I Panzerotti

Pubblicazione: 15/07/2016

Condividi l'articolo:

Associati per pubblicare

Lista degli argomenti

Giornata Nazionale dei Panzerotti

Lista degli argomenti

Ambasciatrice Valentina De Felice per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Sovrano incontrastato di tutte le tavole che abbondano di allegria, soprattutto nel Sud Italia e soprattutto per festeggiare la fine dell’anno, il panzerotto è un croccante scrigno di pasta a forma di mezzaluna che racchiude in un abbraccio un ripieno goloso.

Il termine panzerotto deriva dal dialetto napoletano ed indica il rigonfiamento che prende la pasta lievitata durante la frittura in olio bollente, gonfiandosi a forma di pancia (“panza” in dialetto).
Il panzerotto appartiene alla famiglia delle “pettole” o delle “popizze”, termini con cui si indicano tocchetti di pasta lievitata farciti in vari modi e fritti per immersione in abbondante olio bollente.

Panzerotto in ogni caso è il nome moderno che è stato dato ad una preparazione antica, presente addirittura nel ricettario di Federico II, del XIII secolo. In esso troviamo la ricetta “De Raviolis” a base di “ventrescam porci et ovis, case lacte et coque in patella cum magna pinguedine”.
Il panzerotto napoletano, secondo la ricetta classica della Francesconi, non varia molto dalla versione di Federico II: prevede, infatti, un ripieno di salame, ricotta e formaggio, e viene fritto “cum magna pinguedine”, ossia “in grasso abbondante”.
Altra versione napoletana della pizza fritta è quella che unisce alla ricotta, al formaggio e al pepe, i cicoli (o ciccioli) di maiale, parte residua della lavorazione del grasso di maiale per la preparazione dello strutto.

Il gastronomo Ippolito Cavalcanti, nella sua celebre opera “Cucina teorico-pratica” del 1837, scrive che i “panzerotti” debbono contenere “un battuto di ovi, provola grattugiata, mozzarella, prosciutto trito” ecc. e venir fritti “ben biondi con sugna”.

Ma è in Puglia che nasce e si diffonde il panzerotto autentico.
Grande come un raviolo dalle grandi dimensioni notevoli, avvolto su se stesso a formare uno spicchio di luna, il panzerotto barese, farcito con mozzarella filante e pomodoro, rappresenta il prototipo dello street food all’italiana. Basta spostarsi a Lecce per assaggiare un’altra variante con l’aggiunta di olive snocciolate, acciughe, capperi e prosciutto cotto.

La Pizzeria Di Cosimo, a Bari vecchia, vanta una lunga tradizione in fatto di panzerotti.
Qui Antonio Di Cosimo ha avviato la sua laboriosa bottega che oggi suo figlio Mauro porta avanti in maniera sapiente, grazie ai segreti tramandati in famiglia. Le donne di casa realizzavano i panzerotti con ciò che rimaneva della pasta del pane per non buttarla via, formavano delle pizzette tagliate con un bicchiere capovolto e piegate a metà, nel cui ripieno mettevano pomodori e pezzi di formaggio avanzato e creavano in questo modo un piatto caldo completo col quale pranzare o cenare.

I panzerotti sono quindi figli di una cucina di mercato, semplice e del recupero delle rimanenza della pasta per pane, con tempi di cottura rapidi: vengono fritti al momento nelle numerose rosticcerie o chioschetti ambulanti, per soddisfare improvvisi buchi allo stomaco degli avventori. Ripieno classico dei panzerotti pugliesi è pomodoro e mozzarella o ricotta e pancetta; ma si trovano anche versioni golosissime di panzerotti ripieni di porri e tonno, di mozzarella e filetti di acciuga, di carne trita ripassata in padella ed unita a uova e formaggio, o di cime di rapa.

A seconda delle regioni in cui viene preparato, il panzerotto assume nomi diversi.

In Campania ad esempio, viene chiamato calzone se cotto in forno e pizza fritta se viene, appunto, fritto, perchè con “panzarotto” a Napoli si indica, invece, un’enorme crocchetta di patate che, insieme alla zeppola e ad altri pezzi della rosticceria locale, fa parte del tradizionale cuoppo.
Va però detto che mentre il calzone, cotto al forno, ha le dimensioni della pizza ripiegata a forma di mezzaluna, quindi circa 30 cm, la pizza fritta o il panzerotto, ha una dimensione che varia dai 10 ai 15 cm al massimo.

Cosa abbia determinato la polisemia, ossia la molteplicità di significato del vocabolo, slittando dallo scrigno “ripieno” al “crocchè” (secondo la grafia napoletana) a base di patate lesse è presto detto.
Nel dialetto napoletano il corrispettivo femminile del maschile “panzarotto” è quello di “patana” o “patanella” (“femmina grassa e di bassa statura”, come riportato dal D’Ambra nel suo “Vocabolario Napolitano-Toscano domestico di arti e mestieri” del 1873).
Entrambe le pietanze, pur essendo fritte, sono molto diverse tra loro: i “panzarotti” richiedono tempi di preparazione e costi ben più elevati degli umili “crocchè”, pezzo forte dei friggitori da strada, i cosiddetti “zeppulajuole”, tipici rappresentanti della “economia del vicolo”.
Costoro immergevano nell’olio bollente delle loro “tielle”, adagiate su precarie “furnacelle a gravone” (fornacelle a carbone), oltre ai crocchè anche “paste crisciute” (frittelle), “scagliuozze” (rombi di polenta), “sciurille” (fiori di zucchine) ed altre appetitose leccornie.

In Sicilia, invece, il panzerotto viene chiamato pizza siciliana fritta o cazzotto perché, anche qui, con panzerotto si indica una preparazione dolce con una vellutata farcia alla crema, arricchita da gocce di cioccolato o scorzette di limone, spolverata poi di zucchero a velo. Le pizze fritte siciliane sono caratteristiche del catanese, specificamente di Zafferana Etnea, e richiedono la farcia con la Tuma fresca e le acciughe. Nella provincia di Messina si cucina “u pitunimissinisi“, una variante di calzone fritto e ripieno d’indivia, caciocavallo, pomodoro ed acciughe salate.

PANZEROTTI

Pizze fritte napoletane con ricotta, pepe e cicoli (Ricetta del Maestro Raffaele Pignataro)

Ingredienti
600 g di farina 0 o 00 W220-240 (circa 11% di proteine)
330 di acqua
20 g di sale
40 g di olio extravergine di oliva
7 g di lievito di birra fresco (oppure 3 g di lievito di birra in polvere)
Cicoli di maiale
Per il “lievitino”
80 g di farina 0 o 00 W220-240 (circa 11% di proteine)
40 g di acqua
Per prima cosa tagliare la mozzarella a dadini e metterla a scolare in un colapasta per togliere il liquido in eccesso.
Impastare il lievito di birra insieme alla quantità di acqua e di farina indicata per il lievitino, e mettere a lievitare il composto ottenuto in un posto tiepido, coperto di pellicola alimentare trasparente, fino al raddoppio.
In una capiente ciotola versare la farina e tutta l’acqua. Impastare velocemente con un cucchiaio fino a quando tutta la farina sarà assorbita e far riposare questa sorta di impasto per 30 minuti.
Trascorsi i 30 minuti aggiungere il lievitino spezzettato ed impastare ancora per un paio di minuti.
Aggiungere quindi il sale e 1-2 cucchiai d’acqua per aiutarne l’assorbimento. Appena il sale è assorbito, aggiungere anche l’olio e continuare ad impastare fino a quando l’impasto non sarà liscio, per circa 10 minuti.
Coprire con un canovaccio umido o pellicola per alimenti e mettere a lievitare fino al raddoppio. Ci potranno volere, a seconda del lievito usato e della temperatura, dalle 4 alle 6 ore.
Sgonfiare l’impasto e dividerlo in tanti pezzi da circa 100-110 g. Prendere ogni singolo pezzo e preparare delle piccole palline, disponendole su una teglia/spianatoia/vassoio infarinati. Coprire le palline con un canovaccio umido per farle lievitare ancora una volta fino al raddoppio. Ci potranno volere, a seconda del lievito usato e della temperatura, dalle 2 alle 4 ore.
Nel frattempo preparare il ripieno, mischiando con una forchetta la ricotta, il pepe (secondo il vostro gusto) e il sale (sempre secondo il vostro gusto) e aggiungendo i cicoli di maiale.
Una volta che avrete tutto pronto e i panini saranno lievitati fate scaldare l’olio e, mentre questo va a temperatura, preparare le pizze da friggere.
Prendere una pallina e schiacciarla a cominciare dal centro e, aiutandosi con poca farina, allargarla con le dita senza però schiacciare troppo cercando di mantenere uno spessore uniforme. Versare quindi un cucchiaio della farcia precedentemente preparata, mettere qualche dadino di mozzarella al centro e chiudere l’impasto su se stesso, a forma di mezzaluna.
Sigillare i bordi uniformemente con le dita e friggere in abbondante olio di semi di arachide per immersione fino a doratura La temperatura ottimale dell’olio deve essere 170°C, pertanto è necessario avere un termometro alimentare.

Fonti web:

www.accademiaitalianacucina.it
www.cuocicucidici.com
www.lucianopignataro.it
www.famedisud.it
www.cibodistrada.it
www.ilcrudoeilcotto.it

Fonti bibliografiche

● Ricettario della Cucina regionale Italiana – Censimento Nazionale dei Piatti Tipici – Accademia Italiana della Cucina, Bolis edizioni
● La Cucina Napoletana in oltre 200 ricette tradizionali, E. Esposito, G. Gagliardi, Newton Compton Editori
● Allan Bay – Paola Salvatori, La Cucina Nazionale Italiana, Ed. Ponte alle Grazie
● Marinella Penta de Peppo, L’Arte della Cucina secondo la tradizione Napoletana
● La Cucina mediterranea, Ricette della Puglia, Puglia & Culture
● Jeanne Carola Francesconi, La Cucina Napoletana

Partecipano come contributors:

Valentina De Felice, Panzerotti del Ricordo
Mariella Di Meglio, Panzerotti con scarola
Lucia Melchiorre, Pizza fritta ricotta e salame
Sara Sguerri, “Pituni” Messinesi con Scarola, Acciughe, Caciocavallo e Pomodorini
Erica Zampieri, Mezzelune Subacquee
Daniela Boscariolo, Ricetta panzerotti vegan alle lenticchie
Tamara Giorgetti, Panzerotti alla Romana
Alessandra Gabrielli, Panzerotti

5 commenti

      1. Valentina mi sono accorta adesso che non avevo cambiato la data nel post, lìho cambiata adesso quindi è uscito con la data di oggi…

  1. Splendido articolo Vale, scritto bene come solo tu sai fare… Informazioni dettagliate che ti vengono anche dai ricordi e dal cuore, e questo è davvero bellissimo 🙂 Felice di aver contribuito!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Associazione Italiana Food Blogger

Studiare, degustare, cucinare, scrivere, fotografare, condividere idee e conoscenze per raccontare ciò che altri non raccontano!

Associati