La Lasagna

lasagna

Pubblicazione: 28 Dicembre 2016

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Giornata Nazionale della Lasagna

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Ambasciatrice Susanna Canetti per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Le origini delle lasagne, che un tempo indicavano solamente un particolare formato di pasta, sono tanto antiche quanto controverse. Le teorie più comuni le fanno discendere dai làganon della Magna Grecia, dei dischi di pasta realizzati con acqua e farina, che venivano cotti su piastre roventi; oppure dalle lagane di cui sembra fosse ghiotto il poeta romano Orazio, tanto da citarle nelle Satire: “… inde domum me ad porris et ciceri refero laganique catinum” (…quindi me ne torno a casa, al mio piatto di porri, ceci e lagane). Anche Apicio, famoso gastronomo dell’Antica Roma, nella sua opera “De Re Coquinaria”, cita alcune ricette in cui compaiono delle sfoglie, chiamate laganum, condite con il garum (salsa a base di interiora di pesce e pesce salato), oppure utilizzate per ricoprire dei tortini farciti di carne. La Patinam Apicianam, per definizione un pasticcio, ma in realtà molto somigliante nella forma alle nostre moderne lasagne, è costituito dall’alternanza di strati di sfoglia e strati di ripieno, e alla fine viene cotto in forno.

In realtà, questi restano dei casi isolati, perché le Lasagne, ed in generale la pasta, non sono presenti, se non in modo assolutamente marginale, sulle tavole degli antichi Romani. Di queste preparazioni mancano attestazioni nei dipinti, nei reperti archeologici e in altri testi, e non se ne trova traccia nelle tradizioni culinarie dell’epoca. Gli storici ci insegnano che, per stabilire una linea di ereditarietà e attestare le origini di un piatto, serve continuità e linearità, non bastano dei singoli episodi. Quindi, al contrario di quanto si legge in molti testi, in principio non fu la lagana e non furono nemmeno i Napoletani o gli Emiliani, che pure ebbero un ruolo importante. Le Lasagne rappresentano il primo formato di pasta prodotto in Italia e le loro origini sono da ricercare nel mondo arabo, in un viaggio che parte dalla Sicilia per poi arrivare a Genova, il cui porto era il fulcro del commercio del grano duro e dei suoi derivati. La pasta è un fatto tutto italiano, anche se nasce altrove, perché è in Italia che questi semi attecchiscono, germogliano, e si erigono ai massimi livelli, fino a trasformarsi nel piatto che meglio definisce la nostra identità culinaria nazionale. Ma andiamo con ordine e, per risalire alle vere origini delle lasagne, ripercorriamo la storia della pasta.

Quando nel Neolitico si addomesticarono alcuni cereali selvatici dando origine all’agricoltura, i chicchi venivano consumati al naturale o tostati. Successivamente si arrivò a frantumarli grossolanamente per impastarli e cuocerli con acqua, dando origine a pappe, zuppe e polente. A mano a mano che si riuscì a macinare una farina più fine, l’impasto con acqua venne anche cotto su pietre roventi, creando delle gallette. E con il diffondersi di cereali con maggior contenuto di glutine, si riuscirono ad ottenere impasti sempre più elastici, modellabili in forme diverse e, soprattutto, spianabili in sfoglie sottilissime. La malleabilità degli impasti diede origine di fatto alla pasta fresca, da cui, prima per caso e poi in modo voluto, si passò nelle regioni meridionali alla produzione della pasta secca, ossia essiccata al sole, un vero e proprio alimento a lunga conservazione, facile da trasportare e commercializzare. A questo punto ecco che entrano in gioco gli Arabi.

Una delle teorie più accreditate sostiene che gli Arabi, popolo nomade, aguzzando l’ingegno per trovare derrate alimentari gustose e non deperibili che accompagnassero le loro carovane, inventarono e perfezionarono l’essiccazione della pasta. Le conoscenze tecniche della cultura araba hanno notevolmente contribuito a perfezionare la produzione di farina e l’operazione di essiccazione della pasta; a loro si deve la molitura di farine sempre più fini o l’idea di ridurre le lasagne in fili sottili per velocizzarne l’asciugatura. Tutto ciò è avvenuto, però, per quella parte di popolazione araba che abbandonò il nomadismo, stanziandosi in zone adatte alla coltivazione, nello specifico in Sicilia, che venne occupata dall’827 al 1091 d.C.

La pasta secca siciliana, prodotta nel XII secolo inizialmente a Trabia, vicino Palermo, era detta ittrija in lingua locale; e due secoli prima un lessicografo siriano chiamava itrija un piatto a base di stuoie di semola essiccate. Nonostante ciò ,la pasta non riscuote un grande successo tra il popolo arabo, che preferisce di gran lunga il cuscus; ne restano invece particolarmente colpiti alcuni nobili palermitani che, dopo averla assaggiata, decidono di commercializzarla, facendo un primo tentativo di esportazione su bassa scala. Quando i Genovesi, da abili mercanti quali sono, intercettano questo piccolo carico di pasta, ne intuiscono subito le potenzialità ed iniziano a diffonderla in lungo e in largo.

In principio, allora, fu la Lasagna, perché era il formato di pasta che meglio si adattava a sfamare più persone con il minimo sforzo, e si presentava come un grande rettangolo di sfoglia. Siccome non tutti potevano permettersi di comprare la pasta, si arrangiavano a farla entro le mura domestiche: a Sud cresceva il grano duro, quindi si utilizzava la semola; al Nord, invece, prosperava il grano tenero che, essendo meno proteico, portò all’aggiunta delle uova al posto dell’acqua.

La più antica ricetta di Lasagne si trova nel “Liber de Coquina“, testo scritto da un anonimo alla Corte angioina di Napoli, agli inizi del Trecento; e qui vengono condite solo con spezie e formaggio, come ogni genere di pasta nel Medioevo (la besciamella arriverà solo nel diciottesimo secolo). La ricetta è molto dettagliata e spiega che la pasta deve essere fermentata, va stesa sottile e poi tagliata in quadrati della larghezza di tre dita. Dopodiché bisogna bollirla in acqua, e condirla a strati alterni con formaggio grattugiato e spezie. Mentre in epoca romana la lagana cuoceva in forno insieme al suo condimento (che fungeva da liquido di cottura), nel Medioevo si assiste ad un cambiamento fondamentale nel metodo di cottura, poiché da questo momento in poi la pasta viene cotta per bollitura in un liquido, che sia acqua, brodo o, più raramente, latte. E questo vale per le Lasagne, ma anche per le altre tipologie di pasta, fresche o secche. Insieme alle Lasagne, compare anche la forchetta: ne abbiamo una prima testimonianza proprio nel “Liber de Coquina“, offerto a re Roberto d’Angiò. Le Lasagne scottano e sono viscide, prenderle con le dita è scomodo e doloroso; il ricettario consiglia quindi l’uso di un punteruolo, che verrà presto sostituito dalla forchetta negli ambienti borghesi, dove la pasta ottenne un trionfo straordinario. Il gusto delle Lasagne attraversa l’intero corpo sociale tra Medioevo e Rinascimento; e con il progressivo affermarsi della cultura della pasta il loro successo è generale, nelle città come nelle campagne. Nelle corti signorili potevano essere servite anche come contorno alle carni: infatti nel ricettario del cuoco italiano più importante del Rinascimento, Bartolomeo Scappi, troviamo “capponi appastati alessati coperti di lasagne“. Nell’uso popolare, invece, conservano il loro statuto di vivanda complessa, ricca e autosufficiente.

La pasta, che pure viene considerata un lusso fino al XV-XVI secolo, beneficia enormemente di un’epoca come il Rinascimento, ricca di stimoli, fantasia e sperimentazioni. Gli eruditi ricominciarono a studiare gli antichi libri di cucina e il rifiorire del commercio, soprattutto con gli Arabi, aveva introdotto nuovi ingredienti: sotto l’influsso di queste positive influenze, anche le Lasagne si arricchiscono di nuove farce e al classico condimento di formaggio si affiancano sughi a base di carne, pesce e crostacei. Dobbiamo però attendere il XVII secolo per incontrare una novità: ne “La lucerna de Corteggiani“, pubblicata a Napoli nel 1634 ad opera di Giovan Battista Crisci, troviamo le Lasagne di monache stufate, mozzarella e cacio, in cui per la prima volta si fa utilizzo nella farcitura di un formaggio a pasta filata; si ipotizza che sul finire del XVII secolo le Lasagne comincino a diventare il piatto ricco che conosciamo tuttora, un aspetto che ben rifletterebbe l’opulenza dell’epoca barocca, anche in cucina.

Due secoli dopo avviene un’ulteriore evoluzione: è il 1881 quando a Napoli viene pubblicato “Il Principe dei Cuochi” dove per la prima volta in una ricetta di Lasagna viene implicitamente suggerito l’uso del pomodoro, alimento giunto in Europa dalle Americhe, accolto inizialmente con diffidenza, ed affermatosi stabilmente nella cucina italiana solo fra XVIII e XIX secolo.

Ad un certo punto ci fu chi per primo osò prendere il coltello e tagliare la Lasagna, per farne un nuovo formato; e da qui un altro, ed un altro ancora. Ma la Lasagna fu la prima e, per molti aspetti, la sola. In epoca contemporanea, poi, possiamo assistere ad una sorta di trasformazione delle Lasagne da piatto nazionale a piatto regionale. Bisogna però attendere il 1935 per veder comparire la prima Lasagna al forno, ed accade a Bologna, con Paolo Monelli nel “Il ghiottone errante”: si tratta di una sfoglia verde con un succulento ragù.

Le Lasagne, dunque, arrivano da molto lontano e hanno dovuto percorrere molta strada per passare dalla Patina Apiciana alle Lasagne verdi alla bolognese. Ma una caratteristica non è mai mutata: il suo essere un piatto importante e sontuoso anche quando condito con solo formaggio e spezie. Per questo, dal XIII secolo fino ad oggi, è rimasto invariato il suo valore di cibo delle feste o, più in generale, delle occasioni importanti, che profuma di domenica, di convivialità e di famiglia.

Fonti:
Montanari, M., Il sugo della storia, 2016, Edizioni Laterza
Rebora, G., La civiltà della forchetta, 2009, Edizioni Laterza
Gennaro, A., Dietro la lasagna, 2016, Gribaudo Editore
http://emmetichallenge.over-blog.com/2013/01/cera-una-volta-linvenzione-della-pasta.html
http://www.mtchallenge.it/2014/10/17/mtc-n-42-cera-una-volta-la-lasagna/

Credits foto copertina: http://www.sfogliaemattarello.it/wordpress/

Partecipano come contributors:

Stefania Pigoni, Lasagne al pesto rosso

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