Il Cuscus

Pubblicazione: 17 Settembre 2016

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Giornata Nazionale del Cuscus

Ambasciatrice Maria Pia Bruscia, foto di Juri e Daniela per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Noto fin dal IX secolo in tutto il Nord Africa, il cuscus (o kuskusu, kiskisu, kisksu, cascà, couscous) è un piatto di origine africana, in particolare in quell’area dell’Africa Occidentale che abbraccia gli attuali Niger, Mali, Mauritania, Ghana, e Burkina Faso. Proprio in questa zona, delle scoperte archeologiche risalenti al nono secolo avrebbero portato alla luce degli utensili da cucina per preparare il cuscus.
Più precisamente, potrebbe essere un piatto di origine berbera: i Berberi, infatti praticavano la pastorizia e l’unico cereale che avevano a disposizione era il grano, che veniva frantumato, setacciato, lavorato a mano e fatto seccare, quindi raccolto in grandi sacchi di tela che venivano riposti nella parte più fresca della tenda.
La lavorazione della semola seguiva (e segue tutt’ora) dei passaggi ben precisi: inumidita con poca acqua salata, veniva lavorata a mano (incocciata) con movimenti circolari fino ad ottenere chicchi dalle dimensioni desiderate: si va dalla grossezza delle teste di formica del cuscus fine alle dimensioni di piccoli ceci del cascà tabarchino.
Il grano duro, però, non è l’unico cereale da cui si ricava il cuscus, benché sia quello principale: lo si può ricavare anche da miglio, riso, sorgo e altri. L’esploratore Marocchino Ibn Baṭṭūṭa (1304-1369), il Marco Polo del mondo arabo, racconta nella sua Rihla che nel Mali gli hanno servito cuscus di riso e in Mauritania uno di miglio.

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Quello che è certo è che per secoli il cuscus è stato la principale fonte di sostentamento dei nomadi, che lo mangiavano la sera, quando si accampavano per la notte. Ancora oggi, nel Maghreb, il cuscus è un piatto serale; mentre in altre parti dell’Africa, come ad esempio il Marocco, viene servito a pranzo.

Il ruolo del cuscus nella cultura nordafricana non si limita, però, a quello di semplice alimento: è infatti parte integrante dell’identità culturale dei popoli che lo consumano e assume anche una valenza sociale, religiosa e rituale. Alla sua preparazione concorrono tutte le donne di una famiglia allargata, che si riuniscono due o tre volte l’anno per incocciare 50 kg di semola alla volta. E’ un lavoro lungo e faticoso, ma si svolge in un clima di festa: è il momento in cui le donne si scambiano notizie sulla famiglia, si raccontano aneddoti, scherzano, ascoltano musica e ballano. Alla più giovane è tradizionalmente affidata la preparazione del caffè, del tè e dei m’semmen, pasticcini di semola e farina fritti e cosparsi con miele.
E la sua valenza sociale non finisce qui: il cuscus viene infatti offerto ai poveri in elemosina, è consumato tradizionalmente nel pranzo del venerdì (giorno della preghiera collettiva) e nelle occasioni speciali. Agli sposi durante il banchetto nuziale ne è servita una versione speciale, il “cuscus permesso”, che li autorizza alle follie della prima notte, a patto che ne conservino un po’ per i poveri.
La nascita di un figlio prevede che venga servito alla puerpera un cuscus speciale con spezie che favoriscono la montata lattea, preparato dalla famiglia della donna, insieme ad altri piatti energetici.
Nel Maghreb, poi, le mogli si assicurano la fedeltà del marito servendogli un cuscus con pezzetti di carne di agnello.
Il modo di mangiare il cuscus, infine, consumato insieme ad altri commensali attingendo da un piatto comune e facendo delle palline con tre dita della mano destra, è regolamentato dal Corano che recita: “Con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l’ingordo“.

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Il cuscus si è diffuso nel bacino del Mediterraneo a seguito delle conquiste arabo-musulmane a partire dal VII secolo: dal Maghreb (Marocco, Tunisia e Algeria), dove ancora oggi è preparato con verdure, carne di montone e brodo e accompagnato a piacere dall’harissa, arrivò negli altri paesi del Mediterraneo con le navi dei mercanti che solcavano i mari, collegando i porti di Italia, Spagna, Francia.

Le prime tracce della sua diffusione in Europa risalgono alla Bretagna del 1699, ma è probabile che fosse già conosciuto e consumato in Sicilia e in Andalusia, dove è stato rinvenuto il primo ricettario che parla di questo alimento, il libro di cucina dell’al-Andalus.

In Sicilia il cuscus arrivò presumibilmente intorno al 1600 a Trapani e nel territorio limitrofo: Favignana, Marsala, Mazara del Vallo e San Vito Lo Capo, dove oggi viene organizzato uno dei più importanti festival in suo onore. Il cuscus siciliano è condito con la ghiotta, una golosa zuppa di pesce fatta con scorfano, gallinella, cernia, gamberi e scampi. La semola viene incocciata nella mafaradda, un piatto largo e basso, e cotta a vapore nella cuscussiera, una pentola di terracotta (oggi la si trova anche di metallo) costituita da due tegami sovrapposti: in quello inferiore viene messo il brodo con le verdure e il pesce, mentre la parte superiore, bucherellata, accoglie la semola, che cuoce al vapore assorbendo gli aromi provenienti dalla pentola sottostante.

La cottura al vapore deve essere effettuata due volte. Il cuscus viene unto con un cucchiaio di olio extravergine di oliva ogni 600 g di semola e bagnato con un bicchiere di acqua fredda salata; poi si mescola, si sgrana con una forchetta e infine lo si dispone nella cuscussiera. Dopo un quarto d’ora di cottura al vapore si ripetono le operazioni precedenti, e dopo qualche minuto di riposo viene rimesso nella cuscussiera, dove prosegue la cottura per un’ora e mezza circa. A quel punto lo si dispone nel piatto di portata, si sgrana per l’ultima volta con la forchetta e si copre con 2/3 del brodo della ghiotta rimasto nella parte bassa della cuscussiera. Si copre con un panno pulito e si fa riposare per un quarto d’ora, prima di servirlo con il restante brodo filtrato e con i filetti di pesce della ghiotta.

Quando è cotto con tutti i crismi il cuscus è morbido, leggero e privo di grumi: soprattutto non è gommoso.

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Nei paesi nordafricani (Algeria, Tunisia e Marocco) il cuscus viene generalmente servito con verdure lessate in un brodo più o meno piccante e carne (di solito pollo, agnello o montone); in Marocco ne esiste una variante di pesce in salsa agrodolce con uvetta e cipolle; in alcune regioni della Libia viene cucinato anche con pesce e calamari. Il brodo della carne in Tunisia è rosso, con pomodoro e peperoncino, mentre in Marocco solitamente è giallo.
Qui ne esiste anche una prelibata versione da dessert chiamata seffa: il cuscus viene cotto più volte, poi lavorato con carne e verdure fino a farlo diventare molto morbido e di colore pallido. A questo punto viene cosparso di mandorle, cannella e zucchero. È tradizione servire questo dessert insieme a latte aromatizzato con acqua di fiori d’arancio, oppure servito in una ciotola solamente con siero di latte come minestra leggera per cena.

Al cuscus, infine, è stato dedicato un film, Cous cous (La Graine et le Mulet), che nel 2007 ha sfiorato il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia (trailer).

Il cuscus trapanese è un piatto tipico della provincia di Trapani, in particolare di Favignana, Mazara del Vallo e San Vito Lo Capo. Il condimento, a differenza di quello magrebino, è un brodetto di pesce misto che comprende scorfano rosso, scorfano nero, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, luvaro, e anguilla delle saline della zona, gamberi e scampi.

Ne riporto la ricetta, tratta dal libro Sicilia in bocca di Antonio Cardella, che la propone prima in dialetto e poi in italiano.

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LU CUSCUSU DI SANTU VITU

A Capu Santu Vitu a la marina
Vinni e si stetti ‘na bedda sirena
‘Sta ricetta lassà pi la cucina
Pi scurdarisi l’omu d’ogni pena
A Capo San Vito, al mare
Venne e sedette una bella sirena
Questa ricetta lasciò per la cucina
Perché l’uomo si scordasse di ogni pena

Prima di ogni cosa priparativi la mafàrata e la cuscusèra, picchì senza ‘sti arnisi nenti cuscus. Accattàti la simmula di prima qualità, un chilu basta e avanza. Pigghiàti ‘sta simmula e a picca a picca, cu santa pacenza, mittitila nni la mafàrata e mentri junciti, goccia a goccia, acqua salata priparata sparti, cu li dita di la manu dritta, riminannu riminannu, priparativi li cuccitedda di simmula comu fussiru tanti cicireddi.
Pigghiati ‘na salvietta, stinnicchiatila supra la tavula e supra la salvietta jti pusannu la simmula untannu ogni cocciu cu ogghiu d’oliva. A chistu puntu pigghiàti un tianu beddu granni e mittiti a suffriiri: ‘na cipudduzza, quattru spicchi d’agghia, un mazziteddu di pitrusinu, anticchia d’accia e qualchi pampina di basilico.
A suffrittu prontu, junciti quattru pumadamuri pilati tagghiati a pizzudda a pizzudda e un chilu e mezzu di pisci di sùppa.
Mittiti Sali e pipi, anticchia di nuci muscata e di garufanu e dopu averi ‘nsapuritu lu pisci, junciti tri litra d’acqua vugghienti e faciti vugghiri ancora pi mezz’ura.
A stu puntu pigghiati tri quarti di brodu e mittitilu ni lu funnu di la cuscusera, juncennu n’autru litru d’acqua cavuda. A chistu puntu precisu, attaccàti cu pasta di pani la parti di supra di la cuscusera (chidda cu li pirtusa comu un culapasta) a chidda di sutta senza lassari fissura. Pigghiati la salvietta cu tutti li cocci di simmula e sistimatila dintra la cuscusera, mittiti lu tutti supra lu focu e faciti cociri pi un’ura e mezza. Fattu chistu, pigghiati n’autra pignata pulita, sbarratici li coccia di simmula e juncitici mità di lu brodu rimastu;‘ncuvicchiati la pignata e lassati ripusari pi un quartu d’ura. Passatu ‘stu tempu junciti l’autru brodu e ‘mpiattati.

IL CUSCUS DI SAN VITO

(di Antonio Cardella – Sicilia in bocca – Harel edizioni)
Per 6-8 persone:
600 g di cuscus a grana medio-fine
1,5 – 2 kg* di pesce misto da zuppa (triglie, gallinelle, scorfani, merluzzetti, pesce San Pietro, dentici, pescatrice, etc.); scegliere almeno 4 tipi diversi di pesce.
1 cipolla
3-4 spicchi d’aglio
5 pomodori
1 mazzetto di prezzemolo
2 gambi di sedano, foglie incluse
1 mazzetto di basilico
1 peperoncino di Cayenna sbriciolato
olio extravergine d’oliva
1 cucchiaio di estratto siciliano di pomodoro (o di triplo concentrato)
sale
pepe
noce moscata
2 chiodi di garofano
3 l di acqua bollente
Per saldare la pentola:
150 g di farina 00
80 ml di acqua

* se acquistate più pesce, ne userete una parte per fare la ghiotta e il rimanente per preparare una zuppa di pesce a parte, con cui accompagnare il cuscus.

Il pesce utilizzato per la ghiotta non andrebbe usato in accompagnamento al cuscus perché ha perso oramai tutti i suoi elementi nutritivi, cedendoli al brodo. Il mio consiglio è pertanto quello di estrarre i pesci dal brodetto al termine della cottura (mezz’ora circa) e di effettuare la cottura al vapore del cuscus con il solo brodo.

Preparare la ghiotta di pesce: affettare finemente la cipolla e metterla a freddo in una capace pentola di terracotta insieme ad abbondante olio. Tritare gli spicchi d’aglio e unirli alla cipolla. Solo a questo punto accendere il fuoco e soffriggere dolcemente. Quando la cipolla è diventata trasparente unire le erbe aromatiche tritate, l’estratto (o il triplo concentrato) di pomodoro diluito in poca acqua e il peperoncino, mescolare e poi aggiungere i pomodori pelati, privati dei semi e tagliati a dadini.
A questo punto aggiungere il pesce, coprire con 3 l di acqua bollente, salare, pepare, aggiungere i chiodi di garofano e una punta di noce moscata, portare ad ebollizione e far cuocere la zuppa per circa mezz’ora.

Nel frattempo impastare farina e acqua e mettere l’impasto a riposare, coperto da pellicola trasparente.

Trasferire un terzo abbondante del brodo e le teste dei pesci nella parte inferiore della cuscussiera (o della pentola per la cottura a vapore), diluendolo con 1 litro di acqua calda.
Ungere uniformemente la semola con poco olio extravergine di oliva (10 g di olio ogni 100 g di semola) e mescolare bene con una forchetta. Disporla su una doppia garza da cucina o su un tovagliolo a trama non troppo spessa (lavato a mano, sciacquato benissimo e senza ammorbidente), mettere il tovagliolo con la semola nella parte superiore della cuscussiera o sul cestello per la cottura al vapore e badare che sia distribuita uniformemente.

Tirare l’impasto di farina e acqua precedentemente preparato formando una striscia lunga, sottile e alta 4-5 cm. Se dovesse risultare più larga non preoccupatevi: stendetela, poi tagliatela a metà nel senso della lunghezza, saldate i due capi e continuate a stendere.
Saldare con questa pasta la parte inferiore della pentola a quella superiore, in modo che il vapore non fuoriesca.

Incoperchiare, portare a bollore e cuocere la semola per un’ora e mezza, poi toglierla dalla cuscusiera, versarla in una pentola di terracotta pulita e sgranarla bene con i rebbi di una forchetta.
Staccare qualche pezzettino di polpa dai pesci della zuppa, che nel frattempo saranno stati diliscati, mescolarli alla semola. Versarvi quindi la metà del brodo rimasto sul fondo della cuscussiera debitamente filtrato, chiudere ermeticamente la pentola e far riposare per un quarto d’ora. Aggiungere altro brodo, tenendone un poco da parte e servire, accompagnando con il pesce rimanente e il restante brodo ben caldo servito a parte in una ciotola, con cui ogni commensale irrorerà a piacere la preparazione.
Fonti:
Sergio Rossi – La cucina dei tabarchini – Sagep
Antonio Cardella – Sicilia in bocca – Harel
Taccuini Storici
Giorgio e Ugo
Mangiare Buono
San Vito Lo Capo Cucina
Choumicha
Ricette dal mondo
Partecipano come contributors:
Sara Sguerri, Cuscus di Pesce (Cuscusù) alla Trapanese
Stefania Pigoni, Cous cous con Zucchine o Olive
Irene Prandi, Cous cous insolito con peperoni caramellati
Anna Calabrese, Cuscus dolce
Francesca Antonucci Mistofrigo, Ricetta cous cous pomodorini e acciughe: ricetta e menu abbinato
Nicola Ganci, Il couscous: un’idea per una serata dal sapore mediterraneo
Lucia Melchiorre, Cuscus con melenzane e pesce spada
Cristina Tiddia, Cuscus con zucchine e ricotta mustia
Dani Pensacuoca e Juri Badalini, Incocciare il Cuscus: Provateci anche voi!
Manuela Olivieri, Cuscus alle Verdure

4 commenti

    1. …Bellissime foto Dani, grazie per avermele donate!
      E il vostro video su come incocciare il cuscus mi ha commossa, davvero: ho ancora i lucciconi agli occhi.
      Un abbraccio stritolante a te e a Juri.

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