Il Pane di Altamura

Pubblicazione: 12/10/2016

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Giornata Nazionale del pane di Altamura

Ambasciatrice Valentina Venuti per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Per il coraggio e l’indole ribelle dei suoi cittadini la chiamano la “Leonessa di Puglia”. Stiamo parlando di Altamura, una città che deve il suo nome alle poderose mura megalitiche elevate nel 500 a.C., a circa 40 Km da Bari e 19 da Matera, nella Murgia nord-occidentale, dove la Puglia tocca il confine con la vicina Basilicata.
La città si fregia di un passato illustre: la presenza della civiltà umana è antichissima e risale a circa 400.000 anni fa. Nel corso dei secoli arrivarono i Saraceni, poi i Franchi ed infine nel 1232 l’imperatore di Svevia Federico II che, devoto alla Madonna, fece costruire la grande cattedrale, oggi uno dei quattro gioielli delle basiliche imperiali innalzate in Puglia.
In questo territorio già si utilizzavano oggetti e strumenti per la coltivazione e la trasformazione dei cereali; le testimonianze più antiche risalgono al Neolitico e sono raccolte in una mostra intitolata “Alle origini del pane”, realizzata nel 2005 nel Museo di Altamura, che rappresenta un’edizione dell’iniziativa del Ministero per i Beni e le Attività Culturali “Cibi e sapori nell’Italia antica”.
Altamura oggi è conosciuta per un tipo di pane dalle caratteristiche uniche, commercializzato in tutta Italia, prodotto con il grano locale, la cui coltivazione è favorita dalle condizioni climatiche e morfologiche del territorio; le sue origini affondano nell’antico Medioevo che, benché lontano, ha lasciato insegnamenti radicati nel tempo. La qualità del Pane di Altamura DOP è garantita dal Consorzio di Tutela, investito delle funzioni di controllo, promozione e valorizzazione della DOP, nonché di vigilanza contro qualsiasi forma di contraffazione. Monitorando tutte le fasi di produzione, a partire dall’origine della materia prima, il Consorzio riunisce agricoltori, molitori e panificatori e garantisce al consumatore la tracciabilità del prodotto.

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Nella città la rilevante produzione di pane era destinata a soddisfare esigenze alimentari di una popolazione che, fin dal Medioevo, traeva il proprio sostentamento dall’allevamento ovino, a cui si affiancava la coltivazione di tipo estensivo di cereali, facendo capo alle varie masserie sparse nel territorio, dove prestavano il proprio servizio gruppi numerosi di lavoratori salariati.
Le loro famiglie risiedevano invece in città, dove essi si recavano ogni quindici giorni per rifornirsi di viveri, tra cui essenzialmente il pane; la sua caratteristica principale doveva essere, quindi, non la freschezza ma la capacità di conservarsi a lungo, perché doveva garantire l’alimentazione dei lavoratori della terra e dei custodi di animali nei quindici giorni che trascorrevano lontano da casa, nelle masserie e negli iazzi – recinti destinati a raccogliere le pecore – sparsi tra le alture della Murgia.
Il pane era consumato spesso da solo oppure condito con acqua bollente, sale e un filo d’olio. È, questa, la tradizionale “cialledde” nella sua forma più povera, che poteva anche insaporirsi in primavera con l’aggiunta di erbe spontanee, come il finocchietto selvatico o i cardoncelli; presso le famiglie meno povere poteva completarsi con cipolle, origano o anche patate e uova.
Fino a tempi non molto lontani si impastava in casa, mentre la cottura era realizzata in forni pubblici a legna dietro il pagamento in denaro o, se si aveva una masseria, in carne e uova, con la farina oppure addirittura con un pezzo di pasta; modalità produttiva attestata dagli statuti municipali della città, dove era fatto espresso divieto di cuocere il pane nelle abitazioni, pena il pagamento di rilevanti ammende.
I pani erano di grande pezzatura, da 2 a 5 kg, realizzati con sfarinati di grano duro – ora sostituito da semola rimacinata – tutto di provenienza locale, considerando che le rese erano piuttosto elevate.
Il pane veniva impastato in casa nella madia e messo a lievitare sul letto avvolto da pesanti coperte di lana, simbolicamente con il significato che il pane dovesse crescere come un bambino nella culla.
Le forme venivano prelevate di casa in casa dal garzone del fornaio, che le allineava sulla tavola di legno portata in spalla fino al forno. I fornai poi provvedevano a completare la lavorazione delle pagnotte, dando loro la forma finale e, per riconoscere i pani prodotti dalle diverse famiglie, li marchiavano con le iniziali del proprietario.

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Come ricorda il noto poeta latino Orazio, nel suo Libro I, un giorno nella primavera del 37 a.C., rivisitando le terre dove aveva trascorso la sua infanzia, scoprì l’esistenza di quella che definì “il pane migliore del mondo“, tanto che i viaggiatori diligenti ne portavano con sé una bella scorta prima di mettersi in viaggio.
La bontà e la genuinità di questo prodotto è stata riconosciuta a tal punto che il pane di Altamura è il primo a cui in Europa è stato conferito il marchio DOP nella categoria merceologica Panetteria e prodotti da forno, riconoscimento definitivamente sancito il 19 luglio 2003 con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
La ricetta del pane di Altamura DOP è stabilita da un disciplinare in cui sono descritti gli ingredienti da utilizzare: acqua, sale, semola rimacinata di grano duro e lievito madre.
Il lievito madre è l’ingrediente insostituibile, un lievito naturale il cui utilizzo incide favorevolmente sulla digeribilità e sulla conservabilità del prodotto, a cui si uniscono l’acqua, certificata dall’acquedotto pugliese, il sale marino e le semole provenienti dalla macinazione di grani duri delle varietà Apulo, Duilio, Arcangelo e Simeto, prodotti esclusivamente nell’Altopiano delle Murge nei comuni di Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini, Spinazzola, Minervino Murge.

L’origine di questo prodotto è legata ad antiche tradizioni contadine; grande importanza riveste la manualità e l’esperienza. Gli ingredienti ed i gesti nella lavorazione sono stati tramandati nel tempo e restano sempre gli stessi; ciò assicura al pane caratteristiche identiche a quello che si faceva in passato.
Alcuni passaggi sono stati meccanizzati, come per esempio la miscelazione iniziale degli ingredienti, impastati per circa 20 -25 minuti in un’impastatrice a spirale o a braccia tuffanti; l’impasto viene poi lasciato riposare per 2 o 3 ore coperto con un telo, per consentire una fermentazione a temperatura omogenea.
Seguono la spezzatura e la prima formatura, effettuata rigorosamente a mano: l’accurata manualità ed esperienza dei fornai darà luogo alle varie forme, tutte uguali l’una all’altra, partendo da un peso della pagnotta cruda di 1200 g per arrivare, dopo la cottura ed una perdita di umidità di circa il 20%, al peso di un chilogrammo.
Passato un tempo di riposo di circa mezz’ora sulle assi di legno, le pagnotte vengono rimodellate per dare loro la caratteristica forma definitiva e, prima di essere infornate, riposeranno ancora per completare la lievitazione.
Il pane viene lavorato in forme tradizionali dal peso minimo di 0,5 kg: la caratteristica forma alta accavallata, denominata a skuanete (il pane accavallato) con baciature ai fianchi; la bassa, a cappidd d’prèvte, priva di baciature ed il puène muèdde (pane morbido o del contadino); poi c’era u peccelatidde (il pane del capriccio), a forma di pesce, tradizionalmente il pane che veniva preparato e consumato nell’attesa della cottura, il cui nome deriva dalla necessità di soddisfare la richiesta di poter mangiare subito del pane, il capriccio dei bambini che accompagnavano le madri ad aspettare che il pane uscisse dal forno per poterlo portare a casa.
Nella città di Altamura operano circa 35 forni, molti dei quali a legna (il legno bruciato è quello di quercia, che conferisce un sapore caratteristico e la cui particolare durezza permette di raggiungere temperature elevate fino a 280°C) con una produzione giornaliera di 600 q, dei quali solo un 20% rimane per il fabbisogno locale, il resto va a servire i più importanti mercati nazionali (dati 2013).
La prima fase della cottura si esegue a forno aperto, quindi si chiudono gli sportelli e si lascia cuocere il pane per circa 45 minuti a 250°C nel forno a legna, 220°C nei forni a gas o elettrici.
Al termine si apre nuovamente il forno per fare uscire il vapore e conferire una maggiore croccantezza alla crosta, che non deve avere, però, uno spessore superiore ai 3 mm; la mollica, di colore giallo paglierino, deve essere soffice e porosa. Altri requisiti sono l’umidità, che non deve superare il 33%, e la peculiarità di essere un pane conservabile a lungo, così come dettavano le esigenze del passato.

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Pane pugliese tipo “Altamura”

Ricetta tratta dal libro di Ezio Marinato edito da Italian Gourmet

Ingredienti:
Per la pasta fermentata di semola:
120 g di semola rimacinata di grano duro
80 ml di acqua
1 g di lievito di di birra
Per il primo impasto:
40 g di lievito madre di semola idratato al 100% (oppure 2 g di lievito di birra)
200 g di pasta fermentata
200 g di semola rimacinata
120 ml di acqua
5 g di sale
Per l’impasto finale:
80 g di lievito madre di semola idratato al 100% (oppure 5 g di lievito di birra)
1 kg di semola rimacinata
700 ml di acqua
20 g di sale

Impastate tutti gli ingredienti della pasta fermentata, senza superare la temperatura di 24°C. Lasciatela riposare 60 minuti a temperatura ambiente, poi mettetela in frigorifero per almeno 12 ore.
Il giorno dopo impastate gli ingredienti del primo impasto con la pasta fermentata, poi ponete in luogo tiepido a fate lievitare fino al raddoppio del volume.
Riprendete il panetto ed aggiungete gli ingredienti dell’impasto finale fino a strutturare la pasta, ma non completamente.
Mettete in luogo tiepido e date due serie di pieghe ad intervalli di 30 minuti.
Dopo circa 90 minuti, e comunque al raddoppio della pasta, versatela sulla spianatoia e dividetela in 4 pezzi di circa 600 g l’uno, dando una leggera preforma rotonda.
Dopo 20 minuti arrotondate nuovamente e fate lievitare in luogo tiepido su un asse infarinata per circa 90 minuti. Con l’aiuto dell’avambraccio schiacciate ciascuna pagnotta nel centro e ripiegate una metà sull’altra, poi fate riposare ancora 20 minuti circa.
Infornate a 240° e dopo 20 minuti abbassate a 220°, continuando la cottura ancora per 20 minuti.

Fonti:
Geo&Geo
Alle origini del pane di Altamura
Panealtamuradop
Credits foto di testata: http://panealtamuradop.it/image/home1.jpg
Partecipano come contributors:
Patrizia Laquale, Pane di Altamura: lo storico panificio Di Gesù

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