L’Agrodolce

ph. Daniela Pennisi

Pubblicazione: 29 Settembre 2016

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Giornata Nazionale dell’Agrodolce

Ambasciatrice Stephanie Cabibbo per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Grandi gioie alternate a momenti di sconforto: questa è la vita di qualunque essere umano, un miscuglio di sapori che – volenti o nolenti – siamo tutti destinati ad assaggiare.
E’ curioso come una metafora culinaria ci venga in aiuto per descrivere la nostra stessa esistenza; ma d’altro canto il nutrimento, sia del corpo che dell’anima, è causa ed effetto della vita.

COS’E’ L’AGRODOLCE

Quella dell’agrodolce è una delle tecniche culinarie più diffuse, basata sull’abbinamento di ingredienti dolci ed aromatici in una medesima vivanda, la cui origine si perde nella notte dei tempi.

In natura, la combinazione fra dolce ed agro, ovvero fra acidi e zuccheri, si trova in quasi tutti i frutti più apprezzati: è proprio questa caratteristica, infatti, che li rende attraenti ed appetibili. La combinazione di acido e dolce nella frutta è, spesso, considerata talmente normale che non ci si fa neppure caso ed anzi, si tende ad addolcire ulteriormente la frutta facendo così pendere la bilancia dal lato zuccherino.

Nelle preparazioni agrodolci, come componente acida è normalmente utilizzato l’aceto, che può essere sostituito da frutti particolarmente acidi come la melagrana, il limone o i frutti di bosco.
Come componente dolce, invece, l’utilizzo del miele è stato nel tempo affiancato e spesso sostituito da quello dello zucchero.

Alcuni cuochi utilizzano la tecnica dell’agrodolce semplicemente per esaltare il sapore del cibo: hanno infatti l’abitudine di rendere i piatti leggermente dolci con lo zucchero, ed in seguito riequilibrarli di nuovo riportandoli al sapore neutro con il succo di limone.

ORIGINI DELL’AGRODOLCE

I primi documenti in cui si parla della tecnica dell’agrodolce provengono dagli Arabi. Nell’antica Persia, infatti, sembra fosse comune l’utilizzo del succo fermentato della melagrana, dal gusto insieme dolciastro ed acidulo.
Sempre dalla Persia preislamica proviene il concetto filosofico e religioso, proprio del culto Zoroastriano, per cui l’uomo deve ristabilire l’equilibrio delle energie (rotto dalla nascita del Male), cercando l’unione di Sole e Luna, chiaro e scuro, dolce e aspro. E’ persiano il termine sikbâg, che dà origine a scapece, la marinata calda di zucchero e aceto o succo di limone usata per le fritture (basti pensare alle famosissime zucchine a scapece).

Dell’agrodolce ritroviamo abbondanti testimonianze nella cucina romana di Gabrio Apicio, incentrata sulla coppia miele-aceto. Nel suo “De re coquinaria”, Apicio afferma di sapere conservare la carne con il miele, l’aceto, il sale e la mostarda.
Eccone qualche esempio:

Salsa vegetale per pesce fritto
Prepara, lava e friggi il pesce che desideri. Triterai e sminuzzerai del pepe, cumino, seme di coriandolo, radice di silfio, origano, ruta,  verserai dell’aceto, aggiungerai una carota, miele, vino cotto, olio, garum, mescolerai e verserai nella pentola e lo farai finché bolla. Quando sarà bollito, bagnerai il pesce fritto, spargerai del pepe e lo servirai.

Pollo cotto nel suo sugo
Triterai il pepe, il cumino, una manciata di timo, seme di finocchio, menta, ruta, radice di silfio*; versa l’aceto, metti e trita una carota con miele, aceto, garum* e olio. Metterai il pollo raffreddato e asciugato, che servirai bagnato.

Salsa per pesce lesso
Pepe, ligustico, cumino, cipollina, origano, gherigli di noce, carota, miele, aceto, garum, senape, olio con moderazione, brodo caldo se si vuole, uva passa.

*Silfio: pianta estinta di finocchio gigante, usata come spezia e medicinale (wikipedia).
*Garum: salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato usata dai Romani come condimento (wikipedia)

Poi, dal Medioevo. la gamma dei prodotti utilizzati per comporre l’agrodolce si è andata articolando in modo più complesso; e a rafforzare la componente acida si è sviluppata la produzione di agresto, agrumi, e l’utilizzo di succo estratto da frutti per loro natura agrodolci, come la melagrana.
La componente dolce è, invece, rimasta a lungo invariata e per secoli si sono continuati ad utilizzare il miele, i datteri, l’uva passa, come già in età romana.

La scoperta della canna da zucchero, importata in Sicilia dagli Arabi e incentivata da Federico II, ha poi segnato un importante momento di svolta, accompagnato dalla diffusione di mandorle e nocciole in funzione sia di addolcenti che di addensanti.
Un esempio di questa trasformazione è la “Torta Parmesana”, che figura nei libri di ricette dal ‘300 al primo ‘600 (considerata il momento culminante di un banchetto), dove comparivano, in cotture plurime, carni di cappone, formaggio fresco, spezie dolci e forti, mandorle, datteri, uva passa, pinoli, zucchero e acqua di rose.
In questo periodo, tuttavia, si aveva la tendenza a miscelare gli ingredienti più pregiati a prescindere dalla loro conciliabilità: ciò avveniva soprattutto come esibizione di fasto, ma è da considerare che il palato dei tempi era particolarmente abituato alla promiscuità di gusti, oggi considerati incompatibili.

Nel corso del ‘600 il gusto agrodolce fu messo in secondo piano, quando la supremazia della cucina francese – improntata sul razionalismo – impose il criterio di distinzione netta fra il dolce e l’aromatico. Ma resistono ancora piatti della precedente tradizione, come i tortelli di zucca, che vengono confezionati con varianti locali nelle province del basso corso del Po, dal territorio mantovano alle foci del fiume: nel ripieno, insieme con la zucca cotta, compaiono la mostarda, gli amaretti di Saronno, il Parmigiano, la noce moscata e anche un po’ di zucchero, quando la zucca non sembra sufficientemente dolce.

L’AGRODOLCE COME TECNICA DI CONSERVAZIONE

Oltre che per il piacevole contrasto che crea nel palato, anticamente l’agrodolce era molto diffuso come tecnica di conservazione degli alimenti, in mancanza di refrigerazione.
Sia l’aceto che lo zucchero, infatti, sono degli ottimi conservanti.

L’aceto agisce sia con un’azione microbicida diretta sia abbassando il pH a valori incompatibili con la crescita microbica. Citato ripetutamente dalla Bibbia, se ne sono trovate tracce in un vaso dell’Egitto prefaraonico, vecchio di circa diecimila anni, a testimonianza del fatto che gli Egizi, così come i Babilonesi e i Persiani, lo conoscevano e lo impiegavano per la conservazione dei cibi.

L’azione dello zucchero, invece, si esercita prevalentemente sull’abbassamento dell’attività dell’acqua, evitando il formarsi di muffe negli alimenti.

L’AGRODOLCE OGGI

La tradizione gastronomica italiana è ricca di pietanze agrodolci, spesso retaggio di quelle medievali che si sono evolute con il tempo.
Nella cucina di tradizione in tutta la penisola abbiamo piatti storici emblematici come le “sarde in saor” a Venezia e dintorni, la caponata o la “tunnina ca cipudda” siciliana, la mostarda di Cremona, per non parlare della conservazione di peperoni, cipolline, cetriolini ed altri ortaggi.
Molto diffuse sono anche le salse agrodolci, particolarmente indicate per accompagnare le carni di capriolo, lepre, cinghiale e selvaggina in genere.

La ricetta che riporto è quella del Coniglio alla Pattuisa, un’antica ricetta siciliana diffusa soprattutto nel ragusano. Si pensa che il nome, che significa “alla portoghese”, derivi dal Porto, il vino portoghese che veniva originariamente utilizzato per la sua preparazione, poi sostituito con il Marsala o altri vini siciliani.
Oggi esistono moltissime varianti di questo piatto, c’è chi utilizza del vino dolce e chi l’aceto, chi il miele e chi lo zucchero.
E’ consigliabile gustare il coniglio “alla pattuisa” a temperatura ambiente per poterne meglio apprezzare il gusto agrodolce ed il profumo delle verdure.

Ingredienti per circa 6 persone:
Per la marinata:
1 coniglio da circa 1,2 kg
1 bicchiere di vino bianco
Erbe miste mediterranee (alloro, salvia, rosmarino…)
Olio Extra Vergine di Oliva
Sale
Per la cottura:
3 spicchi d’aglio
6-7 coste di sedano
100 gr di olive verdi in salamoia
80 gr di cetriolini sott’aceto
3 cucchiai di capperi sott’aceto (o sotto sale prima messi in ammollo)
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
Olio Extra Vergine di Oliva
Sale
Pepe nero
2 cucchiai di miele
2 cucchiai d’aceto bianco

Preparazione:
La sera precedente, tagliate a pezzi il coniglio e mettete in un recipiente con il vino, un cucchiaino raso di sale, un filo d’olio e le spezie.
Mischiate bene, coprite e conservate tutta la notte in frigorifero.
Il mattino successivo, scaldate una padella e fate rosolare il coniglio su tutti i lati a fiamma vivace, poi togliete dalla padella e mettete da parte.
Tagliate a listarelle sottili il sedano ed i cetriolini.
Tagliate a pezzetti anche le olive (anche se c’è chi le lascia intere).
Schiacciate gli spicchi d’aglio con la lama di un coltello.
Nella stessa padella, aggiungete un filo d’olio e fate rosolare gli spicchi d’aglio, i capperi ed il sedano.
Aggiungete il coniglio, fate insaporire ed aggiungete il concentrato di pomodoro sciolto in un bicchiere d’acqua calda.
Infine aggiungete i cetriolini e le olive.
Coprite e lasciate cuocere a fiamma bassa per circa un’ora, rigirando la carne di tanto in tanto ed aggiungendo un po’ d’acqua se necessario.
Sciogliete il miele nell’aceto ed aggiungete al coniglio.
Fate cuocere altri dieci minuti, poi spegnete il fuoco, regolate di sale e di pepe e lasciate raffreddare.
Servite a temperatura ambiente.

Bibliografia e sitografia:
http://www.astropa.unipa.it/Info_turistiche/cucina.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/gastrosofia/Agrodolce-sapore-fastoso.html
http://www.ponti.com/aceto-nell-antichita/
http://www.museidelcibo.it/page.asp?IDCategoria=315&IDSezione=1239&ID=37914
https://saperesapori.wordpress.com/2014/09/04/le-origini-dellagrodolce/
https://it.wikipedia.org/wiki/Silfio
https://it.wikipedia.org/wiki/Garum

Partecipano come contributors:

Lucia Melchiorre, Polpettine siciliane in agrodolce
Cinzia Gullà, Caponata al cioccolato 
Alessia Massari, Tonno in agrodolce di cedro e chutney di pere 
Cristina Tiddia, Melanzane in agrodolce

2 commenti

  1. Che bell’articolo Stephanie! e senza saperlo abbiamo toccato temi simili per parlare di questa tecnica antica ma modernissima per il gusto. Grazie dell’ospitalità e vado a leggermi le ricette!

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