I Legumi

Pubblicazione: 24 Ottobre 2016

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Settimana Nazionale dei Legumi

Ambasciatrice Ottavia Bielli per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Arriverà in un batter d’occhio la sera del 31 dicembre in cui ci troveremo, come ogni anno, a festeggiare per augurarci buona fortuna tra buoni propositi per il futuro, calici di bollicine che tintinnano a suon di brindisi e succulenti piatti di cotechino con le immancabili lenticchie.
Già, le irrinunciabili lenticchie della notte di san Silvestro.

Un anno, questo 2016, a cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di far indossare la fascia di “ANNO INTERNAZIONALE DEI LEGUMI”.
Questi trecentosessantacinque giorni hanno avuto fin da subito, e forse da ancor prima quando l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) è stata designata per l’attuazione di questo meraviglioso e saggio progetto, lo scopo di sensibilizzare l’intera opinione pubblica sui benefici nutrizionali dei legumi in un importante contesto di produzione di cibo sostenibile.
Un anno che rappresenta un’occasione davvero unica per incoraggiare connessioni all’interno della catena del cibo e che ha il più che lodevole intento di fare un miglior uso delle proteine dei legumi, espandendone la produzione globale e utilizzando meglio la rotazione delle colture.
Vegetali preziosi per nutrire una popolazione mondiale in crescita e per praticare un’agricoltura più ecosostenibile; una sfida importante che questo “super food”  è e sarà in grado di vincere grazie ai suoi numerosi pregi di cui basta semplicemente andare alla scoperta.

VECCHI COME IL MONDO

Possiamo davvero permetterci di dirglielo.
In Medio Oriente, circa cinquemila anni prima della nascita di Cristo, si coltivavano le lenticchie e, nello stesso periodo, dall’altra parte del mondo gli Aztechi e gli Incas consumavano i fagioli, giunti poi nel nostro continente dopo la scoperta delle Americhe.
Abbondano notizie sulla loro coltivazione dalle tombe reali degli antichi Egizi all’Iliade di Omero nella Grecia antica.
I legumi rientravano nella dieta degli antichi Greci: zuppe di legumi misti, le cosiddette “panspermià”, venivano offerte alla Grande Madre quando iniziava la primavera, come rito propiziatorio per avere un buon raccolto. I più umili di tutti erano i lupini, chiamati “thermòs”, che comparivano sulle tavole della Grecia contadina nell’ultimo giorno di ogni mese, con lo scopo di propiziarsi Ecate, dea dell’Oltretomba ed allontanare dalle case i fantasmi.
Un altro cibo tipico dei giorni di digiuno era la fava.
Omero, nell’Iliade, scrive di distese che “biondeggiavano di fave nere e ceci”.
Altro legume di cui si hanno antichissime notizie sono i ceci, che venivano consumati abbrustoliti, come saporito passatempo, nei teatri e nelle agorà.
Di “dorati ceci crescono sulle rive bianche del mare” si può leggere tra le righe della poetessa Saffo.
Diffusissime erano le lenticchie che venivano consumate, sotto forma di zuppe, nei pranzi privati, nell’intimità delle mense domestiche; tipiche dei giorni di magro, venivano apprezzate per il loro valore proteico, tanto che Ippocrate le consigliava agli uomini anziani, per potenziarne la virilità.
Anni dopo, l’Antico Testamento ci racconta che per un buon piatto di appetitose lenticchie Esaù cedette i suoi diritti di primogenito al fratello Giacobbe.

In epoca medievale i legumi erano considerati un piatto povero, perché consumato soprattutto dalle classi più umili. Con il passare del tempo diventarono uno dei simboli dell’alimentazione monastica che, agli antipodi rispetto alla ridondante mentalità dei potenti signorotti che si basava sull’opulento consumo di carne come espressione di superiorità, richiamava un modello di filosofia alimentare molto più sobrio e dimesso: gli alimenti da prediligere erano pertanto gli ortaggi e i legumi, simbolo di purezza, perché primordiale cibo dell’uomo.

Carichi di valore mistico, perché legati alle figure dei grandi monaci eremiti, simboleggiavano la lontananza dalla lussuria e la mortificazione del corpo.
Ma al di là della simbologia i legumi nel Medioevo rappresentavo una fonte di sostentamento fondamentale per tutta quella parte di popolazione meno agiata, da affiancare o sostituire ai cereali non solo durante i periodi di grave carestia.
In seguito alla scoperta delle Americhe e alla conseguente conoscenza di nuove ed esotiche varietà di fagioli (sebbene gli storici non siano del tutto sicuri che siano stati introdotti in Europa grazie alla scoperta di Colombo, è pur vero che la coltivazione di questo legume risale proprio a tale periodo), l’interesse per i legumi ritrovò un certo favore non solo sulle umili tavole del popolo; ma fu solo con la Rivoluzione Francese che questi cibi salirono alla ribalta nella cucina aristocratica.

Oggi, forse, con il diffondersi di stili alimentari vegetariani e vegani, grazie agli occhi dei nutrizionisti sempre più puntati sull’importante binomio cibo/salute e ai riflettori accesi sul “benessere” del nostro pianeta, l’interesse per questa vastissima gamma di alimenti è in continua crescita e, per fortuna, sempre meno considerata fuori moda.

Diffusi in tutto il globo i legumi comprendono circa settecento generi con oltre ventimila specie presenti in tutti i continenti e, per quel che riguarda la nostra bella penisola, non mancano alcuni fiori all’occhiello di cui far vanto.
In Italia oltre a una straordinaria varietà di tipologie di legumi, oltre sette tipicità, coltivate a piccole realtà territoriali, vengono ad oggi tutelate della Igp (Indicazione Geografica Protetta): la lenticchia di Castelluccio di Norcia, i fagioli bianchi di Rotonda, i fagioli di Lamon, i fagioli di Sarconi, il fagiolo cannellino di Atina, il fagiolo di Cuneo e il fagiolo di Sorana. Senza dimenticare che sono ben ventinove i legumi tipici che Slow Food ha introdotto fra i suoi Presidi del Gusto come il Lupino gigante di Vairano e la fava larga di Leonforte.

ph. Daniela Boscariolo

IL SUPER FOOD CHE NON TI ASPETTI

S come SALUTARI
Capaci di apportare all’organismo una discreta quantità di carboidrati, principalmente in forma di amido (zucchero complesso) e di fibre, svolgono un’importantissima azione di regolazione degli zuccheri nel sangue e di controllo della glicemia insieme ad una precoce e prolungata sensazione di sazietà dopo il pasto. I grassi presenti sono i cosiddetti “buoni” polinsaturi, dalla ben nota azione antinfiammatoria e trigliceridemizzante (riduzione dei trigliceridi nel sangue).
Noti forse ai più come la “carne dei poveri”, sono ricchi di proteine (con un media del 20% fino a punte del 37% nella soia) e, se combinati a tavola con i cereali, diventano quello che potremmo definire un matrimonio nutrizionale davvero ben riuscito, che ha fatto riempire i ricettari regionali di piatti squisiti (pasta e fagioli, ciceri e tria, risi e bisi).

“I legumi sono altamente nutrienti.”
“I legumi hanno benefici importanti per la salute.”
(Messaggi chiave – www.fao.org)

E come ECOSOSTENIBILI ed ECONOMICI
La produzione dei legumi richiede l’impiego di una bassa quantità di acqua.
Basti pensare che per produrre un chilo di piselli servono “solo” 50 litri di acqua, contro i 4.300 litri per un chilo di pollo e i ben 13.000 litri per un chilo di manzo.
Farà piacere sapere che possono essere alla portata di ogni portafoglio: hanno infatti un prezzo così basso da incidere solo per il 3% sulla cifra che ogni famiglia spende annualmente per riempirsi la pancia.

“I legumi promuovono l’agricoltura sostenibile e contribuiscono all’adattamento al cambiamento climatico.”
“I legumi sono economicamente accessibili e contribuiscono alla sicurezza alimentare a tutti i livelli.”
(Messaggi chiave – www.fao.org)

Lenticchie, fagioli, ceci, piselli, fave, roveja o cicerchie.
Freschi, essiccati o surgelati.
Non ci sono davvero scuse per non portarli a tavola almeno tre volte a settimana, come consigliano i nutrizionisti.

Se qualche ostinato polemico potrebbe ancora saltarsene su dicendo che possono, però, essere difficili da digerire, ecco un ottimo vademecum per metterlo a tacere e farlo sedere a tavola davanti a un bel piatto di legumi.
– Prolungare il tempo di ammollo e di cottura, cambiando spesso l’acqua e togliendo la schiuma che si forma in superficie.
– Aggiungere nell’acqua di ammollo e di cottura un pezzetto di alga kombu.
– Aggiungere a crudo erbe aromatiche come finocchietto, malva, cumino, aneto, coriandolo, origano o menta.
– Aggiungere il sale a fine cottura per evitare che la buccia dei legumi indurisca.
– Preferire varietà decorticate e scegliere preparazioni frullate/passate.

FRESCHI O SECCHI?

I legumi possono essere considerati un’eccezione al “meglio se di giornata”. Li si può conservare per mesi senza che perdano (o solo in minima parte) il loro valore nutrizionale.
Certo in primavera e in estate i legumi freschi sono da preferire; dolci e teneri, i più diffusi sono i cosiddetti “mangiatutto” (come taccole, meraviglie di Venezia, fagiolini) di cui si consuma anche il baccello, i fagioli, le fave e i piselli entrambi deliziosi da assaporare crudi appena sgranati.
Ma quando le stagioni non ci permettono più di gustarli in tutta la loro freschezza ecco che fanno capolino i legumi secchi: come tradizione insegna, se avete la fortuna di avere un orto, possono esser fatti essiccare direttamente sulla pianta o, come i tempi moderni sempre più spesso richiedono, possono essere acquistati già seccati industrialmente. Il processo industriale prevede che i legumi, una volta arrivati in stabilimento, vengano puliti, lavati e poi fatti passare in un tunnel di essiccazione ad aria calda.
Abbandonata la piacevolezza della freschezza, ci sarà il vantaggio di una lunga possibilità di conservazione (in un luogo fresco e asciutto, ben al riparo dalla luce e per non più di un anno), con il solo “svantaggio”, se proprio così lo vogliamo chiamare, dell’ammollo prima della cottura.
Ecco alcuni tempi di ammollo per un risultato davvero ottimale a fine cottura:
– 24 ore per i ceci
– 12 ore per i fagioli
– 24 ore per le fave, se con buccia, o 8 ore, se senza
– 8 ore per i piselli
– alcuni giorni, con molteplici cambi d’acqua, per cicerchie e lupini
– non necessitano di ammollo le lenticchie.

DIAMO UN PO’ I NUMERI

In Italia operano 37.000 aziende per la produzione dei legumi. Nel 2015 il raccolto è stato di 121.469 tonnellate, di cui il 65% si concentra in sole 5 regioni: Sicilia, Abruzzo, Toscana, Marche e Puglia.
Il consumo annuo pro capite è di circa 6,1 chili.
Il 3% del budget mensile è la spesa che gli Italiani destinano all’acquisto di legumi. I quattro tipi di legumi più venduti nel 2015: 40% lenticchie, 24% fagioli, 20% legumi misti e 12% ceci.

LE RICETTE

Penne con cicerchie e gremolada

Il bello della cucina è andare alla riscoperta di ingredienti dimenticati e sapori perduti.
La cicerchia, tipico legume della regione abruzzese, molisana e marchigiana, è un ingrediente antico che spesso è rimasto in ombra rispetto ai cugini ceci, fagioli e lenticchie.
Molto salutari, le cicerchie hanno un sapore pieno e gustoso, che si presta alla perfezione per la preparazione di zuppe o minestre, contorni o secondi piatti; ma possono essere impiegate anche per condire un buon piatto di pasta.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:
320 g di penne rigate
200 g di cecerchie (secche)
la scorza di 2 limoni non trattati
2 spicchi di aglio
prezzemolo fresco q.b.
olio extra vergine di oliva q.b.
sale q.b.
pepe nero q.b.

Lasciare in ammollo le cicerchie per almeno dodici ore.
Sciacquarle e cuocerle in pentola a pressione per 10 minuti lasciandole, a fine cottura, ancora in ammollo per qualche minuto.
Tritare finemente il prezzemolo e schiacciare due spicchi di aglio.
Grattugiare la scorza dei limoni.
Amalgamare il prezzemolo, l’aglio e la scorza di limone con olio sufficiente a creare una salsa piuttosto fluida.
Cuocere la pasta per il tempo di cottura previsto.
Condire con le cicerchie e la salsa gremolada.
Servire le penne ben calde, spolverizzando con abbondante pepe nero e guarnendo con qualche foglia di prezzemolo fresco.

Pappardelle di farro con lenticchie stufate

“Mangiar lenticchie porta bene”.
Se porta bene a Capodanno perché non far valere questa deliziosa credenza tutto l’anno? In fin dei conti ci speriamo sempre, inutile negarlo.
Allora perché non augurarsi il meglio gustandosi un buon piatto di lenticchie?
Mal che vada ci saremo mangiati uno di quei piatti che fanno bene alla pancia e anche un po’ al cuore.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:
200 g di lenticchie rosse (NON decorticate)
600 g di polpa di pomodoro
2 spicchi di aglio
1 costola di sedano
1 piccola carota
1 piccola cipolla bianca
100 ml di vino bianco
brodo vegetale q.b.
olio extra vergine di oliva q.b.
sale q.b.
pepe nero q.b.

200 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina di farro integrale
2 cucchiaini rasi di erbe aromatiche essiccate
150 ml circa di acqua tiepida
2 pizzichi generosi di sale integrale

Tritare finemente la costola di sedano, la carota e la cipolla bianca.
In un tegame dal fondo spesso far scaldare due cucchiaio di olio, aggiungere il soffritto tritato e gli spicchi di aglio. Sfumare con il vino bianco.
Far rosolare per qualche minuto pepando a piacere.
Aggiungere la polpa di pomodoro e cuocere per una decina di minuti.
Unire le lenticchie e far stufare a fuoco dolce per circa un’ora, aggiungendo brodo vegetale all’occorrenza e mescolando di tanto in tanto.
Salare le lenticchie solo a fine cottura.
Nel frattempo preparare le pappardelle: mescolare la farina di farro, la semola, due pizzichi di sale e le erbe essiccate, quindi impastare con l’acqua tiepida fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica.
Far riposare l’impasto avvolto nella pellicola trasparente per mezz’ora.
Stendere la pasta fino al penultimo spessore della sfogliatrice e tagliare delle pappardelle larghe un centimetro.
Cuocerle in abbondante acqua salata per tre minuti.
Condire e servire le pappardelle ben calde, aggiungendo un filo di olio a crudo e pepe nero.

Purè di ceci e cannellini

Il purè è uno dei comfort food più amati da grandi e piccini: scalda il cuore e riempie la pancia, forchettata dopo forchettata.
Certo è un vero e proprio pieno di carboidrati; una parte delle patate può però essere sostituita senza problemi da legumi che, una volta frullati, lo renderanno comunque cremosissimo. e il pieno questa volta sarà anche di proteine!

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:
175 g di cannellini secchi
175 g di ceci secchi
2 patate medie
4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
1 piccolo rametto di rosmarino
1 manciata di noci brasiliane
1 cucchiaio di mandorle a scaglie
1 cucchiaio di pinoli
sale q.b.
pepe nero q.b.
foglioline di salvia per decorare

Mettere i cannellini e i ceci in una ciotola capiente e coprirli con acqua fredda. Lasciare in ammollo per 10/12 ore, cambiando l’acqua almeno un paio di volte se possibile.
Cuocerli per una cinquantina di minuti.
In un’altra pentola lessare le patate in abbondante acqua salata fino quando saranno ammorbidite.
Schiacciare le patate con un passa verdura o uno schiaccia patate e frullare i legumi con un blender.
Amalgamare la purea di patate con i legumi frullati, aggiungendo un po’ di acqua di cottura (delle patate) fino ad ottenere la densità desiderata.
Aggiustare di sale se necessario.
Scaldare l’olio in una padella piccola e poi aggiungere le mandorle a scaglie, facendole tostare per un paio di minuti, avendo cura di non farle bruciare.
Spegnere il fuoco e poi aggiungere il rosmarino tritato e i pinoli.
Servire il purè di ceci e cannellini in una ciotola, irrorandolo con l’olio e spolverizzando con una macinata di pepe nero.
Guarnire con qualche fogliolina di salvia fresca e servire subito.

Bibliografia:
“Che cosa mangiamo” – N. Sorrentino e A. Bay
“Slow veggie. Cucina per l’anima.” – Maggio/Giugno 2016
“Cucina moderna” – Ottobre 2016
www.fao.org
www.taccuinistorici.it
www.saggiesaggi.it
Partecipano come contributors:
Alessandra Gabrielli, Zuppa di legumi nel pane
Daniela Boscariolo, Legumi preziose proteine vegetali e le sue ricette
Ottavia Bielli, Purè di ceci e cannellini
Laura Bertolini, Fagiolina del Trasimeno con cozze e vongole
Sara Grissino, Ceci Fritti
Daniela Boscairolo, Hamburger di Lupini, Funghi e Topinambur

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