Il Commissario Montalbano

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Pubblicazione: 06/09/2016

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Giornata Nazionale del Commissario Montalbano

Ambasciatrice Marina Bodganovic e Ilaria Talimani per il Calendario del Cibo Italiano- Italian Food Calendar

Gli eroi, si sa, sono l’immagine allo specchio dell’inconscio di chi li fa diventare tali. Sono personaggi inventati che portano dentro di se le particolarità caratteriali considerate positive nell’immaginario collettivo come onestà, lealtà e rispetto, reagiscono in ogni situazione senza paura, sono guerrieri delle cause perse e i combattenti senza calcoli. Compiono i gesti che alla gran parte delle persone piacerebbe compiere senza però essere sufficientemente coraggiosi per farlo. Vivono fra le pagine dei libri e dal momento in cui, presi per mano da chi li ha creati vengono trasferiti nella realtà quotidiana, diventano simili a molti di noi, imperfetti e quasi per miracolo universalmente amati.
Così è stato nel caso di Salvo Montalbano, il Commissario di Vigata disegnato dalla fantasia di Andrea Camilleri e modellato dai colori, dai sapori, dai rumori ma sopratutto dall’amore immenso per la Sicilia di ieri e magari un po’ meno per quella di oggi. Lui è la metafora di un modo di essere Siciliano che tramite il suo rapporto con il cibo filtra tutti i rapporti che lo hanno visto nascere, crescere e continuano ad accompagnarlo quotidianamente. Il cibo è un legame alla vita, alla terra e alle proprie origini. Deve essere abbondante come l’affetto, consumato a grossi bocconi per essere sicuri di non perdere neanche una briciola di vita che rappresenta, possibilmente a occhi chiusi, per essere consapevoli del dono che viene regalato a se stessi. “Gridavano, i pezzi di nasello, la loro gioia per essere stati cucinati come Dio comanda. A nasata, il piatto faceva sentire la sua perfezione, ottenuta con la giusta quantità di pangrattato, col delicato equilibrio tra acciuga e uovo battuto. Portò alla bocca il primo boccone, non ingoiò subito. Lasciò che il gusto si diffondesse dolcemente e uniformemente su lingua e palato, che lingua e palato si rendessero pienamente conto del dono che veniva loro offerto” (Ladro di merendine).

Deve essere semplice e quasi casto come sono semplici e linde le merende fatte con pane, ricotta fresca e zucchero oppure con il pane condito con olio, acciughe e pomodoro, il pane cunsatu , mangiate nel giardino dei nonni, in campagna o in riva al mare. Da sicurezza e gioia e deve essere riconoscibile: il sospiro di sollievo dopo aver riconosciuto il profumo di origano nel sugo di seppie nero e denso , la pasta fredda con il pomodoro, basilico, olive nere e la passulina che “mandava un profumo d’arrisbigliare il morto” e la caponata profumata e colorita con il potere di evocare la marcia trionfale dell’Aida! Permette di leggere le persone e di comprenderle mettendole alla prova perché mangiare è anche stare in sintonia, avere i segreti, capirsi senza parole. A volte anche giudicarle. E’ un’arma di seduzione ma anche un intervallo riservato solo per se stessi per ascoltare i propri umori, desideri, timori. “Gustare un piatto fatto come Dio comanda è uno dei piaceri solitari più raffinati che l’omo possa godere, da non spartirsi con nessuno, manco con la pirsona alla quale vuoi più bene” (Gli arancini di Montalbano).

Salvo Montalbano è un solitario bisognoso di certezze mai avute ma con la paura di trovarle per non rischiare di perderle, un egocentrico generoso, un burbero sensibile, un passionale geloso dei propri sentimenti. Di poche parole ma tante esigenze. La cucina che lui ama è quella di Adelina, la sua fedele cameriera: è la cucina senza fronzoli e senza fiocchi che sua madre, se non se ne fosse andata via troppo presto, avrebbe fatto per lui. Una ricca pasta ‘ncasciata con la crosticina rassicurante di cacio in superficie fatta nel forno e poi, prima di uscire di casa, avvolta nello strofinaccio pulito e lasciata nel forno spento per mantenerla tiepida. Una dichiarazione d’amore prima di essere una cena abbondante ! Gli involtini di pesce spada o spatola con la mollica di pane, pinoli e buccia di limone, le alici fritte con la cipollata preparate in anticipo per essere a giusta temperatura al momento della cena ma anche la semplice frittata con la ricotta fresca fatta magari dal contadino amico. Un semplice coniglio alla cacciatora ma tagliato a pezzi di dimensione giusta, con i pomodorini che li avvolgono di qua e di là creando quasi una sorta di pellicola profumata intorno alla carne diventata leggermente appiccicosa e bruciacchiata da mangiare rigorosamente con le mani. Perché il cibo va oltre il semplice nutrimento… deve suscitare la gioia e il piacere, fare compagnia quando si è soli e unire se si è in compagnia, a volte è come un ponte levatoio verso le nostre radici, a volte come una lama che separa.

Il cibo unisce, il cibo separa. Ha la capacità di misurare il grado di sintonia fra le persone: l’amata Adelina, senza la quale, parole dello stesso Montalbano, egli non potrebbe vivere, è tra coloro con cui il commissario ha un legame speciale, senza necessità di parlarsi e talvolta neppure di vedersi. Lei sa cosa preparargli quando si accorge del suo malumore, e il commissario dal canto suo quando non viene a capo di un’indagine, sente la prepotente necessità di recarsi a casa a gustare le pietanze che lei gli ha preparato, certo che così, riuscirà a concentrarsi. I piatti preparati da Adelina assurgono a stato di opere d’arte da come vengono descritti dal commissario: “Appena aperto il frigorifero, la vide. La caponatina! Sciavuròsa, colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto … erano mesi che Adelina non glie la faceva trovare … Naturali, spontanee acchianarono in bocca le note della marcia trionfale dell’Aida…”

Alla stregua di Adelina, l’altro punto fermo, il faro della sua esistenza è Calogero, proprietario della trattoria San Salvatore. Tra i due si instaura un rapporto speciale, Calogero, come Adelina, sa leggere il commissario, capire il suo stato d’animo attraverso quello che mangia e preparargli quindi, quello che lo possa quietare e soddisfare. Le parole, in questo caso, insieme al cibo del ristoratore lo rassicurano e lo confortano. Il rapporto di stima reciproco si evolve ad un livello superiore: confidenziale e amichevole. Questo porta Montalbano a recarsi alla trattoria in qualunque momento, perché li, si sente come a casa propria. Amato e coccolato. Calogero lo vizia con pietanze di pesce freschissime e deliziose come le polpette di polipetti, l’alalonga in agrodolce e altre prelibatezze.

Tanto il cibo determina e scandisce la vita del commissario che all’annuncio di Calogero dell’intenzione di ritirarsi in pensione, Montalbano entra nel panico. Inizia per lui una tragi-comica odissea alla ricerca di un nuovo posto adatto a lui, alle sue esasperanti esigenze, una via crucis, un viaggio epico che lo porta a rischiare di essere addirittura “avvelenato”: “dove erano stati capaci di avvelenarlo con una semplicissima cotoletta e canticchia di verdura bollita”.
Ma per fortuna “dopo una lunga e perigliosa navigazione, Ulisse finalmente aviva attrovato la so tanto circata Itaca”, la crisi esistenziale di Montalbano si risolve con la scoperta della trattoria “da Enzo”. E li Penelope-Enzo lo stava aspettando “Io lo sapivà disse l’omo, che dopo tanti firriari sarebbe vinuto qua. L’aspittavo” Pronto a viziarlo con altrettanti piatti voluttuosi “l’antipasto fatto solo di polipi alla strascinbsali parse fatto di mare condensato che si squagliava appena dintra alla vucca … e nel misto di triglie, spigole e orate alla griglia il commissario ritrovò quel paradisiaco sapore che aveva temuto perso per sempre.” Enzo prende il posto di Calogero e anche il loro rapporto diviene subito amichevole.

Il rapporto di Montalbano con il cibo è di natura estremamente passionale e, molto simile a quello che unisce un uomo ad una donna, tanto che trascende spesso la passione carnale. E’ il caso di Ingrid, l’amica svedese, la cui pelle profuma di albicocche, e del sentimento fisico che Salvo nutre per lei e che la raffigura come qualcosa di buono e commestibile. O di Anna, l’amante della vittima che diverrà poi un’amica di Salvo, con cui oltre alla passione per il cibo condivide il mantra della sua esistenza, ovvero la filosofia della mangiata silenziosa. Consumare il cibo in silenzio e spesso ad occhi chiusi, per immergersi nei sapori e nell’universo dei profumi.
E la stessa filosofia è ciò che sta alla base del suo complicato rapporto con Livia, la fidanzata genovese, capace di mangiare in totale silenzio senza proferir parola.
Ma Livia, con il suo arrivo gli sconvolge le abitudini, soprattutto quelle culinarie, infatti fra lei e Adelina non corre buon sangue. Livia mal tollera la sua presenza e ne è profondamente gelosa, gelosa dei piatti che prepara per il commissario, del suo modo di viziarlo e compiacerlo. Quando è a casa di Salvo, Adelina scompare, questa situazione trascina il commissario nello sconforto e nel panico più totale. “… gli era smorcata una fame lupina, riaprì il frigorifero: niente. Riaprì il forno: niente. Il sadismo di Livia, che no voleva la cammerera mentre si trovava a Vigàta, s’era spinto fino alla pulizia più rigorosa, in giro non si vedeva manco una mollichella di pane.” E quando (finalmente) Livia parte, lui può tornare alle sue abitudini e a farsi coccolare dalle santissime mani di Adelina.

Il cibo separa quindi, e lo fa pure con uno dei suoi più cari amici, il vice Augello. Mimì, con cui Salvo ha rapporti difficili e altalenanti scanditi però da una lunga amicizia, è considerato da Montalbano un pessimo palato, nonché disturbatore della religiosa atmosfera che dovrebbe accompagnare il pasto. “Mangerei anche io” disse Augello. “Fai quello che vuoi, ma non parlare, te lo dico come un fratello … e se mi interrompi mentre sto mangiando questo nasello, sono capace di scannarti”. E ancora “… gli spaghetti arrivarono quando per fortuna Montalbano aveva appena finito il nasello, perché Mimì cosparse abbondantemente il suo piatto di parmigiano. Gesù! Persino una jena ch’è una jena e si nutre di carogne avrebbe dato di stomaco all’idea di un piatto di vongole col parmigiano sopra!”.
Fondamentalmente Montalbano è uno uomo che basta a se stesso. Ed il modo con cui si rapporta con il cibo lo dimostra: festeggia da solo la fine delle indagini, consuma il cibo in silenzio. Il cibo è un piacere che richiede un’assoluta e esclusiva dedizione.

Invece di una sola ricetta abbiamo pensato di preparare un menù completo dedicato al nostro amato commissario, immaginando che egli entrasse nella nostra trattoria virtuale e dovessimo servirlo come solo Calogero e Enzo saprebbero fare. Chissà se Montalbano apprezzerebbe.

Antipasto
Arancini siciliani (12)

200 g di piselli freschi o surgelati
150 g scamorza o provola
Per il risotto:
600 g riso originario
1,2 l brodo vegetale
1 cucchiaino pistilli di zafferano
25 g burro
25 g parmigiano grattugiato
mezza cipolla
Olio extravergine d’oliva q.b.
sale q.b.
Per il ragù:
360 g di carne macinata di manzo e maiale
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
100 g concentrato di pomodoro
50 g di parmigiano grattugiato
2 foglie di alloro
2 chiodi di garofano
olio extra vergine d’oliva q.b.
½ bicchiere di vino bianco
sale q.b.
pepe q.b.
Per la panatura:
farina 200g.
pane grattugiato 200g
2 uova
sale q.b.
2 l olio di semi di arachide per friggere

Tritate finemente la carota, la cipolla e il sedano e fateli appassire in un tegame con l’olio extravergine di oliva per circa 5 minuti. Aggiungete la carne macinata rosolandola bene. Sfumate con il vino e unite il concentrato di pomodoro, i chiodi di garofano, l’alloro; salate e fate cuocere a fuoco basso e coperto per almeno 2 ore. Lasciatelo raffreddare nel frigorifero per una notte.

Preparate il brodo vegetale con gli odori, rimuoveteli e scioglietevi lo zafferano. Regolate di sale. Fate appassire la cipolla in olio, versate il riso e fatelo tostare leggermente. Versate via via nel tegame il brodo e fermate la cottura quando il riso sarà al dente. Fate mantecare con il burro e il parmigiano grattugiato. Versate il riso in una teglia e lasciatelo raffreddare. Conservate nel frigorifero per una notte intera.
Lessate i pisellini.
Tagliate la provola a cubetti.
Componete gli arancini prendendo una manciata di riso in una mano ricavandone una conca. Mettete nella conca un po’ di ragù, un po’ di pisellini e un cubetto di formaggio. Mettete un’altra porzione di riso e poggiatela sul ripieno, schiacciando l’arancino prima con una e poi con l’altra mano fino a formare una palla delle dimensioni desiderate.
Preparate tre piatti: uno con la farina, uno con le uova sbattute, uno con il pangrattato. Passate gli arancini prima nella farina, poi nell’uovo e infine nel pane grattugiato.
Friggeteli nell’olio alto e bollente.

Primo
Pasta ‘ncasciata

(per 6 persone)
600g di magliette di maccheroncino (o sedani)
200g di Tuma o caciocavallo fresco
200g carne trita
50g mortadella o salame
2 uova sode
4 melanzane (circa 500-600 g)
100g pecorino grattugiato
500g salsa di pomodoro
Mezzo bicchiere di vino bianco
Basilico
Cipolla o scalogno
Olio di oliva – olio di arachidi (per friggere)
Sale e pepe
Pangrattato

Tagliate le melanzane a fette e friggetele dopo averle tenute circa un’ora in acqua e sale. Nel frattempo soffriggete il trito di carne in un tegame con abbondante olio di oliva, sfumate con il vino e completate la cottura aggiungendo qualche cucchiaio di salsa di pomodoro. Lessate la pasta, scolatela al dente e conditela in una zuppiera con la salsa di pomodoro. Prendete una teglia ben unta e spolveratela di pangrattato e versatevi le magliette, alternandole a strati con la carne trita, le melanzane fritte, il formaggio grattugiato, il basilico, le uova sode, la tuma e la mortadella tagliati a fette. Completate l’ultimo strato di pasta con le melanzane, la salsa e molto pecorino. Passate le lasagne nel forno caldo per circa 20 minuti: il cacio, sciogliendosi formerà una leggera crosticina dorata (da cui il nome ‘ncasciata).

Secondo
Alici con cipollata

(per 4 persone)
per le alici fritte
600 grammi di alici fresche
200 g di semola di grano duro
olio extra vergine per friggere
sale
per la cipolla in agrodolce:
6 cipolle dorate
40 grammi di uvetta ammollata
40 grammi di pinoli tostati
un pizzico di cannella
2 cucchiai di zucchero di canna
60 ml di aceto di vino bianco
menta fresca
2 cucchiaio di olio extravergine di oliva
sale qb

Pulite le alici aprendole a libro: prendete la testa fra i polpastrelli all’altezza delle branchie. Con una leggera pressione asportatela tirandola verso di voi. Così facendo, eliminerete anche le viscere ed interiora del pesce.
Adesso aprite a libro l’acciuga scorrendo con il pollice lungo la linea della lisca, fino alla coda. Asportate con delicatezza la lisca partendo dall’alto, staccandola piano dalle carni. Cercate di non strappare la coda.
Lavate accuratamente il pesce e sistematelo su carta assorbente tamponando bene per eliminare ogni traccia di acqua.
In un piatto fondo trasferite la semola e passatevi le acciughe una alla volta, premendo affinché la semola si attacchi bene sull’intera superficie del pesce. In una padella di ferro per frittura, fate scaldare abbondante olio extravergine. Le alici andranno fritte completamente immerse nell’olio, che dovrà mantenersi alla temperatura costante di 180°. Friggete poche alici alla volta in modo da non abbassare la temperatura e scolatele una volta che saranno dorate. Fatele scolare su carta assorbente. Salatele leggermente e tenetele da parte.
Pulite le cipolle ed affettatele ad uno spessore di 2/3 mm. In una larga padella antiaderente, versate le cipolle e mezzo bicchiere d’acqua quindi fate cuocere fino a che l’acqua non sarà completamente evaporata. A questo punto aggiungete 2 cucchiai di olio extravergine e continuate a cuocere a fiamma dolce. Quando la cipolla comincerà a rosolare, aggiungete l’uvetta ammollata e strizzata ed i pinoli tostati. Mescolate bene ed aggiungete la cannella. Proseguite la cottura per 8/10 minuti cc.a.
A questo punto alzate la fiamma. Cospargete le cipolle con lo zucchero di canna e fumate con l’aceto. Mescolate bene fino a che lo zucchero sarà ben sciolto e le cipolle cominceranno a caramellare. Abbassate la fiamma e proseguite la cottura per qualche minuto fino a che le cipolle non saranno lucide e di un bel color caramello.
Versate le cipolle ancora calde sul piatto delle alici fritte e fate riposare almeno un paio d’ore. Servite a temperatura ambiente completando con una manciata di menta fresca.
La cipollata accompagna tradizionalmente molti piatti freddi di pesce.

Dolce
Cassata siciliana (cassatelle)

Dopo un lauto pranzo per concludere in bellezza “la cerimonia del pasto” il commissario è solito passare dal bar Albanese a gustare una bella fetta di cassata siciliana, preparata con della ricotta freschissima e arricchita da tocchetti di cioccolata e frutta candita.
Ho preparato delle monoporzioni seguendo pedissequamente (o quasi) la splendida ricetta preparata dalla mia amica Flavia per la Giornata Nazionale della Cassata Siciliana proprio per il nostro calendario AIFB. Vi suggerisco di andare subito a consultarla perché è magnifica!

Fonti
“I segreti della tavola di Montalbano”, Stefania Campo – Il leone verde Edizioni
“La cucina tradizionale siciliana”, Anna Pomar – Brancato
“La cucina siciliana”, Maria Adele Di Leo – Newton Compton
“I luoghi di Montalbano”, Giovanni Sarto

Ricette:
Arancini siciliani – Annarita Rossi
Alici in cipollata – Patrizia Malomo

Partecipano come contributors:

Alessandra Gabrielli, Pani cunzatu
Juri Badalini, Tortino di patate e triglie
Paola Sartori, Il Primo Pranzo da Calogero

5 commenti

  1. che bel testo! Sono sicura che Montalbano (Camilleri) apprezzerebbe, perché non glielo inviate? 🙂

  2. Ma che meraviglia avete tirato fuori? Intanto mi è venuta voglia di correre a leggermi un po’ di Montalbano, che è sempre rimasto ai margini delle mie letture. E poi mi avete fatto venire una fame incredibile con questo menù! Un colpo da maestro!

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