Settimana della pastasciutta

Pubblicazione: 04/07/2016

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Settimana della pastasciutta

Ambasciatrice Mariangela D’Amico per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

“Diceva Ennio Flaiano che il nostro, più che un popolo, è una collezione. Ma quando scocca l’ora del pranzo, seduti davanti a un piatto di spaghetti, gli abitanti della penisola si riconoscono italiani come quelli d’oltre manica, all’ora del tè, si riconoscono inglesi. Neanche il servizio militare, neanche il suffragio universale (non parliamo del dovere fiscale) esercitano un simile potere unificante. L’unità d’Italia sognata dai padri del Risorgimento oggi si chiama pastasciutta.” (Cesare Marchi, Quando siamo a tavola)

Se vi chiedessero di stilare una lista di termini in grado di descrivere il concetto di “italianità”, una delle parole che probabilmente vi verrebbero in mente sarebbe “pasta”. Che si tratti di spaghetti al pomodoro, di linguine al pesto o di penne all’arrabbiata, non c’è scampo al sublime rito italico del gustare, almeno una volta al giorno, un piatto di questo alimento; tanto che tale abitudine ci ha resi oggetto, nel tempo, di forti stereotipizzazioni.
Era ovvio, quindi, che il Calendario del Cibo Italiano dedicasse alla pastasciutta, uno dei simboli della nostra cultura gastronomica, un’intera settimana di celebrazioni, che prende il via proprio oggi.

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Foto 1 – formati di pasta lunga

DEFINIZIONE

Nell’accezione occidentale odierna, la pasta è quell’alimento a base di semola o farina, di forma e dimensione variabile, destinato a essere cotto in acqua salata, riconducibile a una delle seguenti categorie: pasta fresca, ripiena o secca. L’ultima è quella che utilizziamo quando prepariamo la “pastasciutta”, ovvero un piatto a base di pasta secca lessata, servita con sughi, salse o altri intingoli. Per legge, la pasta secca prodotta a livello industriale in Italia deve essere costituita da acqua e semola/semolati di grano duro con specifiche caratteristiche chimiche.

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Foto 2 – formati particolari di pasta corta

LA STORIA

La storia della pasta è ricca di aneddoti e le sue origini non sono ancora state chiarite con esattezza. Di certo, i due poli principali intorno ai quali si è sviluppato l’uso di questo alimento sono la Cina e l’attuale Italia. Dalla prima, la pasta si è diffusa in tutta l’Asia, assumendo connotati propri; dal nostro paese è arrivata, invece, a essere conosciuta in tutto il Mediterraneo, in Europa e in Medio Oriente. Le fonti storiche più recenti hanno sconfessato la diffusa teoria secondo cui fu Marco Polo a introdurre la pasta in Italia dalla Cina, poiché sono state rinvenute tracce anteriori del suo utilizzo in zone come la Sardegna. Le peculiarità principali della nostra pasta, rispetto a quella asiatica, sono l’utilizzo di cereali quali il grano e il frumento e le conseguenti diverse tecniche di lavorazione.
È nel Medioevo che si impone l’abitudine di far seccare al sole l’impasto di acqua e farina per consentire una più agevole conservazione dell’alimento; gli storici attribuiscono la paternità dell’invenzione della pasta secca a lunga conservazione agli abitanti della Sicilia musulmana, impegnanti in commerci con popolazioni nomadi bisognose di prodotti non deperibili da utilizzare nei loro spostamenti. Da questo momento, la pasta conosce un’evoluzione notevole: cambia il metodo di cottura – da quello in forno alla bollitura, al tempo molto lunga poiché si preferiva consumarla molto cotta – e inizia la produzione di nuovi formati. Compaiono, proprio in Italia e soprattutto nel Centro-Sud, le prime paste forate: rigatoni, penne e bucatini. Nel XIII secolo vengono fondati, a Napoli e Genova, i primi grandi pastifici e il consumo della pasta si diffonde tra le classi sociali inferiori. Mastro Martino, cuoco e gastronomo del Quattrocento, fornisce le prime indicazioni sulla cottura e sul condimento della pastasciutta nel suo Libro De arte coquinaria, suggerendo di scolare la pasta “al dente” e di utilizzare sughi leggeri e dal buon valore nutrizionale, proprio per far sì che il consumatore-tipo, impegnato nel duro lavoro della terra, potesse trovare il giusto nutrimento ed essere in grado di sopportare le fatiche quotidiane. L’abitudine di aggiungere una generosa manciata di formaggio grattugiato alla pasta risale a quest’epoca e non è mai andato perduto.
Dal XVIII secolo Napoli diventa la capitale della pastasciutta: da qui si irradia e consolida l’uso di consumarla quotidianamente, abitudine oggi diffusa da nord a sud in tutta la penisola, ma che resta, fino a inizio Novecento, appannaggio delle classi più povere. Sarà durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni del boom economico che un insieme di fattori – tra cui la diffusione del suo utilizzo per sfamare in modo veloce ed economico le truppe, e la grande influenza esercitata, in seguito, dalla pubblicità e dal cinema – renderanno il piatto di pastasciutta un vero e proprio status symbol.

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Foto 3 – formati di pasta corta

CARATTERISTICHE DEL CONSUMO

Oggi il consumo di pasta secca industriale in Italia, seppur leggermente in caduta, si assesta su un valore medio pro-capite pari a 24 kg annui, cifra che ci fa balzare in cima alla classifica dei maggiori consumatori mondiali; il volume della produzione industriale è di circa 3,5 milioni di tonnellate all’anno e l’Italia è leader mondiale di settore, con un export in continua espansione. I formati reperibili sul mercato sono oltre 300 (inclusi, però, quelli di pasta fresca e all’uovo), tra pasta corta e pasta lunga, rigata e liscia – la prima più adatta a sughi poco densi, la seconda a quelli più corposi -; ma i tre più consumati sono gli spaghetti, le penne rigate e i fusilli, con tortiglioni, mezze penne e spaghettini a seguire. Per quanto riguarda i condimenti, ogni regione ha le sue peculiarità: carbonara, cacio e pepe, gricia e amatriciana nel Lazio, pesto in Liguria, ragù in Emilia, vongole o frutti di mare in Campania, la pasta alla norma in Sicilia, solo per citare i più famosi.

SIMBOLO DI UN PAESE

Alcune specifiche caratteristiche hanno reso la pastasciutta un “alimento identitario” per la nostra nazione, oltre a farlo diventare uno dei piatti più famosi al mondo. Innanzitutto, preparare un piatto di pasta è facile e veloce e crea all’istante un clima di convivialità; la pasta è, inoltre, estremamente versatile, adatta a essere condita in una miriade di modi diversi, da quelli più semplici, a quelli più sofisticati e ricercati; infine, un costo molto contenuto rende il prodotto alla portata di tutti. Grazie a queste peculiarità, la pastasciutta è riuscita ad occupare un posto di primissimo piano sulla tavola degli italiani e ancor di più, se possibile, su quella dei nostri emigrati e delle seconde e terze generazioni sparse in giro per il mondo, che le hanno attribuito un forte valore simbolico, rendendolo mezzo di connessione con le proprie origini.

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Foto 4

 LA COTTURA

Se è vero che “tutti sanno cuocere la pastasciutta ma non tutti riescono a cuocerla come occorre”, come ci ricorda Ada Boni, è necessario tenere a mente alcune indicazioni chiave. Nello specifico, occhio alla quantità di acqua (un litro per ogni 100 g di pasta), all’utilizzo della pentola giusta (fianchi alti e bombati e buona capienza), alla salatura (10 g per ogni litro d’acqua). È importante mescolare la pasta con un forchettone una volta gettata in acqua, affinché non si attacchi, e testare il grado di cottura raggiunto a mano a mano che la cottura procede; a questo proposito, un buon trucco è quello di controllare se all’interno dello spaghetto (o di qualsiasi altro formato di pasta) sia visibile un sottile strato ancora bianco, segnale che indica la necessità di continuare la cottura ancora qualche istante. Al momento di scolare la pasta, il sugo deve essere già pronto all’uso e, in base al condimento scelto, si può decidere di condire la pasta in una terrina o direttamente nella padella del sugo, saltandola pochi secondi a fiamma vivace. E’ buona cosa, comunque, fermare l’ebollizione versando in pentola in bicchiere d’acqua fredda e conservare un po’ d’acqua di cottura per stemperare o allungare il sugo qualora risultasse troppo asciutto.

Fonti:
Boni A., Le ricette ritrovate del talismano della felicità, Colombo 2007
Portincasa A., La pasta come stereotipo della cucina italiana Patrimoni simbolici e identità nazionale nell’Italia del Novecento, “Storicamente”, numero 3, 2007
Sabban F., Serventi S., La pasta: storia e cultura di un cibo universale, Laterza 2011
it.wikipedia.org/wiki/Pasta
FONTI FOTO:
foto 1-2-3 da  L’ENCICOPEDIA DELLA CUCINA ITALIANA volume 2 “LA PASTA” De Agostini Editore S.p.a
foto 4 da google immagini

Partecipano come contributors:
Alessia Massari, Spaghetti di Gragnano con pesto di peperoni, sardine fritte e polvere di cappero
Erica Zampieri, Nero come il carbon
Daniela Ceravolo, La stroncatura, ricetta tradizionale calabrese
Enrica Gouthier, Reginette con melanzane
Lucia Melchiorre, Chitarra pomodorini e tarallo
Irene Prandi, Inganna preti al ragù antico
Cristina Tiddia, Pasta fredda con verdure

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