La Sardegna e i suoi formaggi: Argiolas

Pubblicazione: 15/10/2015

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Se si pensa al formaggio di pecora, il collegamento mentale alla Sardegna è immediato. Noi abbiamo avuto la fortuna di vedere come si produce: Mauro e Claudio ci hanno mostrato le varie fasi della lavorazione di Argiolas Formaggi. Questa industria casearia produce formaggi tipici sardi utilizzando esclusivamente latte di pecora e capra locale e cercando il più possibile di attenersi alle ricette del passato. Mauro e Claudio la chiamano “produzione a regola d’arte aiutata dalla tecnologia“, e a testimonianza della fedeltà agli ingredienti e alla lavorazione tradizionale del formaggio stanno allestendo all’interno dello stabilimento un piccolo Museo, dove raccolgono oggetti storici.

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Argiolas nasce nel 1954 da due fratelli, Enio e Licio Argiolas, che compravano il formaggio fresco dai pastori poi lo stagionavano e lo rivendevano. Negli anni Settanta ebbero l’idea di produrre il loro formaggio e costruirono lo stabilimento a Dolianova (famosa anche per le cantine Argiolas), a metà strada tra Cagliari e il monte dove far pascolare le pecore. Lo stabilimento si sviluppa oggi su una superficie produttiva di 10.000 mq, capace di processare circa 20 milioni di litri di latte all’anno e produrre circa 4 milioni di kg di prodotto finito. Per ovviare le questioni logistiche dell’isola, l’azienda dispone di un proprio centro di distribuzione a Monteveglio (BO); il fatturato interno alla Sardegna è del solo 7%.

 

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Il “segreto” di un buon formaggio è la materia prima: più il latte è dolce, più il formaggio avrà note piacevoli. Il latte è capace di fare la differenza anche perché non permette grandi margini di manovra. Argiolas Formaggi utilizza per il 90% latte di pecora, e per il 10% di vacca e capra; ha circa 250 fornitori, 200 di latte ovino, 40 di caprino e di 5 vaccino (hanno anche linee di prodotti misti http://www.argiolasformaggi.com/it/prodotti/formaggi/misti/). Cinque aziende lavorano seguendo il metodo biologico, e questo latte converge nella linea bio.

Quando arriva nello stabilimento, il latte viene analizzato sotto numerosi aspetti, ad esempio chimico-fisico, cariche microbiche, sostanze inibenti (come farmaci o detergenti) e cellule somatiche. Queste ultime mostrano il benessere dell’animale, se sono alte significa che l’animale è stressato e non va bene: è la pecora felice che fa il latte buono. I controlli continuano, a campione, sulle diverse fasi della lavorazione. Dal latte di queste pecore vengono prodotti più di trenta tipologie di formaggi, tra stagionati, semistagionati, freschi, erborinati, creme, e così via. I formaggi si differenziano per fermenti, gestione delle muffe, stagionatura, cottura della cagliata e così via.

 

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Ma vediamo nel dettaglio come si produce un formaggio di capra.

La prima fase è la pastorizzazione, diversa a seconda del tipo di formaggio. I formaggio molto stagionati perdono naturalmente gli agenti patogeni, che vivono con acqua e umidità; alcuni formaggi come il pecorino romano hanno un chiaro disciplinare, che dà indicazioni precise anche sulla pastorizzazione.

Dal pastorizzatore si passa agli impianti polivalenti. Ad esempio si riscalda il latte per la cagliatura dei formaggi a pasta cotta. In questa fase si aggiungono caglio e fermenti: il caglio serve per raddensare la parte grassa, e viene a formarsi una sorta di budino. Argiolas Formaggi utilizza tre tipi di caglio: in pasta, di capretto o agnello, per fare il fiore sardo e il pecorino romano; liquido, dallo stomaco del vitello natante; vegetale per alcune linee. Per fare i formaggi si utilizza circa un 0,1% di caglio; la quantità di caglio cambia al variare dell’acidità del latte. La reazione di coagulazione si ferma quando finisce il lattosio.

 

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La cagliata poi viene rotta, con grane diverse a seconda del tipo di formaggio: più è piccola, più acqua e pasta sono separati, e questo deve avvenire ad esempio per i formaggi stagionati.

Impianti di formatura: dopo aver separato cagliata e siero, con la prima si fanno forme da 2 kg a 36 kg, mentre con il siero si produce la ricotta. Le forme vengono sottoposte a pressione per compattarle bene, e sotto una canalina continua a raccogliere il siero.

Si portano le forme in camera calda (da 24° C), un ambiente favorevole alla fermentazione, per circa 5-6 ore. Qui avviene la trasformazione del lattosio in acido lattico. Ogni ora e mezza i plateaux vengono capovolti di 180°, così la parte centrale del formaggio non collassa. Noi abbiamo visto in questa fase di produzione il Giglio sardo.

Le forme vengono poi sottoposte a un “bagno di bellezza” in acqua e sale. Qui avviene uno scambio osmotico: il formaggio prende il sale (che serve sia per il sapore che come conservante) e rilascia il siero. Le forme da 300 g vengono lasciate a bagno circa 20 minuti, il fiore sardo 36 ore, ma la soluzione è uguale per tutti.

Cella di asciugatura: il formaggio è deposto in una sala per il riposo. In questa fase a ogni griglia è assegnata una carta di identità con scritto la tipologia di formaggio, la data, il trattamento, e così via.

È poi il momento della cella di maturazione: ve ne sono sette, diverse tra loro. Ad esempio nella prima i formaggi stazionano “solo” trenta giorni, e l’unica operazione fatta è il movimento. In altre celle i formaggi stazionano per più tempo e si devono formare le muffe, che poi si spazzolano a mano o con appositi utensili.

 

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Dopo la maturazione, per i formaggi non freschi si passa alle celle di stagionatura; qui è un fiorire di muffe dai colori differenti.

Terminata anche la stagionatura, il formaggio viene lavato tre volte, asciugato, viene plastificato, etichettato, cartonato e messo nei pallet. In alcuni specifici casi, dopo l’asciugatura si applica una sostanza protettiva in superficie (un polimero con più o meno conservanti, a seconda del tipo di polimero cambia il colore della confezione). Argiolas non usa additivi chimici, se non in alcuni prodotti dove sono obbligati: come verranno trattati i prodotti nei punti vendita non possono saperlo, quindi servono misure cautelative.

Alcuni prodotti seguono un percorso completamente differente, nell’unità autonoma di lavorazione, che serve per i prodotti molto freschi come i bocconcini e la ricotta fresca di capra e di pecora, o per i prodotti a latte misto, in modo da evitare contaminazioni. I vasconi sono riempiti di siero, che viene scaldato a una temperatura superiore agli 80° C; dopo un po’ emergono le sieroproteine che vengono raccolte a mano. Dopo 24 ore in cella frigo i formaggi sono confezionati e venduti (non viene aggiunto sale). Per la ricotta stagionata si aggiunge sale, viene fatta asciugare 15 giorni poi viene messa sottovuoto.

Dopo il confezionamento, il 14-15% dei formaggi viaggiano verso Inghilterra, Francia, Germania e Giappone. Solo il 7% rimane in Sardegna. Il resto della produzione rimane in Italia. Numerose sono le certificazioni, purtroppo poco riconosciute dalla Sardegna: ISO 9001 nel 1997, UNI EN ISO 22000:2005 e BRC e ICEA per la produzione biologica.

di Acqua e Menta

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