L’abbacchio

Pubblicazione: 28/03/2016

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GIORNATA NAZIONALE DELL’ABBACCHIO

Ambasciatrice Manuela Valentini per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Oggi è la giornata dell’abbacchio e se chiediamo ad un romano cosa sia, sicuramente ci risponderà che è l’agnello giovane, lattante, che viene macellato per la vendita, amatissimo e re incontrastato nella tradizione romana per la qualità e la bontà delle sue carni.
Possiamo trovarne testimonianza nel vocabolario romanesco di Chiappini, dove si specifica che l’agnello, a differenza dell’abbacchio figlio lattante della pecora che non ha mai mangiato altro che il latte, ha quasi un anno di vita ed è stato tosato due volte. Lo stesso Chiappini sottolinea che questa differenza è solo laziale perché “a Firenze non si fa distinzione, l’uno e l’altro si chiamano agnello”.
La pastorizia ovina ha sempre avuto grande importanza nel Lazio perché era la miglior fonte di approvvigionamento di carne per i meno abbienti. Di preferenza venivano macellati pecore e montoni, perché garantivano una resa carnea maggiore, mentre la macellazione degli agnelli veniva riservata per il pranzo di Pasqua. Si tratta di un’uccisione che conserva importanti aspetti simbolici, sia per la Pasqua cristiana, perché ricorda il sacrificio di Gesù in croce e la sua passione (fu “immolato come un agnello”), sia per la Pesach, la Pasqua ebraica, che celebra la liberazione degli Ebrei dall’Egitto e l’inizio di una nuova libertà, ricordando come il sangue dell’agnello sulle porte delle case di Israele li salvò (Esodo 12,21-34).

Catone nel “De re Rustica” e anche Varone e Columella nei trattati di pastorizia raccontano della grande tradizione degli allevamenti di pecore e della cura verso gli agnellini appena nati, tanto che, per evitare che saltellando si facessero male e si allontanassero dalla madre che non avrebbe potuto allattarli, i pastori fino al quarto mese li legavano ad un palo e proprio da “ad baculum” o propriamente “legato al bastone” possiamo far risalire la parola “abbacchio”.
Con il tempo il termine abbacchio venne usato più generalmente per intendere battuto con il bastone, da qui il termine del vocabolario italiano “abbacchiato” per persona dispiaciuta, affranta.
Fino al 300 d.C. nell’area del Foro Romano, o Campo Vaccino, come veniva chiamato allora, si teneva il mercato degli abbacchi, degli agnelli e delle pecore.
Dopo la caduta dell’Impero Romano i Papi proibirono il pascolo delle greggi nella campagna romana fra la festa degli Arcangeli del 3 maggio e del 29 settembre, per questo le greggi, per allontanarsi dalla calura, venivano portate verso i pascoli sugli Appennini.
Il mercato dell’agnello era regolamentato da norme severe, come testimonia l’editto del 1768 firmato dal Cardinale C. Rezzonico, in cui si stabiliva che i pecorai dovevano vendere gli abbacchi interi solo nelle piazze e nei luoghi pubblici di Roma alla luce del sole e chi avesse voluto fare incetta di abbacchi sarebbe stato punito; oltremodo si offriva una ricompensa a chi avrebbe aiutato a scovarli.

La denominazione “Abbacchio Romano” è riservata solo ad agnelli da latte nati, allevati e macellati nel Lazio. Il Consorzio per la Tutela dell’Abbacchio Romano, ufficialmente riconosciuto il 6 luglio 2010, ha lo scopo di tutelare e promuovere l’abbacchio romano, sin dal 2009 riconosciuto come IGP.
Le razze ammesse dal disciplinare sono:
– Sarda: razza autoctona sarda, molto produttiva soprattutto per il latte.
– Comisana: originaria della Sicilia, anch’essa ottima per la produzione del latte.
– Sopravissana: di origine laziale, viene allevata soprattutto per la qualità della carne.
– Massese: razza autoctona italiana, allevata per la produzione del latte.
– Merinizzata: nasce da incroci fra razze, è allevata per la carne e la finezza della lana.
Anche i relativi incroci fra queste razze sono ammessi.

Gli agnelli devono essere allevati allo stato brado o semibrado e nutriti con latte materno; sono ammessi foraggi secchi, ma assolutamente vietate sostanze di sintesi o organismi geneticamente modificati.
Non possono essere soggetti a forzature alimentari o stress per incrementare la produzione. In estate le greggi vengono trasferite in alpeggio dove possono nutrirsi con foraggi freschi che mantengono inalterate la qualità del latte e di conseguenza le caratteristiche dell’Abbacchio Romano IGP.
All’atto della macellazione, che deve avvenire tra i 28 e 40 giorni di età, la carne deve essere di un colore rosa chiaro e la massa muscolare deve presentarsi compatta, con scarsa presenza di grasso infiltrato o di copertura, che deve essere sodo e bianco.
Il colore uniforme e il grasso bianco sono testimonianza di un’alimentazione perfetta.
Il sapore è delicato e la tessitura della carne deve essere fine, il peso finale ammesso è fino a 8 chili.

La carne dell’Abbacchio Romano IGP ha contenuto proteico inferiore rispetto alle altre carie ovine, è facilmente digeribile e ha un basso contenuto calorico.
L’abbacchio, nella cucina laziale, è protagonista di moltissimi piatti tra cui sicuramente non possiamo dimenticare:
Animelle alla romana: marinate con del vino e un pizzico d’aceto, infarinate e fritte nel burro.
Coratella con carciofi: la coratella (fegato, cuore e polmoni) è tagliata a pezzetti e poi cotta in una padella con un po’ di burro e vino bianco separatamente. Prima il polmone, dopo 15 minuti il cuore, dopo 12 minuti il fegato finendo la cottura per altri 10 minuti. Si aggiungono i carciofi cotti a spicchi a parte, amalgamando tutto per 5 minuti.
La carne dell’abbacchio si presta particolarmente alla cottura in forno; fra le più conosciute possiamo annoverare l’“abbacchio alla romana”, dove i cosciotti d’agnello vengono aromatizzati con rosmarino, aglio, salvia, vino bianco e aceto, e l’“abbacchio allo scottadito”, ossia costolette aromatizzate e cotte alla griglia, mangiate immediatamente prendendole con le mani.

Abbacchio al forno con salsa alle alici

1,5 kg di Abbacchio Romano IGP

per la marinatura:

il succo di un limone
2 cucchiai olio extra vergine di oliva
1 rametto di rosmarino
1 spicchio di aglio
3-4 foglie di salvia

per la cottura:

2 bicchieri si vino bianco
sale e pepe q.b.

per la salsa di accompagnamento:

6 alici
1 rametto di rosmarino
1 spicchio di aglio
la scorza di un limone
2 cucchiai di fondo di cottura

PREPARAZIONE

Prendere un coscia e un pezzo di sella e disossarla o farsela disossare dal macellaio.
Preparare una marinatura con il succo del limone, due cucchiai d’olio, rosmarino e salvia tritati; amalgamare bene il composto quindi massaggiare la carne dell’abbacchio. Metterlo poi coperto in frigorifero per 5-6 ore o meglio tutta la notte.
Al mattino togliere l’agnello dalla marinatura, legarlo arrotolando il pezzo della sella e la parte finale della coscia dove abbiamo tolto l’osso. In una larga padella far rosolare per alcuni minuti l’abbacchio.
Poi trasferirlo in una pirofila da forno unta con po’ d’olio, irrorarlo con il vino bianco e la marinatura rimasta.
Infornare a 180° e farlo cuocere per circa 90 minuti, irrorandolo un paio di volte con il sugo di cottura.
A cottura ultimata far riposare per qualche minuto prima di servire.

Preparare la salsa d’accompagnamento frullando le alici con due cucchiai del fondo di cottura, l’aglio, il rosmarino e la scorza del limone.
Trasferire l’agnello su un vassoio, affettarlo e servire con la salsa alle alici.

Biografia:
Gambero Rosso “Carne- Le scuole di cucina” Vallardi edizioni
F.Duscio “La romanesca: Cucina popolare e Tradizione Romana” Fuoco edizioni
www.abbacchioromanoigp.it
www.romaincampagna.it – Abbacchio Romano IGP (pdf)
www.foodinitaly.com
www.parrocchiasanvitale.it
Partecipano come contributors:
Cristiana Di Paola, Abbacchio brodettato alla romana
Renato Romano, Abbacchio alla cacciatora
Antonella Vergari, Costolette di abbacchio alla mugnaia

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