Il Babà

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“Mamma” è ‘a primma parulella
ca riuscimmo a pronunzià.
Ma ‘a siconna è assai cchiù bella;
Papà, babbo? No: babbà.
‘O babbà nasce polacco,
nuje l’avimme migliorate.
Sì, ce piaceno nu sacco
chisti dolce lievitate
inzuppate dint”o rrumme,
fatte a form”e fungetiello.
I che gusto, e che prufumme!
Né babbà, quanto si’ bello!

Pizza, pastiera e sfogliatella sono solo alcuni dei piatti tipici della tradizione campana, ma il capolavoro indiscusso della cucina partenopea resta “o babbà”, una vera e propria delizia!

Se si pensa al Babà la prima cosa che viene in mente è Napoli: qui, questa irresistibile leccornia è davvero amatissima per il suo soave profumo di Rum e per  l’ariosa leggerezza del suo impasto.
Le sue origini, però, sono tutt’altro che napoletane: sembra infatti che “affondi le sue radici” in un dolce impasto a lievitazione naturale originario della Polonia (“babka ponczowa”).

Ad inventarlo fu il polacco Stanislao Leszozinski,  un re politicamente sfortunato (era stato detronizzato per ben due volte), ma destinato a lasciare un ricordo più’ duraturo nella storia della gastronomia, proprio grazie al suo legame con il Babà. Al pari di tante altre preparazioni famose, anche questo dolce nacque per caso: si narra infatti che Stanislao fosse stanco di mangiare ogni giorno il solito kugelupf (la celeberrima brioche austriaca con l’uvetta). Aggiungendo che viveva a Versailles (la figlia aveva sposato Luigi XV e il povero re senza trono approfittava dell’ospitalità) e poteva quindi godere della migliore brigata di cucina d’Europa, il principe non riusciva proprio a  mandar giù quel dolce. Il suo cuoco personale, il polacco Stohrer, aveva cercato mille espedienti, fra cui quello di intingere una fetta nel Madera, ma niente: a Stanislao il kugelhupf non piaceva. E fu così che un giorno, in uno scatto d’ira, la “solita minestra” finì per essere lanciata lontana dalla vista del principe. Anziché prendere la via della finestra, essa intercettò quella della bottiglia di Rum che, cadendo, si rovesciò tutta nel piatto. Stanislao, incuriosito, la assaggiò e il resto è cosa nota.

Dalla fetta di brioche inzuppata di rum si passò immediatamente a rielaborazioni successive, codificate poi nella lunga lavorazione e nella tripla lievitazione, indispensabile per consentire che la bagna si distribuisca in modo uniforme.

La forma diventò quella della cupola di Santa Sofia e il nome prescelto fu quello di Ali Babà, il famoso protagonista de “Le mille e una notte”, che pare fosse una delle letture preferite del Re.

Il passaggio successivo fu quello di trasformarlo in un  dolce per tutti e non solo riservato a una ristretta elité.

Questo avvenne grazie allo stesso Sthorer, che a Luneville seguì l’esilio del re mangione e aprì un proprio laboratorio in rue Montorgueil, che ancora oggi potete trovare al civico n. 53, dove creò i babà a forma di funghetto così come sono giunti a noi oggi.

Fu poi introdotto a Napoli grazie a Maria Carolina (sorella di Maria Antonietta e moglie di Ferdinando IV di Borbone) che mandava in continuazione emissari a Parigi per scoprire le ultime tendenze di moda e cucina.

Nel 1836 il Babà apparve come dolce tipico napoletano nel primo manuale di cucina italiana scritto da Angeletti per Maria Luigia di Parma.

Status symbol prima e dolce di tradizione poi, il Babà entra nelle case di tutti segnando la pasticceria del Regno delle due Sicilie e poi dell’Italia.

A Napoli diventa addirittura sinonimo di bontà’ trasversale: “si ‘nu babbà’” è il complemento più grande che si possa ricevere, fra il Vomero e Posillipo.

Il Babà è un dolce da passeggio: si entra in pasticceria, si prende e si mangia continuando a passeggiare. Non ha bisogno di forchetta e né di piattino: si usano le mani!A differenza delle sue origini, si mostra oggi come un dolce democratico e non regale.Il Babà è per tutti: chi ozia e chi lavora, chi è ricco e chi è povero.

Le ultime tendenze di Babà ci rivelano una versione salata di questo prodotto, nato come dolce, ma talmente versatile da renderlo altrettanto gradevole anche nella versione salata.

Il Babà mi riporta alla mente i pranzi domenicali in famiglia da piccola con i nonni. Ogni domenica, come da tradizione, si terminava l’abbondante pranzo   con “le pastarelle”: un vassoio di dolci misti dove troneggiavano sfogliatelle, diplomatici, cannoli, deliziose e il Babà. Questo era un po’ il dolce proibito per noi bambini, perché imbevuto di liquore. Mi ricordo che lo guardavamo addentare e lodare dai grandi e ogni volta cresceva sempre di più la curiosità di assaggiare un dolce così buffo, perché a forma di funghetto, ma al tempo stesso  così morbido e invogliante. Era il dolce dei grandi, sempre apprezzatissimo ed ora riesco a capire bene il perché!

Ricetta Babà

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Ingredienti
per l’impasto:
440 g di farina tipo Manitoba

300 g di uova
12 g di lievito di birra
60 g di zucchero
150 g di burro
un pizzico di sale

per la bagna
1 l di acqua
400 g di zucchero
la buccia di 2 limoni non trattati
400 ml di Rum

Procedimento:
Preparate il “lievitino” impastando il lievito di birra, 2 cucchiai di acqua, 50 g di farina e 2 cucchiaini di zucchero (presi dal totale).
Lasciate lievitare finché non sarà raddoppiato di volume.

Preparate intanto la bagna facendo bollire per quindici minuti l’acqua con lo zucchero e la buccia di 2 limoni. Quando lo sciroppo si sarà raffreddato aggiungete il rum.

Pronto il lievitino, travasatelo poi in una terrina e aggiungete la farina, lo zucchero e le uova intere, una alla volta.

Impastate con costanza, fino ad ottenere un panetto liscio e omogeneo. Dopodiché aggiungete il burro morbido, poco alla volta, incorporandolo via via all’impasto, prima di aggiungerne altro. Questa è l’operazione più difficile, perché da questa dipende la sua spugnosità. Non perdetevi d’animo e impastate, fino a quando la pasta si staccherà dalle mani. Se preferite, potete usare un’impastatrice, mantenendo la stessa accuratezza nell’aggiunta progressiva del burro. Lasciate poi lievitare fino al raddoppio. Sgonfiate delicatamente l’impasto e versatelo in uno stampo imburrato, quello da budino o ciambella. Fate lievitare di nuovo fino a quando non avrà raggiunto l’orlo. Nel frattempo preriscaldate il forno (statico) alla temperatura di circa 180°.Trascorso il tempo di lievitazione, infornate nella parte più bassa del forno. Dopo 10 minuti abbassate la temperatura del forno a 170°C e dopo altri 10 minuti a 160°C. Cuocete complessivamente per 40 minuti. Il Babà è cotto quando ha un bel colore bruno dorato anche nella parte interna dello stampo. Controllate bene, quindi, prima di sfornare. Una volta cotto, sfornate e lasciate raffreddare.

Nel frattempo preparate la bagna:

Fate bollire per quindici minuti l’acqua con lo zucchero e la buccia dei 2 limoni.

Quando lo sciroppo si sarà raffreddato aggiungete il rum.

Inzuppate il dolce con la bagna intiepidita senza toglierlo dallo stampo di cottura  versando lo sciroppo lentamente fino a completo assorbimento. Fate riposare il Babà almeno 2 ore prima di servirlo. Sformatelo capovolgendolo sul vassoio di portata, lucidatelo con gelatina di albicocche e decoratelo con  ciuffi di crema pasticcera e amarene sciroppate.

Fonti iconografiche:

Stanislao Leszozinsk https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_successione_polacca

Fonti:
www.vesuviolive.it

www.lucianopignataro.it

Partecipano come contributors:

Candida De Amicis, Babà al rum 

Cristina Tiddia, Babà napoletano

Alessandra Gabrielli, O’ Babà

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