Il Quinto Quarto

Il quinto quarto

Pubblicazione: 28/03/2016

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SETTIMANA DEL QUINTO QUARTO

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Ambasciatrice Cristiana Di Paola per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Prima di cominciare con il post facciamo chiarezza. Cos’è il quinto quarto?
Il termine nasce dal modo in cui solitamente viene sezionato l’animale. Dopo esser stato ucciso e svuotato delle interiora, viene suddiviso in due mezzene attraverso una sezione longitudinale. Ogni parte verrà divisa in due quarti: l’anteriore e il posteriore, che successivamente, al momento della vendita, verranno nuovamente suddivisi in tagli.
Le parti meno pregiate rimaste dal sezionamento della bestia vengono denominate quinto quarto.

Infografica donatami da Dani Pensacuoca di Acqua e menta

All’interno dello stesso vi è una suddivisione ulteriore: il quinto quarto alimentare e quello industriale, a cui appartengono le parti cornee.
E’ uso comune utilizzare il termine frattaglie, ma bisogna stare attenti a non associarle alle interiora. Secondo la definizione del Dizionario della lingua italiana di Tullio De Mauro, le frattaglie vanno intese “come le interiora degli animali macellati e tutte quelle parti che, pur non facendo parte della carcassa, sono commestibili”.
Roberta Schira, assieme a Franco Cazzamali, fa un ulteriore distinzione tra frattaglie rosse (fegato, cuore, milza, rene, lingua, polmone ed esofago), frattaglie bianche (cervella, animelle, schienali e pajata) e pseudo frattaglie (testina, guance, palato, orecchie, piedini, coda, mammella, testicoli, intestini o budella, midollo – Schira R., Cazzamali F., Il libro delle frattaglie, pg.15). Le trippe, cioè preparazioni a base di stomaco, fanno parte di una categoria a sé.
Attenzione a non trascurare il quinto quarto di pesce che spesso e volentieri viene apprezzato e mangiato senza lo stesso disgusto riservato alle altre: basti pensare alla colatura di alici o alla bottarga.
Oltre alla definizione di De Mauro che ho citato sopra, ne troviamo un’altra sempre dello stesso autore in relazione al termine frattaglie: ciarpame. Termine che indica tutto il disprezzo di cui sono state coperte queste parti un tempo considerate nobili.
La storia del gusto è una storia strana. L’organo a cui viene associato è spesso la lingua, ma in realtà colui che decide cosa sia buono e cosa no è il cervello, un organo culturalmente (e perciò storicamente) determinato, attraverso il quale si imparano e si trasmettono i criteri di valutazione. Perciò questi criteri sono variabili nello spazio e nel tempo” (Montanari, M. Il cibo come cultura, pg.73).
La definizione del gusto fatta da Montanari esplica in maniera perfetta la diversa percezione che si è avuta nei confronti delle frattaglie nel corso dei secoli.
Dal momento in cui l’uomo è divenuto cacciatore, il quinto quarto ha cominciato a far parte della sua alimentazione. Il vero momento di gloria risale all’antichità, momento in cui attraverso l’analisi delle interiora l’uomo entrava in contatto con la divinità. In Italia gli Etruschi furono i rappresentanti più degni di questa pratica, che venne assorbita più tardi dal popolo romano.

Fegato etrusco di Piacenza

Fino al Medioevo il consumo di carne era limitato a quella di maiale. Il bue e le galline non venivano toccate, bene troppo prezioso per esser macellato per un consumo temporaneo. Le frattaglie erano considerate cibo popolare, fatta eccezione per quelle di selvaggina, che prevedevano un rituale ben specifico che si consumava al momento della caccia. Normalmente erano destinate all’uomo più forte, colui che veniva considerato il capo. Organi come il fegato ed il cuore erano rivestiti di cariche simboliche importanti, per cui colui che le ingeriva in un qualche modo “si appropriava” delle caratteristiche dell’animale ucciso.
Nel Rinascimento le foreste furono soppiantate dalle tavole dei nobili signori dove fecero la loro comparsa le frattaglie bovine. Sulle tavole degli aristocratici dell’epoca venivano apprezzati le parti considerate migliori, come le cervella, le animelle e le frattaglie della selvaggina da piuma.

Scena di caccia medievale

I volatili hanno da sempre svolto la funzione di elemento di giunzione tra il terreno e il divino e solo i nobili erano degni di mangiarli.
Dalla fine del Settecento si comincia a registrare un calo del consumo di interiora, probabilmente dovuto all’allontanamento dei macelli dal centro delle città; la deperibilità della materia prima, unita alla lontananza dalle cucine “che contano”, fecero sì che il quinto quarto diventasse puro appannaggio del popolo. Da sempre vi è stata una dicotomia nella considerazione delle frattaglie. Alcune interiora erano di diritto destinate alle tavole dei signori, altre come la trippa, il polmone o la milza erano per il popolo. La stessa cosa che riscontriamo ancor oggi, dove nei menu degli chef stellati compaiono quasi sempre le stesse frattaglie: animelle, rognone o fegato.
Con i grandi manuali di cucina di Escoffier in Francia e dell’Artusi in Italia, il quinto quarto rientra nelle cucine della borghesia, per poi registrare un definitivo collasso nel consumo con la comparsa dei primi casi di encefalopatia spongiforme o “morbo della mucca pazza”.
Il primo caso venne registrato nel 1986 in Inghilterra e si diffuse una sorta di panico non giustificato nei confronti di alcune parti dell’animale. L’agente infettante va ricercato nei prioni che si sviluppavano nei processi di produzione delle farine di origine animale con cui erano alimentati i bovini all’epoca. I prioni possono entrare in contatto con gli esseri umani nel momento in cui viene ingerita della carne infetta, visto che non vengono neutralizzati né della cottura né dal congelamento. Lo svilupparsi della malattia fece sì che la Comunità Europea emanasse una serie di norme che prevedevano il non utilizzo di farine di origine animale. In Italia dal 2001 sono obbligatori per legge dei test anti prione per tutti i bovini macellati. Sempre nel 2001 il Ministero della Sanità emanò un decreto per cui: “è’ vietato cedere o somministrare, a qualunque titolo, al consumatore, carne di bovini di età superiore a dodici mesi, di qualunque origine o provenienza, macellati a partire dal 1° aprile 2001, alla quale non sia stata asportata la colonna vertebrale, compresi i gangli spinali”.

Queste misure scatenarono una sorta di panico, probabilmente ingiustificato, visto che gli unici casi registrati in Italia riguardavano animali di origine anglosassone. Ma allo stesso tempo l’esplodere del “morbo della mucca pazza” è stato fondamentale per mettere ordine nella produzione e nella distribuzione della carne, rendendo ad oggi le frattaglie sicure al 100%.
La scelta dovrebbe sempre e comunque ricadere su animali italiani, in cui sia possibile ricostruire la tracciabilità, possibilmente provenienti da allevamenti “etici” in cui non vi è forzatura nelle metodiche di allevamento.
Passiamo alla pratica. Impossibile in un solo articolo spiegare come affrontare ogni singola parte, anche per le notevoli differenze che corrono dall’una all’altra in consistenza e proprietà. Cercherò durante la settimana di affrontare un organo alla volta spiegandone i metodi di cottura e le caratteristiche a lui proprie.
Termino con un pensiero di Fabio Picchi, cuoco fiorentino e amante delle frattaglie, che rispecchia anche il mio: “A coloro che sono muti e sordi ai colli ripieni, alle zampe di vitella bollite per cinque ore e poi disossate per essere cucinate come la trippa alla fiorentina con soffritto di carota sedano e cipolla con doppia dose di burro e parmigiano, non so cosa dire. Non so come accarezzarli. Non so come abbracciarli. Non so che vita hanno fatto. Non so che battaglie non hanno combattuto. Son certo però che se entri in casa loro non vedrai né cucine con pentolini sobbollenti, né focolari, né tavoli apparecchiati affettuosamente, né dispense premurose”. (Schira R., Cazzamali F., Il libro delle frattaglie, pg 303).

Bibliografia:
Schira R., Cazzamali F., Il libro delle frattaglie, Ponte alle Grazie 2008
Montanari M., Il cibo come cultura, Editori Laterza 2006
http://www.usl8.toscana.it/wincity/allegati/32116530_bse05.pdf
Fonti iconografiche:
https://www.studyblue.com/notes/note/n/ha190e-final/deck/13123867
Infografica di Dani Pensacuoca – http://acquaementa.com/
http://www.studiarapido.it/etrusca-disciplina-larte-divinatoria-degli-etruschi/#.Vusoh4zhBuU
http://it.paperblog.com/cibo-e-accoglienza-in-epoca-medievale-2421810/
http://www.nova3.com/_serv/benessere_salute/sal-mucca-pazza.htm
Partecipano come constributors:
Corrado Tumminelli, Lingua in Dolce e Forte
Cristina Galliti, Il quinto quarto di mare
Dani Pensacuoca, Quinto quarto: un’infografica per imparare a conoscerlo
Antonella Marconi, settimana del quinto quarto
Silvia Leoncini, Hamburger di Coda alla Wellington
Anna Laura Mattesini, Lingua in Salsa Verde

7 commenti

  1. Cristiana articoli splendido che spiega molto chiaramente cosa è il quinto quarto, l’unico mio rammarico è che e difficile da trovare almeno da noi e il calo del consumo è dovuto anche a questo, sta diventando cibo da veri intenditori
    Grazie ti seguirò attentamente
    Ciao Manu

    1. Hai perfettamente ragione. La vera difficoltà è il trovare la materia prima, che soprattutto in questo caso deve essere di ottima qualità. Grazie mille

  2. Con una spiegazione e una infografica così dettagliate….peccato che alcuni “pezzi” siano introvabili. E tutto il resto un cibo per pochi intenditori. Complimenti!

    1. Grazie. Come dicevo sopra: hai ragione sulla difficoltà a trovare la materia prima, spesso bisogna rompere un po’ “le scatole” al proprio macellaio e alla fine di tormentarlo riesci ad ottenere qualcosa!

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