I vini dell’Emila Romagna

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Pubblicazione: 6 Marzo 2017

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Quando si parla di Emilia Romagna la mente corre al cibo, alla cucina ricca e ben fatta, ai tortellini, alla piadina, alla Riviera romagnola con le sue spiagge, le discoteche, l’esuberanza dei suoi abitanti, oltre alla simpatia e all’ospitalità degli albergatori.
Per quanto riguarda il vino, invece, non viene quasi considerato. Ecco, questo è un grande errore e prima di tutto a sbagliare siamo noi, che non riusciamo a valorizzare e a far conoscere il nostro prodotto. Forse perché siamo circondati da regioni “importanti” sotto quest’aspetto, vedi Toscana e Veneto, e risentiamo del complesso d’inferiorità.
Quindi in quest’articolo cercheremo di farlo conoscere, almeno un pochino, e di promuoverlo al meglio.
Se iniziamo a trattare un poco la storia della vitivinicoltura della nostra regione, ci accorgiamo che il Lambrusco si può definire, a pieno titolo, il progenitore della viticoltura dell’Emilia-Romagna, infatti alcune scoperte archeologiche confermerebbero che la Vitis Labrusca, grazie al ritrovamento di semi e radici fossilizzate di questa specie, sia databile fra il XX e il X secolo a.C.

uva lambrusco

Plinio il Vecchio la cita nella sua NaturalisHistoria, Virgilio racconta (nella sua Quinta Bucolica) che si conosceva dell’esistenza della Vitis Labrusca già da duemila anni.
Nonostante queste importanti scoperte archeologiche, non ci sono tuttavia notizie certe relativamente all’uso della Vitis Labrusca per la produzione di vino. Le prime notizie attendibili sulla coltivazione della vite e la produzione del vino in Emilia-Romagna risalgono al VII secolo a.C. (civiltà villanoviana di Verrucchio, nei pressi di Rimini). Si dovrà attendere l’arrivo degli antichi Romani per dare inizio a un importante sviluppo della coltivazione della vite e della produzione di vino.
Con le invasioni longobarde,  nel 568 d.C., la vitivinicoltura conosce un periodo di recessione e sarà solo grazie all’opera dei diversi ordini religiosi, in particolar modo i Benedettini, che la coltivazione della vite e la produzione di vino sarà preservata da ulteriori recessioni.
Svariati sono i documenti in cui si fa riferimento a diversi vitigni presenti nel territorio, ma soprattutto alle diverse varietà di Lambruschi. A partire dal XVII secolo, la vite selvatica è ormai divenuta una varietà addomesticata, ampiamente utilizzata per la produzione di vini bruschi e frizzanti.
Anche qui nel 1800, con l’arrivo della Filossera, ci sarà una battuta d’arresto della viticoltura, anche se  è singolare il caso che si verificò nel delta del Po, nei pressi dell’odierno territorio della DOC Bosco Eliceo, dove i vigneti di uva Fortana furono risparmiati da questo parassita e, ancora oggi, sono innestati su piede franco e non su varietà di origine americana come in tutta Italia.
Nel ‘900 poi, con la fine della mezzadria, inizieranno a crearsi piccole aziende private e diverse grandi cooperative, nella nostra regione siamo all’avanguardia, iniziando così una produzione più legata alla quantità, in particolare, di vini prodotti con le diverse varietà di uve Lambrusco. Questo lungo periodo ha permesso al Lambrusco di essere conosciuto ovunque nel mondo, e in particolare negli Stati Uniti d’America. Purtroppo difficilmente la quantità premia la qualità e questo ha generato la convinzione diffusa che con quest’uva si producono solamente vini ordinari, errore grossolano, smentito ultimamente con esempi di produzioni di alta qualità.Ora però risalire la china e azzerare i pregiudizi è davvero difficoltoso!!!

grappoli

Ma arriviamo ai giorni nostri…
In Emilia-Romagna la produzione di vino riguarda l’intero territorio, dai confini con la Lombardia fino al mare Adriatico. Nonostante l’enologia regionale sia orientata alla produzione di vini da vitigni autoctoni, la presenza di varietà “internazionali” è piuttosto rilevante, sia utilizzate in purezza, sia miscelate con le varietà locali.
Volendo differenziare la vinificazione in due aree principali si può sostenere che – la parte occidentale della regione – è tradizionalmente legata alla produzione di vini frizzanti (Lambrusco, Colli Piacentini, Gutturnio e Ortrugo). Nella parte orientale della regione – la Romagna – la produzione è prevalentemente dedita ai vini secchi e dolci, sia bianchi, principalmente con le uve Albana, Pignoletto, Trebbiano Romagnolo e Pagadebit (Bombino Bianco), sia rossi, principalmente da uve Sangiovese.

Fra le varietà “internazionali” più diffuse in Emilia-Romagna si ricordano: Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot.
Piccola premessa doverosa per chi non si occupa di enologia: in Emilia Romagna come in qualsiasi altra regione italiana, possiamo trovare svariate tipologie di vino, che in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia, possiamo definire Vini da Tavola (livello più basso del sistema), vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), vini Denominazione d’Origine Controllata (DOC) e Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (DOCG).
Potrei ora classificare le aree DOC e DOCG, con un elenco infinito di nomi di vini, ma preferisco lasciare spazio ad una foto esplicativa di tutti i vini DOP e parlare in particolare di eccellenze o particolarità.
Inizierei con i due vini DOCG della regione:
– Romagna Albana DOCG, uno dei primi vini bianchi in Italia a ricevere il riconoscimento DOCG. Lo assaggiai la prima volta una decina di anni fa in una vacanza in Romagna, e vi assicuro che soprattutto la tipologia dolce è notevole. Presenta un colore giallo paglierino, tendente al dorato nei prodotti invecchiati, e ha un sapore caldo armonico, con profumo caratteristico. La versione passito è ideale per accompagnare dolci secchi e non solo ed è considerata tra i migliori vini dell’intera denominazione.
– Colli Bolognese Classico Pignoletto DOCG, la cui produzione deve avvenire in aree definite della provincia di Bologna e una piccola zona di Modena. Si tratta di un bianco secco (zuccheri consentiti max 6g/l, in tipologia ad alta gradazione alcolica), dal colore giallo paglierino più o meno intenso, con eventuali riflessi verdognoli; profumo delicato, caratteristico e sapore fine, armonico. Viene prodotto con almeno 95% di uve Pignoletto e abbinato agli antipasti, primi di carne e secondi piatti di carni bianche.

Il Lambrusco poi occupa un posto di rilievo per quanto riguarda i numeri della produzione e dell’esportazione. Abbiamo molte varietà diverse: le più conosciute sono il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Grasparossa e il Lambrusco Salamino, ai quali si aggiungono il Lambrusco Marani, il Lambrusco Maestri, il Lambrusco Montericco e il Lambrusco Viadanese, quest’ultimo tipico della provincia di Mantova, in Lombardia. Il Lambrusco comincia ad essere presente nei vigneti della provincia di Parma e diventa il protagonista quasi assoluto in quelli di Reggio Emilia e di Modena. Il vino che si produce con il Lambrusco può essere “secco” o “amabile”, ma sempre frizzante, con una caratteristica effervescenza ottenuta spesso con la fermentazione naturale. Nonostante il Lambrusco sia associato all’immagine di vino “ordinario”, sono molti i produttori che, grazie a criteri di qualità, riescono a produrre vini di notevole interesse e che andrebbero certamente rivalutati. Il Lambrusco si esprime ottimamente nelle aree collinari nei pressi del borgo medievale di Castelvetro – in provincia di Modena – dove si produce il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC.
Il Lambrusco è un vino che si sposa con i prodotti della cucina emiliana, ricchi di grassi e aromi. Si abbina bene anche con la carne suina, le salsicce e salumi, è ottimo da gustare con i formaggi a grana tipici della zona. Viene utilizzato in cucina nella preparazione di piatti, come lo zampone e il cotechino, o primi piatti come il risotto al Lambrusco e la pasta al Lambrusco. È anche utilizzato nella vinoterapia: alle Terme di Salvarola, sulle colline modenesi, si possono provare alcuni trattamenti a base di Lambrusco e dei suoi derivati, che grazie all’alta concentrazione di polifenoli, potenti antiossidanti, contrastano l’invecchiamento della pelle.

Il Sangiovese di Romagna Doc, poi, è sinonimo di vino rosso in Romagna: pare che sia proprio qui la patria di questo vitigno, che troviamo in tutta l’Italia centrale. Il nome deriva da “Sangue di Giove”, e sono in molti a ritenere che questa definizione derivi dal monte Giove, in provincia di Rimini, dove l’uva veniva coltivata. I risultati che si ottengono con il Sangiovese nella terra di Romagna sono estremamente interessanti, e con varietà organolettiche notevoli. Si passa da vini leggeri fino a vini di buona struttura, dal gusto secco e deciso.
Si produce in un territorio piuttosto vasto, dalla provincia di Bologna fino alla costa orientale del mare Adriatico. Il Sangiovese di Romagna prodotto nelle migliori colline della denominazione con un volume alcolico non inferiore al 12% può utilizzare l’indicazione “superiore”, mentre se sottoposto a un periodo di maturazione non inferiore ai due anni può utilizzare in etichetta l’indicazione “riserva”. Il colore è rosso rubino talora con orli violacei, sentori vinosi con profumo delicato che ricorda la viola. Il sapore è secco, armonico, talvolta anche un po’ tannico, con retrogusto amarognolo. Si abbina con salumi, primi al ragù, paste ripiene e pasticciate, arrosti, bolliti, ma nella versione riserva anche a cacciagione e selvaggina.

I vini Bosco Eliceo Doc, prodotti nelle province di Ferrara  e Ravenna, sono chiamati anche i vini delle sabbie e sono una curiosità per la nostra regione. L’ambiente in cui crescono le viti, la particolare umidità, le nebbie, l’aria e il terreno salmastro per la vicinanza del mare determinano il carattere dei quattro vini: Fortana, Merlot, Sauvignon e Bianco del Bosco. Il terreno sabbioso da cui nascono potrebbe essere il motivo per cui i vitigni sono riusciti a sopravvivere alla Fillossera.

Degno di nota risulta pure il Gutturnio Doc, vino tipico della provincia di Piacenza, che viene prodotto con uve barbera e bonarda (croatina). Il suo nome è dovuto al ritrovamento di un boccale d’argento trovato in zona (gutturnium). Il colore rosso rubino più o meno intenso, il profumo vinoso e il gusto gradevole lo rendono ideale per l’abbinamento con salumi, carni bianche e rosse.

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Sempre di Piacenza è importante citare il Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno, un vino DOC  prodotto in quantità limitate da uve bianche aromatiche e non aromatiche, ideale per l’assaggio di formaggi stagionati e dolci.

Come dicevamo già prima questi sono solo una piccola parte dei vini presenti in regione, se volete però avere un quadro più preciso e soprattutto provarne un assaggio vi consiglio una gita presso l’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna, che si trova a Dozza presso la Rocca Sforzesca.
Dozza è un caratteristico borgo sulle colline tra Bologna e Imola, circondato da mura e posizionato dove idealmente si uniscono l’Emilia e la Romagna. Ogni due anni, in questo luogo, si organizza una manifestazione dove pittori provenienti da tutto il mondo possono dipingere murales sulle abitazioni o sugli edifici comunali del luogo. Proprio all’interno della Rocca, una costruzione ricca di fascino e storia, risiede l’enoteca. Qui si possono scoprire, degustare e acquistare i migliori vini della regione, sotto la guida di competenti sommelier si organizzano corsi di degustazione, eventi e laboratori dedicati a professionisti, operatori e semplici appassionati.
Scendendo negli affascinanti sotterranei si può visitare la Mostra Permanente, un immaginario viaggio in un’ideale carta dei vini. Le oltre 1000 etichette presenti sono esposte secondo il criterio dell’abbinamento con i cibi: si inizia dai vini adatti come aperitivo e per antipasti, per poi passare a quelli ideali con i primi piatti, poi con i secondi di carne o di pesce, i formaggi, i dessert, per concludere con liquori e distillati. All’enoteca sono presenti anche altre eccellenze della regione: l’olio extravergine d’oliva di Brisighella e colline di Romagna e l’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia e Modena.

Bibliografia
http://www.diwinetaste.com/dwt/it2007022.php
http://www.enotecaemiliaromagna.it
Il sommelier Testi didattici Corsi di formazione F.I.S.A.R.

di Elena Broglia del blog Zibaldone culinario.

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