I pani tradizionali del Lazio e il pane di Genzano

pagnotte casereccie tipiche del lazio

Pubblicazione: 20/07/2018

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In questa regione così ricca di storia, il Lazio, la tradizione del pane ha origini molto antiche. Nella sua semplicità il pane da sempre rappresenta un patrimonio per l’intera umanità. È la più antica preparazione gastronomica, tra quelle di una certa complessità, ancora in uso. Parlare quindi dei pani del Lazio implica necessariamente un piccolo excursus storico, per comprendere quanto importante sia stato questo alimento, in particolare per gli antichi Romani.
Il pane è il più antico atto di civiltà della storia dell’alimentazione, una vera conquista che, partita dalle prime popolazioni del bacino del Mediterraneo, probabilmente dagli Egizi, ha contagiato popoli e contaminato usi e tradizioni, delle più lontane e disparate. Dalle prime domesticazioni di cereali selvaggi, alle tecniche di panificazione presso gli antichi Egizi, Greci e soprattutto Romani, il pane è giunto fino a noi senza perdere nulla del suo fascino primitivo, anzi si è caricato di un’aura di sacralità e di un profondo significato simbolico nel corso dei secoli.

La dea Cerere era il nume tutelare dei raccolti

Effigie della dea Cerere, divinità materna della terra e della fertilità

La filiera del pane nell’antica Roma

La filiera del pane nasce nell’antica Roma grazie al lavoro dei Romani, che hanno intensificato la cerealicoltura, migliorato le tecniche di trasformazione dei cereali, incrementato la produzione del pane con l’apertura dei forni pubblici e delle panetterie, i pistores e le pistrine, e hanno saputo diversificare la produzione, a seconda della destinazione del prodotto.

Sono molte le testimonianze della tradizione panificatoria nella Roma antica

Panetteria nell’antica Roma

In uso presso gli antichi Romani si poteva trovare il Panis Siliginaeus, il pane bianco destinato ai patrizi, fatto con farina raffinata; il Panis cibarius, secundarius, plebeius, rusticusm preparato con diverse gradazioni di setacciatura, paragonabili ai nostri tipo 0, tipo 1, tipo 2 e integrale; il Panis Hostearus, che veniva servito con le ostriche; il Panis Picenus, impastato con succo d’uva passita; il Panis Nauticus, una galletta secca conservabile per lungo tempo e per questo destinata ai marinai, così come anche il Panis Militaris, il pane per le truppe militari, destinato a durare mesi. Ma si trovavano anche il Panis Adipatus, una focaccia arricchita con pezzi di lardo; il Panis Parthicus, morbido e spugnoso; il Panis Artolaganus, impastato con latte, miele, vino, olio, canditi e pepe; il Panis Furfureus, fatto con la crusca e destinato ai cani e infine la Pinsa, una focaccia sottile e allungata, in uso nelle campagne, impastata con cereali poveri ed erbe aromatiche.
Anche i metodi di cottura erano diversi: il pane poteva essere cotto in forno (panis furnaceus), oppure sotto una campana di terracotta (panis artopticus), sotto la cenere (panis subcinerinus), oppure sopra un vaso arroventato (panis clibanicus).

La tradizionale produzione con le moderne tipologie

Un filo rosso lega la tradizionale produzione di pani antichi con le moderne tipologie, che ancora si differenziano da una zona all’altra, a testimonianza dell’orgoglio di appartenenza a un territorio, a un campanile, a una comunità.
La storia delle recenti panificazioni in territorio laziale è imperniata soprattutto sulle pagnotte di pane casereccio, simili nella forma ma con modalità di produzione piuttosto diverse tra loro. Il cosiddetto pane casereccio varia di paese in paese: Vicovaro, Genzano e Lariano, Canale Monterano e Monte Romano, Veroli e Salisano, i pani dimenticati fino a pochi anni fa, tornano alla memoria e conquistano i palati dei consumatori, finalmente consapevoli di una ricchezza e diversità alimentare straordinaria, fatta di tradizioni locali, peculiarità ambientali e prodotti del territorio laziale. Ognuno di questi pani ha una sua specificità, che dipende da una piccola variante nella percentuale degli ingredienti o dall’uso di farine prodotte da cultivar diverse, o anche da specifiche tecniche di preparazione e cottura, oppure semplicemente dall’acqua della zona di produzione. Il miracolo si compie con soli quattro elementi, farina, acqua, lievito e sale, eppure quante varianti di sapori ed aromi riusciamo a trovare!
Il capofila del pane casereccio nel Lazio è naturalmente il pane di Genzano.

Il primo pane in Europa ad avere il riconoscimento Igp

Il pane di Genzano Igp

Il pane di Genzano, il primo pane Igp in Europa

Il primo pane Igp in Europa è quello che si fa a Genzano, in provincia di Roma, una ridente cittadina situata all’interno del Parco regionale dei Castelli Romani, sul pendio esterno del cratere vulcanico del lago di Nemi. Il riconoscimento di Identificazione Geografica Protetta, il primo in Italia per il pane, è giunto nel 1997.
Molti sono i segreti che si tramandano sulla preparazione del pane, che una volta era affidata alle donne del paese. La cottura avveniva nei cosiddetti forni a socce, forni comunitari alimentati a legna di castagno, dopo aver impresso sulle pagnotte timbri, o altri segni distintivi, che avrebbero permesso dopo la cottura di riconoscerne la famiglia proprietaria.
Durante il breve periodo della Repubblica Romana, Genzano non esitò a insorgere contro il razionamento del grano, per difendere il diritto a panificare in piena libertà, dando vita a un’associazione di mestiere, sulla falsariga di coloro che per primi costituirono una corporazione di fornai e panettieri, gli antichi Romani.
Negli anni ’40 del XX secolo l’attività del fornaio può godere dei vantaggi offerti dalla tecnologia, con l’introduzione delle impastatrici elettriche e dei forni di nuova generazione: la produzione viene così ampliata e può anche superare i confini regionali.
Il pane di Genzano ha caratteristiche ben definite rispetto ad altri tipi di pane casereccio: ha una crosta coperta di cruschello di grano, molto scura, spessa e croccante, senza tagli in superficie, e una mollica morbida, leggera e abbastanza alveolata. La forma è semplice, a pagnotta o a filone. Nelle pagnotte si notano le “baciature”, che sono piccole zone rimaste bianche e senza crosta, dove le pagnotte si sono avvicinate e toccate tra loro, per effetto del rigonfiamento in fase di cottura.
All’assaggio si percepisce un’ottima aromaticità e una leggera acidità, dovuta all’uso del lievito madre e alla doppia fermentazione, che ne prolungano la durata anche per diversi giorni.
Ogni anno a settembre viene organizzata a Genzano la Festa del Pane, con la collaborazione del Consorzio dei produttori del pane Igp. Per l’occasione vengono preparate migliaia di bruschette, condite con olio extravergine, pomodoro, cicoria ed altri prodotti locali, che poi vengono offerte a turisti e visitatori.

Fasi di lavorazione del pane di Genzano

Ecco le diverse fasi di preparazione del pane di Genzano: si inizia con un preimpasto con lievito madre, acqua e farina di grano tenero. Dopo la fermentazione di quest’ultimo si procede all’impasto principale, aggiungendo altra farina, acqua e sale. La massa viene posta a lievitare. Successivamente si procede alla formatura delle pagnotte o dei filoni, che verranno completamente ricoperti di cruschello. Segue la seconda lievitazione in cassette di legno coperte da teli di canapa. Infine la cottura in forni alimentati tradizionalmente a legna di castagno.
La temperatura del forno deve oscillare intorno ai 300°C, mai inferiore a 280°C. Lo shock termico provoca un immediato rigonfiamento delle pagnotte e, successivamente, una evidente caramellizzazione della crosta, che assume il caratteristico colore moro, presentando anche qualche lieve bruciatura superficiale.

La "Baciatura" del pane di Genzano

Fasi di lavorazione del pane di Genzano

Gli altri pani tipici del Lazio

Nel Lazio troviamo altri pani caserecci oltre al pane di Genzano: Il Pane di Lariano (Roma) è il più conosciuto dopo quello di Genzano. Si prepara con farina di grano tenero semintegrale, acqua, lievito madre e sale. Caratteristico è il colore scuro della mollica e anche la crosta è color marrone scuro e molto spessa.
Il Pane di Vicovaro (Roma), che da sempre è il paese dove gli abitanti sono tutti impegnati nella produzione del pane da distribuire a Roma e dintorni. Negli anni cinquanta ben diciotto forni erano attivi, con una produzione giornaliera di duemila pagnotte, per soddisfare le richieste dell’ottimo pane di Vicovaro. La preparazione di questo pane casereccio prevede l’uso di farina bianca di grano tenero, lievito madre e lievito di birra, e una doppia lievitazione.
Tra le provincie di Roma, Rieti e Viterbo è diffusa la tradizionale produzione di pani senza sale: pagnotte e pani caserecci nei quali si impiega il grano duro, che conferisce alla mollica il particolare colore giallo del pane di Monteromano (Viterbo) e delle pagnotte di Allumiere (Roma). Senza sale è anche il pane di Canale di Monterano (Roma) un pane di antica tradizione, di produzione limitata. Viene impastato con farina di grano tenero tipo 0 e 1, proveniente da grani locali, acqua, pasta di riporto e lievito madre.
Il Pane casereccio di Configni (Rieti) è preparato con farina di grano tenero, acqua e lievito madre, con doppia lievitazione. Anche questo è un pane sciapo. Sempre in provincia di Rieti troviamo il Pane casereccio di Poggio Mirteto, preparato con farina di grano tenero, lievito madre, acqua e sale. La crosta presenta quattro tagli superficiali, a formare un quadrato. A Montelibretti (Roma) il Pane casereccio si prepara con farina bianca di grano tenero, acqua, lievito di birra, lievito madre e sale. Presenta una crosta dorata non molto spessa, e forma irregolare.
Molto interessante è il Pane casereccio di Canterano (RM), un pane a lunga lievitazione, preparato con farine poco raffinate (tipo 1) di grani teneri locali, acqua, pasta di riporto, lievito madre e sale.
Oltre alla consueta pagnotta tonda di dimensione medio-grande, nel Lazio troviamo anche altri formati caratteristici, più piccoli o semplicemente diversi.

Pane tipico tradizionale del Lazio

La ciriola

La ciriola romana, detto anche Anguilletta, è il pane ideale per la preparazione di panini imbottiti, adatti agli appetiti robusti dei lavoratori manuali. La sua forma è ovale, simile ad una barchetta, del peso di 80-100 grammi. Presenta una crosta sottile e dorata, sormontata da un evidente rigonfiamento. Sembra che il nome sia dovuto al colore della crosta, che ricorderebbe la cera. La mollica è piuttosto compatta. Si prepara con farina tipo 0, acqua, sale e lievito di birra, con metodo diretto.
La pizza bianca romana, ancora oggi è lo street food più diffuso e si può gustare da sola oppure imbottita con la mortazza, cioè la mortadella. Tutti i forni che producono pane, producono anche la pizza bianca, rigorosamente alla pala, cioè infornata e cotta come il pane, direttamente sui mattoni refrattari dei forni, e non in teglie di ferro. La pizza bianca viene cotta prima del pane, tradizionalmente serviva proprio a testare la temperatura del forno. È alta un paio di centimetri, molto alveolata e con bolle evidenti sulla superficie. La croccante crosticina, coperta da olio extravergine e sale grosso, contrasta con la sofficità e la leggerezza della mollica. Il suo profumo è caratteristico e molto invitante. Dà il meglio di sé gustata tiepida.

pozza bianca, uno tra i più tradizionali pani laziali

La pizza bianca

A Velletri (RM) troviamo l’incacchiatella: un pane dalla forma molto particolare, che ricorda le ali di una farfalla. È costituito da una coppia di pagnotte, dalla crosta dorata e con mollica alveolata e leggera, prodotte con farina di grano tenero, acqua, sale e lievito madre.
A Falia di Priverno (Latina) troviamo il pane dei pastori, a metà tra pane e pizza. Ha una forma allungata e schiacciata, con tipiche fenditure nel senso della lunghezza. Viene preparato con farina bianca di grano tenero e lievito madre, con doppia lievitazione.
Le cacchiarelle di Montelibretti (Roma) tradizionalmente sono i pezzi avanzati dell’impasto del pane; vengono schiacciate con le mani e cotte al forno a legna prima del pane casereccio di Montelibretti (una volta servivano anche a verificare le giuste temperature del forno per la successiva cottura del pane). Generalmente vengono condite con pomodoro e alici.

Un pane tradizionale molto caratteristico, del territorio laziale

La Ciambella Sorana

Seguendo un’antica ricetta, ancora oggi si prepara la Ciambella Sorana: è una ciambella prodotta impastando farina bianca, lievito madre, uova, acqua, semi di anice e sale. Dopo lievitazione si passa in acqua bollente e poi si cuoce in forno. Il risultato è una ciambella croccante, dalla crosta lucida e dorata, soffice all’interno, ottima in abbinamento con salumi e formaggi locali. Anticamente veniva preparata il 17 gennaio, in occasione della festa di S. Antonio, per essere donata ai proprietari degli animali che venivano benedetti.
Autrice. Maria Teresa Cutrone del blog De Gustibus Itinera
Fonti
Degustibus Itinera, Alimentipedia, Taccuini storici, Pane casereccio di Genzano, Comune di Genzano
Credits foto
Pane di Genzano, Fasi di lavorazione del pane di Genzano,  Ciriola, Ciambella sorana, Panetterie nell’antica Roma

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3 commenti

  1. Buongiorno ho visto oggi il servizio del pane di Genzano e possibile ordinarlo per posta? ho in quale negozio lo trovo a Treviso? Grazie Giulia

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