I Vincisgrassi

Pubblicazione: 21/02/2016

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Giornata  Nazionale dei Vincisgrassi

Ambasciatrice Mariangela D’Amico per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Dorate sfoglie di pasta all’uovo aromatizzata da un goccio di vino cotto, condite con un sugo ricchissimo di frattaglie, carne mista, pomodoro, tartufo o funghi a discrezione, e un nonnulla di besciamella, da aggiungere solamente a copertura dell’ultimo strato. Si possono descrivere così i vincisgrassi, piatto simbolo delle Marche e del maceratese in particolare, protagonisti assoluti della tavola di una regione che è plurale nel nome tanto quanto nella varietà della sua tradizione gastronomica. Un piatto antico, la cui ricetta è evoluta nel tempo e che nulla ha a che vedere con le più celebri lasagne.

Si è dibattuto a lungo circa l’etimologia del nome “vincisgrassi”: la teoria più diffusa – ma erronea – lo ricollega al maresciallo austriaco Windisch-Graetz che, giunto ad Ancona nel 1799 nel pieno delle guerre napoleoniche, si sarebbe lasciato sedurre dal piatto, tanto da spingere i locali a dedicarglielo. In realtà, i vincisgrassi affondano sì le proprie radici nel ‘700, ma la loro “invenzione” è di almeno vent’anni antecedente e da attribuire al cuoco maceratese Antonio Nebbia – precursore del più celebre Artusi.

È proprio nel 1779, infatti, che Nebbia, cuoco al servizio delle antiche famiglie nobili della zona, dà alle stampe, con grande successo, Il cuoco maceratese, volume in cui compare la ricetta della “salza per il princisgras”. In questa versione “primitiva”, il condimento della pasta – da lessare rigorosamente in un recipiente pieno per metà di acqua e per metà di brodo – è costituto da un insieme di prosciutto e tartufo affettati, fatto bollire in una salsa di latte e farina a cui si aggiunge della panna fresca. L’ultimo strato di pasta è cosparso di parmigiano e fiocchi di burro. Da notare è la mancanza totale di pomodoro: i vincisgrassi nascono “in bianco”, nonostante l’utilizzo di questo ortaggio fosse già ampiamente diffuso. Mancano anche le rigaglie, oggi considerate essenziali nella preparazione.

Già pochi anni dopo, nella seconda edizione del testo (1786), Nebbia cita le “lasagne di princisgras”, in cui il prosciutto e la panna scompaiono, lasciando spazio unicamente al tartufo, al tempo largamente disponibile ed utilizzato per dare sapidità ai piatti. Questo taglio netto degli ingredienti fu probabilmente dettato dalla volontà di rendere la ricetta meno costosa, viste le gravi carestie che imperversavano nelle Marche in quel periodo.

Fortunati destinatari delle ricette elaborate da Nebbia erano i membri delle ricche famiglie nobili; è per questo che gli storici ritengono che il termine “princisgras” stesse ad indicare un cibo particolarmente grasso, sostanzioso, destinato al principe, ovvero al primogenito della casa, per  sostenerne la crescita in un’epoca in cui comuni erano le morti premature. Un’ulteriore ipotesi, meno accreditata, spinge, invece, verso un legame tra la parola “principe” e il termine “migliore” o  “principale”, dato che la pietanza era talmente ricca da essere considerata portata principale.

Nel corso del tempo la ricetta subisce ulteriori trasformazioni, così come il suo nome: nel 1891 un Anonimo pubblica Il cuoco perfetto marchigiano, in cui troviamo il “gattò di lasagne alla Misgrasse”, variante in cui compaiono la besciamella, i funghi, il ragù di animelle in bianco insaporito da cannella, pepe e noce moscata. La parola “Misgrasse” deriverebbe, con molta probabilità, dall’unione del francese “demi” con l’italiano “grasso”.

Al termine “vincisgrassi” si arriva nel corso dell’Ottocento, quando a prendere il posto dei grandi casati nobiliari sono le famiglie dei borghesi e dei proprietari terrieri: il riferimento al “piatto per il principe” va a perdere di senso e la parola “princis” viene  sostituita da “vincis” (dal latino “vincio”, ovvero “lego”), ad indicare un piatto che “tiene insieme”, attraverso la sfoglia, un “condimento grasso”. È proprio il vocabolo “vincisgrassi” ad essere utilizzato, nel 1927, da un altro cuoco marchigiano, Cesare Tirabasso, nel suo La guida in cucina.

La proposta novecentesca di Tirabasso è quella che meglio descrive ciò che oggi si intende per vincisgrassi, al netto di un’infinita serie di varianti familiari e locali che, come per ogni piatto tradizionale e regionale, rendono quasi impossibile la definizione certa di un’unica e univoca ricetta. Quella che segue, è la versione riportata dalla Camera di Commercio di Macerata in collaborazione con la locale Delegazione dell’Accademia Italiana della Cucina e della Federcuochi.

VINCISGRASSI (per 12 persone)

Farina 00: 450 g
Uova: 5
Semolino: 50 g
Burro fuso o olio extravergine di oliva: 50 g
Vino cotto: 50 dl (in alternativa, Marsala secca)
Per il sugo
Magro di vitello: 500 g
Lardo di maiale battuto o pancetta: 100 g
Rigaglie di pollo ( fegatini, cuori, stomaci, creste) o oca o anatra e/o animelle d’agnello o vitello
Ossa con midollo
Nervetti di vitello
Passata o conserva di pomodori: 1 kg
Vino bianco secco: 1 bicchiere
Burro: 100 g
Latte: 250 ml
Cipolla: 1
Gambo di sedano: 1
Carota: 1
Sale: q.b.
Pepe: q.b.
Parmigiano grattugiato: q.b.
Chiodi di garofano: q.b.
Funghi secchi e/o tartufo: facoltativi
Per la besciamella:
Farina: 6 cucchiai
Burro: 50 g
Noce moscata: q.b.
Sale: q.b.
Preparare la pasta: impastare la farina, il semolino, le uova, il burro ammorbidito (o l’olio), il vino cotto, aggiungendo un pizzico di sale. Lavorare bene l’impasto, quindi stenderlo fino ad ottenere una sfoglia abbastanza sottile. Dopo averla lasciata riposare, tagliare dei riquadri di circa 1ox15 cm – o comunque più piccoli della teglia che verrà usata per la cottura. Scottare la sfoglia in acqua bollente salata, scolandola non appena viene a galla. Immergerla velocemente in acqua fredda alla quale sia stato aggiunto sale fino e disporre su una tovaglia pulita.

Preparare il sugo: lessare gli stomaci, i cuori e le animelle e, dopo aver spellato queste ultime, ridurre il tutto a dadini, lasciando i fegatini da parte. In una pentola capace far sciogliere il lardo, aggiungere il burro, la cipolla intera farcita con qualche chiodo di garofano, la carota e il sedano tagliati finemente e far rosolare appena, quindi unire la carne, i nervetti, le ossa, il trito di rigaglie e animelle. Far cuocere finché gli umori della carne e l’acqua di vegetazione delle verdure non si saranno consumati.  Versare il vino e far evaporare. Unire il pomodoro e far cuocere il sugo. A metà cottura aggiungere il latte e, se dovesse restringersi troppo, un po’ d’acqua, quindi salare e pepare. A cottura quasi ultimata aggiungere i fegatini. Quando la carne sarà cotta, togliere il sugo dal fuoco, eliminare le ossa e la cipolla, quindi sminuzzare al coltello la carne, il fegato ed i nervetti. Passare il sugo al passaverdura, aggiungere nuovamente la carne e le interiora e rimettere sul fuoco il tutto ancora per 10/15 minuti.

Preparare la besciamella: in una casseruola sciogliere il burro insieme alla farina rimestando continuamente; dopo due minuti versare il latte freddo in una sola volta. Sempre rimestando, lasciar addensare il composto, poi coprire. Far cuocere a fiamma bassa per 15/20 minuti, mescolando di tanto in tanto. A fine cottura aggiungere noce moscata e sale.

Imburrare una teglia rettangolare e foderarla con uno strato di pasta. Versare qualche cucchiaiata di sugo e spolverare con un po’ di parmigiano grattugiato. Continuare in questo modo fino ad esaurire gli ingredienti. Terminare con uno strato di pasta, un generoso strato di besciamella, parmigiano grattugiato e qualche fiocchetto di burro. Far riposare i vincisgrassi in luogo fresco per 6 ore prima di infornarli. Cuocere in forno a 200° per 30/40 minuti, fino a quando la pasta formerà una leggere crosticina.

Partecipano come contributors:

Cristiana Di Paola, Vincisgrassi 

Vanessa Pepa, Vincisgrassi

Marina Della Pasqua, Vincisgrassi

16 commenti

  1. Ciao Mariangela, grazie per il tuo bellissimo articolo, ho imparato molto. I vincisgrassi sono il perfetto piatto della famiglia riunita la domenica intorno alla tavola. È una pietanza che amo, adesso grazie alla tua ricetta, proveró a farli… Dani

    1. Ciao Daniela! È proprio vero, sono davvero il massimo della convivialità, come le cugine lasagne. Sono una preparazione un po’ complessa, dal gusto particolare, ma la fatica viene sicuramente ricompensata. Fammi sapere se deciderai di cimentarti. Grazie!

    1. Grazie Flavia. Sono contenta di essere riuscita a fare un po’ di chiarezza sulla storia e le caratteristiche di questo piatto. Si trovano tantissime informazioni spesso contraddittorie le une con le altre. Questo mio sunto ha cercato di affidarsi alle fonti più affidabili e riconosciute.

  2. molto interessante, li conoscevo sommariamente ma non avevo mai approfondito, grazie per tutte queste notizie storiche!!

  3. Sono contenta di aver letto il post, ad alcune informazioni non ero arrivata e mi fa piacere saperne di più. Bella anche la tua versione: mi stupisco sempre di fronte alla ricchezza e alla variabilità della cucina italiana. Un abbraccio cristiana

    1. Abbiamo davvero una ricchezza incomparabile in questo paese! Contenta di averti fatto scoprire notizie in più su questo piatto!

  4. Grazie Mariangela per avermi fatto finalmente capire cosa siano i Vincisgrassi che conoscevo solo di nome.Interessantissimo post e davvero ben spiegato .Rita

  5. I vincisgrassi mi riportano alla mia infanzia e adolescenza ( preistoria) quando ancora andavo in vacanza al paese natale di mio padre, in provincia di Macerata. Ogni 15 di agosto era tradizione fare i vincisgrassi e la maggior parte dei vicini, inclusa mia zia, portavano la teglia al forno di pane del paese. Grazie per questa ricetta e questo momento di ricordi.
    Carlo Bernardini
    Barcelona
    Catalunya

    1. Grazie mille a te, Carlo! Questo tuo commento, anche se letto con un po’ di ritardo, mi fa davvero molto molto piacere.

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