La Puglia: dove il sole si fa vino

panoramica vini pugliesi

Pubblicazione: 28/01/2019

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Terra sitibonda ove il sole si fa vino”: così Dante definisce la Puglia.

La Puglia per millenni è stata crocevia di culture e costumi, che hanno lasciato un segno indelebile sia nel suo patrimonio gastronomico che in quello vitivinicolo. Grazie a questo oggi detiene un patrimonio eno-gastronomico d’eccellenza, fatto di prodotti tipici e ricette che si valorizzano ed esaltano a vicenda.

Il vino ha un ruolo fondamentale non solo nell’accompagnare i piatti tipici, ma come simbiosi di un territorio, grazie anche alla lungimiranza e all’impegno dei produttori che hanno creduto in questa terra e hanno accolto la sfida di investire per valorizzare il patrimonio vitivinicolo pugliese.

Un po’ di storia

Fin dal tempi delle prime colonizzazioni fenicie e greche la Puglia si è contraddistinta per le sue tradizioni vinicole, tanto da essere considerata “santuario del vino”. Un vino forte e robusto, nero e schietto nato grazie alle viti baciate dal sole che, fin dall’epoca romana è stato definito merum e che ancor oggi è detto mjier niure.
Quel vino che nasce da vitigni autoctoni e che ben rappresentano le diverse aree di produzione pugliesi, con il Negramaro del Salento, l’area murgiana che lambisce le terre di Taranto con il Primitivo, e l’Uva Nera di Troia a rappresentare le zone della Daunia.
La regione però conta anche su una ricca varietà di vitigni definiti “minori” come il Bombino Nero, il Susumaniello, l’Ottavianello e la Malvasia Nera.
Se nella seconda metà dell’Ottocento la Puglia si è distinta per la produzione di grandi vini rossi da taglio -tanto da essere definita la “cantina d’Europa”-, è però negli anni ’70 del Novecento che si ha la grande riscossa enologica, quando la regione riscopre la sua grande tradizione enologica prediligendo la “qualità” alla “quantità”.

Il clima e il territorio

Il clima generoso e un territorio che offre ottocento chilometri di costa, bagnata da due mari, lo Ionio e l’Adriatico: questa è la Puglia, con le sabbiose coste che lambiscono il Salento, con le aree montuose a nord e le assolate zone collinari nell’entroterra.
Un paesaggio ricco e mutevole, con caratteristiche sia pedologiche che orografiche caratterizzano la Puglia, facendone una terra ricca, dove, grazie alle caratteristiche dei suoli e al clima tipicamente mediterraneo, con estati ventilate e asciutte, si esprime con una grande varietà di profumi e aromi, che identificano il territorio con il vino stesso. Il sistema di allevamento tipico e più diffuso dei vitigni pugliesi è il classico alberello, introdotto dai greci.

Il Primitivo

Uno dei vitigni più importanti per l’enologia pugliese è il Primitivo.
Il nome, che significa primaticcio, gli fu attribuito nella seconda metà del ‘700, dal primecerio di Gioia del Colle don Francesco Filippo, che notò come, tra i tanti vitigni questo fosse il primo a giungere a maturazione dando un’uva molto nera, dolce e gustosa, che si poteva vendemmiare già a fine agosto.
L’ uomo di chiesa selezionò questo vitigno per impiantare il primo vigneto di Primaticcio che grazie ai suoi pregi quantitativi e qualitativi si estese ben presto in tutti gli agri di Gioia del Colle, Altamura e Acquaviva delle Fonti.
La storia vuole che le prime barbatelle di primitivo siano state impiantate a Manduria grazie al matrimonio della contessina Sabini di Altamura con Don Tommaso Schiavoni Tafuri di Manduria. Infatti la contessina portò in dote, come legame con la sua città natale, proprio le barbatelle di Primitivo, che il neo sposo impiantò con successo nella sua terra.
Uno stesso vitigno su due terroir differenti che genera vini molto differenti tra loro, contraddistinti dalle denominazioni Gioia del Colle Doc e Primitivo di Manduria Doc.
Il Primitivo della prima Doc si contraddistingue per la sua spiccata mineralità e per la sua finezza abbinata alla tipica intensità e a una buona longevità in cantina.
Invece il Primitivo di Manduria si distingue per la sua alcolicità e morbidezza, bilanciata da una marcata tannicità .

Il Negramaro

Le vigne dell’area salentina sono dominate dal Negramaro.
Portato in Puglia dagli antichi Greci, il nome di questo vitigno deriva dal latino niger e dal greco mavros, con un unico significato: il colore nero della buccia dell’uva e del vino che ne deriva, con un finale tipicamente amarognolo.
Oltre alla produzione in purezza dell’omonimo vino, morbido e austero, viene usato in abbinamento con altri vitigni, dando vita ad altri vini rossi Doc come il Brindisi Rosso, lo Squinzano Rosso, il Leverano e il Salice Salentino Rosso.
Tagliato con la Malvasia, invece dona eccellenti vini rosati.

L’Uva di Troia

Altro vitigno tipicamente pugliese è l’Uva di Troia.
La leggenda vuole che questo vitigno sia stato impiantato in terra pugliese da Diomede stesso, l’eroe della guerra di Troia.
Si tratta di un vitigno a maturazione tardiva, con profumi intensi di viola e mirtillo. Vinificato in purezza solo nell’ultimo decennio, dona un vino fresco con un’importante nota alcolica. È il vitigno principe della Doc Cacc’e Mmitte di Lucera.

I confini con la Basilicata sono segnati dai vigneti di Aglianico. Si hanno notizie di questo vitigno fin dal 1520. Oggi, insieme all’autoctono Bombino nero è uno dei vitigni che caratterizzano l’area intorno a Castel del Monte, dando vita all’omonima Doc.

L’Aleatico

Tutta la regione è contraddistinta fin dal 1973 dalla Doc Aleatico di Puglia.
L’aleatico è uno dei vitigni più antichi d’Italia, ben distribuito su tutto il territorio pugliese, dona vini dolci con forte personalità, come l’ottimo Salice Salentino Aleatico dolce Doc.

Altro vitigno autoctono pugliese è la Malvasia Nera, un’uva delicata e aromatica, vinificata in purezza per vini deliziosamente profumati e che sposa il Negramaro in molti blend. Questo vitigno rientra sia nella denominazione Salice Salentino Doc che nella Brindisi Doc.

I vitigni a bacca bianca

Il recupero di varietà autoctone, l’inserimento di vitigni internazionali, perfezionamento delle tecniche in vigna e delle pratiche in cantina hanno portato a una crescita dei vini bianchi pugliesi.

Il Fiano detto anticamente il “fanciullo di Pugliadeve il suo nome alla dolcezza dei suoi acini ed era il vino preferito alla corte di Federico II di Svevia. È un vitigno in grande ascesa in tutta la regione in quanto regala vini di buona struttura e con ottima freschezza; le sue uve sono perfette anche per la spumantizzazione col metodo Martinotti.

La Malvasia bianca la troviamo su tutto il territorio pugliese ,con i suoi vini secchi e dolci, delicatamente aromatici e di buona struttura, perfetti in taluni casi per essere sottoposti a barrique.

La Verdeca, insieme al Bianco d’Alessano e al Minutolo, sono varietà coltivate da secoli in Valle d’Itria, in Salento così come nelle aree del barese e del tarantino. Vinificati sia in purezza che uniti tra di loro danno vini bianchi dalla grande struttura.

Il Bombino bianco, detto anche Buonvino per la sua produzione abbondante, è un vitigno diffuso soprattutto nel foggiano e nella parte centrosettentrionale del barese. Un vitigno versatile che, vinificato in purezza, dona vini freschi e sapidi. Si presta bene anche alla spumantizzazione col metodo Classico, grazie al suo bouquet e alla sua acidità.

Il Moscato

Il Moscato è uno dei vini più antichi, evoca dolcezza e una grande varietà di profumi. Il suo vitigno è diffuso in ogni angolo del mondo e qui in Puglia si identifica con ben 10 varietà, di cui tre quarti rivestono un ruolo storico come il Moscato reale,l’unico a rientrare nei disciplinari Doc e a dar vita al celebre Moscato di Trani Doc. È proprio nelle terre bianche che circondano questa città che il vitigno fin dai tempi remoti è ben presente, donando vini eleganti e raffinati, che fin dal medioevo avevano conquistato i ricchi mercanti veneziani, tanto che XIII secolo stipularono un contratto con il conte di Trani Roberto D’Angiò per accaparrarsi l’esportazione, sia al di fuori della città ech nei porti da loro controllati.

I rosati di Puglia

La bellezza dei colori, la finezza dei profumi, il carattere deciso, giovane eppur con le radici ben affondate nella tradizione, sono solo alcune delle caratteristiche dei vini rosati che ben rappresentano ogni zona della Puglia.
La loro storia è molto antica, furono i greci a ottenere questi vini con il sistema “a lacrima”, sottoponendo le uve a bacca nera a una delicata pigiatura, mettendole in sacchi in modo da farli lacrimare per ottenere il mosto fiore senza che questo venisse a contatto con le bucce.
Intorno alla prima metà dell’800 la Cantina Pavoncelli di Cerignola è stata la prima azienda in Puglia a imbottigliare e commercializzare il vino rosato. Sempre nello stesso periodo anche alcune aziende di Ruvo, nell’area di Castel del Monte, iniziarono a produrre il rosé con le uve del territorio: Bombino Nero e Uva di Troia.
Ma la grande svolta si ha nel 1943, col primo storico imbottigliamento di vino rosato ottenuto da Negramaro e Malvasia a opera della cantina di Salice Salentino Leone de Castris.
Era così nato il Five Roses, etichetta dal nome americano creata per soddisfare la richiesta del cliente americano che aveva commissionato una grande partita di questo vino, ma fortemente legata al territorio, ovvero le “Cinque Rose” di Salice Salentino, dove erano ubicati i vigneti della famiglia .
Da allora questa storica etichetta non ha smesso di essere prodotta, aprendo la strada del successo ai numerosi produttori che in tutta al regione producono rosati estremamente diversificati fra di loro e che sorprendono per le loro sfumature di colore e per la loro intensità di gusto, capaci di coniugare in un unico sorso freschezza e sapidità.

Bollicine made in Puglia

A scommettere nel lontano 1979 sul Metodo Classico, ma soprattutto sulla valorizzazione del territorio con il suo vitigno autoctono, il Bombino bianco, furono tre amici accomunati dalla grande passione per la musica e per il vino e per l’amore della loro terra.
Tre amici che con l’acronimo dei loro cognomi hanno dato vita alla storica azienda D’Arapri che da ben 40 anni produce “bollicine made in Puglia”. Tre amici, pionieri e precursori dei tempi per un metodo che oggi è in forte sviluppo. A D’Arapri dunque, “va riconosciuto il merito di essere stata la prima cantina a far nascere e guidare  l’affermazione degli spumanti autoctoni” in una terra che non smette mai di sorprendere e stupire.

La Puglia in numeri

  • Superficie vitata: 86.711 ettari
  • Produzione totale Vino: 4.965.000 ettolitri
  • DOCG: 4
  • DOC: 29
  • IGT: 6
  • Zone di produzione dei vini Docg e Doc: 27

Articolo di Patrizia Laquale del blog Maison Lizia

Foto: Eleonora Giammarini

Fonti: Il vino in Italia – Ais-

www.leonedecastris.com

www.darapri.it,

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