L’Umbria e il Sagrantino, vino dei sacramenti

Pubblicazione: 21/05/2015

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Tra le colline coperte di verde, tra i viottoli che si arrampicano tra le vigne, c’è un percorso che si chiama La strada del Sagrantino”.
Il Sagrantino è un vino di produzione Umbra.
Antichissime le origini di questo rosso di gran carattere. Nella zona di Montefalco ne scrive già Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historia parlando dell’uva Itriola coltivata nella zona di Mevania. Bevagna, Montefalco, Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria: è la zona in provincia di Perugia che vede spandersi a vista d’occhio filari di viti di un’uva rossa con acini rotondi.
Due fondamentali correnti ne collocano la sua comparsa ufficiale nella zona.
La prima lega l’inizio della sua produzione ai seguaci del Poverello d’Assisi di ritorno dall’Asia attorno al XIV o XY sec., che lo coltivarono appunto per utilizzarlo nei sacramenti. Un vino dolce, passito, usato per le funzioni religiose nel periodo da Natale a Pasqua.

 

 

In contrapposizione un’altra corrente di pensiero lo fa arrivare nella zona dalla Spagna, si pensa per opera dei Saraceni.
Un fatto è che il vitigno è unico. Non ne esiste uno simile in tutta la penisola e pertanto può considerarsi di origine locale (Commissione per lo studio ampelografico dei principali vitigni ad uve da vino coltivati in Italia – Mi.p.A.F), risolvendo definitivamente l’affermazione che sia simile alla Passerina coltivata nel centro Italia.

 

 

Da qui sino ai giorni nostri, quando si parla di Montefalco Sagrantino o Sagrantino di Montefalco, si unisce anche la zona di produzione al nome decisamente importante.
Un censimento delle vigne entro le mura di Montefalco ha stabilito che alcune di queste risalivano addirittura a periodi compresi tra 1700 ed il 1800. Nel tempo si è persa la sua produzione fino agli inizi degli anni ’60, quando un gruppo di lungimiranti produttori ne ha ripreso la produzione ottenendo nel 1979 la DOC e nel 1992 il riconoscimento della DOCG.

 

 

Diverse le aziende che lo producono, ma una in particolare ha destato la mia attenzione.
La Tenuta Bellafonte di Bevagna è qualcosa di più che una semplice azienda agricola. Da una posizione con vista mozzafiato, venti ettari di terra argillosa dove si susseguono filari di viti di circa tredici anni, allineati come le righe su un quaderno, più un bosco e una parte destinata ad uliveto.
Il vigneto è coltivato naturalmente, evitando l’ausilio dei prodotti chimici, e concimato con materiali organici provenienti da stalle selezionate.
Il terreno viene diserbato con l’ausilio di macchinari per evitare di utilizzare prodotti chimici.

 

Un proprietario che ci accoglie nella sua azienda con l’orgoglio ed una passione che si respira in ogni sua parola.
Peter Heilbron, dopo anni di lavoro ai vertici di multinazionali dell’industria alimentare, decide di cambiare completamente vita, di tornare ad un “vecchio amore”: l’agricoltura.
Agronomo, innamorato dell’Umbria ed affascinato dalla produzione vinicola regionale, si lancia in un’impresa coraggiosa (soprattutto di questi tempi!): produrre vino.
Non un vino qualsiasi: il Sagrantino.
Decide che la qualità della sua produzione deve essere il suo obiettivo, ed una coltivazione che rispetti il territorio e la natura diventa il suo Credo.

 

Ricostruisce quindi la proprietà e la cantina seguendo canoni di ecosostenibilità, sia dal punto di vista energetico (la tenuta dispone di un impianto fotovoltaico e di una caldaia a biomassa che utilizza anche gli scarti delle potature) sia dal punto di vista della produzione.
La cantina è stata progettata per non dover utilizzare alcun sistema di raffreddamento artificiale ma, utilizzando un metodo noto già ai romani per tener fresche le loro ville, fa delineare il perimetro della cantina non da cemento armato ma da gabbie di metallo contenenti pietre. Canali di areazione inseriti tra le pietre e camini di aspirazione inseriti nel soffitto della cantina, portano ad avere una circolazione dell’aria e un raffrescamento del tutto naturali.
Nella cantina c’è un microclima perfetto. Nessun odore di muffa, nessun sentore di stantio.
Ci racconta che, dopo la raccolta dell’uva (effettuata manualmente, senza ausilio di macchine) la selezione viene effettuata a mano (“da me personalmente” – cit.). Solo i grappoli migliori vengono utilizzati.
Una macchina separa delicatamente i graspi dagli acini che, contrariamente ad altri produttori, lui utilizza interi e non spremuti, poiché le bucce di queste uve contengono tanti tannini che potrebbero rendere troppo deciso il sapore del vino, spremendole.

Quindi gli acini interi vengono inseriti nei tini di fermentazione in acciaio inox, senza aggiunta di lieviti in quanto, sulle bucce, sono presenti lieviti naturali sufficienti per la fermentazione.
La parte superiore degli acini crea un cappello sulla superficie dei tini, ma la massa viene continuamente mantenuta umida dal travaso dei liquidi che inizialmente si depositano sul fondo.
Dopo 10/15 giorni di fermentazione in tini (che possiedono una cintura di raffreddamento per quando la temperatura si alza), la parte solida si dispone sul fondo e la parte liquida rimane in altro.
Il vino viene poi travasato in botti di rovere a fine novembre, dove rimane fino a maturazione completa (36 mesi).

Tre anni di continui controlli, dove il vino viene travasato attentamente per togliere le impurità ed evitare un processo di filtrazione che rovinerebbe l’armonia degli elementi. Imbottigliato, riposa accanto alle botti per un altro anno fino alla vendita.
Peter Heilbron ci accompagna in questo percorso portandoci per mano, facendoci assaggiare il frutto del suo lavoro e dalla sua passione.
Un vino profumato, di un colore rosso scuro, quasi sangue. Un profumo di frutti di bosco, di fiori. Un lieve sentore di liquirizia che resta in bocca a ricordare il riposo in botti di legno buono.
Poi ci racconta anche una nuova avventura. Un bianco, il Trebbiano Umbro, che sta sperimentando prima di avviarne la produzione. Ce lo fa assaggiare e mi conquista subito.
Io che amo i rossi, perché hanno carattere a differenza dei bianchi che mi lasciano indifferente, ne apprezzo la personalità. Mi spiega che è rimasto a riposare in botti barricate da Barolo. Ed il carattere quindi si spiega.
È raggiante il nostro ospite, con il calice del suo vino tra le mani mentre ci racconta una storia, una passione, una voglia di costruire che non è facile trovare nei produttori del giorno d’oggi. In un’epoca dove la qualità viene spesso sacrificata sull’altare della resa, questo imprenditore ha deciso di stare dalla parte del prodotto, e ne ha ricavato un’eccellenza che si apprezza al primo sorso.

 

 

Lasciamo questa azienda e il suo proprietario con la consapevolezza che, per fortuna, le produzioni di qualità esistono ancora e quando sono portate avanti con la competenza e l’amore per il territorio, ne guadagna il prodotto ed il prestigio di tutta la produzione locale.
Far conoscere queste eccellenze sia in prodotto sia in realizzazione è uno spunto per aiutarci a capire che spesso, dietro un etichetta che vale, c’è il rispetto del prodotto e di chi lo consuma.

 

Il Sagrantino della Tenuta Bellafonte ha ottenuto tre bicchieri Gambero Rosso e altri riconoscimenti che gratificano il lavoro e l’impegno di chi nella produzione ci mette il cuore… e si sente già dal primo sorso!

di Eleonora Dellavedova

5 commenti

  1. Cara Nora, devi sapere che, quando mi sono sposato in un eremo francescano vicino Cortona, alla comunione mi hanno dato un boccone di pane ed un calice di vino, che doveva servire anche per mia moglie ed il prete. Dopo un mio primo timido sorso, ho capito che dentro c'era del Sagrantino passito…! Subito è seguito un secondo sorso molto più generoso… Non so quanto ne ho lasciato agli altri! ^__^

  2. Adoro l'Umbria, sono cresciuta tra gli ulivi durante lunghe vacanze a Spello e devo dire che sia la cucina che il vino e i vari prodotti locali sono davvero eccezionali. Un caro saluto. Eleonora

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