Le sarde in saor

Pubblicazione: 23/01/2016

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Senza ombra di dubbio le sarde in saor (“sapore” in dialetto veneziano) sono un piatto tipico della tradizione veneta, o meglio veneziana e non c’è modo più efficace per raccontarlo che addentrarsi proprio fra le calli della città che le rappresenta.
Iniziamo questo viaggio, dirigendoci verso il mercato di Rialto, nei pressi dell’omonimo ponte, nel cuore del centro storico di Venezia, dove si respira quella che possiamo definire la vera atmosfera popolare veneziana.
Da più di mille anni, il mercato di Rialto è ancora diviso secondo le strade in Erbaria (mercato delle verdure e frutta), Pescaria (mercato del pesce), calle dei Beccheri (dove si trovano i venditori di carni). E’ un posto unico al mondo, animato dalla più varia umanità: cittadini, curiosi, negozianti, ristoratori, turisti che fanno una capatina fra i banchi anche solo per dare una sbirciatina ad un mercato fatto di mille colori e profumi. Si viene rapiti dalle voci dei venditori e dei pescatori che gridano meraviglie della loro merce.
Proprio qui, si può arraffare qualche piccola curiosità, rubata ai pescatori, dediti alla vendita e alla pulizia del pesce, solo per capire i metodi di pesca delle sardine, ingrediente principale della ricetta.
Due sono le modalità di pesca delle sardine: la “pesca a volante” e la “pesca a tramaglio”.
La prima consiste nel trascinare una rete tenuta da due pescherecci che deve solo sfiorare il fondo, senza toccarlo. Questa pesca avviene fra le tre e le quaranta miglia dalla costa nei compartimenti di Venezia, Chioggia e Ravenna.
La seconda consiste in una rete di sbarramento ancorata al fondo, calata in mare nel tardo pomeriggio per essere poi ripresa il mattino successivo.
Le sardine contengono un valore pari al 18% di proteine, vitamina D, A, B2, B3 e B12; possiedono in oltre a diversi oligo-elementi quali ferro, fosforo, sodio, magnesio e calcio. Sono un pesce poco calorico (circa 150 kcal per 100 g di prodotto), con un contenuto di grassi che varia anche a seconda del periodo dell’anno in cui vengono pescate: quelle estive, per esempio sono più grasse e quindi anche più saporite. Stiamo comunque parlando sempre di grassi insaturi, nello specifico di acidi grassi insaturi, che aumentano il colesterolo “buono” e aiutano a ridurre quello cattivo. Sono anche ricche di vitamina D e B12,, ottime per le ossa, di fosforo e di minerali, il che le rende un alimento adatto a tutti e molto consigliato per le donne in gravidanza, gli adolescenti, gli sportivi e i convalescenti.
Altro ingrediente fondamentale per la preparazione delle sarde in saor è la cipolla bianca di Chioggia.
La cipolla nel veneziano è di casa, da sempre: in particolare, Venezia e Chioggia sono sinonimo di pesce e cipolla. Per secoli, infatti, i pescatori chioggiotti utilizzarono questo ortaggio per conservare il pesce nei casi di pescate abbondanti. Non è un caso che questa maturi proprio ai primi caldi, quando arrivano sotto costa i branchi di sarde. A questo si aggiunga il fatto che i marinai usavano consumare molte cipolle per scongiurare lo scorbuto, una carenza vitaminica (nello specifico, di vitamina C), che era molto diffusa in chi andava per mare e quindi non aveva la possibilità di nutrirsi in modo appropriato.
L’altro elemento caratteristico per la conservazione è l’aceto, il cui uso come conservante è forse ancora più antico: certo è che questo abbinamento risale, nel caso delle Sarde in Saor, al XIV secolo e da allora è sempre rimasto immutato, pur con le inevitabili varianti dei diversi dosaggi.

IL SAOR NELLA TRADIZIONE VENEZIANA

Anche se la versione veneziana del “saor” si affianca a molte preparazioni simili sparse per tutto il Veneto, è proprio a Venezia che il piatto fonda le sue primordiali radici. Senza dimenticare la provenienza prettamente marinara delle Sarde in saor, altro elemento distintivo della storia della Serenissima: “Cibo di marinai e scorta di terraferma”, lo definisce Bepo Maffioli, autorità, ormai scomparsa, nella cultura e diffusione della cucina della tradizione veneta, rivendicando la sua origine come metodo di conservazione del il pesce durante i lunghi viaggi per mare.
Venezia, infatti, è una città che della marineria italiana ha fatto la storia. I marinai e i pescatori, avevano la necessità di nutrirsi a bordo, spesso col frutto del proprio lavoro: per cui era assolutamente necessario riuscire a conservare il pesce che si doveva conservare il più a lungo possibile.
Ma il saor presenta il segno chiaro ed evidente della sua origine veneziana anche per altri aspetti: ingredienti popolari di questa cucina. Uno fra tutti la cipolla, che proveniente dagli orti delle isole lagunari o di Chioggia, imbiondita e resa dolce da una gentile stufatura, che caratterizza, con questo sapore inconfondibile, anche altre preparazioni tipiche come il fegato di vitello “alla veneziana” e il “baccalà alla cappuccina”); poi le spezie, l’uva “sultanina” e pinoli, che ricordano l’importantissimo ruolo di Porta per l’Oriente che la città rivestì per secoli e sottolineano il carattere gentile e il “garbo”della sua anima; ma anche la semplicità nella preparazione e la sobrietà d’uso degli ingredienti, che tanto dicono del senso pratico dei Veneziani, fonte di grandi fortune nei commerci.
La preparazione del saor quindi si “nutre” dell’ambiente in cui nasce, impregnandosene come le sarde fritte del loro condimento, fino a farsi decisa e rude, nella versione popolare, intrisa com’è degli aromi della cipolla e dell’aceto, e gentile e profumata nella versione più nobile ed elitaria, grazie all’uso sapiente delle spezie. Ma queste variazioni non sono il saor dei vecchi pescatori veneti, che di sicuro preparavano questo piatto a bordo utilizzando prodotti che avevano nella loro stiva, e certamente dove uvetta e pinoli, molto più pregiati e costosi, non apparivano.
Non avendo frigoriferi, il “saor” veniva usato anche per i pesci più piccoli, come le “moeche” e per gli “sfogieti”. Serviva a togliere al pesce quel gusto di “vecchio”, spesso difficile da eliminare: c’era bisogno di almeno due giorni di riposo perché il pesce così preparato diventasse saporito e gustoso. La tradizione veneziana vuole che le Sarde in Saor siano il piatto tradizionale per la Festa del Redentore, la terza domenica di luglio. Innumerevoli le dispute sugli ingredienti e sulle loro dosi: la più accesa riguarda le proporzioni fra cipolle e pesce (2 kg per ogni kg di sarde è il dosaggio più accreditato). Ma si discute anche sulla presentazione delle sardine (se aperte a libro oppure richiuse dopo la pulitura); sull’utilizzo del tipo di olio (se solo olio di arachide o solo olio di oliva o mischiati in percentuali variabili); sulla presenza del vino accanto all’aceto (pare che l’utilizzo di una parte di vino faccia esaltare di più il gusto delle sarde): d’altronde, come ogni ricetta della tradizione, anche le Sarde in Saor variano di casa in casa, in relazione alle ricette preparazioni personali delle diverse famiglie, tramandate da generazioni.
Ciò che non è in discussione è che le Sarde in Saor nascono dalla necessità e dal genio di chi le ha create, realizzando uno dei vanti della nostra gastronomia.

PROTAGONISTA DELLA LETTERATURA

Questa preparazione è tra le più conosciute della cucina veneta. Carlo Goldoni ne scrive nella sua opera in due tempi in dialetto veneziano, “Le donne de casa soa”, ambientata in un campiello:

“Grillo, sentì, fio mio, tolè la sporteletta;
Voggio che andè da bravo a farme una spesetta.
In pescaria ghe xe del pesce in quantità;
M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà.
Un poche de sardelle vorria mandar a tor,
Per cusinarle subito, e metterle in saor.”

(Carlo Goldoni, da “Le donne de casa soa”)

Ed ecco i suoi “consigli per gli acquisti”
“Comprème co sti bezzi sie grossi de sardelle,
Ma vardè che i ve lassa zernir delle più belle.
Quella che xe de sora, xe sempre la più grossa,
Quando che le xe stracche, le gh’ha la testa rossa.
Paghèle quel che i altri le paga in pescaria.
E po fèvene dar quattro de soravia.”
“Grillo, sentì, fio mio, tolè la sporteletta;
Voggio che andè da bravo a farme una spesetta.
In pescaria ghe xe del pesce in quantità;
M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà.
Un poche de sardelle vorria mandar a tor,
Per cusinarle subito, e metterle in saor.”

(Carlo Goldoni, da “Le donne de casa soa”)
Ma già secoli prima, un anonimo veneziano nel suo “Libro per cuoco”, un testo del ‘300 che raccoglie molte ricette ancora attualissime nella cucina veneta, così scriveva in proposito:
“Se tu voy fare pesse a savore che se chiama a sabeto, frizelli in bono olio, toy uva passa e maxenala con l’agresta e con aceto e toy cepola e lessala e batila con cotello poy frigilla con quello savore e mitige specie che non habia zafarano e mitigi galanga asai e fai che seano acetoxi non tropo”.

IL SAOR NELLA TRADIZIONE VENEZIANA

Le migliori sarde in saor le si trovano al Ristorante “El Vecio Fritolin”, Un ristorante, un locale non molto lontano dal mercato di Rialto, fortunatamente non grande, ma molto accogliente. E’ un ristorante che ha un forte legame con la tradizione, basti pensare che infatti era un vecchio “fritolin”, un luogo dove il popolo poteva acquistare il pesce appena fritto, proprio come ora. Un ristorante dove Lo Chef Daniele Zennaro vi ha portato una ventata di creatività, arricchendo ed intrepretando la tradizione gastronomica veneziana, ma badando a tenere ben ferme salde le sue radici.

Ingredienti per 4 persone:

20 sarde fresche senza testa e spinate
300 g di cipolla bianca
50 g di uvetta
50 g di pinoli
80 ml di aceto bianco
150 ml di vino bianco
80 ml di olio di semi
sale e pepe di mulinello
farina per le sarde
olio di arachide per friggere

PREPARAZIONE:
1. Sbucciate le cipolle e con l’aiuto di una mandolina tagliatele ad anelli non troppo spessi.
2. Mettetele in un tegame con l’olio di semi da freddo e fatele stufare con un pizzico di sale, rimestandole di tanto in tanto per non farle caramellare. Appena saranno appassite, bagnate con il vino bianco e l’aceto, abbassate il fuoco e lasciate cuocere nel liquido di cottura.
3. Quando risulteranno al dente, togliete dal fuoco, aggiungete i pinoli e l’uvetta e fate raffreddare a temperatura ambiente.
4. Scaldate l’olio di arachide in un ‘ampia padella: infarinate le sarde aperte e friggetele, finché ben dorate e croccanti.
5. In una pirofila alternate le cipolle e le sarde, chiudendo con le cipolle. Coprite con pellicola a contatto e lasciate riposare in frigo almeno 12 ore.

Presentazione:

Servire le sarde in saor a temperatura ambiente con poca polenta bianca morbida e un filo d’olio d’oliva extravergine integrale del Garda.

Partecipano come contributors:

Valentina De Felice, Sarde in saor

Cristina Galliti, Acciughe in saor

Andrea Zinno, Ricordo di un saor
Erica Zampieri, Sarde in saor a modo mio
Tiziana Bontempi: Sarde in saor
Walter Zanirato: sarde in saor su polenta bianca
Tamara Giorgetti -Declinazioni di sarde in saor
Mariangela D’Amico, sarde tra saor e beccafico
Aurelia Bartoletti, Millefoglie di Polenta e Sarde in Saor
Cinzia Martellini Cortella, Sarde in Saor per il Calendario del Cibo Italiano

19 commenti

  1. Bellissimo e approfondito mi piace tantissimo!!! Ti voglio lasciare un tormentone di mio nonno “El pesse ga da noare tre volte: prima ‘ntel’aqua, dopo ‘ntel’ojo e la terza ‘ntel vin” . Lo era o no saggio? 😉

  2. Marianna cara molto interessante il post, con voi sto imparando un sacco di cose. Le ho mangiate a venezia e anche il fegato…una vera goduria!

  3. Splendido racconto Marianna, partire dal mercato di Rialto poi mi ha fatto tornare alla mente bellissimi ricordi: ho la fortuna di averlo visitato 🙂 Un piatto davvero ottimo e intriso di tradizione. Bravissima!

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