La coda alla vaccinara

Pubblicazione: 31 Marzo 2016

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Giornata Nazionale della Coda alla Vaccinara

Ambasciatrice Greta De Meo per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

“So’ Regolante;
faccio er conciapelle
e so’ de discennenza vaccinaro…
Er gusto nostro, quann’avemo fame,
è de mangnà la coda alla vaccina
con sèllerò stufato in der tigame ”

Siamo nel Rione Regola, sulla sinistra del Tevere, proprio di fronte a Trastevere, abitato soprattutto da scortichini, conciapelli e vaccinari. Come ci racconta Giggi Zanazzo nei versi di apertura, è qui che la ricetta e la tradizione della coda alla vaccinara ebbero origine. Parente del quinto quarto poiché veniva considerata un pezzo di scarto alla stessa stregua di testa, zampe ed interiora, la coda entrò a far parte di quello che, a tutti gli effetti era una parte del pagamento del lavoro dei vaccinari, coloro che lavoravano al mattatoio. Da qui l’espressione Regolanti magnacode.

Sediamoci ora in un’osteria intorno alla fine del 1800: siamo di fronte all’antico mattatoio, alle nostre spalle c’è il monte Testaccio, e Ninetta Mariani (“Checchino dal 1887”) accoglieva i lavoratori di buon mattino; era a lei che consegnavano i pezzi di coda ricevuti come paga, che sarebbero tornati a prendere prima di rientrare a casa insieme ad un buon bicchiere di vino. La signora Ninetta fu la prima a sdoganare la coda sui menù delle osterie e probabilmente la prima ad usarla per condire i rigatoni.
Figlia di una cucina molto povera, in una Roma popolare e caciarona, la coda alla vaccinara finì per diventarne il simbolo, tanto che Ettore Scola nel suo “Brutti, sporchi e cattivi” del 1976, durante un quantomeno singolare tentativo di corteggiamento, fa pronunciare all’anziano protagonista Giacinto (Nino Manfredi) queste parole: “…La coda alla vaccinara e il sedano sono come lo masculo e la femmena, stanno bene appiccicati inzieme”.
A ridare dignità ad un piatto tanto popolare quanto straordinario, sono stati Ada Boni e gli osti romani, che hanno contribuito a portare la coda anche sulle tavole borghesi. Iniziamo allora un viaggio tra le tavole romane, per scoprire affinità e differenze tra la cucina di casa e la ristorazione.
Ada Boni ci inizia alla cucina casalinga e ci regala nel suo libro “ La cucina romana” (1929) una prima versione della coda alla vaccinara, espressione dell’inventiva e della saggezza delle donne del popolo che sfruttavano la coda due volte, prima lessandola (così da avere anche un brodo robusto come primo piatto) poi ripassandola in padella insieme ad un battuto di aglio, cipolla, carota gialla, lardo, una fettina di prosciutto, pepe nero e pomodoro.
La coda “vera” invece, scrive sempre la Boni, era un piatto più complesso, che prevedeva l’aggiunta dei “gaffi”, le guance del bovino.

La coda alla vaccinara di Ada Boni 

Ingredienti per 4 persone
1,5 kg di coda di vitello
2 gaffi (guance di bovino)
100 g di guanciale
50 g di grasso di prosciutto
1 cipolla
1 carota gialla
1 spicchio d’aglio
prezzemolo
1/2 bicchiere di vino rosso
3 cucchiai abbondanti di passata di pomodoro
Olio extra vergine di oliva
sale
pepe
sedano bianco

Preparazione:
La coda va prima ben lavata, asciugata e tagliata in rocchi (o nodi). In un tegame dal fondo pesante fate rosolare un battuto fine di guanciale, cipolla, aglio, grasso di prosciutto e carota gialla, fino a che non diventa “biondo scuro” quindi aggiungete nel tegame anche i rocchi e i gaffi, lasciate rosolare per bene su tutti i lati; bagnate con il vino rosso e lasciate sfumare l’alcol. A questo punto non resta che aggiungere il pomodoro passato e tanta acqua fino a coprire la coda completamente, aggiustate di sale e pepe, incoperchiate e lasciare sobbollire a fuoco dolcissimo per almeno sei ore, o fino a quando la carne non si stacca dall’osso. A parte lessate le coste di sedano tagliare in grossi pezzi ed aggiungetele alla coda pronta.
La cucina della ristorazione, aggiunge alla ricetta popolare ingredienti che la elevano a piatto regale, come pinoli, uvetta e perfino il cioccolato! Vi faccio raccontare la ricetta in versi da un altro famoso oste romano, Cesare Simmi (“La Cisterna”):

E’ ‘na ricetta facile, ma vale
pe’ praparà un tegame origginale.
Pijate un po de grasso de presciutto,
‘no spicchio d’ajo e ‘na cipolla trita,
fate er batuto e poi mischiate tutto
co’l’ojo der tigame che v’invita
a fallo frigge e, quando ch’è dorato,
giù er vino. Nun appena è svaporato,
subbito er pommidoro e, mano mano,
sellero, uva passa, ‘na manciata
de pignòli, un ber pò de cioccolata
e mentre er condimento piano piano
se coce e s’insapora a foco lento
la coda ariva, e mò ve la presento.
Dar macellaro che ce fate spesa
fatevela fornì grossa e nutrita,
così nun solo viene più saporita,
ma ner tegame ve darà più resa;
tajateve li rocchi su misura,
poi giù, ner sugo, fino a la cottura.
Cottura giusta e, quello che più conta,
ch’er sugo nun sia tanto aritirato,
giusto de sale; e adesso l’invitato
se metta a sede che la coda è pronta.
Bon appetito! E mentre mangnate
pensate a la cucina de le fate!

Altre varianti della stessa ricetta le troviamo nella ricetta di Adolfo Giaquinto, cuoco e giornalista, zio paterno di Ada Boni nel suo “La cucina di famiglia. Raccolta di ricette pratiche e consigli per ben cucinare Roma” che al sugo di coda aggiunge un pizzico di cannella;  Carnacina e Buonassisi invece, ad uvetta, pinoli e cannella aggiungono anche un pizzico di noce moscata.
Come in ogni cucina popolare le varianti possono essere infinite e tutte ugualmente buone, io vi lascio con una ricetta di Anna Dente, interprete moderna di una cucina antica.

La coda alla vaccinara di Anna Dente 

Ingredienti per 4 persone:

8 nodi di coda di bue
mezza cipolla dorata
1kg di sedano
500 gr di carote
1 kg di pomodori pelati
750 gr di pomodoro passato
1 cucchiaio di pomodoro concentrato
peperoncino intero a piacere
mezzo bicchiere di vino bianco o rosso secco
sale qb
20 gr di pinoli sbucciati
50 gr di uvetta
20 gr di cioccolato amaro
30 gr di prezzemolo

Preparazione:
Fate rosolare la cipolla tritata con un filo di olio extravergine, aggiungete i nodi di coda e fateli rosolare uniformemente, aggiungete anche un pizzico di sale e i peperoncino. Tagliate a rondelle le carote e il sedano a pezzetti e aggiungeteli alla coda. Appena carota e sedano saranno imbionditi bagnate col vino e lasciate evaporare. Aggiungete i pomodori pelati, la passata e il concentrato, incoperchiate e lasciate cuocere a fuoco dolce, mescolando di tanto in tanto per circa tre ore. Aggiungete quindi i pinoli, l’uvetta reidratata e strizzata e il cioccolato amaro grattugiato, mescolate per l’ultima volta e servitela ben calda

Bibliografia:
La cucina di Roma e del Lazio – Livio Jannattoni Newton Compton
Roma in cucina – Carnacina – Buonassisi Martello Editore
La cucina di famiglia. Raccolta di ricette per ben cucinare – Adolfo Giaquinto – Tipografia Minerva
La cucina romana – Ada Boni – Newton Compton
Brutti, sporchi e cattivi – Ettore Scola -Gold Film
Al dente come Anna – Anna Dente, Emilio Ferracci – ADD editore
Fonti fotografiche:
http://www.romeartlover.it
immagine di apertura Gourmandia Chef per Aifb
Partecipano come contributors:
Cristiana Di Paola, Coda alla vaccinara
Manuela Valentini, Coda alla vaccinara

7 commenti

  1. Grazie Greta per aver raccontato così dettagliatamente la nascita di questo piatto spettacolare, la coda dovremmo imparare a gustarla di più
    Ciao Manu

  2. Mi sono innamorata. Non l’ho mai assaggiata, ci credi? E pur non essendo una grande quintoquartista, questa me la mangerei anche adesso, preparata con maestria dalle tue mani esperte.
    Un post davvero bellissimo da leggere con grande gusto.
    Brava Greta. un abbraccione.

  3. Ma grazieee veramente interessante. Io la mangiai la prima volta proprio a Roma a casa della zia di mio marito e devo dire che era buona si ma per me non abituata era troppo grassa d’altra parte in quel periodo parliamo di circa 40 anni fa si cucinava più sul grasso e anche a Trieste ancora cuoche casalinghe tradizionali cuocio ..grasso.
    Non l’ho mai fatta anche perchè la coda non si trova usualmente da noi alle volte la devi ordinare.
    Se la trovo preferisco quella di Ada Boni magari l’allegerisco un pò e le dosi dimezzare per solo due la quantita descritta è tanta.
    Grazie e buona giornata.

    1. Edvige la puoi alleggerire, io spesso uso anche solo l’olio extravergine d’oliva, non lavoriamo più come un tempo, quindi è anche giusto ridurre l’apporto calorico giornaliero, ma se dovesse capitati provala! La coda è una scoperta, lo dicevo oggi su fb, uno dei casi in cui l’ultimo diventa primo 🙂

  4. Molto bello il tuo articolo Greta, come già dicevo, mi hai fatto venir voglia di provarla, proprio a me che non amo il quinto quarto in genere… ma qui siamo un po’ fuori dalla stretta definizione e sto davvero pensando di prenotarla a breve dal mio macellaio di fiducia
    Grazie!

  5. Che bell’articolo!!! Ho sempre sentito parlare della coda ma non l’ho mai provata!!! Mi hai fatto incuriosire talmente tanto che mi hai fatTo venire voglia di cucinarla! !!!

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