Gabriele d’Annunzio e il Parrozzo

Pubblicazione: 1 Marzo 2016

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Giornata Nazionale di Gabriele d’Annunzio e del Parrozzo

Ambasciatrice Ilaria Talimani per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
E’ tante bbone ‘stu parrozze nóve
Che pare na pazzíe de San Ciatté
Chìavesse messe a ‘su gran forne tè
La terre lòavurate da lu bbove,
la terra grasse e luistre che se cóce,
chiù tonne de ‘na provole, a ‘su foche
gientile, e che duvente a poche a poche 
chiù doce de qualunquea cosa ddóce.
Benedette D’Amiche e San Ciutté!…
Gabbriele
(E’ tanto buono questo parrozzo nuovo
che sembra una pazzia di San Cetteo
che abbia messo in questo tuo gran forno
la terra lavorata dal bue
la terra grassa e lucente che si cuoce
più tonda di una provola su questo fuoco
gentile, e che diventa a poco a poco
Più dolce di qualunque cosa dolce.
Siano benedetti D’Amico e San Cetteo!…)
Gabriele

Era il 1926 quando Gabriele d’Annunzio inviava questo madrigale a Luigi D’Amico, titolare della omonima pasticceria di Pescara, per ringraziarlo del dono del Parrozzo e per glorificare quest’ultimo come “il più dolce di qualsiasi cosa dolce”. D’Amico aveva colpito nel segno quando aveva pensato di scrivere al Vate omaggiandolo di questa sua nuova creazione, facendo leva sul forte legame del poeta con la sua terra di origine e sui ricordi che tanto aveva cari.
“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan Rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e mia giovinezza … ho voluto unire queste due offerte – il ricordo e … il dolce – perché conosco il valore di certi ricordi per l’anima vostra”.

1 Al contrario di quanto comunemente si crede, D’Amico inviò il dolce al Vate non perché gli desse un nome, ma per ricevere una sorta di imprimatur. Per la creazione del Parrozzo, infatti, il pasticcere si era ispirato a un pane rustico, detto pane rozzo, che veniva preparato dai contadini abruzzesi con farina di mais (contrapposto a quello preparato con la farina di grano e riservato alla tavola dei signori), di forma semisferica e cotto nel forno a legna.

Per mantenerne inalterati la forma e i colori, D’Amico aveva riprodotto il giallo del granoturco con quello delle uova, alle quali aveva aggiunto la farina di mandorle per evidenziare la ruvidezza del pane; per rendere poi la bruciacchiatura tipica della cottura a legna, lo aveva ricoperto con del finissimo cioccolato.

L’idea ebbe successo e d’Annunzio contribuì, come già aveva fatto in precedenza con altri prodotti, ad accrescerne la fama, tanto che un suo scritto si trova ancora oggi stampato sulla carta della confezione. Il Parrozzo fu presente sulle tavole di artisti, letterati, politici, gerarchi, dei Reali d’Europa e persino su quella del sommo Pontefice.

Le iniziative di D’Amico, tra le quali l’invenzione del Parrozzo e del Senza Nome, oltre ad aver portato nuovo impulso all’azienda di famiglia, avevano certamente contribuito alla nomina di Pescara a capoluogo di provincia. Nomina fortemente sostenuta anche da d’Annunzio, il quale non mancava mai di dimostrare il profondo attaccamento alla sua terra di origine.

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Nel 1927, in prossimità dell’inaugurazione del locale Il ritrovo del Parrozzo, un ritrovo per numerosi intellettuali e artisti dell’epoca, D’Amico scrisse nuovamente al Vate spedendogli, oltre alla solita fornitura di Parrozzi, anche due album, preparati per l’occasione: il Visitor’s Book e Albo d’oro, affinché il poeta potesse lasciargli un segno del suo gradimento.

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Dato che la pasticceria D’Amico sorgeva a pochi passi dall’abitazione della madre di d’Annunzio, era quindi inevitabile che durante il rapporto epistolare i due facessero spesso menzione di conoscenze comuni o rimembranza di fatti accaduti. La sensibilità del poeta era costantemente sollecitata dal potere del ricordo che aveva su di lui la produzione dolciaria di D’Amico. Quest’ultimo aveva continuato a mandare una fornitura di Parrozzi a tutte le festività comandate e spesso il poeta ne ordinava una grande quantità che poi regalava agli amici.

In una significativa lettera del dicembre 1934 d’Annunzio scrive: “Mio caro Luigi, sempre al mio cuore il tuo parrozzo è come il più profondo sasso della Maiella spetrato e convertito in pane angelico. Non l’offri tu ritualmente all’Arcangelo esiliato? … raccomandami a San Ciattè e a San Brandano. Ti abbraccio”.

Parrozzo 1

Il rapporto fra d’Annunzio e il cibo abruzzese era fondamentalmente nostalgico e consolatore al tempo.

“Egli amava e celebrava i prodotti abruzzesi non tanto perché fosse un buongustaio, ma perché era un modo per ribadire il forte legame con la sua terra. Il dispiacere che il poeta provava per la lontananza da casa e dalla madre, si esprime anche nell’insignificante scelta di un dolce, di un formaggio, di un piatto”.

Tutto per lui rappresentava un ricordo. Specialmente quando alla vigilia, forse, del suo ultimo Natale mangiava in solitudine un Parrozzetto: “E’ finita la vigilia. Forse a quest’ora la gente è in gozzoviglia. Io sono a digiuno da 48 ore. Vado a cercare un parrozzetto. Lo apro, lo mangio. Assaporo in esso, sotto la specie dell’amarezza, il Natale d’Infanzia”.

Al Parrozzo venne dedicato un raro e raffinato opuscolo stampato a Pescara a cura di uno stampatore d’arte e intitolato La casa del poeta, contenete lettere dannunziane, foto e altro materiale legato al rapporto fra d’Annunzio e il Parrozzo.

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Il Parrozzo ha ottenuto il riconoscimento di Prodotto Alimentare Tradizionale della regione Abruzzo, nella tipologia “Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria, e della confetteria” ed è prevalentemente preparato, come da tradizione, durante le festività, in particolare quelle natalizie.

E come disse il grande De Filippo con la sua saggezza napoletana a D’Amico: “ricorda che il Parrozzo aggiunge un filo alla trama della vita”.

Parrozzo 2

Il Parrozzo

Ingredienti:
6 uova
200 g di zucchero
150 g di semolino
200 g di mandorle dolci tritate
4-5 mandorle armelline (amare) tritate
2 cucchiai di Aurum (tipico liquore pescarese) o Amaretto di Saronno
Scorza grattugiata di arancia o limone non trattati
60 ml di olio extravergine
Per la glassa:
200 g di cioccolato fondente 60%
30 g di burro
Preparazione

Separate i tuorli dagli albumi. Montate i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Unite il semolino, le mandorle, la buccia grattugiata dell’agrume, l’olio e il liquore. Mescolate fino ad amalgamare il tutto. Montate gli albumi a neve ben ferma e uniteli all’impasto, incorporandoli delicatamente con movimenti dal basso verso l’alto, per non smontare il composto.

Imburrate e infarinate uno stampo da zuccotto di circa 18-20cm di diametro, versate l’impasto e cuocete in forno caldo a 160° per 40-45 minuti circa.

Il dolce sarà cotto quando inserendo uno stecchino al centro ne uscirà asciutto.

Sfornate, lasciate il dolce nella teglia per una decina di minuti e poi sformatelo su una gratella. Fate raffreddare.

Una volta pronto, preparate la glassa facendo sciogliere burro e cioccolato a bagnomaria. Spalmate la superficie del parrozzo, che non deve risultare liscia ma grossolana, dando così l’aspetto rustico tipico del dolce.

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Fonti
Di Carlo, E. Gabriele d’Annunzio e l’enogastronomia della memoria (2013)
Chiara, P. Vita di Gabriele d’Annunzio (1999)
L’attività industriale e commerciale di Luigi D’Amico nei plausi tributati al Parrozzo – (ed altri – s.n. 19– )
www.mensamagazine.it
www.tesoridabruzzo.com

«Il Vate? Potrebbe essere il testimonial dell’Abruzzo»


www.ilcucchiaio.it
www.tastefromabruzzo.com

Partecipano come contributors:
Camilla Assandri, Gabriele d’Annunzio: Il Vittoriale e la ricetta del Parrozzo
Tamara Cinciripini, Il parrozzo
Elisabetta Vallereggio, Il Parrozzo simbolo dolce dannunziano
Gabriella Pravato, Gabriele d’Annunzio amante appassionato… del Parrozzo
Patrizia Malomo, Il Parrozzo pescarese

9 commenti

  1. Che D’Annunzio non rinunciasse ai piaceri terreni è ben noto, ma non avevo mai approfondito il suo rapporto con la cucina.
    Con il Calendario del Cibo Italiano sto riscoprendo tanti piatti della tradizione senza latticini, la cosa mi interessa molto!! 🙂
    Bravissima Ilaria, post spendido… e mi sa che a breve un parrozzo ce lo prepariamo, una piccola modifica alla glassa e lo posso mangiare anche io!

    1. Dani, la glassa la puoi fare come vuoi tu, purché resti un po’ ruvida e non a specchio perciò sei avvantaggiata. Basta che sciogli del buon cioccolato. Il mio era un 70%.
      Grazie per i complimenti 🙂 bacissimi

  2. Ilaria carissima complimenti per l’articolo denso di notizie e curiosità inedite e per la ricetta, ben fatto e molto bello, mi sono riconciliata con questo dolce che pensavo fosse molto più difficile, oggi ho deciso che lo proverò…complimenti

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