Cucina delle erbe e dei fiori

Pubblicazione: 16/05/2016

Condividi l'articolo:

Associati per pubblicare

Ormai è una moda che dilaga da qualche stagione nei ristoranti più chic e ha già contagiato il mondo dei foodies della rete che, pubblicando ricette e fotografie sempre più curate, sono spesso invogliati all’uso di erbe e fiori nel piatto. Fanno molta allegria, è vero, e danno alle nostre pietanze un aspetto fresco, una sensazione fragrante e un tono indiscutibilmente elegante.
Ma aggiungere ai propri piatti un tocco di colore con un fiore, o una nota leggermente aspra con qualche fogliolina speciale, non è solo parte del desiderio di abbellire il piatto: accade sempre più spesso che anche chef molto noti manifestino un interesse crescente verso l’uso di piante spontanee per i propri piatti più ricercati.
Aumentano anche in rete, gruppi di appassionati raccoglitori d’erbe che si confrontano con l’obiettivo di imparare a conoscere, e riconoscere, sempre meglio questi preziosi doni, spontaneo regalo della natura. Spesso sono il bottino di una passeggiata nella natura, in assoluto relax e respirando aria buona.

Alimentarsi con le erbe spontanee è qualcosa che ci appartiene in maniera profonda, fa parte del nostro patrimonio ancestrale. Fin dal Neolitico si raccoglievano erbe e frutti spontanei. Mentre agli uomini era destinata la caccia, delle donne era il compito di occuparsi dell’alimentazione, della raccolta e della selezione di frutti ed erbe.
Gli antichi erbari e i testi sulle piante medicinali, dove si conservavano le informazioni sugli usi delle erbe e dei fiori, sono i primi esempi di quella che, in epoca recente, diverrà una vera e propria disciplina, l’etnobotanica, che si occupa tanto di agricoltura, fitoterapia, etnoveterinaria, quanto di riti religiosi, credenze popolari e riti magici.
L’etnobotanica ricostruisce in maniera abbastanza intuitiva lo sviluppo empirico di questa parte della cultura popolare: è facile immaginare come l’uomo antico abbia potuto cercare di comprendere quali erbe fossero commestibili… più spesso osservando le abitudini degli animali, ma talvolta anche “tentando” e sbagliando, con conseguenze anche tragiche.

L’aspetto intrinseco alla commestibilità delle erbe e dei fiori spontanei, il più prezioso e insostituibile, è però quello delle virtù terapeutiche di cui sono portatori. Un sapere tutto femminile, questo dell’uso officinale delle piante, che origina proprio dal lasciare alle donne il compito della raccolta e della preparazione, attività che si affiancavano a quelle quotidiane di accudimento e cura dei familiari. In questo mondo fatto di donne “curatrici”, affonda le sue radici la nascita di questo saper preparare rimedi e cure. Una competenza tramandata quasi sempre oralmente da madre a figlia, da nonna a nipote e che, in epoche difficili e buie ha sostituito la medicina ufficiale per intere classi di popolazioni tra le meno abbienti. L’insieme di queste conoscenze si rivelò particolarmente prezioso in tempi di carestia, o di guerra, quando il saper raccogliere le erbe spontanee poteva regalare un pasto e, letteralmente faceva la differenza tra il sopravvivere, oppure no.

Purtroppo, durante il XIV sec., quando oltre alle carestie anche la peste imperversava, il clima di insicurezza di un momento storico così faticoso divenne terreno facile per credenze e superstizioni: gli spiriti del male si nascondevano ovunque, la Chiesa indagava le pratiche popolari dei rimedi e delle cure naturali come qualcosa di misterioso e pericoloso; la fame e la paura fecero il resto. La caccia alle streghe e l’Inquisizione imperversarono per oltre due secoli. Furono le donne ad esserne maggiormente colpite, proprio nella parte più Sacra, quella delle intuizioni e del sentire, che permetteva loro di conoscere le “virtutes herbarum”, le virtù delle erbe.
Un regolamento sull’uso delle erbe spontanee e la loro funzione terapeutica venne sancito dal Concilio di Trento (metà ‘500), che bollò come atti di stregoneria gran parte dei rimedi fino ad allora adottati. Con questo metodo si creò una frattura tra la medicina popolare praticata soprattutto dalle donne, e quella accademica esercitata dagli uomini delle comunità religiose.
Le fate erbe vennero così trasformate in strumenti da streghe, e il loro “dominio” concesso solo al potere maschile. 
Intere generazioni scibile femminile andarono quasi perse, e con esse anche la capacità di saper riconoscere e raccogliere le erbe e i fiori, che divenne qualcosa da nascondere e da custodire in segreto, pena la possibilità di essere accusate di stregoneria.

Il “dominio” maschile fu per secoli esercitato nei conventi dove, già dall’alto medioevo, i monaci coltivavano gli Hortus Simplicium medicamentorum (dal latino Medicina Simplex, termine usato per definire le erbe medicinali). In questi luoghi, piante “semplici” come la melissa, la verbena, la camomilla, l’achillea e molte altre, attraverso tinture alcoliche, macerati, decotti e sciroppi, continuarono ad essere lavorate, sulla scorta dei precetti derivanti da quel grande contenitore culturale che è l’esperienza popolare.

Oggi è sempre più manifesto il bisogno di tornare a queste forme essenziali di sapere, perché fanno parte di un grande patrimonio, sono un luogo imprescindibile di cultura a cui è bello poter sentire di appartenere. Affascinante, poi, è fare una rilettura delle antiche conoscenze, riportandola e riadattandola ai nostri palati, alle attuali esigenze e alle forme di piacere e di bellezza che caratterizzano la nostra epoca. In questo contesto possiamo interpretare l’uso dei fiori commestibili imparando a sceglierli non (solo) come un accessorio di moda e di colore, ma anche per le delicate sfumature di gusto che possono donare alla preparazione. Questo tipo di attenzione e di cura porterebbe sulle nostre tavole la massima valorizzazione dei fiori e delle conoscenze che per secoli ne hanno accompagnato l’uso.

Per raccogliere fiori commestibili ed erbe spontanee non serve vivere in luoghi isolati e lontani dalle città, a volte basta una gita domenicale fuori porta per trovarne alcuni tra i più popolari e utilizzati nella nostra tradizione gastronomica. Ortica, tarassaco, cicoria, silene, carota, achillea, artemisia, malva, trifoglio, piantaggine, salvia pratensis, borragine, farinello, portulaca, crespino, calendula sono una lista –non piccola- di piante assolutamente reperibili, facili da distinguere e talvolta considerate persino infestanti, ma con virtù a dir poco stupefacenti!
Tra le erbe aromatiche invece, che possiamo coltivare anche in maniera autonoma nei vasi sul balcone, troviamo rosmarino, basilico, timo, timo limone, menta, origano, maggiorana, erba cipollina, elicriso, lavanda, melissa…
Che siano spontanee o coltivate in vaso, tutte queste piante sono utilizzate in erboristeria e nella medicina naturale. Noi, quotidianamente possiamo sceglierle per i nostri piatti e impiegarle con intelligenza senza eccedere nelle quantità: potranno portare in tavola il loro gusto inconsueto e nello stesso tempo migliorare la qualità della nostra salute.

La ricetta proposta è quella dei sali aromatizzati ai fiori: qualcosa di assolutamente semplice ed essenziale, dove però sapori e gli accostamenti sono scelti in funzione del loro gusto specifico.
Prepararli in casa è davvero facile: basterà raccogliere dei fiori freschi commestibili, scelti tra quelli delle piante aromatiche, ma anche delle piante spontanee. Dovrete inoltre procurare del sale grosso. Il mio consiglio è di scegliere dei sali di provenienza certa, magari integrali oppure colorati. Un classico esempio è il Rosa dell’Himalaya, oppure il Blu di Persia, i fiocchi di sale di Cipro, il sale affumicato. Si tratta di pregiate eccellenze, anche molto differenti tra loro, che possono portare sulle nostre tavole qualcosa di particolare dei loro paesi d’origine.
Gusti e accostamenti potranno fare grande differenza conferendo una nota profumata e croccante su una semplice insalata, su un filetto di pesce bianco cotto al vapore, dentro una marinata per un barbecue speciale, in un purè insolito o su un freschissimo formaggio primo sale fatto in casa.

Se usate fiori ed erbe freschi, la proporzione da seguire è circa il 25% aromi + 75% sale.
Se usate fiori ed erbe essiccati, la proporzione consigliata è invece circa il 15% aromi + 85% sale.
Pesate dunque erbe e fiori in grammi e poi fate la proporzione con il sale.
Passate il sale e gli aromi in un piccolo frullatore, iniziando prima con qualche “colpo” a velocità massima, poi proseguendo in maniera continuativa a velocità medio-alta fino a polverizzare le erbe e ridurre a granelli piuttosto piccoli anche il sale grosso. Nel caso dei fiori freschi, il sale risulterà molto umido: preparate allora un foglio di carta-forno su una leccarda, distribuitevi il sale e lasciatelo asciugare a temperatura ambiente, eventualmente in forno azionando solo la ventola. Nel giro di due ore si trasformerà in una sorta di grande crosta. Sbriciolate il tutto e invasate.
Il sale così preparato si conserva per molti mesi, in barattoli di vetro chiusi.

Idee per i vostri Sali in cucina:
Rosa canina, fiori di rosmarino e fiori di salvia pratensis, con sale rosa dell’himalaya
Foglie di sedano, foglie di Alliaria pettegolata e fiori di trifoglio, con sale grosso di Trapani
Fiori di rosmarino, di erba cipollina, di salvia pratensis, con sale integrale

Sitografia:
http://www.cipaatpistoia.it/archivio/fitoalimurgia%201.pdf
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/spezie-aromi/Storia-erbe-selvatiche.html
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/gastrosofia/Misticanza-delle-fate-erbe.html
http://mused.uniroma1.it/lezioni/ProgettoChimica/Lepiantemedicinalinellastoria.html

Partecipano come contributors:

Alessia Massari, Tortelli integrali di patate e aglio orsino
Donatella Bartolomei, Gelatina di mele ai fiori di acacia
Camilla Assandri, Crostatine alla Crema di Tarassaco
Sara Sguerri, Panna Cotta alla Lavanda Marina
Maria Di Palma, Farfalle al pesto di erbe selvatiche e nocciole
Daniela Boscariolo, Fitoalimurgia in cucina
Laura Bertolini, Crostata di riso con ricotta, salsiccia e fiori di zucca
Fausta Lavagna, cucinare col nasturzio: crocchette di patate e fiori e insalata con foglie 
Alice Del Re, Frittelle di fiori di acacia
Alessandra Gabrielli, Frittelle di Fiori di Acacia
Monica Campagnoli, Sciroppo di Fiori di Sambuco Fatto in Casa
Cristina Galliti, Insalata di Erbe e Fiori di Campo
Cecilia Mazzei, Sbriciolata alla Crema di Limone e Menta
Sara Sguerri, Biscotti Salati al Caprino con Erba Cipollina e Noci
Sara, “Finto miele” di tarassaco

 

18 commenti

  1. Grazie Cinzia, per aver toccato così tanti punti importanti nel breve spazio di questo articolo.
    Molto bella anche l’idea dei sali aromatizzati e i colori dei fiori che hai usato sono i miei preferiti in assoluto!

    1. Eccomi Alice, è per me un’occasione preziosa porte parlare qui di un sgomento che sento così importante.. È un po come rendere giustizia (pur se in ritardo) a tutte le donne che hanno pagato con la vita una conoscenza come questa:)
      Grazie anche per il io contributo, ora arrivo anche da te per ringraziarti 🙂

    1. Monica carissima, pensa che io il tuo commento lo visualizzo solo ora… l’altro giorno son passata a vedere qui per ringraziarti ma il sistema me lo teneva nascosto 🙁
      Grazie mille!

  2. Che bello questo articolo, Cinzia! Molto interessante anche la ricetta dei sali aromatizzati, la proverò sicuramente!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati