Il Lardo

ph. Stefania Pigoni

Pubblicazione: 25/02/2016

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Ambasciatrice Stefania Pigoni per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Il Lardo è il prodotto del processo di aromatizzazione, salagione e stagionatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute del maiale, in particolar modo nel collo, nel dorso e nella parte alta dei fianchi. Si consuma sia crudo che cotto, tagliato a fettine sottili.

Nell’antichità era considerato un alimento povero e per secoli è stato uno dei condimenti più usati in cucina, di cui rimane traccia nel famoso “battuto”: oggi appartiene con giusto merito alle eccellenze della nostra Penisola, grazie anche alle due qualità più famose, il Lardo di Colonnata (IGP) e il Lardo di Arnad (DOP).
Il primo è prodotto nell’omonimo paesino dell’alta Toscana in provincia di Carrara, ha un colore bianco come  il marmo che ne culla la stagionatura e un sapore particolare e delicato con una consistenza morbidissima.

Le prime fonti che ne attestano la produzione in questo paese risalgono al XVI secolo: a causa di una crisi nel settore del marmo, le popolazioni del territorio furono costrette a cambiare mestiere e si dedicarono all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Fu proprio in questo periodo che Colonnata vide nascere numerose norcinerie in cui venivano allevati e macellati i maiali. Il Lardo fu per molti secoli il nutrimento principale dei cavatori e, alla fine del XIX  secolo, esso divenne anche il “cibo degli anarchici” che si rifugiarono nelle montagne intorno a Colonnata per sfuggire alle  repressioni dello Stato. Non manca la leggenda che vuole che ne fosse ghiotto anche Michelangelo: parrebbe che, fra una visita e l’altra alle cave di marmo, se ne facesse larghe scorpacciate.

Al pari di tutti i prodotti con il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), anche il Lardo di Colonnata è il frutto di un processo di produzione legato a doppio filo al territorio di provenienza: i suini, allevati fra Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana, provengono tutti da allevamenti controllati. La carne del suino è quella che si ricava dalla parte adiposa che va dalla schiena alle natiche: dopo essere stata selezionata, viene sottoposta alla lavorazione, non più tardi di 72 ore dopo la macellazione. Prima la si massaggia con del sale grosso, poi la si rifila e la si inserisce nelle conche di marmo di Carrara, alternandola ad un battuto di erbe aromatiche, tra cui rosmarino e pepe nero. Le pareti delle conche  vengono precedentemente strofinate con l’aglio che, oltre a fungere da antibatterico e antimicotico naturale, conferisce al Lardo di Colonnata il suo sapore deciso.

Essendo un ottimo isolante termico, le conche mantengono al loro interno temperatura e umidità costanti, così da non alterare il processo di stagionatura: anche se la Comunità Europea avrebbe voluto abolirle, sostituendole con più sterili vasche di alluminio, si è deciso di mantenerle dopo che si è dimostrato che il microambiente ostile ai batteri creato dalla salamoia può fornire da solo sufficienti condizioni di sicurezza. Pertanto esse sopravvivono, garantendoci una produzione uguale in tutto e per tutto a quella di una volta.

Le vasche vengono poi coperte con lastre di marmo e sistemate dentro cantine costruite nella roccia: si fanno controlli periodici e, dopo 6-10 mesi, a stagionatura completata, si aprono completamente. Il prodotto che si ottiene, come si diceva, è contraddistinto dal colore bianco, appena rosato, talvolta attraversato da una striscia rosa: il suo sapore dolce lo rende anche particolarmente versatile in cucina, dove si presta agilmente anche  alle interpretazioni più creative.

Il Lardo di Arnad è prodotto nell’omonima cittadina della Valle d’Aosta e dal 1996 è stato insignito della Denominazione di Origine Protetta dalla Comunità Europea.

L’origine di questo salume è molto remota, probabilmente precedente alla sua prima citazione scritta che risale al 1570. Il contesto in cui si inserisce la sua produzione è quello tipico delle società rurali e montane dell’uccisione del maiale, un evento che diventava centrale per la popolazione locale e che ancora oggi mantiene viva la tradizione attraverso la successione delle complesse e varie fasi di selezionamento, taglio e preparazione della stagionatura e della conservazione, secondo un vero e proprio rituale. Essa avveniva fra il Natale e Sant’Antonio e coinvolgeva l’intera famiglia, compresi anche gli amici e i vicini: il giorno prima si preparavano le spezie (di solito aglio, ginepro, noce moscata,  chiodi di garofano, salvia, cannella, rosmarino e l’achillea) che sarebbero servite per la conservazione del lardo.

Si ottiene dalla spalla di  maiali con  di almeno 160 kg e non  inferiori ai 9 mesi d’età, allevati in Valle d’Aosta, in Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto.

In origine il lardo veniva conservato e stagionato nei “doils”, casse di legno di castagno o di rovere che avevano particolare incastri per non far uscire la salamoia. Oggi  il legno è stato sostituito con l’acciaio, il vetro o dei contenitori di plastica per alimenti, per adeguarsi alle più recenti disposizioni di tipo igienico sanitario.

Il lardo, privato della cotenna, viene messo nei recipienti a strati, alternati con sale, pepe, erbe aromatiche e poi ricoperto di acqua  fatta bollire precedentemente con sale e aromi. Il contenitore viene poi chiuso con un coperchio su cui è posto un peso e inizia la stagionatura che può durare dai 3 ai 12 mesi. A stagionatura ultimata il lardo si presenta di colore bianco, leggermente rosato, con un profumo ricco di aromi e un sapore che ricorda la montagna proprio per le spezie locali utilizzate nella salamoia.

Nella produzione del lardo di Arnad si devono osservare due regole fondamentali: la prima è l’alimentazione dei maiali (che possono mangiare solo castagne ed ortaggi); la seconda riguarda invece gli aromi utilizzati per la stagionatura, che devono essere rigorosamente locali.

Come si diceva all’inizio, oggi il lardo è considerato un alimento prelibato, anche se meno utilizzato di un tempo, specialmente nei fritti. Al di là di una messa al bando spesso basata su giudizi frettolosi, è comunque vero che, al pari di tutti i grassi animali, esso contiene anche colesterolo, accanto a un discreto contenuto di acidi grassi essenziali, utili all’organismo.

Non è un caso che il suo recupero nella cucina di questi ultimi anni lo veda sempre più presente come ingrediente a sé stante, che non come semplice grasso, con una conseguente valorizzazione del prodotto, così come merita.

FONTI:

GUARNASCHELLI GOTTI, m., Grande Enciclopedia della Gastronomia (2007)

AA. VV., Lard d’Arnad

AA. VV. Taccuini Storici- il Lardo di Colonnata, cibo per Michelangelo

Partecipano come contributors:

Sara Sguerri, Gamberoni Lardellati su Crema di Patate allo Zenzero e Scaglie di Mandorle 

Stefania Pigoni, Il Lardo di Colonnata

Laura Bertolini, involtini di lonza con lardo

Dani Pensacuoca, I borlenghi e la cucina modenese

8 commenti

  1. Adoro il lardo di Colonnata ed è stato un piacere approfondire la sua conoscenza! Bravissima Stefania, bell’articolo e foto stupende!

  2. bellissimo…..volevo partecipare con il mio contributo ma sono arrivata tardi ….adoro il lardo!!!!! complimenti per l’articolo….

  3. Ciao Stefy, il tuo articolo è un approfondimento puntuale e davvero interessante. Sia il lardo di Colonnata che quello di Arnad sono due prodotti meravigliosi della nostra Italia, oggi grazie a te conosciamo meglio l’argomento… Buona giornata dani

  4. Lardo di Colonnata: il difficile equilibrio tra normative UE e tradizione. Un problema che nel nostro Paese si presenta di continuo vista la numerosità dei prodotti tipici tradizionali. In questo caso è andata bene.
    Grazie per il bellissimo articolo!

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