti a un buon bicchiere di vino. Il consiglio delle food blogger AIFB: salumi tipici accompagnati da un buon Montepulciano, tutto rigorosamente made in Abruzzo.
Proseguendo per il centro storico ci fermiamo in via Leosini presso Percorsi di Gusto, locale gestito da Marzia Buzzanca, riaperto quindici mesi dopo il terremoto. E’ uno dei tanti posti speciali della città dove, nonostante l’interruzione del gasdotto cittadino, l’attività non si è mai fermata. Pur costretta a ricorrere al gas in bombole per lavorare, Marzia ha trasformato il suo ristorante in una fucina di idee, un laboratorio sperimentale dove la dedizione nella preparazione dei piatti diventa lo strumento per gridare vita con tutto il fiato in gola. Il consiglio delle food blogger AIFB: una delle tante pizze a lievitazione naturale e la crema di ricotta allo zafferano.
A pochi passi dalla celebre Fontana Luminosa, scopriamo l’omonimo ristorante del gruppo Oro Rosso aperto nel 2011 per ridare stimolo al centro storico. Qui i piatti nascono dalla felice combinazione degli ingredienti del territorio come zafferano e ceci rossi di Navelli, scelti con cura e lavorati con passione per offrire sapori semplici e al tempo stesso incredibili per la loro versatilità. Il consiglio delle food blogger AIFB: Orzo ai funghi porcini e tartufo.
Ultima gustosa tappa della giornata è Magione Papale ubicato a pochi passi da Porta Napoli e con vista suggestiva sulla celebre Basilica di Collemaggio. Aperto un anno dopo il terremoto e ricavato dal restauro di un mulino attivo fino alla metà degli anni ’90, il ristorante ha portato la città de L’Aquila nell’olimpo delle divinità gastronomiche ottenendo nel 2012 la sua prima stella Michelin. Cenare con i piatti preparati dal celebre chef William Zonfa è un’esperienza unica, che sollecita tutti i sensi: è incomparabile la varietà di profumi, colori e sapori che scaturiscono da cibi tanto suggestivi nella presentazione quanto leggiadri al palato, tali da rivelare sensazioni inaspettate.
Così come unico e inaspettato è il Fuori Salone dei “Tipici dei Parchi”, ovvero il già citato Streetfood® con proposte gastronomiche provenienti da ogni angolo dello stivale: arancini, pane e panelle, pane ‘ca meusa, cous cous e cannoli dalla Sicilia; porchetta di Ariccia e pesce fritto nel cono dal Lazio; trippa e lampredotto fiorentini, Porchetta di Monte San Savino dalla Toscana e poi Piadina Romagnola, olive e fritto ascolano e, ovviamente, essendo in Abruzzo, tanti, tantissimi arrosticini!
Passeggiando tra i vari foodtruck, ambulanti che preparano davanti ai nostri occhi prelibatezze di ogni genere, spesso avvalendosi dei prodotti tipici della loro terra, impossibile non notare L’Escargo, un’incantevole roulotte anni ’70, con colori e design rinnovati, dove gustare eccellenze campane come il panuozzo di Gragnano e i taralli napoletani. Non poteva mancare la birra artigianale, a marchio Streetfood®.
Tante specialità regionali preparate con materie prime di ottima qualità facilmente replicabili in casa, ma con quel modo nuovo di presentare il cibo. Perché la particolarità dello Streetfood sta proprio nel fatto di sublimare la cucina povera, quella dell’Italia che non butta via niente ma in grado di recuperare e trasformare avanzi, come il pane raffermo, o parti di animale altrimenti scartate. Massimiliano Ricciarini, presidente dell’Associazione Streetfood® dice: “Il tour è partito nel lontano 2004 e, negli anni, la spettacolarizzazione del cibo da strada ha portato benefici indiretti all’attività di ogni ambulante e di tutti coloro che hanno deciso di scendere in strada con le loro cucine. Ha contribuito, quindi al diffondersi della cultura dello streetfood.
Un altro tour “fuori salone” che ci ha colpito è stato quello nella cittadina di Sulmona (AQ) dove si è visitato l’antico confettificio “William Di Carlo” nato nel lontano 1833 anche se, a onor del vero, il più antico è quello della famiglia Pelino fondato nel 1783.
Ma la vera storia della lavorazione di quello oggi noto come “Confetto di Sulmona”, risale al XV secolo D.C. grazie all’ingegno delle suore del Monastero di Santa Chiara.
Ed è sempre grazie a loro se ancora oggi vediamo, nelle botteghe del centro storico dell’antica cittadina cuore della Valle Peligna, i vari confetti uniti a forma di rosari, spighe e fiori intrecciati con fili di seta.

Ma ai “Tipici dei Parchi” non abbiamo solo girato e degustato, girato e mangiato anche se, a dire il vero, avremmo volentieri continuato… Un momento di particolare interesse, soprattutto per noi che con i nostri angoli di web ci dedichiamo al mondo della gastronomia, è stato l’incontro #tipicindigitale – il web per competere nel mondo globale moderato da Oscar Buonamano, coordinatore delle attività di social networking della Fabbrica della Conoscenza, con Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola, Luca Defino, esperto comunicazione social e le nostre Patrizia Malomo e Marina Bogdanovic in qualità di soci fondatori e consiglieri AIFB.

La tavola di discussione ha voluto sollevare la questione che ruota intorno al legame fragile tra la tradizione alimentare italiana, quella dei prodotti locali e del contatto umano tra produttori e consumatori, nella globalizzazione delle relazioni e del linguaggio. Perché è in questo contesto che si muovono le piccole aziende agricole, come quelle presenti ai “Tipici dei Parchi” che si sentono – o spesso sono, più per necessità che per scelta – fuori dal mondo della comunicazione e del linguaggio digitale.
Si parla di quelle realtà che sono convinte ch il non dimenticare le origini sia il modo per resistere al presente: e come dargli torto? In fondo l’Italia ha una storia agricola che non può essere azzerata dall’incursione delle strategie commerciali di produzione e distribuzione di massa, soprattutto quando si parla di qualità.
Come ha detto Domenico Sturabotti, Presidente della Fondazione Symbola: “L’obiettivo è quello di promuovere un nuovo modello di sviluppo orientato alla qualità in cui si fondono tradizione, territorio, ma anche innovazione tecnologica e ricerca“.
Come farlo e soprattutto come sostenerne i costi?
Luca Defino, esperto di comunicazione digitale, ci dice che i costi del digitale sono decisamente più contenuti rispetto ai mezzi di comunicazione classica come TV, radio e carta stampata in generale, e suggerisce alle attività medio piccole di partire dai CONTENUTI che, nelle realtà in questione si identificano nei valori dell’attività stessa, e di raccontarli attraverso quel processo noto come STORYTELLING che non mira a convincere, ma a coinvolgere raccontando la propria storia, la propria realtà attraverso veri significati. In questo modo si andrà a creare con il pubblico ,che impara a conoscerci grazie alla presenza su una serie di canali (blog / sito, canali social), quella grande cosa chiamata RELAZIONE.
Ed ecco spiegata la presenza alla tavola rotonda delle nostre due rappresentanti Patrizia Malomo e Marina Bogdanovic e di noi blogger socie AIFB al Salone perché noi, giornalmente, raccontiamo storie e lo facciamo attraverso una passione comune: il cibo. L’intento di questo appuntamento, quindi, è stato quello di mettere insieme delle figure che siano complementari tra loro e aprire uno spiraglio per un futuro tavolo di collaborazione che abbia come obiettivo quello di RACCONTARE le aziende agricole, i produttori, ciò che fanno e come lo fanno.
Chissà, magari l’idea proposta dalla nostra Patrizia Molomo “Adotta un foodblogger” prenderà piede…
Mentre che attendiamo che questo nodo venga sciolto, Tamara Un Pezzo della mia  Maremma”, Candida mmm…buonissimo”, Sabrina Nato sotto il cavolo”, Emiliana “Abruzzo4Foodies”, Laura Essenza di Vaniglia”, Marianna La Macchiarola” e Loredana La Cucina di Mamma” vi salutano affettuosamente sperando vivamente di essere riuscite a trascinarvi tra la gente, i sapori, gli odori, le tradizioni e i paesaggi di questo verdissimo Abruzzo e, come direbbe il nostro amico Carlo Cambi  “Se solo fossimo realmente coscienti di quello che facciamo quando scegliamo un prodotto che costa meno rispetto a uno che ha un sapore sicuro, torneremmo a fare la spesa come un atto politico, sceglieremmo prodotti con un atteggiamento sociale. Saremmo consumatori consapevoli che scegliendo la genuinità ridiamo vita a chi la produce e ci portiamo a casa il sapore e i benefici che questa scelta, in termini di salute si porta dietro”.

6 commenti

  1. Fantastico! Grazie AIFB di averci dato questa possibilità! Al di là dell’esperienza che è stata meravigliosa tanto quanto faticosa ci ha dato la possibilità di conoscerci e di vivere a stretto contatto, constatando con piacere, tanta serietà, affidabilità e passione! Grazie ancora a tutte voi e a tutte noi!

  2. Sono di parte chiaramente, però questo resoconto mi piace e letto tutto insieme fa un bell’effetto, è stata una bella esperienza e lavorare insieme ci ha fatto crescere. Non è facile scrivere con altre persone, anche se condividono la tua stessa passione, ognuna con la propria esperienza, il proprio vissuto, il proprio bagaglio culturale. Ebbene noi ci siamo riuscite, non nascondo con qualche difficoltà iniziale,…credeteci è stato molto bello…
    Tamara Giorgetti – Un pezzo della mia Maremma

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