
27 Settembre 2023
Favole in cucina: Cappuccetto Rosso e il Lupo
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Pubblicazione: 24 Giugno 2016
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Ambasciatrice Mariella di Meglio per il Calendario del Cibo Italiano- Italian Food Calendar
L’uomo ha da sempre apprezzato la possibilità di consumare bevande fresche durante la stagione calda e questo, in passato, era reso possibile conservando, in inverno, grandi quantità di ghiaccio e di neve in luoghi freschi, come grotte o cantine e coprendo il ghiaccio con della paglia, che fungeva da isolante. Già gli antichi Romani usavano aggiungere al ghiaccio così conservato degli sciroppi dolci, e pare che ne facessero un tale consumo che Seneca, da sobrio stoico quale era, rimproverasse i concittadini per questo frequente peccato di gola. Quello che i Romani consumavano così golosamente può essere considerato l’antenato del sorbetto, di lontane origini arabe ma sviluppatosi principalmente in Sicilia grazie alle niviere dell’ Etna.
La situazione rimase immutata per secoli, fino a quando, verso la metà del ‘500, si scoprì dapprima che il salnitro, aggiunto all’acqua, ne abbassava la temperatura e, successivamente, che l’aggiunta del salnitro al ghiaccio permetteva di raggiungere temperature ancora più basse. Fu una svolta: da quel momento fu possibile iniziare a creare delle vere e proprie creme gelate, che incontrarono grande favore presso coloro che potevano permettersi simili prelibatezze. L’inventore del gelato viene considerato il fiorentino Bernardo Buontalenti, uomo autenticamente rinascimentale nella molteplicità dei suoi ruoli: architetto, scultore, pittore e organizzatore di banchetti memorabili. Nel 1559 il Buontalenti, in occasione dei festeggiamenti per l’inaugurazione della Fortezza del Belvedere, servì una crema ghiacciata a base di latte, miele e uova, aromatizzata con bergamotto, arance e limoni. Possiamo tranquillamente affermare che la storia del gelato modernamente inteso è, ai suoi esordi, tutta italiana: italiano lo scopritore della reazione endotermica tra acqua e sale, italiano il creatore della prima crema gelata, italiana – Caterina de’ Medici – colei che portò la novità del gelato (e non solo quella) alla corte di Francia; novità che in seguito si diffuse presso le corti di tutta Europa. Ma il gelato cessò di essere una golosità disponibile solo per sovrani e cortigiani, divenendo accessibile anche ad altri ceti sociali, nel ‘700, quando si cominciarono ad aprire i caffè, molto frequentati da artisti e borghesi. In particolare, in quell’epoca, il siciliano Procopio dei Coltelli si trasferì a Parigi, dove aprì il famoso Café Procope, diventato presto famoso, grazie anche ai gelati preparati utilizzando un modello di gelatiera inventato da un suo avo.
Una categoria a parte è rappresentata dai semifreddi, caratterizzati, rispetto al gelato, dall’aggiunta di una notevole percentuale di panna nella crema di base. Il risultato è un prodotto molto più morbido, meno freddo e con un effetto molto piacevole al palato.
A Genova, è famosa la panera (contrazione di panna nera): un semifreddo a base di panna, zucchero, tuorli d’uovo (scomparsi nella versione moderna) e polvere di caffè.
A Napoli, invece, fino a non molti anni fa, era diffusissima la coviglia, un semifreddo servito tipicamente in bicchierini svasati di alpacca. Costituivano una presenza immancabile nei rinfreschi, casalinghi e non: infatti, non c’era Battesimo, Comunione o compleanno che non vedesse comparire sul buffet coviglie di gusti differenti, insieme al “cugino”, lo spumone. Lo spumone è un dolce a forma di mezza sfera, il cui esterno è fatto da gelato e l’interno racchiude un cuore morbido di semifreddo. Oggi, purtroppo, la coviglia non è più di moda e son poche le gelaterie che ancora la preparano.
Il suo nome pare derivare da una parola spagnola – cubillo – che starebbe ad indicare un piccolo contenitore per tenere l’acqua in fresco. Quindi è proprio il contenitore a caratterizzare questo semifreddo; il che induce a rammaricarsi doppiamente per la sostituzione, ai giorni nostri, degli eleganti bicchierini metallici con anonimi contenitori di plastica.
La coviglia si prepara in vari gusti: caffè, cioccolato, nocciola, fragola, cassata. Sul fondo, talvolta, è inserito un dischetto di pan di spagna, inzuppato con una bagna liquorosa.
Panna 240 g
Uova 150 g
Zucchero 100 g
Tuorli 40 g
Acqua 30 g
Preparare una pâte à bombe:
montare le uova insieme ai tuorli; nel frattempo, mettere lo zucchero in un pentolino, bagnarlo con l’acqua e farlo cuocer fino alla temperatura di 121 gradi. Versare lo sciroppo a filo sulle uova, continuando a montare il composto fino a che si sarà raffreddato. A questo punto, inserire il gusto prescelto *. Semimontare la panna e aggiungervi la pâte à bombe. Distribuire nei bicchierini e congelare per almeno 4 ore.
* Caffè solubile, sciolto in un po’ di panna calda, oppure 50 g di pasta di nocciole o di pistacchio, oppure 120 g di fragoline frullate.
Base per Coviglie da La cucina Napoletana di J. Carola Francesconi
Panna 350 g
Zucchero 240 g
Tuorli pastorizzati 4
Albumi pastorizzati 3
Montare i tuorli con lo zucchero fino a che saranno diventati chiari e spumosi. Aggiungere la panna montata e gli albumi a neve.
Il problema con questa ricetta è rappresentato dal fatto che i congelatori casalinghi, diversamente da quelli delle gelaterie che sono intorno ai – 5, sono regolati su temperature intorno ai – 18 gradi, il che comporta, come conseguenza, che un gelato o un semifreddo, appena tolto dal freezer sia troppo duro per essere mangiato. Certo, si può lasciarlo un po’ a temperatura ambiente, aspettando che si ammorbidisca un po’; ma inevitabilmente, quando l’esterno inizia ad ammorbidirsi, il centro rimane duro. Un’alternativa è rappresentata dalla possibilità di sostituire parte dello zucchero semolato con dello zucchero invertito, non sempre di facile reperibilità.
Fonti
Dario Bressanini La scienza in cucina blog
Jeanne Carola Francesconi La cucina napoletana, Napoli, Ed Del Delfino
Paolo Fulgente Le mie passioni, Ed. Chirotti, 2006
Nicola De Blasi Parole nella storia quotidiana. Studi e note lessicali, Napoli, ed. Liguori , 2009
Partecipano come contributors:
Sara Sguerri, Coviglie Napoletane al Caffè
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ciao mariella, nella prima edizione del libro della Francesconi, mi sembra che non ci siano le coviglie… quale edizione hai? grazie stefano
Un freschissimo articolo. Grazie Mariella.
Articolo davvero interessantissimo: grazie per questa bella riscoperta!
Non sapevo che cosa fossero le coviglie: Mariella grazie, per il bell’articolo! Proverò senz’altro e in tempi brevissimi visto il caldo!